Azione di riduzione e di restituzione – la quota di riserva

Azione di riduzione e di restituzione

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  I  legittimari azione di riduzione e di restituzione

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I legittimari, azione di riduzione e di restituzione

 

PRINCIPI GENERALI E LA QUOTA DI RISERVA

L’istituto della legittima [1], in quanto compressione della libertà del testatore di disporre dei suoi beni con atto di ultima volontà, trova la sua ratio nella esigenza di tradurre in dovere giuridico post mortem quello morale di mantenere i più stretti congiunti durante la vita terrena, ovvero, come tassativamente indicato dall’art. 536 c.c., il coniuge ed i figli[2].

Per una lontana sentenza della S.C.[3] nel sistema giuridico italiano, titolo primario ed assorbente della vocazione ereditaria è il testamento, considerato come suprema espressione della volontà umana; la successione legittima ha funzione suppletiva, ed interviene ove quella volontà manchi.

La successione necessaria ha funzione limitatrice e correttiva della volontà testamentaria, in quanto costituisce un argine al potere di disposizione mortis causa del testatore, ma non implica, di per se stessa, una investitura nella titolarità dei beni. Pertanto, il legittimario pretermesso non partecipa in nessun caso alla comunione ereditaria ed ha l’onere di agire in riduzione, se vuole conseguire i beni ad altri attribuiti nel testamento sia con istituzione di erede, sia con attribuzione di legati.

La quota di riserva

La legge fissa l’entità della quota (di cui non si può disporre a titolo di liberalità) di riserva distinguendo a seconda della persona dei legittimari, non avendo essi diritto sempre alla stessa quota.

Inoltre la legge si preoccupa anche di definire le quote in caso di concorso di più legittimari.

Questa quota, che corrisponde a una frazione aritmetica del patrimonio ereditario, è detta di riserva o legittima; mentre al resto del patrimonio ereditario, del quale il de cuius poteva liberamente disporre per atto di liberalità, si dà il nome di quota disponibile.

Le Sezioni Unite [4] con la pronuncia del 2006 hanno affermato che in tema di successione necessaria l’individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari ed ai singoli legittimari appartenenti alla medesima categoria deve essere effettuata sulla base della situazione esistente al momento dell’apertura della successione e non di quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento, per rinunzia o prescrizione, dell’azione di riduzione da parte di qualcuno dei legittimari.

Successivamente la medesima Cassazione [5] ha affermato che, ai fini della determinazione della porzione disponibile e delle quote riservate ai legittimari, occorre avere riguardo alla massa costituita da tutti i beni che appartenevano al de cuius  al momento della morte – al netto dei debiti –  maggiorata del valore dei beni donati in vita dal defunto, senza che possa distinguersi tra donazioni anteriori o posteriori al sorgere del rapporto da cui deriva la qualità di legittimario.

Particolarmente controverso è il tema della natura giuridica della successione dei legittimari.

In considerazione della collocazione della disciplina della riserva a favore dei legittimari nel Titolo dedicato alle «Disposizioni generali sulle successioni», era sorto il dubbio che essa costituisse un terzo tipo di successione, con carattere autonomo, accanto alla successione legittima e a quella testamentaria.

Probabilmente questa era la teoria originariamente seguita dai redattori del Codice civile, ma secondo la tesi attualmente prevalente in dottrina le norme sulla riserva determinano una vera e propria vocazione ereditaria dei soggetti i cui interessi intendono proteggere, e tale vocazione può essere compresa, insieme con quella intestata, in una più generale nozione di vocazione legale, giacché le rispettive discipline, per quanto differenti, si ispirano a criteri almeno in parte comuni.

I diritti di legittima e la tutela dei legittimari pretermessi

Secondo i principi generali, prima dell’apertura della successione, agli eventuali successibili non spetta alcun diritto, né come pretesa sull’eredità, né come aspettativa giuridica.

La possibilità di essere chiamato, in qualità di legittimario, alla successione mortis causa di altra persona ancora in vita non integra una situazione giuridica tutelabile in sé, né si risolve in una ragione di credito idonea a legittimare l’interferenza nella sfera giuridica dell’altro soggetto [6] (nel caso, esercitando un suo diritto, ad esso surrogandosi ex art. 2900 c.c.).

Nessuna modifica può derivare a tale principio da alcune recenti riforme legislative, che attribuiscono ai potenziali legittimari alcuni poteri e diritti anche prima della morte dell’eventuale dante causa: ci si riferisce alla nuova disciplina degli effetti della riduzione delle donazioni lesive della legittima[7] (art. 563 c.c.), e all’introduzione del patto di famiglia (artt. 768 bis[8] – 768 octies c.c.).

Queste figure, infatti, costituiscono eccezioni, che non permettono di modificare i principi generali.

La condizione di legittimario, dunque, assume rilevanza in ogni suo aspetto soltanto al momento dell’apertura della successione, poiché solo allora può evidenziarsi una lesione di legittima: di conseguenza, potrà aprirsi la successione necessaria, come effetto della dichiarazione di inefficacia, a seguito dell’esperimento dell’azione di riduzione [9], delle disposizioni testamentarie e/o delle donazioni lesive.

Perciò, la questione più dibattuta è quella relativa alla natura della posizione del legittimario leso o pretermesso, in quanto si discute se egli possa, o meno, essere considerato erede, e, nel caso di risposta positiva a questo primo quesito, in che momento egli acquisti la qualità di erede.

La giurisprudenza, comunque, aderisce, di massima, all’orientamento prevalente e ritiene che il legittimario pretermesso diventi erede dopo il positivo esperimento dell’azione di riduzione.

Questa impostazione è stata tuttavia rimessa in discussione da una decisione in cui la Cassazione [10] ha ritenuto che l’accoglimento della domanda di riduzione attribuisca al legittimario la posizione di chiamato all’eredità, con la conseguenza che egli potrà accettare o rinunziare nel termine di dieci anni dalla sentenza favorevole, dalla quale nasce per lui la delazione ereditaria.

Per ultima pronuncia della medesima Corte [11] i legittimari acquistano la qualità di eredi soltanto all’esito del vittorioso esperimento dell’azione di riduzione, restando altrimenti estranei alla comunione ereditaria, assume che conseguentemente ai fini della determinazione della quota di riserva occorre fare riferimento soltanto a coloro che in concreto abbiano acquisito la qualità di erede, sia per testamento sia per effetto dell’utile esperimento dell’azione di riduzione.

Più in particolare è stato previsto [12] che il legittimario pretermesso acquista la qualità di chiamato alla eredità solo dal momento della sentenza che accoglie la sua domanda di riduzione rimuovendo l’efficacia preclusiva delle disposizioni testamentarie.

Infine, con ultimo intervento il Legislatore, con la Legge 10 dicembre 2012 n. 219 – disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali, in merito alla successione dei figli naturali, ha determinato una modifica imponente, determinando per lo effetto la caducazione dell’atavica distinzione tra figli naturali e legittimi, in particolare come avremo modo di analizzare successivamente [13] abolendo il diritto di commutazione ex art. 537 c.c.

In altre parole sono state riscritte le norme sulla successione, in cui ai figli (nati fuori del  matrimonio o al suo interno) è riservato lo stesso identico trattamento normativo.

Modifica legislativa che ha delegittimato (giustamente – a parere di chi scrive) anche l’intervento della Corte Costituzionale[14] secondo il quale venne dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 537, c. 3, c.c., nella parte in cui prevedeva che i figli legittimi avrebbero potuto soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si opponessero, in riferimento agli artt. 3 e 30, c. 3, Cost..

L’AZIONE DI RIDUZIONE

[15]

 

Strumento processuale determinante la possibilità di richiedere, da parte del legittimario pretermesso o leso nella sua quota, la reintegra nella qualità di erede o nella giusta quota a lui spettante.

La dottrina e la giurisprudenza di legittimità prevalenti ritengono che l’azione di riduzione viene esattamente configurata come individuale, giacché ogni legittimario può agire per la sola sua quota di legittima non cedibile e personale, non reale.

Per la S.C.[16] l’azione di riduzione delle donazioni (o delle disposizioni testamentarie) lesive della quota di riserva è azione personale che non dà luogo a litisconsorzio necessario e richiede soltanto la presenza in causa del legittimario e della persona che ha beneficiato dell’atto di liberalità, interessata ad opporsi alla dichiarazione di inefficacia relativa dell’atto stesso.

Né, qualora sia dedotta in via strumentale la simulazione di un atto di compravendita del bene ereditario, è necessario proporre la detta azione, oltre che nei confronti del compratore del bene in questione, anche nei riguardi degli altri eredi (del venditore), attesa l’efficacia incidentale dell’accertamento della simulazione.

È pacifico che si tratta di azione di accertamento costitutivo, perché in giudizio si accerta l’esistenza della lesione di legittima e la sussistenza delle altre condizioni dell’azione, e dall’accertamento consegue automaticamente la modificazione giuridica del contenuto del diritto del legittimario, ossia l’integrazione della quota a lui riservata.

E’ opportuno precisare nuovamente che l’azione di riduzione è azione personale di accertamento costitutivo che determina la sopravvenuta inefficacia delle disposizioni lesive nei confronti del legittimario: per la parte che corrisponde alla lesione di legittima, i beni si considerano come mai usciti dal patrimonio del de cuius.

L’accertamento della lesione della riserva (e la conseguente riduzione), infatti, ha come effetto di far rientrare nella comunione ereditaria il riservatario che ne è stato escluso; l’azione di riduzione, pertanto, differisce dall’azione di divisione perché non tende allo scioglimento della comunione ma unicamente al soddisfacimento dei diritti dei legittimari che si ritengono lesi dalle disposizioni testamentarie, indipendentemente dalla divisione dell’asse [17].

Difatti, per una pronuncia di merito [18], è inammissibile la domanda di divisione ereditaria formulata dall’erede pretermesso che non abbia preventivamente proposto la domanda di riduzione ai fini dell’accertamento della propria qualità di erede ed il conseguente riconoscimento della quota riservata ex art. 537 c.c.

Ed infatti la proposizione della domanda di divisione non sottointende implicitamente quella di riduzione giacché presuppone che i beni eventualmente sottratti alla comunione ereditaria – in virtù di una disposizione testamentaria che abbia violato la riserva – siano già stati recuperati e quindi sia già risolta la questione relativa ai diritti dei legittimari.

Infine, è opportuno precisare che gli atti di liberalità soggetti a riduzione non sono nulli o annullabili, ma validi anche se suscettibili di essere resi inoperanti, in tutto o in parte, e cioè nei limiti in cui ciò sia reso necessario per l’integrazione della quota di riserva, attraverso l’esercizio del diritto potestativo dell’erede legittimario di chiederne la riduzione [19].

