Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 9 settembre 2019, n. 22457
Massima estrapolata:
Il giudice innanzi al quale sia stata proposta un’azione di simulazione di una compravendita in quanto dissimulante una donazione, azione finalizzata alla successiva trascrizione dell’atto di opposizione, ai sensi dell’art. 563 c.c., comma 4, deve rilevare di ufficio l’esistenza di una diversa causa di nullità della donazione e, ove sia già pendente il giudizio di appello, e sia perciò ormai inammissibile un’espressa domanda di accertamento in tal senso della parte interessata, deve rigettare l’originaria pretesa, previo accertamento della nullità, nella motivazione, con efficacia, peraltro, di giudicato in assenza di sua impugnazione
Sentenza 9 settembre 2019, n. 22457
Data udienza 4 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALISI Antonino – Presidente
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5019/2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4037/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 27/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del primo motivo, accoglimento del secondo ed assorbimento del terzo;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per le ricorrenti e l’Avvocato (OMISSIS) per i controricorrenti.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Le odierne ricorrenti convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Varese – sezione distaccata di Luino, i genitori (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ la sorella (OMISSIS) ed il cognato (OMISSIS), esponendo che con due atti di compravendita del 1 ottobre 2007 i genitori avevano venduto alla sorella ed al di lei coniuge degli immobili siti in (OMISSIS), al prezzo dichiarato di Euro 545.000,00.
Rilevavano che in realta’ si trattava di vendite che dissimulavano delle donazioni, potendosi pervenire all’accertamento della natura fittizia della vendita in ragione di una serie di elementi indiziari, quali, tra gli altri, il rapporto di parentela tra le parti contraenti, l’affermazione contenuta in contratto secondo cui il prezzo era stato integralmente pagato prima della stipula degli atti, l’incongruita’ del prezzo pattuito rispetto all’effettivo valore dei beni venduti.
Deducevano quindi di avere interesse a far accertare la natura simulata degli atti, al fine di potersi avvalere, essendo ancora in vita i pretesi donanti, del rimedio dell’opposizione alla donazione di cui all’articolo 563 c.c., onde poter conservare, all’esito del vittorioso esperimento dell’azione di riduzione, l’azione di restituzione nei confronti dei terzi acquirenti dei beni donati.
Nella resistenza dei convenuti che assumevano invece che le vendite fossero reali, il giudice adito con la sentenza n. 1036 del 18/9/2015 accoglieva la domanda, ritenendo che le vendite in realta’ dissimulavano delle donazioni.
La Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 4037 del 27/10/2016, a fronte del motivo di appello dei convenuti, i quali evidenziavano che in realta’ le donazioni erano affette da nullita’, in quanto l’atto dissimulato non rispettava i requisiti di forma previsti per l’atto di donazione, accoglieva il gravame, rigettando la domanda attorea.
A tal fine osservava che la domanda proposta era da intendersi come volta all’accertamento della simulazione relativa oggettiva, ma che non poteva essere accolta in ragione della nullita’ per vizi di forma dell’atto dissimulato.
Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di tre motivi illustrati anche da memorie.
Gli intimati hanno resistito con controricorso.
La Sesta sezione civile con ordinanza interlocutoria n. 494 del 10 gennaio 2019 ha ritenuto opportuna la trattazione della causa alla pubblica udienza.
Entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimita’ dell’udienza.
2. Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 281 sexies e 132 c.p.c., dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’articolo 111 Cost. ed all’articolo 6 della CEDU in quanto la sentenza impugnata e’ sostanzialmente priva di motivazione; si lamenta altresi’ la violazione e falsa applicazione dell’articolo 183 c.p.c., per non avere la Corte di Appello assegnato alle parti i termini necessari per la trattazione della questione della nullita’ della donazione dissimulata.
Il motivo e’ infondato.
A tal fine preme rilevare che la sentenza impugnata risulta depositata in data successiva all’entrata in vigore della riforma di cui alla L. n. 134 del 2012, le cui conseguenze, attesa la formulazione del motivo di ricorso in tema di vizio della motivazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sono state ben delineate dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite.
Queste, infatti, con la sentenza n. 8053 del 2014 hanno precisato che la novella, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, deve intendersi come volta alla riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata (a prescindere dal confronto con le risultanze processuali). Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
Cosi’ come delineato il vizio di carenza di motivazione, deve escludersi che lo stesso ricorra nel caso in esame, in quanto i giudici di appello, ancorche’ con motivazione sintetica, hanno comunque dato contezza delle ragioni in base alle quali sono pervenuti al rigetto della domanda.
