Azione contrattuale e quella di arricchimento

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 settembre 2022| n. 26506.

Azione contrattuale e quella di arricchimento

Pur riconoscendo la possibilità di proporre cumulativamente, con l’atto introduttivo del giudizio, l’azione contrattuale e quella di arricchimento, ferma restando la subordinazione della seconda alla mancanza dei requisiti per l’esperibilità della prima, deve negarsi che, nella controversia promossa con domanda d’indennizzo per indebito arricchimento, possa successivamente avanzarsi, nel corso del giudizio di primo grado, ed in presenza di opposizione o mancata accettazione del contraddittorio da parte del convenuto, domanda di adempimento contrattuale, venendosi in tema di mutatio e non mera emendatio libelli.

Ordinanza|8 settembre 2022| n. 26506. Azione contrattuale e quella di arricchimento

Data udienza 14 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Locazione – Immobile da adibire a casa di riposo – Indebito arricchimento – Configurabilità – Condizioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 28785/2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
-ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2573/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/06/2022 da Dott. PELLECCHIA ANTONELLA

Azione contrattuale e quella di arricchimento

RILEVATO

che:
1. Questi i fatti da cui trae origine la vicenda processuale. Nel (OMISSIS), (OMISSIS), tramite un’agenzia immobiliare, prese contatti con (OMISSIS), al fine di condurre in locazione un immobile, palazzina di tre piani, di proprieta’ delle figlie da utilizzare come casa di cura per anziani.
Nelle more che lo (OMISSIS) fornisse le garanzie di solvibilita’ per la conclusione del contratto di locazione e ottenesse le autorizzazioni necessarie a svolgere l’attivita’ di casa di cura, i proprietari permisero al futuro conduttore di iniziare i lavori di ristrutturazione, al fine di adeguare l’immobile all’uso destinato.
112 maggio 2006, terminati i lavori, (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno occupato l’immobile, senza il consenso delle proprietarie. Quest’ultime hanno chiamato i carabinieri che, intervenuti sul luogo, hanno constatato e verbalizzato la presenza nell’immobile oltre dello (OMISSIS) anche della signora (OMISSIS), e di altri soggetti di plurime nazionalita’ tutti identificati.
(OMISSIS) contattato per mezzo di un legale, da parte delle ricorrenti, asseri’ che le trattative per il contratto di locazione erano intercorse esclusivamente con la signora (OMISSIS) (circostanza che come accertato con sentenza penale passata in giudicato, non corrisponde al vero).
Dopo un primo giudizio conclusosi con la sentenza n. 2130/09 del Tribunale di Velletri con cui veniva accertata la nullita’ del contratto di locazione per difetto di forma scritta richiesta ad substantiam dall’articolo 1350 c.c., n. 8, (OMISSIS) proponeva, innanzi al medesimo Tribunale, un’azione di accertamento dell’ingiustificato arricchimento avvenuto in suo danno e in favore delle convenute (OMISSIS) e (OMISSIS), al fine di essere indennizzata per la diminuzione patrimoniale subita.
Il Tribunale di Velletri, con la sentenza n. 860/2017, accoglieva la domanda di parte attrice e per l’effetto condannava le convenute a corrispondere, a titolo di indennizzo per ingiustificato arricchimento, la somma di 70.000,00 Euro, rigettando contestualmente le domande risarcitorie da loro proposte, con l’ulteriore condanna al pagamento in solido delle spese di lite.
2. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 2573/2019, pubblicata in data 11 aprile 2019, confermando la decisione del Tribunale di Velletri, rigettava l’appello, sia pure con una motivazione diversa rispetto a eluda fornita dal Giudice di prime cure.
In particolare, il Giudice territoriale – basando la decisione sull’inesistenza di un rapporto contrattuale fra le parti come accertato dalla sentenza n. 2130/2019 del Tribunale di Velletri – ricavava la prova dei pagamenti eseguiti dall’appellata dalle testimonianze rese in sede penale nonche’ da un preventivo prodotto nel corso del giudizio e rigettava tutti gli altri motivi di appello, con conferma dell’impugnata sentenza.
3. Avverso tale sentenza, propongono ricorso per Cassazione Consueto (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di quattro motivi di ricorso.
3.1. Resiste con controricorso (OMISSIS).

