L’azione di riduzione non dà luogo a litisconsorzio necessario

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 novembre 2021| n. 32197.

L’azione di riduzione non dà luogo a litisconsorzio necessario, né dal lato attivo né dal lato passivo, e può, quindi, essere esercitata nei confronti di uno solo degli obbligati alla integrazione della quota spettante al legittimario; tuttavia, qualora quest’ultimo non abbia attaccato tutte le disposizioni testamentarie lesive, non potrà recuperare, a scapito dei convenuti, la quota di lesione a carico del beneficiario che egli non abbia voluto o potuto convenire in riduzione, e potrà pretendere dai donatari solo l’eventuale differenza tra la legittima, calcolata sul “relictum” e il “donatum”, e il valore dei beni relitti – giacché la loro sufficienza libera i donatari da qualsiasi pretesa – né potrà recuperare a scapito di un donatario anteriore quanto potrebbe pretendere dal donatario posteriore, giacché se la donazione posteriore è capiente le anteriori non sono riducibili, ancorché la prima non sia stata attaccata in concreto dall’azione.

Ordinanza|5 novembre 2021| n. 32197. L’azione di riduzione non dà luogo a litisconsorzio necessario

Data udienza 19 maggio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Successione testamentaria – Donazione – Disposizioni lesive della legittima – Legittimario – Diritto potestativo di renderle inefficaci mediante azione di riduzione – Reintegrazione quota – Non da luogo a litisconsorzio necessario – L’azione può essere esercitata nei confronti di uno solo dei coobbligati alla reintegrazione – In caso di accoglimento spiega i suo effetti solo nei suoi confronti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 14426-2020 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente (OMISSIS), presso (OMISSIS), rappresentato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1326/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/05/2021 dal Consigliere Dott. TEDESCO GIUSEPPE.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La presente causa riguarda la successione testamentaria di (OMISSIS), il quale, con il proprio testamento, ha lasciato al nipote (OMISSIS), figlio della figlia premorta del de cuius (OMISSIS), porzioni immobiliari in (OMISSIS) e (OMISSIS). Nella scheda il testatore precisava che quanto lasciato al nipote eguagliava la quota di riserva che gli spettava in rappresentazione della madre premorta; precisava ancora di avere soddisfatto con donazioni la quota di riserva degli altri figli (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ai quali lasciava la quota disponibile del proprio patrimonio.
La causa e’ stata promossa da (OMISSIS), il quale ha convenuto in giudizio i soli (OMISSIS) e (OMISSIS), nei confronti di quali ha chiesto la riduzione delle disposizioni testamentarie e donazioni in favore degli stessi. I convenuti, nel costituirsi nel giudizio, hanno precisato di detenere, in qualita’ di depositari, la somma di Euro 101.74201, da ritenere compresa nell’asse, dichiarandosi disponibili a ripartila secondo le disposizioni del Tribunale. E’ stata ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che si sono costituite in giudizio.
Quindi il Tribunale, operata la riunione fittizia dei beni relitti ai beni donati, ha accertato che l’attore subiva una lesione pari a Euro 75.694,92; ha accertato che l’importo, del quale i convenuti avevano ammesso di avere la disponibilita’, costituiva oggetto di disposizione testamentaria, in linea di principio riducibile per l’importo corrispondente alla lesione. La riduzione, pero’, doveva essere circoscritta nei limiti della quota dei due convenuti, essendo esente da riduzioni gli altri beneficiari. Infatti, nei confronti di costoro, benche’ chiamati nel giudizio, l’attore non aveva esteso la domanda di riduzione.
La Corte d’appello di Roma, adita con appello principale dal (OMISSIS) e con appelli incidentali dai coeredi, ha confermato in toto la decisione. In particolare, essa, per quanto interessa in questa sede, ha negato l’interesse del (OMISSIS) a dolersi del fatto che il Tribunale avesse ritenuto la somma, in possesso dei convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS), oggetto di disposizione testamentaria invece che di donazione in favore degli stessi convenuti.
Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso affidato a cinque motivi. Con i primi tre motivi il ricorrente denuncia, sotto il profilo della violazione di legge e della motivazione apparente, l’interpretazione della domanda da parte dei giudici di merito, nella parte in cui gli stessi avevano negato che l’attore avesse esteso la domanda di riduzione, in origine proposta nei confronti dei soli (OMISSIS) e (OMISSIS), nei confronti degli altri coeredi chiamati a intervenire nel giudizio. Il quarto motivo investe la decisione nella parte in cui la Corte d’appello ha negato l’interesse dell’appellante a far valere la diversa natura del lascito della somma in possesso dei convenuti: donazione e non lascito testamentario. Tale interesse, invece, sussisteva, perche’, una volta riconosciuto che la somma era stata donata ai due convenuti in riduzione, la disposizione avrebbe dovuto assoggettarsi a riduzione per l’intera entita’ della lesione di legittima. Infatti, si evidenzia da parte del ricorrente, che proprio la ricomprensione della somma nei beni relitti aveva giustificato la riduzione parziale del lascito, avendo i giudici di merito ritenuto che la domanda di riduzione non fosse stata proposta nei confronti dei coeredi chiamati, contitolari, al pari dei convenuti originari, del relativo importo.
Il quinto motivo si dirige contro la regolamentazione delle spese di lite poste a carico dell’attuale ricorrente sulla base di una soccombenza erroneamente supposta.
(OMISSIS) e (OMISSIS), da un lato, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con separati controricorsi.
La causa e’ stata fissata dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema Corte su conforme proposta del relatore di manifesta infondatezza del ricorso.
2. I primi tre motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono infondati.
Le disposizioni lesive della legittima non sono per cio’ solo inefficaci o nulle, ma la legge accorda al legittimario il diritto potestativo di renderle inefficaci per mezzo dell’azione di riduzione, che e’ azione costitutiva il cui accoglimento determina il venir meno, nella misura occorrente per le reintegrazione della quota riservata ai legittimari, degli effetti di una o piu’ donazioni o disposizioni testamentarie, attuando cosi’ il diritto del legittimario a vedersi attribuito quanto gli compete a norma di legge (giurisprudenza pacifica: Cass. n. 25834/2008; n. 4021/1981; n. 3171/1971).
L’azione di riduzione non da’ luogo a litisconsorzio necessario, ne’ dal lato attivo, ne’ dal lato passivo (Cass. n. 8529/1996; n. 2174/1998 n. 2714/2005; 27770/2011). L’azione puo’ quindi essere esercitata nei confronti di uno solo degli obbligati alla integrazione della quota spettante al legittimario e spiegare effetto solamente nei suoi confronti in caso di accoglimento (Cass. n. 2006/1967).
Si chiarisce che non e’ consentito al legittimario di far ricadere il peso della riduzione in modo difforme da quanto dispongono gli articoli 555, 558 e 559 c.c.. Consegue che: a) il legittimario, il quale non abbia attaccato tutte le disposizioni testamentarie lesive, non potra’ recuperare, a scapito dei convenuti, la quota di lesione a carico del beneficiario che egli non abbia voluto o potuto convenire in riduzione (ad esempio perche’, trattandosi di legato, questo sia stato fatto a persona non chiamata come coerede e il legittimario non abbia accettato l’eredita’ con beneficio di inventario, mancando quindi la condizione prevista dall’articolo 564 c.c., comma 1: Cass. n. 1562/1964); b) il legittimario puo’ pretendere dai donatari solo l’eventuale differenza fra la legittima, calcolata sul relictum e sul donatum, e il valore dei beni relitti: se questi sono sufficienti i donatari sono al riparo da qualsiasi pretesa, qualunque sia stata la scelta del legittimario nei riguardi dei coeredi e beneficiari di eventuali disposizioni testamentarie; c) il legittimario non puo’ recuperare a scapito di un donatario anteriore quanto potrebbe prendere dal donatario posteriore (Cass. n. 3500/1975; n. 22632/2013): se la donazione posteriore e’ capiente le anteriori non sono riducibili, anche se la prima non sia stata attaccata in concreto con l’azione di riduzione (Cass. n. 17926/2020)