Infatti, dopo avere proceduto a qualificare la domanda proposta come intesa all’accertamento della simulazione relativa oggettiva, mirando a far appurare che, dietro l’apparenza della vendita, si nascondeva il reale intento delle parti di porre in essere una donazione, hanno ritenuto che fosse ostativa all’accoglimento della domanda de qua la circostanza che l’atto di vendita fosse stato redatto senza l’assistenza di testimoni, essendo quindi carente, come invece richiesto dall’articolo 1414 c.c., il requisito di forma necessario per la validita’ dell’atto dissimulato.
Quanto invece alla diversa denuncia di violazione dell’articolo 183 c.p.c., in disparte l’applicabilita’ della norma de qua per volonta’ del legislatore al giudizio di primo grado, ed evidenziato che anche in grado di appello l’esigenza di assicurare il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio e’ presidiata dall’articolo 101 c.p.c., nel caso in esame e’ carente il requisito del rilievo d’ufficio della questione della nullita’ della donazione dissimulata, emergendo, infatti, che il profilo concernente l’assenza dei testimoni in occasione della stipula dell’atto simulato, e la sua ripercussione sulla validita’ della donazione dissimulata, costituiva oggetto del motivo di appello principale, sicche’ le appellate erano espressamente sollecitate dalla stessa proposizione del gravame a prendere posizione sul punto.
3. Il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1414 c.c. e segg., in tema di azione di simulazione relativa e di effetti del suo accertamento in relazione al negozio dissimulato.
Sostengono le ricorrenti che una volta introdotta la domanda di simulazione relativa oggettiva, l’accertamento di una causa di nullita’ del negozio dissimulato deve condurre alla relativa declaratoria, ancorche’ si riscontri che il contratto dissimulato sia privo dei requisiti di forma ovvero di sostanza.
Ne deriva che a fronte della deduzione di nullita’ del negozio dissimulato di cui all’atto di appello, la Corte distrettuale avrebbe dovuto dichiarare il gravame inammissibile per difetto di interesse, ovvero avrebbe dovuto indurre la Corte a “ricalibrare” il contenuto della pronunzia, accertando l’inidoneita’ dell’atto dissimulato a produrre i suoi effetti.
Il terzo motivo denuncia invece la violazione e falsa applicazione degli articoli 1414 c.c. e segg. e articoli 1418 c.c. e segg., lamentandosi la violazione dei principi in tema di rilievo d’ufficio della nullita’.
Ed, infatti, l’ordinamento non puo’ tollerare che un negozio nullo possa continuare a produrre i suoi effetti, cosi’ che, a fronte del riscontro della carenza di testimoni per l’atto di donazione, la sentenza non poteva rigettare la domanda, assicurando in tal modo che il contratto continui a produrre i suoi effetti.
I due motivi che vanno congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono infondati nei termini di cui alla motivazione che segue.
Giova a tal fine prendere le mosse dal contenuto della stessa domanda attorea che, essendo ancora in vita i pretesi donanti, mirava a far accertare l’effettiva natura giuridica delle compravendite intercorse tra i convenuti, onde dimostrare che si trattava di donazioni, e cio’, non gia’ al fine di ottenerne l’inefficacia (trattandosi di effetto ricollegabile all’azione di riduzione, esperibile pero’ solo in epoca successiva all’apertura della successione dei donanti), quanto al diverso scopo di poter procedere alla trascrizione dell’atto di opposizione alla donazione, di cui dell’articolo 563 c.c., comma 4, ed al fine di preservare l’azione di restituzione verso i terzi acquirenti, una volta intervenuto l’accoglimento dell’azione di riduzione (come detto, da proporsi in epoca successiva alla morte dei donanti).
L’effetto della novella del 2005, con le modifiche apportate all’articolo 563 c.c., come gia’ prospettato in dottrina e poi chiarito da successive pronunce di merito, e’ stato quello di far ritenere ammissibile l’esercizio dell’azione di simulazione da parte dei futuri legittimari, allorquando la successione non si e’ ancora aperta, conclusione questa evidentemente innovativa rispetto al precedente orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. n. 2968/1987) che riteneva inammissibile un’azione siffatta, essendo ancora in vita l’ereditando.