Azione contrattuale e quella di arricchimento

CONSIDERATO

che:
4. Con il primo motivo di ricorso, le ricorrenti lamentano la violazione applicazione degli articoli 1150 e 2042 c.c. nonche’ dell’articolo 113 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La Corte d’Appello di Roma avrebbe applicato l’articolo 2041 c.c. in mancanza dei relativi presupposti, con una grave violazione dell’articolo 2042 c.c.
A giudizio delle ricorrenti, infatti, avendo l’odierna resistente esercitato un potere di fatto sulla cosa, l’azione da proporre, al fine di ottenere l’indennizzo per il pregiudizio subito, sarebbe quella prevista dall’articolo 1150 c.c., comma 2, e non l’azione di ingiustificato arricchimento, avente funzione sussidiaria e natura residuale.
4.1. Con il secondo motivo di ricorso, le ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli articoli 2011, 269 e 2729 c.c. nonche’ degli articoli 115 e 116 c.p.c.
La Corte d’Appello avrebbe emesso una sentenza con una motivazione palesemente illogica al punto da essere inesistente nella parte in cui ha ritenuto provato l’avvenuto pagamento dei lavori di ristrutturazione da parte della (OMISSIS), fondando su testimonianze incomplete ed elementi contraddittori.
Cosi’ facendo, il Giudice territoriale non avrebbe violato soltanto l’articolo 2729 c.c., per avere costruito una presunzione semplice senza prendere in esame tutti i fatti noti, valutandoli insieme e gli uni per mezzo degli altri, ma avrebbe altresi’ ritenuto provata la sussistenza dei requisiti richiesti per l’azione di ingiustificato arricchimento, senza che detta prova sia stata fornita dalla ricorrente.
4.2. Con il terzo motivo di ricorso, le ricorrenti lamentano l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione fra le parti ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
La Corte d’Appello avrebbe erroneamente omesso di considerare la prova fornita da parte dalle appellanti in ordine all’avvenuta costituzione di parte civile nel procedimento penale – idonea ad interrompere la prescrizione e, quindi, la domanda riconvenzionale avente ad oggetto il risarcimento) del danno da occupazione illegittima, in quanto ritenuta prescritta.
Le ricorrenti sostengono al riguardo non soltanto di avere fornito tale prova nel corso del giudizio di primo grado, ma che la natura e la ragione dell’atto di costituzione di parte civile sia certa, non contestata e accertata nella sentenza penale allegata agli atti.
4.3. Con il quarto motivo di ricorso, le ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ignorato la sussistenza di un giudicato sostanziale vertente sul medesimo rapporto.

