Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 31 gennaio 2020, n. 818.
La massima estrapolata:
Nel processo amministrativo, ai sensi dell’art. 112, comma 5, c.p.a., l’azione di ottemperanza può essere proposta anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità dell’ottemperanza e, ai sensi del successivo art. 114, il giudice amministrativo può fornire tali chiarimenti anche su richiesta del commissario ad acta; peraltro, i quesiti interpretativi da sottoporre al giudice dell’ottemperanza devono attenere alle modalità dell’ottemperanza e devono avere i requisiti della concretezza e della rilevanza, non potendosi sottoporre al giudice dell’ottemperanza questioni astratte di interpretazione del giudicato, ma solo questioni specifiche che siano effettivamente insorte durante la fase di esecuzione del giudicato.
Sentenza 31 gennaio 2020, n. 818
Data udienza 14 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso ex art. 112 Cod. proc. amm. numero di registro generale 6355 del 2019, proposto da
Ko. s.c.p.a., in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con En. Ri. Ho. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Pi., Gi. Zg., Al. Ci. e An. Ma., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed altri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
ed altri;
nei confronti
Im. Pi. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati St. Vi., Co. Fe. e So. Ma., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
Ministero della giustizia, non costituito in giudizio;
per l’esecuzione
della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 5753/2018, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Provveditorato interregionale opere pubbliche del Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Im. Pi. & C. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 14 novembre 2019 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Gianni Zg., An. Ma., dello Stato Ga. Pa., An. Re. d’A., Co. Fe. e So. Ma.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie indiceva il 27 dicembre 2013 una gara avente a oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva e l’esecuzione dei lavori di realizzazione di un penitenziario nel Comune di (omissis), che aggiudicava con atto del 15 novembre 2015 al raggruppamento temporaneo di imprese capeggiato dall’odierna deducente Ko. s.c.p.a., in precedenza Ko. soc. cop. a r.l. e ancor prima Co. soc. cop. a r.l..
Im. Pi. & C. s.p.a., seconda classificata, impugnava l’aggiudicazione con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia. Si costituivano in resistenza il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Provveditorato interregionale per le OO.PP. del Veneto Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, nonché Ko. e Riccesi s.p.a. (ora En. Ri. Ho. s.r.l.), mandante del raggruppamento aggiudicatario, che proponevano ricorso incidentale.
L’adito Tribunale con sentenza della prima sezione n. 87/2016 respingeva sia il ricorso principale che quello incidentale.
Pi. appellava la sentenza.
Questa Sezione del Consiglio di Stato, nella resistenza del Ministero, di Ko. e di Riccesi, dopo la reiezione della domanda cautelare e un rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE risolto dalla sentenza 20 dicembre 2017 della Corte di Giustizia dell’Unione europea, con decisione n. 5753/2018 accoglieva il primo motivo di appello, volto a sostenere che Co. (ora Ko.) e il raggruppamento di cui essa era a capo avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura. Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annullava l’aggiudicazione e, valutate le circostanze del caso ai sensi degli artt. 122 e 124 Cod. proc. amm., dichiarava l’inefficacia del contratto di appalto stipulato il 12 settembre 2016 e disponeva il subentro dell’appellante nella posizione contrattuale.
Con il ricorso all’odierno esame Ko., rappresentato di aver proposto avverso la appena detta sentenza n. 5753/2018 ricorso per revocazione (dichiarato inammissibile con sentenza della Sezione n. 3880/2019) e ricorso per cassazione (ancora pendente), propone ricorso per ottemperanza e chiarimenti, ai sensi dell’art. 112 e ss. Cod. proc. amm., circa la corretta esecuzione della sentenza stessa, non sospesa all’esito dell’istanza formulata da Ko. ex art. 111 Cod. proc. amm. (Cons. Stato, V, ordinanza n. 3670/2019).