La questione e’ pervenuta anche all’esame di questa Corte che nella sentenza n. 11012/2013 ha avuto modo di affermare, proprio alla luce dell’introduzione del diritto di opposizione in favore del coniuge e dei parenti in linea retta del donante, che deve reputarsi invece ammissibile un’azione di simulazione, non in quanto direttamente finalizzata all’esercizio dell’azione di riduzione, che presuppone, secondo l’insegnamento di questa Corte (Cass., 30 luglio 2004, n. 14562; Cass., 21 febbraio 2007, n. 4021), l’apertura della successione dell’alienante, ma al diverso fine di notificare – e poi trascrivere – l’atto di opposizione previsto dal richiamato articolo 563 c.c., comma 4, che e’ preordinato alla sospensione del termine per l’eventuale proposizione della domanda di restituzione nei confronti dei terzi acquirenti, e non richiede, quindi, l’accertamento anche dell’effettiva lesione delle ragioni del legittimario (il cui riscontro presuppone l’apertura della successione e la possibilita’ quindi di individuare la quota di riserva all’esito delle operazioni di riunione fittizia).
Tuttavia, per poter formulare l’opposizione, il coniuge o i parenti in linea retta del simulato alienante debbono previamente aver esperito con successo l’azione di simulazione relativa (oppure, secondo una diversa tesi, pur manifestatasi nella giurisprudenza di merito, avere proposto e trascritto la domanda di simulazione) onde far accertare che le parti abbiano effettivamente inteso realizzare una donazione, nei cui confronti e’ unicamente previsto l’atto di opposizione, dovendosi quindi reputare ammissibile solo in tale limitato ambito la proponibilita’ dell’azione di simulazione ancor prima dell’apertura della successione dell’alienante.
Il precedente citato, che il Collegio mostra di condividere, anche perche’ in linea con l’opinione della piu’ accreditata dottrina intervenuta sul tema, ritiene poi che debba fornirsi risposta positiva ai quesito circa la proponibilita’ dell’azione di restituzione, nei confronti di terzi, da parte del legittimario che abbia vittoriosamente agito in riduzione, nei limiti di cui all’articolo 563 c.c., comma 1, anche nell’ipotesi di atto formalmente oneroso che dissimuli una donazione, non potendosi invece reputare estensibile alla diversa ipotesi di cd. donazione indiretta, alla luce di quanto affermato da Cass., 12 maggio 2010, n. 11496, che ha appunto escluso che in tal caso al legittimario sia data anche una tutela recuperatoria di carattere reale, essendo i suoi diritti assicurati solo dall’obbligo del donatario di reintegrare la quota lesa con il suo controvalore economico.
Analogamente deve poi escludersi che sia possibile in vita del donante esercitare l’azione di simulazione assoluta (volta a far valere l’apparente fuoriuscita del bene dal suo patrimonio) ovvero l’accertamento di una donazione dissimulata ma compiuta mediante un atto simulato che non abbia i requisiti di forma o di sostanza prescritti per l’atto dissimulato, in quanto, se il presupposto legittimante eccezionalmente l’azione di simulazione in vita dell’ereditando e’ l’esigenza di assicurare la trascrivibilita’ dell’atto di opposizione, e’ evidente che a fronte di un atto di donazione affetto da nullita’, come nel caso in esame, non vi sia possibilita’ di trascrivere l’opposizione, e che quindi non sia consentito derogare al generale principio dell’inammissibilita’ delle azioni di simulazione ad opera del futuro legittimario.
In tal senso rileva anche che solo in caso di donazione valida, sebbene dissimulata, la tutela del legittimario e’ affidata all’utile esercizio dell’azione di riduzione ed al successivo esperimento dell’azione di restituzione nei confronti dei terzi acquirenti, laddove, nel diverso caso di donazione dissimulata affetta da nullita’, essendo il bene interessato mai fuoriuscito dal patrimonio del de cuius, il legittimario recupera il bene stesso nella sua integralita’, e non anche nei limiti in cui risulti lesa la sua quota di legittima.