Pertanto, la riduzione della disposizione testamentaria conseguente all’accoglimento della domanda del legittimario che si ritenga leso nella sua quota di riserva, non derivando da un vizio di nullità dell’atto dispositivo, rende tale atto soltanto inefficace ex nunc nei confronti del legittimario vittorioso, sicché, fino a quando non sia intervenuta la pronuncia di accoglimento della domanda di riduzione, le disposizioni testamentarie (come anche le donazioni) lesive della quota di legittima conservano ed esplicano la loro efficacia.

Ne consegue che la controversia relativa all’azione di riduzione non si pone in rapporto di pregiudizialità necessaria con la domanda di liquidazione della quota di capitale sociale oggetto di disposizione testamentaria suscettibile di riduzione in caso di accoglimento della domanda proposta dal legittimario che si ritenga leso, non potendosi comunque verificare il contrasto di giudicati [20].

3 A FORMA DI TUTELA (di tipo quantitativo)  a favore dell’intangibilità della legittima.

L’azione di riduzion.e tutela il singolo legittimario

A)  che non abbia ricevuto nulla (pretermesso)B) che abbia ricevuti per testamento o che si trovi a succedere per successione legittima in una quota di beni inferiore a quella a lui spettante per legge. La lesione, infatti, può essere cagionata dal de cuis sia con atto mortis causa (disposizione testamentaria a titolo di eredità o legato), sia con atto inter vivos (donazione e liberalità)

 

ORDINE IN CUI si deve procedere alla riduzione delle fattispecie lesive della legittima –

1)             riduzione delle quote ab intestato – poi si passa alla

2)             riduzione delle disposizioni testamentarie – e infine –

3)             riduzione delle donazioni

A)  Legittimazione attiva

 

art. 557 c.c.   soggetti che possono chiedere la riduzione: la riduzione delle donazioni (c.c.809) e delle disposizioni lesive della porzione di legittima non può essere domandata che dai  legittimari e dai loro eredi o aventi causa  (il legatario – l’acquirente a titolo gratuito – titolo oneroso) (c.c.537 e seguenti).

Essi non possono rinunziare a questo diritto, finché vive il donante né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione (c.c. 458).

I donatari e i legatari non possono chiedere la riduzione, né approfittarne. Non possono chiederla né approfittarne nemmeno i creditori del defunto, se il legittimario avente diritto alla riduzione ha accettato con il beneficio d’inventario (c.c.484 e seguenti).

 

Per essere chiari l’azione di riduzione è azione personale spettante soltanto al legittimario leso e, come tale, non è né cedibile, né alienabile [21].

Non esiste solidarietà attiva tra i legittimari, poiché ciascuno di essi ha un diritto autonomo all’esercizio dell’azione di riduzione e può validamente rinunciarvi.

Da ciò consegue che, nel caso di pluralità di legittimari, ciascuno ha diritto ad una frazione della quota di riserva e non già all’intera quota, o, comunque, ad una frazione più ampia di quella che gli spetterebbe se tutti gli altri facessero valere il loro diritto e, quindi, ciascun legittimario può ottenere soltanto la parte a lui spettante della quota di riserva e non pure quella di coloro che sono rimasti inattivi o che hanno rinunciato all’azione di riduzione [22].

 

B)  La rinunzia

L’azione è irrinunciabile, durante la vita del de cuis,

1)   sia per l’inattualità del diritto (avendo in quel momento il legittimario solo un’aspettativa di fatto non tutelata),

2)   sia perché la rinunzia all’azione comporta una rinunzia in tutto o in parte alla quota di legittima e quindi, se fatta prima dell’apertura della successione, sarebbe un patto successorio.

Successivamente alla morte del de cuius è atto revocabile, a forma libera.

In merito secondo la S.C.[23], il diritto, patrimoniale (e perciò disponibile) e potestativo, del legittimario di agire per la riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della sua quota di riserva, dopo l’apertura della successione, è rinunciabile anche tacitamente, sempre che detta rinuncia sia inequivocabile, occorrendo a tal fine un comportamento concludente del soggetto interessato che sia incompatibile con la volontà di far valere il diritto alla reintegrazione.

Inoltre[24] lo stabilire se determinati coeredi abbiano rinunciato alla loro quota di legittimari avendo riguardo soltanto ai beni elencati nel testamento o anche ai beni dal de cuius donati mediante una vendita simulata costituisce una quaestio voluntatis che spetta risolvere al giudice del merito, la cui decisione è incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata.

L’effetto della rinunzia determina che la quota spettante al legittimario rinunciante si accresce a favore degli altri legittimari accettanti: conseguentemente, nel caso di accettazione dell’eredità da parte di uno solo dei figli del de cuius, la quota di riserva spettante all’accettante va determinata, ai fini della riduzione delle donazioni lesive della legittima, sull’intera porzione legittima riservata complessivamente ai figli del de cuius e non già sulla parte individuale che sarebbe toccata all’accettante se egli avesse diviso con i fratelli la porzione suddetta[25].

C)  Prescrizione

10 anni

Il dies a quo coincide col giorno dell’apertura della successione ma può, come è stato osservato[26], anche essere posteriore, qualora i presupposti alla legittima (es. dichiarazione di filiazione naturale) vengono in essere dopo la morte dell’ereditando.

Le sezioni unite[27], intervenute in merito ad una disputa feroce nell’ambito della stessa Corte, hanno affermato che il termine decennale di prescrizione dell’azione di riduzione decorre dalla data di accettazione dell’eredità da parte del chiamato in base a disposizioni testamentarie lesive della legittima.

Mentre in precedenza le varie sezioni[28] a più riprese avevano affermato che l’azione di riduzione, di natura personale, si prescrivesse nell’ordinario termine di dieci anni decorrente dall’apertura della successione senza che possa aver rilievo, a tal fine, l’individuazione del momento in cui il legittimario ha scoperto la lesione della propria quota di riserva.

La prescrizione, tuttavia, resta interrotta quando il legittimario abbia posto in essere atti diretti in modo univoco a far valere la sua pretesa, come quando abbia chiesto, nel predetto termine decennale, la tutela giurisdizionale del proprio diritto con la proposizione della domanda di riduzione, a nulla rilevando che tale domanda sia stata dichiarata inammissibile per ragioni di rito (nella specie perché proposta tardivamente nel corso del giudizio divisorio, senza che su di essa fosse stato accettato il contraddittorio).

Difatti l’atto di costituzione in mora è idoneo ad interrompere la prescrizione esclusivamente di diritti obbligatori e non è applicabile al diritto del legittimario di esperire l’azione di riduzione delle disposizioni lesive della sua quota, poiché pur trattandosi di diritto di natura personale, ad esso non corrisponde un obbligo di prestazione della controparte anteriore all’iniziativa del legittimario[29].

È bene poi chiarire, come egregiamente dettato dalla S.C.[30], che l’azione del legittimario di riduzione delle donazioni ex art. 555 c.c., è caducabile soltanto per effetto della prescrizione ex art. 480 c.c., non può essere paralizzata dall’eccezione di usucapione ventennale [31] (art. 1158 c.c.) del convenuto, in quanto la pretesa fatta valere dal legittimario pretermesso si configura come azione di natura personale, diretta non a rivendicare lo specifico bene posseduto dal beneficiario dell’atto di liberalità, ma a far valere sul valore di detto bene le proprie ragioni successorie, sicché l’eccezione del donatario non avrebbe altra funzione se non quella di ribadire l’esistenza di quel dominio, presupposto della domanda di riduzione.

D)  Legittimazione passiva

LEGATARI    DONATARI      EREDI

Per la Cassazione [32] in tema di tutela dei diritti dei legittimari, nel giudizio conseguente all’esercizio dell’azione di riduzione, legittimato passivo è il solo titolare della posizione giuridica che l’attore contesta al fine di ottenere la reintegrazione della sua quota di legittimario.

Ne consegue che, rimanendo ogni altro soggetto, benché coerede, estraneo a tale azione, non è configurabile un’ipotesi di litisconsorzio necessario; né, qualora l’azione di riduzione venga proposta con giudizi diversi contro i singoli coeredi, è ipotizzabile litispendenza, continenza o connessione tra le cause.

Secondo la Corte Fiorentina[33] la disciplina normativa per la ricostruzione dell’asse ereditario del de cuius, necessaria al fine di pervenire alla determinazione del quantum della quota di legittima, è dettata dagli artt. 553 e ss. c.c. e prevede una progressiva riduzione delle donazioni effettuate in vita dal de cuius ai legittimari di cui all’art. 536 c.c., secondo l’ordine stabilito dall’art. 559 c.c.

All’uopo deve rilevarsi che nella determinazione della procedura di calcolo la legge sostanziale non opera alcuna distinzione tra i legittimari, per cui in alcun caso può farsi luogo ad una interpretazione del quadro normativo nel senso di escludere le donazioni effettuate ai legittimari antecedentemente all’acquisto di tale qualità da parte del coniuge di seconde nozze, come nella specie preteso da parte appellante.

In tal senso non può essere condivisa l’argomentazione secondo la quale la disciplina successoria dovrebbe essere oggetto di una evoluzione interpretativa in seguito alla introduzione della legge sul divorzio, in modo tale da escludere la legittima aspettativa successoria del coniuge in seconde nozze in relazione a beni che già non facevano parte del patrimonio del de cuius al momento del matrimonio per essersene il medesimo spogliato in precedenza.

Deve, pertanto, concludersi per la sostanziale irrilevanza, ai fini della formazione dell’asse ereditario e della imputazione fittizia delle donazioni effettuate in vita dal de cuius ai legittimari, del momento nel quale gli stessi hanno acquistato la relativa qualifica.

E)   In caso di successione testamentaria

 

art. 554 c.c.      riduzione delle disposizioni testamentarie: le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione (c.c.557 e seguenti) nei limiti della quota medesima (c.c.2652

art. 555  c.c.     riduzione delle donazioni: le donazioni (c.c.809, 1923), il cui valore eccede la quota della quale il defunto poteva disporre (172), sono soggette a riduzione fino alla quota medesima (disp. di att. al c.c. 135).

Le donazioni non si riducono se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento.

 

 

Come già più volte rimarcato gli atti di liberalità soggetti a riduzione non sono inficiati da nullità — intesa, questa, in senso tecnico, come mancanza di requisiti essenziali di sostanza o di forma — ma sono invece validi, anche se suscettibili di essere resi inoperanti, in tutto o in parte, e cioè nei limiti in cui ciò sia necessario per l’integrazione della quota di riserva, attraverso l’esercizio del diritto potestativo dell’erede legittimo di chiederne la riduzione, salvo che questi abbia manifestato in modo non equivoco la volontà di non avvalersi di tale diritto.