In estrema sintesi Ko., riferito di aver appreso in esito a istanza di accesso che, dopo il rigetto del suo ricorso per revocazione, il competente Provveditorato interregionale e Pi., su istanza di quest’ultima, hanno intrapreso contatti al fine di concordare il subentro contrattuale, previa verifica del possesso dei requisiti dichiarati da Pi. nel corso della gara ed esame del progetto predisposto da Ko., espone l’irrealizzabilità del subentro, stante la specificità dell’affidamento in parola (appalto integrato c.d. “complesso”), il carattere di urgenza dei lavori dichiarato nel bando di gara, il divario economico esistente tra le offerte economiche a suo tempo proposte da Ko. e da Pi. (e segnatamente la maggior onerosità dell’offerta di quest’ultima), il tempo decorso dalla stipula del contratto e l’avanzato stato della fase esecutiva, giunta all’avvio dei lavori il 5 aprile 2018 sulla base della progettazione redatta dalla società in conformità alle previsioni del bando e poi variata per effetto delle richieste avanzate dalla stazione appaltante. Avanza comunque la pretesa a partecipare a ogni attività propedeutica al subentro, al fine di tutelare il suo diritto alla corresponsione del prezzo del progetto e di quanto sino a ora eseguito. Rappresenta i vizi che affliggerebbero il relativo procedimento determinandone la nullità, in quanto condotto alla stregua di una “trattativa privata” avviata su impulso di Pi. a fronte dell’inerzia sul punto serbata dall’Amministrazione, che comproverebbe i problemi di effettiva eseguibilità del subentro.
Tali considerazioni sono racchiuse, in diritto, nell’unico motivo con cui Ko. denunzia: attuale impossibilità oggettiva di eseguire il subentro nel contratto di Pi. e necessità, in ogni caso, di una interpretazione, integrazione e sostituzione parziale della sentenza che disponga la liquidazione per equivalente di Pi. e la rapida conclusione dell’appalto da parte di RTI Ko. in base al contratto già stipulato nel 2016 ed al successivo atto aggiuntivo; in alternativa, in ogni caso dettando disposizioni di dettaglio in ordine alle modalità di subentro anche tenuto conto degli interessi di RTI Ko. e dei suoi progettisti.
Conclusivamente, Ko. domanda che, in accoglimento del ricorso, questo Consiglio di Stato: 1) accerti la sostanziale non eseguibilità sopravvenuta della sentenza n. 5357/2018 limitatamente al capo concernente la declaratoria di inefficacia del contratto già stipulato da RTI Ko. e il conseguente subentro tout court di Pi.; 2) chiarisca che l’inefficacia del contratto e il conseguente subentro di Pi. a RTI Ko. nell’esecuzione dell’appalto, implicando per sua natura la necessaria esecuzione dell’originaria offerta presentata da Pi. in sede di gara, non è più allo stato praticabile né da un punto di vista giuridico, né da un punto di vista tecnico ed economico, sia per effetto della situazione cristallizzatasi dopo l’ordinanza cautelare n. 2874/2016 del Consiglio di Stato che alla luce dell’urgenza connaturata all’opera, il cui bando risale all’anno 2013, e della natura strategica dell’opera stessa, anche ai sensi dell’articolo 125, comma 3 Cod. proc. amm. e della carenza di fondi necessari a sovvenzionare eventuali maggiori costi (per circa 6 milioni di euro); 3) chiarisca se, in ragione della declaratoria di illegittimità della partecipazione alla gara dell’ATI rappresentata da Ko., si imponga la convocazione di una seduta pubblica del seggio di gara al fine di dare atto di tale circostanza, oppure l’adozione di apposito provvedimento, riformulando, di conseguenza, la graduatoria delle imprese offerenti e adottando le determinazioni del caso in ordine al progetto esecutivo di RTI Ko.; 4) chiarisca che il Ministero o comunque il Provveditorato non può in ogni caso ritenersi autorizzato a intavolare – ferma restando l’impossibilità di darvi attuazione sino all’avvio del procedimento volto alla corretta verifica dei requisiti generali in capo a Pi. e sino all’accertamento effettivo del soggetto al quale sia in capo la proprietà del progetto come modificato e in parte non pagato, salvo ogni accertamento dei costi da riconoscere a RTI Ko. formalizzando gli atti contabili necessari – una trattativa privata con Pi., previa verifica del progetto esecutivo