Secondo il piu’ recente orientamento della Suprema corte, l’azione di riduzione, seppure non implichi che l’attore indichi la misura monetaria della lesione, postula pur sempre che la lesione di legittima sia enunciata in termini concreti e non come pura eventualita’ (Cass. n. 17926/2020). Il ricorrente, invece, come risulta dal tenore degli scritti difensivi, nei confronti dei coeredi chiamati a intervenire nella lite pendente, aveva proposto la domanda in termini generici, prospettando la lesione quale pure eventualita’: “qualora all’esito dell’espletanda istruttoria dovessero emergere eventuali disposizioni mortis causa o eventuali donazioni di beni mobili effettuate dal de cuius a favore dei convenuti tutti, successivamente al 9.6.98 (…)”
Il ricorrente (con i primi tre motivi, secondo diversi punti di vista) si duole della interpretazione delle proprie deduzioni, perche’ la Corte di merito ha attribuito rilevanza decisiva a quanto dichiarato dall’interessato nella comparsa conclusionale, mentre avrebbe dovuto considerare le deduzioni contenute nell’atto di chiamata in causa e nelle memorie. Tuttavia, nel momento in cui la comparsa conclusionale fu depositata, l’istruttoria era stata completata e si deve presumere che l’attore fosse nelle condizioni di argomentare in modo puntuale sulla sua intenzione di assoggettare a contributo anche i coeredi chiamati in causa. Nondimeno, nello scritto difensivo finale l’attuale ricorrente aveva usato espressioni di difficile compatibilita’ con l’intenzione di assoggettare a riduzione i soggetti chiamati in causa. La Corte d’appello, pertanto, nel richiamare tali espressioni, con cui si rimarcava che la domanda era stata proposta nei soli confronti dei convenuti originari, non ha fatto altro che prendere atto della interpretazione data dalla stessa parte, senza minimamente violare il principio che assegna alla comparsa conclusionale solo valore illustrativo (Cass. n. 5402/2019). Il rilievo, proposto nel ricorso, che quanto si diceva nella comparsa conclusionale aveva la finalita’ di proteggere l’attuale ricorrente da una eventuale ricaduta sulle spese, non inficia minimamente la ricostruzione operata dalla Corte d’appello. Se una domanda sia stata o meno proposta, e’ un fatto da accertare ex ante e non ex post in rapporto all’eventualita’ che il giudice la giudichi o meno fondata.
3. Il quarto motivo e’ inammissibile. L’attore sostiene che se si fosse considerato l’importo, al possesso dei convenuti, come oggetto di donazione, la liberalita’ sarebbe stata riducibile in misura piu’ ampia, avendone beneficiato solamente i convenuti originari. L’accertamento della diversa natura del lascito rendeva percio’ irrilevante la mancata estensione della domanda nei confronti dei coeredi chiamati in causa. In questi termini, pero’, l’assunto sulla sussistenza dell’interesse costituisce petizione di principio, perche’ le donazioni sono soggette a riduzione solo una volta esaurito il valore dei beni relitti (articolo 555 c.c.) e si riducono secondo criterio cronologico (articolo 559 c.c.). Pertanto, la sussistenza del concreto interesse dell’attuale ricorrente, verso la diversa qualificazione del lascito, implicava una specifica presa di posizione sulla concreta riducibilita’ di quella supposta specifica donazione che conseguisse dalle regole sopra indicate. Tale presa di posizione avrebbe dovuto essere gia’ proposta dinanzi alla Corte d’appello e illustrata in questa sede a giustificazione della censura. In linea di principio si rileva che, una diversa qualificazione del lascito, come donazione e non come disposizione testamentaria, avrebbe potuto sortire persino un risultato sfavorevole per il legittimario che la pretendeva, in ipotesi di capienza del reli ctum o in presenza di donazioni piu’ recenti (supra).
4, L’ultimo motivo (sulla liquidazione delle spese), infine, e’ inammissibile perche’ non contiene alcuna censura.
5. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato con addebito di spese.
Ci sono le condizioni per dare atto Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto”.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, al pagamento, in favore dei controricorrenti, che liquida, quanto a (OMISSIS) e (OMISSIS), nell’importo di Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in C 200,00 e agli accessori di legge, e, quanto a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nell’identico importo di Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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