Da ciò consegue che la rinunzia all’azione di riduzione non può configurarsi come un trasferimento di beni già acquisiti, al patrimonio del legittimario, ma produce invece l’effetto di impedire al medesimo, in conseguenza della preclusione della detta azione, di acquistare in tutto o in parte i beni formanti oggetto dell’atto di liberalità, e di rendere così definite ed intangibili le situazioni giuridiche precostituite in forza di tali atti[34].

Inoltre, le liberalità risultanti da atti diversi da quelli previsti nell’art. 769 c.c. (nella specie, negotium mixtum cum donatione [35]) sono soggette al regime delle donazioni limitatamente alla disciplina della revocazione (artt. 800 e ss. c.c.) ed a quella della riduzione per reintegrare la quota dei legittimari (artt. 555 e ss. c.c.), mentre, per ciò che attiene al regime formale, si sottraggono al requisito dell’atto pubblico, rimanendo soggette alla forma prescritta per l’atto da cui le liberalità risultano[36].

Ai fini di cui agli artt. 555, 556, 564 secondo comma e 746 c.c., nel caso in cui l’ascendente provveda con proprio denaro al pagamento del prezzo di un immobile acquistato dal discendente, costituendo la vendita mero strumento formale di trasferimento della proprietà del bene per l’attuazione di un complesso procedimento di arricchimento del destinatario del detto trasferimento, si ha donazione indiretta non già del denaro ma dell’immobile, poiché, secondo la volontà del disponente, alla quale aderisce il donatario, di quest’ultimo bene viene arricchito il patrimonio del beneficiario, nel quale, invece, non è mai entrato il denaro utilizzato per l’acquisto [37].

E in tale ambito rientra, naturalmente, anche la donazione remuneratoria — che è vera e propria donazione (art. 770 comma primo c.c.) perché di questa condivide i requisiti di sostanza e di forma — è soggetta alla disciplina della riduzione nel caso di lesione di legittima [38].

art. 560 c.c.    riduzione del legato o della donazione d’immobili: quando oggetto del legato o della donazione da ridurre è un immobile (c.c.812), la riduzione si fa separando dall’immobile medesimo la parte occorrente per integrare la quota riservata, se ciò può avvenire comodamente (c.c.720).

Se la separazione non può farsi comodamente e il legatario o il donatario ha nell’immobile un’eccedenza maggiore del quarto della porzione disponibile, l’immobile si deve lasciare per intero nell’eredità, salvo il diritto di conseguire il valore della porzione disponibile.

Se l’eccedenza non supera il quarto, il legatario o il donatario può ritenere tutto l’immobile, compensando in danaro i legittimari.

Il legatario o il donatario che è legittimario può ritenere tutto l’immobile, purché il valore di esso non superi l’importo della porzione disponibile e della quota che gli spetta come legittimario.

 

 

Affinché il legatario di immobile, soggetto ad azione di riduzione per la reintegrazione dei diritti dei legittimari, possa, ai sensi dell’art. 560 secondo comma c.c., ritenere tutto l’immobile e compensare in denaro i legittimari, non è sufficiente il requisito della non comoda divisibilità del bene, ma occorre anche che il legatario stesso non abbia nell’immobile un’eccedenza superiore al quarto della disponibile[39].

Per altra sentenza [40] nel giudizio promosso dall’erede riservatario per la riduzione del legato o della donazione di immobile, a norma dell’art. 560 c.c., la restituzione dell’intero immobile può essere imposta al convenuto (sempreché esso non sia anche legittimario ed il valore del bene non superi l’importo della disponibile e della quota che gli spetta come legittimario), alla duplice condizione che non sia possibile separare senza pregiudizio una porzione di detto immobile, e che il medesimo convenuto abbia su di esso un’eccedenza superiore al quarto della disponibile.

Nell’ipotesi che gli immobili donati contemporaneamente siano più d’uno, la legge non detta alcun particolare criterio di scelta ai fini della separazione della porzione occorrente ad integrare la legittima, per cui deve ritenersi che, al riguardo il giudice abbia il potere-dovere di tener conto di ogni circostanza del caso, con l’unico limite della comoda divisibilità[41].

Pertanto egli può, nel suo sovrano apprezzamento, basare la decisione anche su motivi di opportunità ricollegabili alle esigenze di una parte, purché ciò non apporti danno all’altra.

Infine, nell’ipotesi di donazione indiretta di un immobile, realizzata mediante l’acquisto del bene con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intenda in tal modo beneficiare, la compravendita costituisce lo strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario, che ha quindi ad oggetto il bene e non già il denaro.

Tuttavia, alla riduzione di siffatta liberalità indiretta non si applica il principio della quota legittima in natura (connaturata all’azione nell’ipotesi di donazione ordinaria di immobile ex art. 560 c.c.), poiché l’azione non mette in discussione la titolarità dei beni donati e l’acquisizione riguarda il loro controvalore, mediante il metodo dell’imputazione; pertanto mancando il meccanismo di recupero reale della titolarità del bene, il valore dell’investimento finanziato con la donazione indiretta dev’essere ottenuto dal legittimario leso con le modalità tipiche del diritto di credito, con la conseguenza che, nell’ipotesi di fallimento del beneficiario, la domanda è sottoposta al rito concorsuale dell’accertamento del passivo ex artt. 52 e 93 della legge fall.[42]

 

F)   In caso di successione legittima

art. 553 c.c.      riduzione delle porzioni degli eredi legittimi in concorso con legittimari: quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o in parte la successione legittima (c.c.457), nel concorso di legittimari con altri successibili, le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la quota riservata (c.c.537 e seguenti) ai legittimari, i quali però devono imputare a questa, ai sensi dell’art. 564, quanto hanno ricevuto dal defunto in virtù di donazioni o di legati.

 

 

Questa norma è stata considerata da un autore[43] praticamente inutile, perché il legislatore avrebbe già provveduto, nella disciplina della successione ab intestato, a regolare i singoli casi di concorso fra eredi legittimi non legittimari ed eredi legittimi legittimari, attribuendo a quest’ultimi quanto meno la quota di riserva.

Ma lo norma viene, dalla dottrina prevalente[44], ritenuta giustamente indispensabile proprio nei predetti casi e, precisamente nelle ipotesi previste dagli art. 571 c.c. (concorso genitori con fratelli e sorelle) e 582 c.c.

 

 

G)  Le modalità

            Le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione nei limiti della quota medesima.

            La riduzione delle disposizioni testamentarie avviene proporzionalmente senza distinguere tra eredi e legatari, salvo che il testatore abbia indicato  un ordine con cui procedere dichiarando che una disposizione deve avere effetto a preferenza delle altre.

art. 558 c.c.     modo di ridurre le disposizioni testamentarie: la riduzione delle disposizioni testamentarie avviene proporzionalmente, senza distinguere tra eredi e legatari.

            Se il testatore ha dichiarato che una sua disposizione deve avere effetto a preferenza delle altre, questa disposizione non si riduce, se non in quanto il valore delle altre non sia sufficiente a integrare la quota riservata ai legittimari.

 

art. 559 c.c.     modo di ridurre le donazioni: le donazioni (c.c.809) si riducono cominciando dall’ultima e risalendo via via alle anteriori.

 

            ll legittimario che intende proporre l’azione di riduzione ha l’onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, potendo solo in tal modo il giudice procedere alla sua reintegrazione; in particolare, in relazione al principio sancito dagli artt. 555 e 559 c.c., egli ha l’onere di indicare, oltre al valore, l’ordine cronologico in cui sono stati posti in essere i vari atti di disposizione, non potendo l’azione di riduzione essere sperimentata rispetto alle donazioni se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento e cominciando, comunque, dall’ultima e risalendo via via alle anteriori[45].

            Al fine di stabilire se l’atto di disposizione patrimoniale compiuto in vita dal de cuius sia lesivo della quota riservata ai legittimari, ad esempio, la donazione con riserva di usufrutto deve essere calcolata come donazione in piena proprietà, riferendone il valore al tempo dell’apertura della successione. Non si deve, pertanto, tener conto, al fine suddetto, della rinuncia all’usufrutto[46] fatta dal donante a favore del donatario nudo proprietario[47].

            Se la donazione, poi, è nulla[48] il legittimario agirà con l’azione di nullità, che avvantaggia tutti gli eredi facendo rientrare il bene donato nell’asse ereditario, laddove l’azione di riduzione mira soltanto a far dichiarare l’inefficacia delle donazioni nei confronti del legittimario, onde solo costui potrà procedere reintegrare la propria quota, mentre la donazione sarà efficace nei confronti di qualsivoglia altro soggetto, pur cointeressato.

H)  LE CONDIZIONI NECESSARIE

art. 564 c.c.   condizioni per l’esercizio dell’azione di riduzione: il legittimario che non ha accettato l’eredità col beneficio d’inventario (c.c.484 e seguenti) non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunziato all’eredità. Questa disposizione non si applica all’erede che ha accettato col beneficio d’inventario e che ne è decaduto (c.c.439 e seguenti).

            È stato specificato che la condizione fondamentale per chiedere la riduzione delle donazioni o delle disposizioni lesive della porzione di legittima è soltanto quella di essere tra le persone indicate dall’art. 557 c.c., e cioè di rivestire la qualità di legittimario, mentre la condizione stabilita dall’art. 564, comma primo, c.c., della preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, vale soltanto per il legittimario che abbia in pari tempo la qualità di erede. Diversamente argomentando, infatti, il legittimario totalmente pretermesso dal testamento non sarebbe in grado di esercitare l’azione di riduzione, non potendo in alcun modo accettare una eredità alla quale non è stato chiamato[49].

            In ogni caso il legittimario, che domanda la riduzione di donazioni o di disposizioni testamentarie, deve imputare (c.c.737 e segg.) alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato (c.c. 553; disp. di att. al c.c. 1352).

            Il legittimario che succede per rappresentazione (c.c.467 e seguenti) deve anche imputare le donazioni e i legati fatti, senza espressa dispensa, al suo ascendente (c.c.740; disp. di att. al c.c. 1352).

            La dispensa non ha effetto a danno dei donatari anteriori.

            Ogni cosa, che, secondo le regole contenute nel capo II del titolo IV di questo libro, è esente da collazione, è pure esente da imputazione.

 

1)   ACCETTAZIONE BENEFICIATA

 

Il legittimario che non ha accettato l’eredità con beneficio d’inventario non può chiedere, la riduzione delle donazioni e dei legati.

Questa regola non si applica all’erede pretermesso.

La condizione è basata sulla necessità che i terzi estranei all’eredità siano garantiti in ordine all’effettiva entità del patrimonio.

Per questo l’accettazione beneficiata non è richiesta quando i legatari e donatari siano anche coeredi , in quanto successori a titolo universale, i quali costituiscono, come si suol dire la persona del de cuius, e dunque non terzi, conoscano esattamente l’entità del patrimonio senza bisogno di procedere all’inventario.