di RTI Ko., funzionale a ottenere dalla stessa una nuova offerta o comunque un impegno economico per la realizzazione del progetto esecutivo, come variato per richiesta del Ministero, già realizzato da RTI Ko. e approvato dagli enti competenti, considerato anche che detto progetto esecutivo è ormai comunque approvato dagli enti competenti e dalla Corte dei Conti ed è diverso da quello originariamente messo in gara a livello di progetto “preliminare” e di offerta di RTI Ko. quale progetto “definitivo”; 5) chiarisca che, in ogni caso, qualsiasi trattativa privata o modifica dell’offerta iniziale da parte di Pi. – quand’anche solo ipoteticamente ritenuta praticabile – presupporrebbe la partecipazione al procedimento anche del RTI Ko. e dei suoi progettisti sia per definire e circoscrivere esattamente le rispettive responsabilità passate e future rispetto al progetto e ai lavori realizzati e da realizzare sia per formalizzare e determinare i costi da riconoscere per l’attività progettuale e per l’attività esecutiva e consentire al RTI ed ai progettisti ogni riconoscimento economico; 6) chiarisca – laddove fosse ritenuta possibile una previa verifica, da parte di Pi., del progetto esecutivo di RTI Ko. – se, nell’inconcessa ipotesi in cui Pi. rifiutasse di subentrare nel contratto tal quale una volta visionato il citato progetto esecutivo di RTI Ko., Pi. avrebbe o meno ragione di chiedere il risarcimento del danno da parte del Ministero e se in ogni caso, in quella contingenza, RTI Ko. potrebbe attuare il proprio progetto esecutivo; inoltre se il risarcimento del danno come quantificato in atti da Pi. sia corretto oppure se sia corretto l’ammontare, indicato da RTI Ko., pari al 5% del valore del contratto; 7) adotti le misure ritenute in ogni caso più opportune per dare integrale e puntuale esecuzione alla decisione indicata in epigrafe, tenuto conto anche dell’interesse del RTI Ko., nei termini indicati nel presente ricorso, anche eventualmente nominando un apposito verificatore o disponendo una CTU (per valutare sia quanto effettivamente progettato che quanto effettivamente eseguito e l’ammontare delle spese relative agli impegni già presi con fornitori, esecutori e professionisti); 8) nomini prudenzialmente, per l’eventualità di perdurante inerzia dell’Amministrazione a eseguire il giudicato entro il termine assegnato e/o a eseguirlo con modalità difformi da quelle necessitate dal caso di specie, un commissario ad acta con l’espresso compito di adottare tutti i corretti provvedimenti esecutivi del giudicato.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Provveditorato interregionale opere pubbliche del Veneto Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, il Comune di (omissis) e Pi..
L’Amministrazione centrale, fornita una ricostruzione “evolutiva” degli eventi salienti del procedimento volto alla realizzazione dell’opera pubblica siccome rappresentati nella relazione del RUP depositata in giudizio, e rappresentato che tale procedimento, sino alla sentenza di cui si tratta, ha avuto un andamento continuo, collaterale alle vicende giudiziarie relative all’aggiudicazione, ha rimesso all’apprezzamento del Collegio ogni decisione sulle domande proposte da Ko. e ogni indicazione sulla corretta esecuzione della sentenza di cui trattasi.
Il Comune di (omissis), nel concludere in termini analoghi a quelli dell’Amministrazione, ha chiesto che il Collegio tenga adeguatamente conto della posizione del Comune, quale promotore dell’opera ex art. 17-bis del d.l. 195/2009 e originario proprietario del bene (ex caserma) da riconvertire in penitenziario, e del suo interesse alla sollecita conclusione dei lavori, allo stato sospesi.
Pi., illustrati tutti i passaggi della vicenda contenziosa, ha eccepito l’inammissibilità, l’improcedibilità e la temerarietà, sotto vari profili, delle domande avanzate da Ko., nonché la radicale infondatezza delle pretese con esso fatte valere. Ha altresì eccepito l’inammissibilità dell’intervento spiegato dal Comune di (omissis), non essendo stato quest’ultimo parte nei precedenti giudizi e in quanto portatore dell’esclusivo interesse alla rapida e regolare esecuzione dell’opera, come tale indifferente alla individuazione dell’operatore economico che deve realizzarla.