Avendo, quindi, le attrici inteso promuovere la domanda di simulazione relativa al fine di fare emergere non solo che la vendita in realta’ non era voluta e che dietro la stessa si celava una donazione, ai fini dell’accoglimento della domanda, come detto, strumentale alla trascrizione del diritto di opposizione, era necessario anche accertare che la donazione dissimulata fosse valida, e come tale necessitante di una manifestazione di volonta’ idonea a preservare i diritti dei soggetti contemplati dall’articolo 563 c.c., nell’ipotesi di successiva alienazione del bene donato.
Correttamente, quindi, e su sollecitazione degli stessi appellanti, la Corte d’Appello, in conformita’ di quanto precisato dall’intervento delle Sezioni Unite di cui alle sentenze nn. 26342 e 26243 del 2014, ha rilevato la nullita’ degli atti dissimulati, non trovando tale dovere limitazione in ragione del grado di giudizio in cui trovasi la causa, non essendole pero’ consentito, anche, in assenza di una domanda di accertamento della nullita’ gia’ avanzata in primo grado, addivenire alla relativa declaratoria in grado di appello, alla luce della regola che vieta la proposizione di domande nuove in grado di appello, e che opera anche nel caso in cui il rilievo della nullita’ avvenga d’ufficio.
Per tale ipotesi le Sezioni Unite hanno chiarito nei precedenti citati che, laddove il rilievo della nullita’ intervenga in occasione della disamina di una domanda volta a far valere una diversa patologia negoziale, in assenza di una domanda di nullita’, da avanzare pero’ esclusivamente nel corso del giudizio di primo grado, il giudice deve rigettare la domanda proposta, sebbene dando atto in motivazione del fatto che il rigetto e’ determinato dal rilievo di una causa di nullita’ del negozio, che pero’ non puo’ essere dichiarata, mancando appunto un’espressa richiesta delle parti formulata nel rispetto delle regole di rito.
In tal caso pero’, ed in cio’ si segnala la differenza dell’intervento delle Sezioni Unite del 2014 rispetto al primo precedente delle stesse Sezioni Unite 2012, che pur aveva anticipato parte delle soluzioni in punto di rilievo officioso della nullita’ negoziale (Cass. S.U. n. 14828/2012), l’accertamento della nullita’, ancorche’ non sfociato in una dichiarazione in dispositivo, acquisisce efficacia di giudicato tra le parti, precludendo in un successivo giudizio che possa essere posto nuovamente in discussione.
Tornando quindi al caso in esame, in assenza di una domanda di nullita’ gia’ avanzata nel corso del giudizio di primo grado (che deve reputarsi inammissibile per difetto di interesse, alla luce di quanto sopra precisato circa l’ammissibilita’ dell’atto di opposizione ex articolo 563 c.c., solo per le donazioni valide, e considerato altresi’ che il legittimario di norma nutre un’aspettativa di mero fatto prima dell’apertura della successione,), e tenuto conto del nesso di strumentalita’ che avvince la domanda di simulazione relativa all’esercizio del diritto di opposizione, correttamente la Corte d’Appello e’ pervenuta al rigetto della domanda, stante la nullita’ per vizio di forma delle donazioni dissimulate, ma resta fermo che tale accertamento di invalidita’, anche in quanto legato al riscontro dell’effettiva volonta’ delle parti contraenti, divenga inoppugnabile nei rapporti tra le parti del presente giudizio, e quindi foriero di apportare vantaggi alle ricorrenti allorquando, una volta apertasi la successione dei donanti, si trattera’ di verificare quale sia l’effettiva consistenza del loro patrimonio, includendo anche quei beni solo apparentemente fuoriusciti con la stipula degli atti oggetto di causa.
Puo’ quindi affermarsi il seguente principio di diritto: Il giudice innanzi al quale sia stata proposta un’azione di simulazione di una compravendita in quanto dissimulante una donazione, azione finalizzata alla successiva trascrizione dell’atto di opposizione, ai sensi dell’articolo 563 c.c., comma 4, deve rilevare di ufficio l’esistenza di una diversa causa di nullita’ della donazione e, ove sia gia’ pendente il giudizio di appello, e sia percio’ ormai inammissibile un’espressa domanda di accertamento in tal senso della parte interessata, deve rigettare l’originaria pretesa, previo accertamento della nullita’, nella motivazione, con efficacia, peraltro, di giudicato in assenza di sua impugnazione.
Il ricorso deve quindi essere rigettato.
4. Attesa la novita’ della questione giuridica, priva di precedenti di legittimita’, e la sua complessita’, si ritiene che sussistano i presupposti per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio.
5. Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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