Ma la norma è apparsa in realtà sproporzionata, perché sarebbe stata sufficiente la sola redazione dell’inventario.

Peraltro tale ratio è del tutto contraddetta dal fatto che è sufficiente l’accettazione beneficiata pur se poi si decada dal beneficio: tale decadenza infatti potrebbe dipendere proprio dall’omessa o infedele formazione dell’inventario.

Per la S.C.[50] a norma dell’art. 564 c.c., il legittimario che abbia la qualità di erede non può esperire l’azione di riduzione delle donazioni e dei legati lesivi della sua quota di legittima ove non abbia accettato l’eredità con beneficio d’inventario, non potendo tale condizione valere, invece, per il legittimario totalmente pretermesso, il quale può acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento. La pretermissione del legittimario può verificarsi anche nella successione ab intestato, qualora il de cuius si sia spogliato in vita del suo patrimonio con atti di donazione.

 

 

2)   IMPUTAZIONE EX SE

 

Salvo dispensa che è un atto unilaterale, trattandosi di una dichiarazione del donante o del de cuius, che può essere calata

1)  in una autonoma clausola del contratto di donazione o del testamento

2)  ovvero contenuta in un atto a sé stante successivo, testamentario ovvero pubblico.

Il legittimario non deve imputare solo le donazioni e i legati, ma tutto ciò che abbia ricevuto per successione, vale a dire anche i beni che abbia conseguito in qualità di erede.

E’ un ONERE a carico del legittimario che domanda la riduzione di donazioni (e di disposizioni testamentarie).

Egli deve (con un calcolo puramente contabile) imputare preventivamente alla sua porzione legittima le donazioni (e i legati) a cui fatti; logicamente ciò significa che il legittimario che abbia ricevuto donazioni o legati dal de cuius di valore pari o superiore alla legittima, esperisce inutilmente l’azione di riduzione.

Se invece la donazione è di valore inferiore alla sua legittima, oppure abbia ricevuto una donazione con dispensa dall’imputazione ex se (sempre inferiore al valore invalicabile della disponibile) potrà chiedere l’integrazione di legittima e conservare i beni ricevuti in donazione.

La dispensa dall’imputazione effettivamente sposta il bene sulla disponibile.

La dispensa dalla collazione, invece, non lo sposta, per cui il donatario con dispensa da collazione (ma non da imputazione) può conservare il bene donato nei limiti della disponibile, tuttavia, se esiste concorso con altri disponibilisti (anche donatari anteriori) che non permetta al beneficio della dispensa di operare, egli dovrà imputare i beni donati prima alla sua legittima e poi, se c’è capienza, sulla disponibile.

Per la S.C.[51] la collazione per imputazione dell’immobile donato in nuda proprietà con riserva di usufrutto va effettuata con riferimento al valore corrispondente alla piena proprietà come acquisita dal donatario all’epoca di apertura della successione, sia perché solo in tale momento si può stabilire il valore dell’intera massa da dividere ed attuare lo scopo della collazione di ricomposizione in modo reale dell’asse ereditario, sia perché l’acquisizione della piena proprietà del bene in capo al donatario alla morte del donante (ovvero al tempo di apertura della successione, come individuato dall’art. 456 c.c.) è, comunque, effetto riconducibile al suddetto atto di donazione. In caso contrario, il donatario si avvantaggerebbe ingiustificatamente del mancato conferimento alla massa di un importo corrispondente alla differenza tra il valore equivalente alla nuda proprietà e quello equivalente alla piena proprietà del bene stesso.

Ancora per la Cassazione[52] in tema di successioni, ai sensi dell’art. 564, secondo c., la dispensa dall’imputazione ex se deve essere espressa e, quindi, occorre che la volontà di dispensare dall’imputazione sia deducibile con certezza dal contesto della disposizione, senza la possibilità di equivoci sul significato sia logico che letterale dell’espressione usata, restando conseguentemente esclusa l’utilizzabilità di elementi extracontrattuali e la desumibilità di una volontà in tal senso per implicito dalle disposizioni del donante. Discende che non può ravvisarsi una dispensa dalla imputazione alla legittima nella dichiarazione del donante che la donazione viene da lui fatta sulla disponibilie.

 

I)   Questioni processuali

 

Preliminarmente è gioco forza ricordare che il legittimario pretermesso o leso nella legittima quando propone l’azione di riduzione ha l’onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria nonché il valore della quota di legittima violata dal testatore.

A tal fine, ha l’onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della sua quota di riserva oltre che proporre, sia pure senza l’uso di formule sacramentali, espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione della medesima mediante il calcolo della disponibilità e la susseguente riduzione delle donazioni compiute in vita dal de cuius [53].

In ordine all’onere probatorio gravante sui legittimari ai fini della ricostruzione fittizia dell’asse, ed in particolare in ordine all’inesistenza di altri beni e di donazioni effettuate in vita dalla defunta, se è vero che tale onere investe anche i fatti negativi in quanto costituenti il fondamento del diritto vantato, è anche vero siffatta prova, per la quale non ricorrono limitazioni, ben può essere ravvisata dal giudice in presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti [54].

È importante anche precisare che l’eventuale accoglimento della domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni lesive della quota dei legittimari, con la restituzione al legittimario di beni fruttiferi, non comporta l’automatica attribuzione dei frutti di detti beni, occorrendo all’uopo un’espressa e rituale domanda, giacché la relazione di accessorietà che intercorre fra le due domande lascia sussistere la loro autonomia sul piano sostanziale e processuale[55].

Poi, nella controversia promossa da più eredi legittimari per ottenere la riduzione di disposizioni lesive della loro quota di riserva, la impugnazione incidentale dell’uno, in adesione alle ragioni fatte valere dall’altro con impugnazione principale, non si sottrae al termine ordinario, in considerazione della scindibilità delle relative controversie, per effetto del carattere personale della azione di riduzione (indipendentemente dalla circostanza che il legittimario succeda in via diretta o per rappresentazione), nonché in considerazione della non invocabilità delle disposizioni dello art. 334 c.p.c., sull’impugnazione incidentale tardiva, le quali riguardano l’impugnazione rivolta contro la parte che ha proposto l’impugnazione principale [56].

Inoltre stante l’autonomia del diritto del legittimario di esercitare l’azione personale di reintegrazione della quota di riserva, non è configurabile un litisconsorzio necessario fra tutti i legittimari in relazione alla stessa successione ereditaria, ma è richiesta soltanto la presenza in causa del legittimario e della persona che ha beneficiato dell’atto di liberalità o della disposizione testamentaria lesiva della legittima[57].

Ai fini prettamente processuali non di rado può accadere che l’erede pretermesso onde evitare un aggravio, qualora ricorrano i giusti presupposti di fumus e periculum, della sua lesione può, eventualmente, chiedere un sequestro preventivo al fine di cristallizzare l’asse ereditario ed, infatti, ai sensi dell’art. 670 n. 1 cod. proc. civ. possono formare oggetto di sequestro giudiziario non solo i beni ordinari per i quali sia stata esercitata un’azione di rivendica, di reintegrazione, o di manutenzione, ma anche quelli che abbiano dato luogo ad una controversia dalla cui decisione può scaturire una statuizione di condanna alla restituzione o al rilascio, eventualmente in accoglimento di un’azione personale, di cosa a qualsiasi titolo pervenuta nella disponibilità di altri, come nel caso di azione di riduzione di donazioni da parte del legittimario leso[58].

L’erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione [59] di una vendita fatta dal de cuius assume la qualità di terzo rispetto ai contraenti – con conseguente ammissibilità della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni – quando agisca a tutela del diritto, riconosciutogli dalla legge, all’intangibilità della quota di riserva e proponga in concreto, sulla premessa che l’atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di legittima, una domanda di riduzione, nullità o inefficacia dell’atto medesimo[60].

Principio già riportato in altra precedente pronuncia[61] secondo la quale, appunto, il legittimario pretermesso dall’eredità, che impugna, a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, la compravendita immobiliare compiuta dal de cuius in quanto dissimulante una donazione, agisce in qualità di terzo, sicché, nei suoi confronti, non può attribuirsi valore vincolante alla dichiarazione relativa al versamento del prezzo, pur contenuta nel rogito notarile, potendo, invece, trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l’onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in applicazione dell’anzidetto principio, aveva escluso che potesse assumere valore dirimente, al fine di escludere la dissimulazione della donazione, l’attestazione, contenuta nell’atto pubblico di compravendita immobiliare, del pagamento del prezzo tramite assegno, consegnato  salvo buon fine).

L’azione di simulazione che sia esercitata dal legittimario in relazione di strumentalità con quella, dallo stesso contestualmente proposta, di reintegrazione della quota di riserva, in quanto diretta ad ottenere, nella prospettiva di una declaratoria di inefficacia degli atti impugnati di simulazione, la ricostruzione dell’asse che comporti una rideterminazione per lui più favorevole dei diritti riservati, è soggetta allo stesso termine prescrizionale decennale, che decorre per entrambe le dette azioni non dalla data di stipulazione dell’atto che si assume simulato, bensì dalla data di apertura della successione, atteso che solo da tale momento, che coincide con quello di acquisto della qualità di erede, l’atto compiuto dal de cuius assume l’idoneità a ledere i diritti del legittimario e ne rende concreto ed attuale l’interesse ad agire in giudizio[62].

Infine colui che agisce in giudizio per il riconoscimento del diritto a conseguire la quota di riserva, esperisce un’azione di riduzione, di natura personale e quindi soggetta al termine ordinario di prescrizione, decorrente dal momento dell’apertura della successione, e non una petitio hereditatis[63], poiché il legittimario pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento, ovvero dopo il riconoscimento dei suoi diritti da parte dell’istituito [64].

 

 

IL CALCOLO DELLA LEGITTIMA

 

art. 556 c.c.    determinazione della porzione disponibile: per determinare l’ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della mortedetraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, secondo il loro valore determinato in base alle regole dettate negli artt. 747 e 750 e sull’asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre (c.c.537 e seguenti, 737; disp. di att. al c.c. 135-2).

 

 

            Come già scritto il legittimario che propone azione di riduzione ha l’onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la legittima, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché il valore della quota di legittima violata dal testatore[65].

            Al fine di determinare la porzione disponibile, e di quella riservata ai legittimari, si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte detraendone i debiti.

            Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposizione a titolo di donazione e quindi sull’asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporne.

            La quota disponibile e, quindi, la riserva si calcolano detraendo dal valore del patrimonio relitto i debiti, ma aggiungendovi le donazioni elargite dal testatore in vita (relictum più donatum), secondo le regole sulla collazione.

            Questa operazione, cui si dà il nome di riunione fittizia, ha la funzione di accertare se l’ereditando, donando in vita i propri beni, abbia pregiudicato diritti dei c.d. legittimari.