Dopo il rinvio al merito della domanda cautelare formulata in ricorso, le parti hanno affidato a memoria lo sviluppo delle proprie tesi difensive e le confutazioni delle tesi avverse.
La causa è stata indi chiamata alla camera di consiglio del 14 novembre 2019 e trattenuta in decisione, dopo l’opposizione manifestata dalle parti resistenti alla ventilata possibilità di disporre un rinvio in attesa della decisione del predetto ricorso per cassazione, prevista come imminente.
2. Passando all’esame del ricorso, si osserva che Ko. ha domandato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 112 e ss. del Codice del processo amministrativo, “l’ottemperanza e/o l’integrazione e/o al fine di ottenere i necessari chiarimenti circa la corretta esecuzione” della sentenza di questa Sezione del Consiglio di Stato n. 5753/2018, formulando i vari quesiti riportati in fatto.
3. Quanto alla domanda di ottemperanza, rileva il Collegio che il Codice del processo amministrativo delinea il ricorso di ottemperanza come strumento che il soggetto che sia risultato vittorioso nel giudizio di cognizione o in altra procedura a questa equiparabile può utilizzare al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrativa di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato (Cons. Stato, Ad. plen., n. 2 del 2013; IV, 15 luglio 2019, n. 4946; 17 dicembre 2012, n. 6468).
Nello stesso giudizio, la parte soccombente, anche privata, è legittimata passiva.
L’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ha infatti osservato che l’art. 112, comma 1 Cod. proc. amm. ha previsto che i provvedimenti del giudice amministrativo devono essere eseguiti non solo dalla pubblica amministrazione, ma anche dalle altre parti. Da ciò ha tratto la conseguenza che – fermo il caso di proposizione di azione di risarcimento del danno da impossibilità oggettiva di ottenere l’esecuzione in forma specifica del giudicato, di cui all’art. 112, comma 3 Cod. proc. amm., che, ove rivolta (anche) avverso la parte privata soccombente, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario – “l’obbligazione di eseguire il giudicato grava… su tutte la parti soccombenti, ivi compresa la parte privata, che, di conseguenza, deve ritenersi a sua volta investita di legittimazione passiva rispetto all’azione di ottemperanza” (capo 23); ciò coerentemente (capo 29) “con la constatazione che in moltissimi casi l’esecuzione in forma specifica del giudicato richiede, in particolare se si tratta di attuarne gli effetti restitutori e ripristinatori, oltre all’azione dell’amministrazione, l’ingerenza nella sfera giudica e materiale di soggetti privati, specie nel caso in cui sono stati destinatari di provvedimenti favorevoli poi annullati e devono, per effetto del giudicato, adempiere ad obblighi – a ben guardare meramente conseguenziali o riflessi – restitutori e ripristinatori” (Cons. Stato, Ad. plen. n. 2 del 2017).
Ed è appena il caso di segnalare che le posizioni della parte soccombente e di quella vittoriosa nel giudizio di merito, ai fini della proposizione del giudizio di ottemperanza, non sono interscambiabili.
La giurisprudenza amministrativa ha infatti chiarito, seppur in una diversa materia, ma con un principio pienamente condivisibile e suscettibile di trovare applicazione generale, che nel giudizio di ottemperanza le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano in quello terminato con la pronuncia da ottemperare (IV, 25 giugno 2010, n. 4096), conclusione cui si perviene, del resto, anche considerando che l’interesse ad agire in sede di ottemperanza non è altro che un prolungamento in altra forma processuale dell’interesse ad agire che ha retto il giudizio di cognizione e che è stato valutato nella sentenza di cui si chiede l’ottemperanza.
3.1. Calando tali coordinate nel caso di specie, si osserva che Ko. è parte privata che nell’ambito della sentenza di questa Sezione n. 5753/2018 è rimasta totalmente soccombente, ed è quindi, in astratto, legittimata passiva, nei sensi sopra chiariti, per l’ipotesi di proposizione di ricorso per ottemperanza da parte del soggetto vittorioso nello stesso giudizio.