            Per la S.C. [66] per accertare la lesione di legittima è necessario determinare il valore della massa ereditaria e, quello, quindi, della quota disponibile e della quota di legittima, che della massa ereditaria costituiscono una frazione, procedendo, anzitutto, alla formazione della massa dei beni relitti ed alla determinazione del loro valore al momento dell’apertura della successione, alla detrazione dal relictum dei debiti da valutare con riferimento alla stessa data, alla riunione fittizia (cioè, con operazione meramente contabile) tra attivo netto e donatum, costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare secondo il loro valore al momento dell’apertura della successione (artt. 747 e 750 c.c., rispettivamente relativi ai beni immobili ed ai beni mobili) e con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro (art. 751 c.c.), calcolando, poi, la quota disponibile e la quota indisponibile sulla massa risultante dalla somma del valore del relictum al netto e del valore del donatum ed imputando, infine, le liberalità fatte al legittimario con conseguente diminuzione, in concreto, della quota ad esso spettante (art. 564 c.c.).

            Poi, ai fini della determinazione della quota di legittima e della quota disponibile deve aversi riguardo, ai sensi degli artt. 556 e 564 c.c., esclusivamente al valore dell’asse ereditario al tempo dell’apertura della successione, differentemente dalla stima dei beni per la formazione delle quote per la divisione ereditaria, che a norma dell’art. 726 c.c. deve farsi con riferimento al loro stato e valore venale al tempo della divisione anche quando si provveda alla reintegrazione della legittima [67].

1)             FORMAZIONE DELLA MASA DEI BENI EREDITARIA

ex artt. 747/8/9  e art. 750 c.c.

art. 747 c.c.  collazione per imputazione: la collazione per imputazione si fa avuto riguardo al valore dell’immobile al tempo dell’aperta successione.

 

art. 748 c.c.     miglioramenti, spese e deterioramenti: in tutti i casi, si deve dedurre a favore del donatario il valore delle migliorie apportate al fondo nei limiti del loro valore al tempo dell’aperta successione (456, 1150 c.c.).

Devono anche computarsi a favore del donatario le spese straordinarie da lui sostenute per la conservazione della cosa, non cagionate da sua colpa.

Il donatario dal suo canto è obbligato per i deterioramenti che, per sua colpa, hanno diminuito il valore dell’immobile.

Il coerede che conferisce un immobile in natura può ritenerne il possesso sino all’effettivo rimborso delle somme che gli sono dovute per spese e miglioramenti (1152 c.c.).

 

art. 749  c.c.  miglioramenti e deterioramenti dell’immobile alienato: nel caso in cui l’immobile è stato alienato dal donatario, i miglioramenti e i deterioramenti fatti dall’acquirente devono essere computati a norma dell’articolo precedente.

 

art. 750 c.c.   collazione di mobili: la collazione dei mobili si fa soltanto per imputazione, sulla base del valore che essi avevano al tempo dell’aperta successione (456, att. 1353).

Se si tratta di cose delle quali non si può far uso senza consumarle, e il donatario le ha già consumate, si determina il valore che avrebbero avuto secondo il prezzo corrente (1474) al tempo dell’aperta successione.

Se si tratta di cose che con l’uso si deteriorano, il loro valore al tempo dell’aperta successione è stabilito con riguardo allo stato in cui si trovano.
La determinazione del valore dei titoli dello Stato, degli altri titoli di credito quotati in borsa e delle derrate e delle merci il cui prezzo corrente è stabilito dalle mercuriali, si fa in base ai listini di borsa e alle mercuriali del tempo dell’aperta successione.

 

art. 751 c.c.   collazione del danaro: la collazione del danaro donato (1923 c.c.) si fa prendendo una minore quantità del danaro che si trova nell’eredità, secondo il valore legale della specie donata o di quella ad essa legalmente sostituita all’epoca dell’aperta successione (1277 e seguenti c.c.).

Quando tale danaro non basta e il donatario non vuole conferire altro danaro o titoli dello Stato, sono prelevati mobili o immobili ereditari, in proporzione delle rispettive quote.

2)             DETRAZIONE DEI DEBITI

 

Operazione matematica

DONAZIONI   +  RELICTUM –      DEBITI

I debiti non sono soltanto quelli contratti dal defunto, ma anche quelli sorti in occasione della morte[68]:

1 – spese funerarie;

2 – spese di sepoltura;

3 – spese per la pubblicazione di testamento;

4 – spese per l’apposizione di sigilli;

5 – spese per la redazione dell’inventario;

6 – la formazione delle quote.

La determinazione della quota di legittima va fatta con riguardo al valore della massa risultante dalla riunione fittizia, con detrazione dei debiti ereditari, senza che possa tenersi conto degli oneri e delle obbligazioni non preesistenti e che vengono a costituirsi per volontà del testatore con espressa imposizione a carico dell’istituito nella disponibile [69].

Non si detraggono

1)  le obbligazioni naturali,

2)  in particolare i debiti prescritti, non essendo questi dei veri e propri obblighi in senso civile.

3)  I legati non si detraggono, quest’ultimi fanno parte della massa ereditaria e perciò non devono detrarsi.

4)  I debiti sottoposti a condizione sospensiva

Se non vi è relictum la detrazione sarà effettuata sui beni donati –

3)             RIUNIONE FITTIZIA DELLE DONAZIONI

 

            Donazioni

Come per la collazione, cui l’art. 556 c.c. rinvia, ogni tipo di donazione va computato (dirette ed indirette – modali – remuneratorie – obnuziali o manuali) a chiunque effettuate, né potrebbe il de cuius esonerare talune di esse dal computo.

            Sono applicabili alla riunione fittizia anche gli artt. 741 – 744  c.c. che riguardano i beni da conferire o da non conferire in concreto, inoltre gli istituti previsti per la collazione –

A) società di comodo –

B) intestazione mobiliare –

art. 741 c.c.   collazione di assegnazioni varie: è soggetto a collazione ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti per assegnazioni fatte a causa di matrimonio, per avviarli all’esercizio di un’attività produttiva o professionale, per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita a loro favore o per pagare i loro debiti.

 

art. 742 c.c.  spese non soggette a collazione: non sono soggette a collazione le spese di mantenimento e di educazione e quelle sostenute per malattia, ne quelle ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze.

Le spese per il corredo nuziale e quelle per l’istruzione artistica o professionale sono soggette a collazione solo per quanto eccedono notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle condizioni economiche del defunto (809 c.c.).

Non sono soggette a collazione le liberalità previste dal secondo comma dell’Art. 770. c.c.

 

art. 743 c.c.  società contratta con l’erede: non è dovuta collazione di ciò che si è conseguito per effetto di società contratta senza frode tra il defunto e alcuno dei suoi eredi, se le condizioni sono state regolate con atto di data certa (2704 c.c.).

 

art. 744 c.c.    perimento della cosa donata: non è soggetta a collazione la cosa perita per causa non imputabile al donatario (1256 c.c.).

Esonero in favore del legittimario dall’imputazione ex se

questo esonero incide solo nel senso di far considerare quella data donazione come fatta sulla quota disponibile e dunque da non aggiungersi  a quanto ricevuto mortis causa al fine di stabilire se vi sia o non vi sia stata lesione della quota di riserva.

Esempi

S’ipotizzi che il de cuius  abbia 2 figli ed abbia fatto solo al primogenito donazioni per 200.

300 a ciascun figlio e  400 alla Casa di riposo;  i debiti ereditari ammontano a 200

Disposizione lesiva della legittima

Per vedere se la disposizione in favore della Casa di riposo è stata mantenuta nei limiti della disponibile si procede come detto, detraendo dal relictum (1000) i debiti  (200) = 800  +  200 che è la donazione fatta e  si otterrà 1000;  poiché ai figli spettano i  2/3 e cioè 666 (a ciascuno 333) e pertanto la disposizione è lesiva  x 33.

Donazione con esonero =  Disposizione lesiva

Se la donazione al primo figlio era stata fatta con esonero da imputazione effettivamente la lesione sussiste perché la disponibile di cui il de cuius poteva disporre con il testamento era stata decurtata di un valore pari alla donazione.

Donazione con imputazione

Se invece l’esonero non vi era stato, la donazione era stata fatta in conto di legittima ed allora la lesione non c’è:Alla morte lascia per testamento 1000 così ripartito:

essendo la quota di 333 ed avendo il figlio ricevuto in donazione è sufficiente che riceva 133, mentre ha ricevuto 300, si deve quindi di reintegrare la quota del solo figlio non donatario, che avendo diritto a 333 ed avendo ricevuto solo 300, dovrà avere altre 33, secondo le regole dell’azione di riduzione.

L’AZIONE DI RESTITUZIONE

Successivamente alla azione di riduzione il legittimario agirà verso i beneficiati per la restituzione dei beni oggetto della disposizione ormai ridotta.

Quanto alle distinzioni tra azione di riduzione e azione di restituzione giova precisare che l’effetto costitutivo dell’azione di riduzione si esaurisce nel rendere inefficaci le disposizioni lesive nei confronti dei legittimari che l’abbiano chiesta, e nella misura occorrente per reintegrare la quota agli stessi riservata. Successivamente il legittimario, nella sua qualità di erede, agirà contro i beneficiari delle disposizioni lesive (o i terzi acquirenti) per ottenere la condanna giudiziale alla restituzione dei beni oggetto della sentenza di riduzione; l’azione di restituzione, che ha carattere personale, non costituisce la fase esecutiva dell’azione di riduzione; essa è una conseguenza della sentenza di riduzione solo nel senso che è una conseguenza dell’inefficacia del titolo di acquisto dell’onorato o del donatario, derivante dall’accertamento delle condizioni di esistenza del diritto del legittimario alla riduzione.

L’azione di restituzione può anche essere proposta unitamente all’azione di riduzione, come domanda accessoria di quest’ultima e per il caso di accoglimento della stessa.

La S.C.[70], in una nota sentenza, ha esplicato un principio  fiume  secondo cui è indubbiamente azione personale quella di riduzione ad integrandam legitimam che il legittimario esercita contro il donatario, poiché essa tende a produrre solo la risoluzione, totale o parziale, del negozio relativo all’acquisto del bene donato (in ciò che ecceda la parte disponibile), e non è diversa da ogni altra azione di risoluzione del contratto, non contestandosi l’esistenza del titolo di proprietà del donatario. Pur avendo natura personale, l’azione di riduzione, peraltro, possiede anche un’efficacia reale, conseguente all’accoglimento dell’azione stessa ed al passaggio in giudicato della sentenza che abbia pronunziato la riduzione della donazione.

Invero, per effetto della risoluzione della donazione, così prodottasi, cadono i diritti dei terzi (tranne il caso previsto dall’art. 2652, n. 8, cpv., c.c.) dalla donazione stessa derivanti, cioè i diritti reali (ipoteche, servitù ed altri pesi) costituiti dal donatario a favore di altri sul bene immobile donato (art. 561, primo comma, c.c.), e ciò avviene in applicazione del principio resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis.

Tuttavia, al rigore di tale principio, l’art. 563, primo comma, c.c., al fine di tutelare per quanto possibile l’acquisto che di quel bene abbia fatto il terzo, ha apportato un’eccezione stabilendo che il legittimario deve prima escutere i beni del donatario per ottenere il soddisfacimento del proprio diritto all’integrazione della legittima, con conseguente intangibilità dell’acquisto del terzo in caso di esito positivo dell’escussione dei beni del donatario. Solo in caso di esito negativo di tale escussione il legittimario ha diritto di rivolgersi contro il terzo chiedendogli la restituzione del bene immobile. Questa, peraltro, è l’unica azione che gli compete, come risulta espressamente dall’art. 563, primo comma, c.c., ed in giuridica coerenza con la stessa natura reale dell’azione di restituzione, che non è che la conseguenza dell’avvenuto ritorno ex tunc della proprietà di quel bene, per effetto della risoluzione della donazione, nel patrimonio del donante, cioè del de cuius, e quindi dell’erede legittimario.

Se è vero infatti che per sottrarsi all’obbligo di restituire in natura la cosa il terzo acquirente può pagare l’egual valore in denaro al legittimario (art. 563, primo comma, c.c.), è questa una sua mera facoltà che non può giammai tramutarsi in un obbligo, la sua obbligazione di restituzione configurandosi come «facoltativa» o con facultas solutionis alternativa ex lege (una res in obligatione, duae autem in facultate solutionis) e non come un’obbligazione alternativa (con la conseguenza, propria dell’obbligazione facoltativa, dell’estinzione della stessa qualora divenga impossibile senza colpa del debitore l’unica prestazione costituente l’oggetto dell’obbligazione stessa).

Tale natura dell’obbligazione del terzo acquirente non rimane alterata (né il suo oggetto si trasforma in quello di una prestazione pecuniaria per ciò solo che al legittimario, a sensi dell’art. 560, secondo comma, ultima parte, c.c., sia stato attribuito (in accoglimento dell’azione di riduzione della donazione) il diritto al pagamento di una somma di denaro verso il donatario, per integrazione della quota legittima lesa. Quand’anche tale ipotesi si verifichi, peraltro, il legittimario può sempre, in caso di mancato pagamento e di accertata insolvenza del donatario, previa escussione dei suoi beni, rivolgersi contro il terzo acquirente, con l’azione di restituzione del bene, e ciò può fare sempre in applicazione dell’art. 563, primo comma, c.c. che quell’azione gli concede (indipendentemente dall’integrabilità della quota legittima in natura o in denaro) come mera conseguenza dell’efficacia reale della risoluzione della donazione.

Caso in cui vi sia stata una disposizione universale, il legittimario preterito otterrà, con la riduzione, solo una quota astratta di eredità, ma non beni concreti che gli saranno assegnati solo con la divisione.

Se, poi i beni da restituire non appartengono al beneficiario

1)     o perché siano stati acquistati da un terzo

2)     o per altra causa imputabile allo stesso beneficiario, il legittimario esperirà l’azione di restituzione per equivalente, ossia chiederà il tantundem.

Per la Cassazione[71], nell’ipotesi in cui non sia possibile la materiale acquisizione del bene necessario alla reintegrazione della quota del legittimario, è con riferimento alla data dell’apertura della successione, secondo l’orientamento costante della medesima Corte [72] che va determinato il valore di tale bene ai fini del soddisfacimento per equivalente del diritto del legittimario, e il credito di quest’ultimo cristallizzato in termini monetari, va poi rivalutato, nell’ipotesi in cui la liquidazione intervenga dopo un’apprezzabile lasso di tempo, al fine di conservare la corrispondenza del tantundem pecuniario al valore economico reale del bene non acquisito al patrimonio del creditore.

Ad esempio per una sentenza di merito [73] la reintegrazione della quota di legittima effettuata mediante corresponsione di una somma di danaro, impone la rivalutazione della somma predetta con decorrenza dall’apertura della successione, poiché il credito del legittimario non è di valuta ma di valore.

In circostanze siffatte deve, pertanto, procedersi all’aestimatio rei con riferimento all’epoca dell’apertura della successione e, quindi, alla rivalutazione del quantum pecuniario al momento della decisione giudiziale, affinché il danaro costituisca l’esatto equivalente del valore della quota dei beni in natura che sarebbe spettata all’erede leso.

La rivalutazione monetaria finalizzata a tale risultato può essere correttamente effettuata sulla base delle variazioni degli indici Istat sul costo della vita registrate nel periodo compreso tra la data dell’apertura della successione e la data della pronunzia giudiziale. Sulla somma in tal modo rivalutata non possono, invece, essere riconosciuti gli interessi compensativi qualora la parte non abbia formulato una espressa domanda in tal senso, poiché gli interessi, avendo un fondamento autonomo ed integrando obbligazioni distinte rispetto a quelle principali, attinenti alle somme alle quali si aggiungono, possono essere riconosciuti solo su espressa domanda degli aventi diritto.

Se invece i convenuti hanno alienato i beni, il legittimario potrà avvalersi se non è applicabile l’art 111 c.p.c. della sentenza già resa in ordine all’inefficacia relativa dell’atto lesivo, per agire con l’azione di restituzione nei confronti degli acquirenti, anche dei legatari o eredi, applicandosi per analogia l’art. 563 c.c. [74]

art. 563 c.c.   azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione: se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati, e non sono trascorsi venti anni dalla donazione il legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell’ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili (2652, n. 8).

L’azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l’ordine di data delle alienazioni, cominciando dall’ultima. Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta, entro il termine di cui al primo comma, la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede (c.c.1153 e s.s.).

 

            Il terzo acquirente può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l’equivalente in danaro.

            Salvo il disposto del n.8) dell’art. 2652, il decorso del termine di cui al primo comma e di quello di cui all’art. 561, primo comma, è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario, un atto pregiudiziale di opposizione alla donazione.

            Il diritto dell’opponente è personale e rinunziabile.

            L’opposizione perde effetto se non è rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione.

art. 561 c.c.      restituzione degli immobili: gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario può averli gravati, salvo il disposto del n. 8 dell’art. 2652. i pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, salvo in questo caso l’obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni, purché la domanda sia stata proposta entro dieci anni dall’apertura della successione. Le stesse disposizioni si applicano per i mobili iscritti in pubblici registri.

I frutti (820) sono dovuti a decorrere dal giorno della domanda giudiziale (c.c.1148.)

 

  • Natura

 

L’azione di restituzione contro i terzi acquirenti ha, secondo la dottrina prevalente, carattere reale.

  • Restituzione dei frutti

 

Il coerede che ha posseduto da solo un bene ereditario, che poi deve restituire ad altro coerede per il venir meno di una disposizione testamentaria, è tenuto alla restituzione dei frutti del bene medesimo a decorrere dalla data della domanda giudiziale [75].

Apertasi una successione, il coerede discendente che possiede un bene in virtù di un atto a titolo gratuito o di una disposizione testamentaria, non è, per la parte eccedente la quota di sua spettanza, possessore di mala fede, in quanto possiede in virtù di un titolo idoneo a trasferire il dominio e valido fino a quando non venga esercitata l’azione di riduzione, il cui accoglimento determina l’invalidità della donazione o della disposizione testamentaria, per la parte eccedente, con effetto dalla data della domanda giudiziale. Esperita con esito favorevole l’azione di riduzione, l’obbligo di restituire i frutti, ove questi non siano rappresentati più dall’origine da una somma di danaro, costituisce un debito di valore e non di valuta [76].

Al legittimario cui venga restituito un immobile per reintegrare la quota di legittima spetta, a norma dell’art. 561 c.c., anche il diritto ai frutti quali accessori del bene, in relazione al suo mancato godimento, mentre, nell’ipotesi in cui il bene non possa essere restituito e la reintegrazione della quota di riserva avvenga per equivalente monetario, con l’ulteriore riconoscimento degli interessi legali sulla somma a tal fine determinata, nulla è dovuto per i frutti, posto che gli interessi legali attribuiti rispondono alla medesima finalità di risarcire il danno derivante dal mancato godimento del bene (lucro cessante) e pertanto il cumulo tra frutti e interessi comporterebbe la duplicazione del riconoscimento di una medesima voce di danno[77].

A)  ECCEZIONI ALLA RESTITUZIONE

1)   La trascrizione ex art 2652 n 8 c.c.:

art. 2652 c.c.         domande riguardanti atti soggetti a trascrizione: effetti delle relative trascrizioni rispetto ai terzi: Si devono trascrivere, qualora si riferiscano ai diritti menzionati nell`art. 2643, le domande giudiziali (Cod. Proc. Civ. 163) indicate dai numeri seguenti, agli effetti per ciascuna di esse previsti (disp.di att. al c.c. 225 e seguenti):

8) le domande di riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima (c.c.554 e seguenti).

Se la trascrizione è eseguita dopo dieci anni dall’apertura della successione, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda

2)   Pagamento per equivalente

Si tratta secondo taluni di un potere di riscatto o, più propriamente, di un potere che s’inquadra nell’ambito delle obbligazioni con facoltà alternativa.

Tale potere va però negato in caso di acquisto in mala fede del bene mobile dopo l’apertura della successione e di trascrizione dell’acquisto successiva alla trascrizione dell’azione di riduzione, in caso di beni immobili e di mobili registrati, perché osta la negligenza del terzo acquirente, il quale era stato avvertito della trascrizione della domanda giudiziale circa l’esistenza di una lite.

B)  L. 80 – 2005 – SULLA COMPETITIVITÀ – TUTELA IL TERZO ACQUIRENTE DA UN BENE DI PROVENIENZA DONATIVA

 

Al fine di agevolare la circolazione dei beni immobili già oggetto d atti di disposizione a titolo gratuito, nonché di ribadire la corretta interpretazione della normativa in materia di esecuzione forzata:

al codice civile sono state apportate le seguenti modificazioni:

1) all’articolo 561, primo comma, il secondo periodo è stato così sostituito:

 I pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, salvo in questo caso l’obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni, purchè la domanda sia stata proposta entro dieci anni dall’apertura della successione. Le stesse disposizioni si applicano per i mobili iscritti in pubblici registri.