Non è pertanto predicabile la possibilità di Ko. di agire in ottemperanza per l’esecuzione della sentenza stessa: indi, il ricorso, laddove rivolto a tal fine, va dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione attiva.
3.2. Del resto, le domande principali formulate in ricorso non sono proprie del giudizio di ottemperanza, da cui la sua inammissibilità sotto altro profilo.
Ci si riferisce, in particolare, alla richiesta di pronunziare l’ineseguibilità del comando proveniente dal giudicato, ovvero del subentro di Pi. nel contratto di cui trattasi, e alle richieste, strettamente conseguenti alla prima, ed espressamente strutturate nell’unico motivo di ricorso, di consentire alla ricorrente di proseguire nell’esecuzione dell’affidamento e di quantificare l’ammontare del risarcimento per equivalente spettante a Pi. in luogo del subentro disposto dal giudice.
Tali richieste rendono evidente – anche al di là della necessità di una loro qualificazione nei termini di temerarietà proposti da Pi. – che l’utilità perseguita dalla ricorrente è quella di paralizzare l’avvio dell’esecuzione della pronuncia secondo il suo chiaro dictum e conservare il bene della vita a suo tempo attribuitole dall’atto poi dichiarato illegittimo dal giudice amministrativo, sino a spingersi, in senso strumentale a tale intendimento, a evocare una forma di soddisfazione dell’interesse della parte vittoriosa del giudizio diversa da quella specificamente accordata dal giudice.
Si tratta, quindi, di una finalità opposta a quella tipica del giudizio di ottemperanza, che si rivela altresì una non consentita forma (neanche velata) di contestazione del giudicato, dal momento che parte delle ragioni esposte dalla ricorrente per sostenere l’ineseguibilità del subentro disposto dalla sentenza di cui trattasi sono fatte risalire alla asserita carente informazione da parte del giudice dello stato della procedura, dipendente dalla insufficienza delle difese a suo tempo formulate dall’Amministrazione. Sul punto, per mera completezza, si rileva che la sentenza, nel valutare la effettiva praticabilità del subentro, ha tenuto conto, tra altro, di “quanto rappresentato dalla Ko. con la memoria in data 3 settembre 2018”.
3.3. In definiva, il ricorso per ottemperanza in esame va indi dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione di Ko. a proporre la relativa azione e avuto riguardo al contenuto delle domande specificamente avanzate in tale asserita veste.
4. Quanto, invece, alla richiesta di chiarimenti pure avanzata dalla ricorrente, va osservato che essa, a ben vedere, costituisce il vero nucleo del ricorso in esame.
Infatti, nella dinamica che caratterizza l’iter argomentativo della deducente, lo scrutinio della domanda principale di ineseguibilità del subentro e delle altre strettamente connesse già sopra evidenziate, ancorchè potenzialmente (e, come visto, inammissibilmente) ricollegabile al ricorso per ottemperanza, sconta la disamina dei puntuali quesiti parallelamente avanzati, tra cui principalmente quello di “chiarire che l’inefficacia del contratto e il conseguente subentro di Pi. a RTI Ko. nell’esecuzione dell’appalto, implicando per sua natura la necessaria esecuzione dell’originaria offerta presentata da Pi. in sede di gara, non è più allo stato praticabile né da un punto di vista giuridico, né da un punto di vista tecnico ed economico…”.