2) all’articolo 563, primo comma, dopo le parole:  Se i donatari contro i quali e’ stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati  sono inserite le seguenti:  e non sono trascorsi venti anni dalla donazione

3) all’articolo 563, secondo comma, dopo le parole:  Contro i terzi acquirenti puo’ anche essere richiesta  sono inserite le seguenti:  , entro il termine di cui al primo comma, ;

4) all’articolo 563 è stato aggiunto, infine, il seguente comma:
 Salvo il disposto del numero 8) dell’articolo 2652, il decorso del termine di cui al primo comma e di quello di cui all’articolo 561, primo comma, èsospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione. Il diritto dell’opponente e’ personale e rinunziabile. L’opposizione perde effetto se non e’ rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione. ;

1)   RATIO LEGIS:

 

La tutela del terzo acquirente di un bene di provenienza donativa prevalesulla tutela dei diritti dei legittimari quando si verifichi completamente la SEQUELA DONAZIONE – VENTENNIO dalla data della donazione (beni mobili) o dalla data della trascrizione (beni immobili): decorsi venti anni il terzo acquirente (o titolare del peso o dell’ipoteca) è in ogni caso al sicuro da ogni pretesa dei legittimari (salvo l’istituto dell’opposizione, la cui introduzione secondo vari Autori ha inquinato la citata RATIO e ostacolato la veloce circolazione dei beni).

Bisogna distinguere due scenari: Legittimario silente o inerte per 20 anni:

A) senza l’atto di opposizione decorsi i 20 anni dalla trascrizione della donazione di beni immobili

1)  il terzo avente causa dal donatario, (che prima della Legge 80/2005 era sotto la spada di Damocle dell’azione di restituzione previa azione di riduzione) non può essere perseguito con l’azione di restituzione

2)  ed inoltre non si ha l’effetto cd. PURGATIVO di pesi (usufrutto) o ipoteche costituiti dal donatario (o suoi aventi causa) sul bene donato.

Pertanto al legittimario leso resta soltanto l’esperimento dell’azione di RIDUZIONE nei 10 anni dalla morte del defunto per recuperare dal solo donatario l’integrazione di legittima (e l’azione di restituzione per l’acquisizione materiale della sua legittima nei confronti del donatario).

B)       con       l’atto  di  opposizione    (eventualmente rinnovato  nei    20 anni) si PARALIZZA il decorso del ventennio e si ostacola la messa in sicurezza della donazione lesiva del legittimario:

Il legittimario con l’opposizione alla donazione mira a conservare intatto il diritto ad agire nei confronti del terzo avente causa dal donatario con l’azione di restituzione previa ovviamente l’azione di riduzione contro i legittimati passivi di tale azione.

2)   OPPOSIZIONE

E’ l’atto stragiudiziale che può essere proposto solo dal coniuge del donante o dai suoi parenti in linea retta.

 Oggetto dell’opposizione sono senz’altro

1)   le donazioni dirette mentre notevoli problemi si determinano in ordine alle donazioni indirette e alle donazioni simulate.

2)   Donazioni indirette:

sicuramente rientrano nell’ambito delle donazioni soggette a riduzione (legittimario leso contro legittimario favorito dalla donazione indiretta: contratto a favore del terzo, pagamento del prezzo ex 1180 c.c. fatto dai genitori, pagamento con denaro ricevuto dai genitori, ere).

E’ controverso se i terzi aventi causa dal legittimario favorito possano essere soggetti all’azione di restituzione (previa escussione del patrimonio del donatario­legittimario favorito).

a)    Secondo una parte della dottrina[78] la risposta è negativa ex art. 1415 c.c., che tutela il terzo di buona fede;

b)   Secondo altro autore[79] la risposta è positiva.

Ovviamente il terzo di mala fede è sicuramente soggetto all’azione di restituzione.

Altro problema è se le donazioni indirette possono essere soggette ad opposizione dei legittimari potenzialmente lesi.

In senso positivo Mengoni stante l’equiparazione dell’art. 809 cc. tra donazioni dirette ed indirette.

3)   Donazioni simulate:  con riferimento alle sole donazioni dissimulate(attraverso simulazione relativa) a mezzo di atti onerosi (vendita o altri atti traslativi).

Alcun rilievo hanno le ipotesi di simulazione assoluta, perché i relativi negozi sono NULLI e quindi, esperita l’azione di simulazione, i beni rientrano nel patrimonio del disponente.

Ebbene, per le donazioni dissimulate esse si ritengono soggette, a seguito della novella 80/2005 ad opposizione, ovviamente previo l’esito vittorioso dell’azione di simulazione relativa (va notato che prima di detta Novella non era ammissibile l’azione di simulazione relativa dell’atto oneroso finalizzata alla futura azione di riduzione, in quanto in vita del donante non era ammessa alcuna attività preparatoria dell’azione di riduzione).

A seguito dell’introduzione dell’istituto dell’opposizione, tale azione di simulazione relativa si ritiene ammissibile come PROPEDEUTICA all’opposizione contro il negozio dissimulato di donazione.

Quanto, poi, alla posizione del terzo avente causa dal legittimario-beneficiario, egli, in caso di DONAZIONE DISSIMULATAquale titolo del suo dante causa, sarebbe soggetto all’azione di restituzione

1)  solo se in mala fede (così per alcuni autori [80]).

2)  In senso contrario altro autore[81] e parte della giurisprudenza.

Lo  scenario  che ora pare ipotizzarsi è il seguente

A) durante la vita del  donante   (dissimulato  dietro  apparente venditore) e prima del decorso del ventennio, il legittimato a proporre  opposizione  in tanto potrà trascriverla in quanto preventivamente trascriva (secondo un autore [82]) una domanda giudiziale di accertamento della simulazione dell’atto formalmente oneroso (in mancanza di quest’ultima trascrizione, non pare infatti possibile trascrivere un atto di opposizione verso un atto che formalmente non sia una donazione); con la conseguenza che:

1)  se il terzo avente causa trascrive il proprio acquisto dopo la trascrizione della domanda di simulazione contro l’acquisto effettuato dal proprio dante causa (e sempre che l’opposizione sia trascritta nel ventennio), egli non può beneficiare del decorso del ventennio e quindi resta esposto ad un possibile esperimento dell’azione di restituzione;

2)  se l’avente causa trascrive il proprio acquisto prima della trascrizione della domanda di simulazione (e sempre che l’opposizione sia trascritta nel ventennio), egli resta esposto ad un possibile esperimento dell’azione di restituzione solo se il legittimario dimostrerà lo stato di mala fede in cui si trovava l’attuale titolare dei beni  donati  all’atto del loro acquisto da parte sua;

B)  se il  donante /venditore è in vita e decorre un ventennio prima che venga tra­ scritta la domanda di simulazione (e conseguentemente prima che venga trascritta la  opposizione ), l’avente causa dal beneficiario della disposizione lesiva non può più (dopo la morte del donante) essere convenuto con l’azione di restituzione (e ciò indipendentemente dalla priorità o meno della sua trascrizione rispetto alla trascrizione della simulazione e pure indipendentemente dalla sua buona o mala fede);

C)          dopo la morte del  donante /venditore, qualora durante la sua vita non siano state esperite l’azione di simulazione e la conseguente trascrizione dell’atto di  opposizione :

1)    il legittimario potrà agire in restituzione (previo esperimento delle azioni di simulazione/riduzione) solo ove non sia decorso il ventennio e il terzo avente causa non abbia trascritto il proprio acquisto anteriormente alla trascrizione della domanda di simulazione.

2)    il legittimario potrà agire in restituzione (previo esperimento delle azioni di simulazione/riduzione) solo ove non sia decorso il ventenni o e sia dimostrata la mala fede del terzo avente causa che abbia trascritto il proprio acquisto anteriormente alla trascrizione della domanda di simulazione;

3)    se il ventennio invece sia spirato, il legittimario bensì conserva l’esperibilità delle azioni di simulazione/riduzione, per sentire affermare la lesione della sua legittima, ma perde la possibilità di convenire con l’azione di restituzione l’avente causa dal beneficiario della disposizione lesiva (e ciò, anche qui, indipendentemente dalla priorità o meno della sua trascrizione rispetto alla trascrizione della simulazione e pure indipendentemente dalla sua buona o mala fede).

I legittimati all’opposizione sono anche i cd. legittimati sopravvenuti (coniuge di seconde o terze nozze o figli sopravvenuti).

C) IRRECUPERABILITÀ DEL BENE

ex art. 562 c.c. se il bene donato è perito per causa imputabile al donatario e ai suoi aventi causa o se la restituzione non può essere richiesta contro l’acquirente, il legittimario ha una ragione di credito per l’equivalente nei confronti del donatario.

valore della donazione che non si può recuperare dal donatario si detrae dalla massa ereditaria.

 

art. 562 c.c.    insolvenza del donatario soggetto a riduzione: se la cosa donata è perita per causa imputabile al donatario o ai suoi aventi causa o se la restituzione della cosa donata non può essere richiesta contro l’acquirente, e il donatario è in tutto o in parte insolvente (c.c.2652), il valore della donazione che non si può recuperare dal donatario si detrae dalla massa ereditaria, ma restano impregiudicate le ragioni di credito del legittimario e dei donatari antecedenti contro il donatario insolvente.

Esempio:

 3 donazioni  del de cuis da 20 1a – 10 2a – 10 3a Testamento: 20 all’unico figlio
La quota di riserva è pertanto + 30 [20 (relictum) – 0 (debiti) + 40 (donazioni): 2 (quota legittima dell’unico figlio)]Vi è dunque lesione di 10.Il legittimario allora attacca l’ultima donazione di 10 3a : se l’azione va a buon fine nulla quaestio. Se invece c’è insolvenza e la donazione dovesse essere saltata:

 

A) il legittimario potrebbe aggredire la precedente donazione di 10 2a per l’intero mentre se il rischio dell’insolvenza fosse posto dalla legge a carico del legittimario, il precedente donatario dovrebbe essere fatto salvo, invece da questa soluzione il precedente donatario rischia per intero.
B) in base alla soluzione  di cui all’art. 562, si procede invece a detrarre il valore del bene non recuperato dall’asse [20 (relictum) – 0 (debiti) + 40 (donazioni) – 10 3a (donazione non recuperata) :  2] per cui la quota di riserva sarà di 25 e non 30, con la conseguenza che il legittimario potrà rivolgersi per 5 (e non già per 10) al donatario precedente, il quale salverà una parte della propria donazione.Poiché in tal modo la perdita è divisa tra legittimario e donatario precedente, entrambi mantengono impregiudicate le proprie ragioni di credito nei confronti del donatario insolvente.

 

 

 

NOTE

[1] Vedi –  I legittimari – aprire il seguente collegamento on-line   I  legittimari azione di riduzione e di restituzione   

[2] Tribunale Bari, Sezione 1 civile, Sentenza 10 maggio 2010, n. 1600. Rilevato quanto innanzi, è del tutto destituita di fondamento l’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie asseritamente lesive della quota di legittima nella specie proposta dall’attrice che, nella sua qualità di sorella del testatore, non può vantare alcun diritto come legittimaria. Le considerazioni svolte, la non opinabilità delle questioni trattate, in quanto portato di una conoscenza minima che dovrebbe costituire patrimonio comune di tutti gli operatori del diritto, e la sussistenza se non del dolo dell’attrice, nella introduzione della domanda nella piena consapevolezza della sua infondatezza ed a fini solo speculativi, quanto meno della colpa grave, giustificano la richiesta condanna ex art. 96 c.p.c. al risarcimento del danno patrimoniale, da identificarsi con le spese processuali supportate dai convenuti per la difesa tecnica, e non patrimoniale, in ipotesi siffatte ritenuto sussistente in re ipsa, in quanto le descritte condotte processuali sono indubbiamente ritenute produttive di danni di natura psicologica (e quindi di una vera e propria lesione alla integrità psico-fisica) nella specie liquidati in via equitativa.

[3] Corte di Cassazione, sentenza del  23-10-54, n. 4037

[4] Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza del 9 giugno 2006 n. 13429

[5] Corte di Cassazione, sentenza del 1373 del 20-1-2009

[6] Corte di Cassazione, sentenza del 21616 del 15-11-2004

[7] Vedi par.fo 4) L’AZIONE DI RESTITUZIONE, pag. 37

[8] Ai sensi dall’art. 1, comma 11, L. 10.11.2012, n. 219 con decorrenza dal 01.01.2013, nel Codice Civile le parole “figli legittimi” e “figli naturali”, ovunque ricorrono, sono sostituite dalla parole “figli”.

LIBRO SECONDO. Delle successioni – TITOLO QUARTO. Della divisione – Capo V-bis.del patto di famiglia

E’ patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti. (1)

—–

(1) Il presente articolo è stato inserito, insieme al capo cui appartiene, dall’art. 2 L. 14.02.2006, n. 55, con decorrenza dal 16.03.2006.

[9] Vedi par.fo 2) L’AZIONE DI RIDUZIONE, pag. 7

[10] Corte di Cassazione, sentenza  10755/1996

[11] Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, sentenza 8 giugno 2012, n. 9360. In precedenza Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, sentenza 13 gennaio 2010, n. 368. In materia di successione ereditaria, l’erede legittimario che sia stato pretermesso acquista la qualità di erede soltanto dopo il positivo esercizio dell’azione di riduzione; ne consegue che, prima di questo momento, egli non può chiedere la divisione ereditaria né la collazione dei beni, poiché entrambi questi diritti presuppongono l’assunzione della qualità di erede e l’attribuzione congiunta di un asse ereditario.

[12] Corte di Cassazione, sentenza del  3-12-96, n. 10775

[13] Vedi – I legittimari, par.fo 2) LE VARIE CATEGORIE DI LEGITTIMARI, punto G) Il diritto di commutazione pag. 25 – aprire il seguente collegamento

[14] Corte Costituzionale, Sentenza 18 dicembre 2009, n. 335

[15] Vedi par.fo 1) PRINCIPI GENERALI E LA QUOTA DI RISERVA, pag. 5

[16] Corte di Cassazione, sentenza del  21-3-83, n. 1979

[17] Tribunale Roma, Sezione 8 civile, sentenza 4 luglio 2011, n. 14404

[18] Tribunale Chieti, civile, sentenza 5 maggio 2009, n. 345

[19] Corte di Cassazione, sentenza del  19-6-81, n. 4024

[20] Corte di Cassazione, ord. 9424 del 11-6-2003

[21] Corte di Cassazione, sentenza del  26-1-70, n. 160

[22] Corte di Cassazione, sentenza del  22-10-75, n. 3500

[23] Corte di Cassazione, sentenza 1373 del 20-1-2009. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in relazione a donazioni compiute da una madre in favore del proprio figlio, aveva ritenuto che il padre, passato a nuove nozze dopo la morte della prima moglie, avesse rinunciato tacitamente al proprio diritto di agire in riduzione di tali donazioni per il solo fatto di non aver agito in vita in tal senso, mentre l’azione di riduzione era stata poi promossa dalla seconda moglie, dopo la morte del medesimo

[24] Corte di Cassazione, sentenza del  2-2-80, n. 730

[25] Corte di Cassazione, sentenza del  26-10-76, n. 3888

[26] Mengoni

[27] Corte di Cassazione, Sez. Un., sent. 20644 del 25-10-2004

[28] Per tutte Corte di Cassazione, sentenza del  7-5-87, n. 4230

[29] Corte di Cassazione, sentenza del  25-11-97, n. 11809

[30] Corte di Cassazione, sentenza del  19-10-93, n. 10333

[31] Per una maggiore consultazione sull’usucapione in generale aprire il seguente collegamento on-line  Il possesso, l’usucapione e le azioni a tutela del possesso

[32] Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, sentenza 20 dicembre 2011, n. 27770

[33] Corte d’Appello Firenze, Sezione 1 civile, sentenza 8 febbraio 2011, n. 176

[34] Corte di Cassazione, sentenza del  23-3-62

[35] Per una maggiore consultazione della donazione mista in generale aprire il seguente collegamento on-line  La donazione mista negozio indiretto 

[36] Corte di Cassazione, sentenza del  28-11-88, n. 6416

[37] Corte di Cassazione, sentenza del  31-1-89, n. 596

[38] Corte di Cassazione, sentenza del  1-12-93, n. 11873

[39] Corte di Cassazione, sentenza del  13-2-76, n. 468

[40] Corte di Cassazione, sentenza del  20-1-86, n. 360

[41] Corte di Cassazione, sentenza del  4-10-60, n. 2551

[42] Corte di Cassazione, sentenza 11496 del 12-5-2010

[43] Barbero

[44] Pino – Ferri – Capozzi

[45] Corte di Cassazione, sentenza del  29-10-75, n. 3661

[46] Per una maggiore consultazione sull’usufrutto in generale aprire il seguente collegamento on-line  L’usufrutto

[47] Corte di Cassazione, sentenza del  20-12-73, n. 3452

[48] Per una maggiore consultazione sulla invalidità della donazione in generale aprire il seguente collegamento on-line  La revoca e l’invalidità delle donazioni

[49] Corte di Cassazione, sentenza del  5-10-74, n. 2621

[50] Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, sentenza 23 dicembre 2011, n. 28632.

[51] Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, sentenza 16 dicembre 2010, n. 25473

[52] Corte di Cassazione, sentenza del  6-6-83, n. 3852

[53] Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, sentenza 30 giugno 2011, n. 14473

[54] Corte di Cassazione, sentenza del  7-5-1971, n. 1297. Tribunale Roma, Sezione 8 civile, sentenza 4 luglio 2011, n. 14404

[55] Corte di Cassazione, sentenza del  26-2-93, n. 2453

[56] Corte di Cassazione, sentenza del  7-4-90, n. 2923

[57] Corte di Cassazione, sentenza del  27-9-96, n. 8529

[58] Corte di Cassazione, sentenza del  19-10-93, n. 10333

[59] Per una maggiore consultazione della simulazione in generale aprire il seguente collegamento on-line  La simulazione

[60] Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, sentenza 4 aprile 2013, n. 8215. Tribunale di Nola,  Dr.ssa Caterina Costabile sentenza del 12 luglio 2010. L‘erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita fatta dal de cuius celante in realtà una donazione, assume la qualità di terzo rispetto ai contraenti – con conseguente ammissibilità senza limiti o restrizioni di sorta della prova testimoniale o presuntiva – quando agisca a tutela del diritto proprio, che egli ha per legge, alla intangibilità della riserva contro l’atto simulato e proponga in concreto, sulla premessa che l’atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di legittima, una domanda di riduzione, di nullità o di inefficacia della donazione dissimulata: in tutti questi casi – sia, cioè, che la domanda di simulazione sia preordinata alla domanda di riduzione, sia nei casi in cui il negozio sia impugnato di simulazione assoluta oppure, dedotta la simulazione relativa, sia insieme dedotta la nullità del negozio dissimulato – la lesione della quota di riserva assurge a causa petendi, accanto al fatto della simulazione, e condiziona l’esercizio del diritto alla reintegra” … “ ai fini della prova della simulazione di una vendita posta in essere dal de cuius per dissimulare una donazione, l’erede legittimo può ritenersi terzo rispetto agli atti impugnati, con conseguente ammissibilità senza limiti della prova della simulazione, soltanto quando, contestualmente alla azione volta alla dichiarazione di simulazione, proponga anche una espressa domanda di riduzione e di reintegra della quota di riserva.”

“Nella fattispecie in esame, non avendo l’attore-erede proposto tali domande, risultava soggetto alle limitazioni probatorie previste dall’art. 1417 c.c. con conseguente inammissibilità della prova testimoniale dal medesimo articolata.”

[61] Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, sentenza 25 giugno 2010, n. 15346

[62] Corte di Cassazione, sentenza del  25-1-92, n. 817

[63] Per la consultazione dell’istituto della petizione ereditaria il seguente collegamento on-line     L’azione di petizione ereditaria

[64] Corte di Cassazione, sentenza del  22-10-88, n. 5731

[65] Corte di Cassazione, sentenza 13310 del 12-9-2002

[66] Corte di Cassazione, sentenza del  1-12-93, n. 11873

[67] Corte di Cassazione, sentenza del  20-3-91, n. 2975

[68] I debiti costituenti il passivo ereditario — il cui valore va detratto da quello dei beni costituenti la massa, al fine di determinare quanta parte dell’attivo patrimoniale del de cuius sia necessaria per formare la legittima — sono non soltanto i debiti propri del defunto, ma anche quelli sorti in occasione della sua morte e che sono conseguenza necessaria dell’apertura della successione, quali il pagamento dell’imposta di successione e le spese funerarie e di sepoltura, per l’apposizione dei sigilli, la compilazione dell’inventario e la formazione delle quote. Corte di Cassazione, sentenza del  23-7-66, n. 2023

[69] Corte di Cassazione, sentenza del  7-2-69, n. 417

[70] Corte di Cassazione, sentenza del  12-9-70, n. 1392

[71] Corte di Cassazione, sentenza del 5-6-00, n.7478

[72] vedi Corte di Cassazione, sentenza del 23.1.1991 n. 649; Corte di Cassazione, sentenza del 20.3.1991 n. 2975; Corte di Cassazione, sentenza del 1.12.1993 n. 11873

[73] Tribunale Campobasso, civile, sentenza 7 maggio 2013, n. 214

[74] Vedi par.fo 1) PRINCIPI GENERALI E LA QUOTA DI RISERVA, pag. 4

[75] Corte di Cassazione, sentenza del  7-5-65, n. 843

[76] Corte di Cassazione, sentenza del  28-6-67, n. 1607

[77] Corte di Cassazione, sentenza del  5-6-2000, n. 7478

[78] Caccavale-Magliulo e altri autori

[79] Mengoni

[80] Busani-Magliulo­Caccavale

[81] Mengoni

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