Tanto osservato, si rileva che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato pienamente condivisa da Collegio, in rapporto alla c.d. “ottemperanza di chiarimenti”, ha osservato che:
– la parte privata vittoriosa in sede di cognizione non è legittimata a chiedere chiarimenti al giudice amministrativo in ordine alle modalità di ottemperanza al giudicato da parte dell’Amministrazione soccombente, potendo agire ai sensi del comma 2 per l’ottemperanza della sentenza ogniqualvolta la parte pubblica soccombente non vi provveda; è invece quest’ultima, oltre che il commissario ad acta, la parte titolata a chiedere chiarimenti al giudice sui punti del decisum che presentano elementi di dubbio o di non immediata chiarezza (Cons. Stato, IV, 17 dicembre 2018, n. 7089; 17 dicembre 2012, n. 6468; V, 19 giugno 2013, n. 3339);
– il ricorso ex art. 112, comma 5 “non presenta caratteristiche che consentano di ricondurlo, in senso sostanziale, al novero delle azioni di ottemperanza, trattandosi di un ricorso che ha natura giuridica diversa tanto dall’azione finalizzata all’attuazione del comando giudiziale (art. 112, comma 2), quanto dall’azione esecutiva in senso stretto (art. 112, comma 3), e che presuppone dubbi o incertezze sull’esatta portata del comando giuridico oggetto dell’obbligo conformativo; né può essergli attribuita la natura di incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 114, comma 7, ponendosi esso dal punto di vista logico-sistematico al di fuori del vero e proprio giudizio di ottemperanza; pertanto deve ammettersi il rimedio della richiesta di chiarimenti nel suo contenuto proprio di strumento volto a ottenere precisazioni e delucidazioni su punti del decisum ovvero sulle concrete e precise modalità di esecuzione, laddove si riscontrino elementi di dubbio o di non immediata chiarezza, senza che con ciò possano essere introdotte ragioni di doglianza volte a modificare e/o integrare il proprium delle statuizioni rese” (Cons. Stato, V, 16 maggio 2017, n. 2324);
– nel processo amministrativo, ai sensi dell’art. 112, comma 5 Cod. proc. amm., l’azione di ottemperanza può essere proposta anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità dell’ottemperanza e, ai sensi del successivo art. 114, il giudice amministrativo può fornire tali chiarimenti anche su richiesta del commissario ad acta; peraltro, i quesiti interpretativi da sottoporre al giudice dell’ottemperanza devono attenere alle modalità dell’ottemperanza e devono avere i requisiti della concretezza e della rilevanza, non potendosi sottoporre al giudice dell’ottemperanza questioni astratte di interpretazione del giudicato, ma solo questioni specifiche che siano effettivamente insorte durante la fase di esecuzione del giudicato (Cons. Stato, IV, 30 novembre 2015, n. 5409);
– valgono i seguenti principi: a) l’azione in parola consente al giudice adito (solamente) di fornire chiarimenti su punti del decisum che presentano elementi di dubbio o di non immediata chiarezza, senza che possono essere introdotte ragioni di doglianze volte a modificare e integrare il proprium delle statuizioni rese con la decisione di merito (ed è altresì, ovviamente per sua natura e finalità, del tutto inidonea a far valere pretese e domande in ordine a statuizioni che hanno assunto valenza di cosa giudicata e perciò stesso intangibili); b) mentre l’art. 34 del Codice impedisce al giudice di pronunciarsi in ordine a ‘poteri non esercitatà dall’Amministrazione; c) in ipotesi di giudicato demolitorio emesso in accoglimento di una domanda fondata su un interesse oppositivo, la conformazione al contenuto della sentenza può avvenire in svariati modi dipendenti dal contenuto della sentenza e, primo fra tutti, eventualmente astenendosi dal reiterare il provvedimento annullato; d) di regola, ogniqualvolta l’annullamento sia avvenuto per carenza di motivazione, il potere amministrativo può essere riesercitato in termini ampi e senza esiti vincolati dal giudizio di cognizione; e) spetta alla responsabile discrezionalità dell’Amministrazione stabilire modi e termini dell’attività da intraprendere, ed eventuali preclusioni al riesercizio del potere senza che il giudice possa – o debba – ingerirsi in tale attività, e men che meno senza che possa anticipare un convincimento circa la ‘esatta via da intraprenderè laddove l’Amministrazione si orienti nel senso di reiterare l’atto amministrativo annullato; f) ciò vale sempre, quantomeno laddove i quesiti attengano ad argomenti sui quali la sentenza non si è minimamente soffermata, in quanto non devoluti in sede cognitoria, e afferenti ad un segmento successivo ed eventuale rispetto al dispositivo demolitorio; g) la giurisprudenza ha da tempo enucleato l’insegnamento secondo cui l’amministrazione non può ex ante rinunciare all’esercizio del potere-dovere di ottemperanza, chiedendo al giudice di sostituirsi a essa (Cons. Stato, IV, 17 dicembre 2018, n. 7089, in rapporto a Cons. Stato, IV, 12 maggio 2017, n. 1908; 3 marzo 2015, n. 10369; VI, 25 ottobre 2012, n. 5469).
4.1. In applicazione di tali principi, la richiesta di chiarimenti in esame risulta inammissibile sotto un duplice aspetto:
– perché proposta dalla parte privata soccombente nella sentenza della cui esecuzione si tratta, tenuto conto del principio per cui, di regola, solo l’amministrazione (o il commissario ad acta) ha l’iniziativa per eseguire la sentenza, e quindi essa sola (e non la parte vittoriosa in giudizio, e neanche, a maggior ragione, la parte soccombente) può richiedere specifici e puntuali chiarimenti al giudice (da ultimo, Cons. Stato, IV, n. 7089/2018, cit.) e soltanto ove strettamente necessario.
Non sembra superfluo precisare che corollario dello stesso principio è che l’eventuale adesione, espressa o tacita, prestata dall’amministrazione in un mero atto defensionale depositato nell’ambito di una richiesta di chiarimenti ex art. 112, comma 5 proposta da un soggetto non legittimato non vale a sanare l’inammissibilità di quest’ultima. Tale posizione processuale non può infatti essere ragguagliata a una valida forma di espressione dell’esercizio della responsabilità dell’amministrazione nell’individuazione delle modalità e dei termini di esecuzione della sentenza, che comporta necessariamente anche la responsabilità di enucleare autonomamente le questioni eventualmente rilevate al riguardo al fine della loro sottoposizione al giudice, e ciò anche qualora tali questioni dovessero costituire l’effetto di osservazioni delle parti private interessate, trattandosi di una condizione che ne attesta l’avvenuto vaglio da parte dell’autorità pubblica e, indi, la serietà, la conferenza e la rispondenza dei quesiti per l’effetto formulati alle oggettive difficoltà incontrate nell’esecuzione del giudicato.
Pertanto, non rileva ai fini dell’accertamento dell’irritualità del ricorso in esame la circostanza che l’Amministrazione abbia rimesso all’apprezzamento del Collegio ogni decisione sulle richieste di chiarimenti proposte da Ko. e ogni indicazione sulla corretta esecuzione della sentenza di cui trattasi;
– perché i chiarimenti, lungi dall’evidenziare elementi di dubbio o di non chiarezza del decisum relativo al subentro, sono volti a stravolgerne il puntuale contenuto, e non possono ritenersi neanche afferenti a questioni concretamente insorte nel corso dell’esecuzione, atteso che, alla luce di quanto emergente dal fascicolo di causa, l’Amministrazione non ne ha ancora individuato le modalità, sicché le censure rivolte alle attività propedeutiche indicate dalla ricorrente come asseritamente lesive della sua posizione si sostanziano, allo stato, in un non consentito tentativo di orientare la futura azione amministrativa.
Infine, tenuto conto che i vari quesiti in cui si sostanzia la richiesta di chiarimenti, proprio perché strutturati su attività meramente propedeutiche, prefigurano scenari molteplici e ipotetici, il Collegio non può esimersi dal rammentare che l’art. 112, comma 5 Cod. proc. amm. “configura un potere di ‘interpretazione autenticà del giudicato in capo al giudice amministrativo, ma non un potere di consulenza nei confronti delle parti e segnatamente nei confronti della parte pubblica” (Cons. Stato, VI, 25 novembre 2012, n. 5469).
5. Alle rassegnate conclusioni, di valenza assorbente di ogni altra eccezione spiegata da Pi., consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso in esame.
Tenuto conto della peculiarità e della complessità dell’intera vicenda contenziosa, le spese del giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo dichiara inammissibile.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero – Presidente FF
Valerio Perotti – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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