Azione contrattuale e quella di arricchimento

L’odierna resistente, infatti, era volontariamente intervenuta nel procedimento di sfratto instaurato dalle originarie convenute e conclusosi con la sentenza n. 2130/2009 del Tribunale di Velletri, chiedendo la ripetizione delle somme oggetto di contestazione.
5.1. Il primo motivo – attraverso il quale le ricorrenti censurano la sentenza per avere violato il principio di sussidiarieta’ di cui all’articolo 2042 c.c. – e’ infondato, per un verso, ed inammissibile, per altro.
L’azione indennitaria e’ concessa dall’articolo 1150 al possessore, ossia al soggetto che si trovi in rapporto con la cosa attraverso l’animus corrispondete al proprietario. Nella specie, invece, si discute dell’arricchimento del locatore procurato dalla spesa effettuata sulla cosa da parte del conduttore, ossia di soggetto meramente detentore della cosa stessa; azioni che hanno presupposti di fatto e diritto assolutamente diversi tra loro. Circostanza, questa, che esclude l’improponibilita’ dell’azione ex articolo 2041 c.c. per esperibilita’ di altra azione (nella specie, quella ex articolo 1150 c.c.).
Per altro verso, la questione risulta posta per la prima volta in sede di legittimita’, ne’ le ricorrenti hanno dimostrato di avervi fatto ricorso nei precedenti gradi di giudizio.
5.2. Il secondo motivo e’ fondato.
Il presupposto che sta alla base dell’articolo 2041 c.c. e’ rinvenibile nella necessita’ di riportare equilibrio tra colui che si e’ arricchito a danno dell’impoverito.
In tal ordine di idee, l’arricchimento e’ inteso quale vantaggio effettivo da valutare in termini economici ed e’ configurabile sotto forma di aumento quantitativo dei beni o delle utilita’ costitutive del patrimonio o come aumento qualitativo del valore intrinseco. Il vantaggio conseguito deve essere effettivo e deve essere pertanto accertato con riferimento all’incremento dei valori economici che si e’ prodotto nel patrimonio dell’arricchito, comprensivamente considerato.
All’arricchimento di una parte deve corrispondere l’impoverimento dell’altra, entrambi stimati in termini economici di assoluta esattezza, cosi’ da impedire che l’equilibrio perseguito dal legislatore si trasformi in locupletazione a favore di una o dell’altra delle parti coinvolte nella vicenda.
In altri termini, occorre esaminare il singolo spostamento patrimoniale materialmente inteso e tener conto, altresi’, delle eventuali utilita’ o degli eventuali riflessi svantaggiosi connessi ad esso.
Con particolare riguardo alla diminuzione patrimoniale, deve aversi riferimento ai riflessi economici che il patrimonio dell’impoverito abbia risentito in maniera effettiva e precisamente valutabile. Ossia, una volta valutato l’arricchimento, deve essere restituito integralmente solo quando sia pari al pregiudizio economico dell’impoverito. 111trimenti, in caso contrario, sarebbe proprio l’impoverito a ricevere un vantaggio patrimoniale ingiustificato. Tra il depauperamento e l’arricchimento deve sussistere sempre il nesso causale.
Regole queste, che la sentenza impugnata non ha rispettato, per avere operato un calcolo meramente presuntivo ed approssimativo di quanto speso da chi ha proposto l’azione ex articolo 2041 c.c., ossia da chi lamentava l’impoverimento proprio a fronte dell’arricchimento altrui. La Corte territoriale, ha, infatti, ritenuto provato che la (OMISSIS) (secondo quanto emergente dalle testimonianze nonche’ dalle fatture e preventivi di spesa a lei intestati) abbia non soltanto gestito l’esecuzione dei lavori nella casa di cura, ma altresi’ provveduto al pagamento delle forniture e dei lavori, ma (cfr. pagg. 6 e 7 della sentenza impugnata) non ha verificato il reale impoverimento della signora (OMISSIS) attraverso documentati esborsi di denaro o pagamenti di fatture.
Piu’ precisamente, il giudice fa riferimento, all’arricchimento stimato in Euro 70.000,00 dall’ausiliario nel corso dell’accertamento tecnico preventivo; quanto, poi, all’impoverimento dell’attrice menziona:
– l’anticipazione di una somma di “circa 11.000,00 Euro” ad opera di tal (OMISSIS), poi a questo restituita ratealmente dalla (OMISSIS);
– il pagamento in contanti in favore di tal (OMISSIS) di “una somma imprecisa e senza rilasciare fattura”;
– il pagamento in favore di tal (OMISSIS) di circa Euro 142.000,00 “in parte in contanti e in parte con assegni “”a firma (OMISSIS)”” (ossia a firma di soggetto diverso da quello che agisce ex articolo 2041 c.c.);
– il preventivo di tal (OMISSIS) dove si legge “ricevo a saldo dei lavori sopra descritti Euro 8.000,00 di cui 2.000 contanti e n. 2 assegni ognuno di 3.000”, senza precisazione alcuna di chi abbia provveduto a versare i contanti e a trarre gli assegni.
In conclusione – come correttamente censurato dalle ricorrenti -l’accertamento del giudice appare con certezza affermato rispetto alla sola prima delle somme summenzionate; quanto alle altre, o si tratta di generici riferimenti, oppure di somme che neppure e’ provato provenire dal patrimonio della presunta impoverita. Manca, dunque, il compiuto ed esatto accertamento del rapporto arricchimento/impoverimento, al quale sopra s’e’ fatto riferimento quale indispensabile presupposto dell’azione in concreto sperimentata.
Sul punto la sentenza deve essere cassata ed il giudice del rinvio procedera’ al nuovo accertamento in merito.
5.3. E’, altresi’, fondato il terzo motivo di ricorso.
Nel quinto motivo d’appello le (OMISSIS) avevano censurato la prima sentenza per avere dichiarato inammissibile (per prescrizione del diritto vantato) la loro domanda riconvenzionale tendente ad ottenere dalla controparte il pagamento dell’indennita’ di occupazione dell’immobile. 1,a sentenza impugnata ha respinto quel motivo, sostenendo che le attrici in riconvenzionale avevano omesso di provare il fatto interruttivo della prescrizione, se ed in quale misura la costituzione abbia riguardato lo stesso titolo azionato ed il giorno in cui l’azione civile era stata esercitata nel processo penale; aggiungendo pure che “l’atto di costituzione, e le conclusioni rassegnate per iscritto (non trascritte nella sentenza allegata in copia) sono tuttavia assenti dagli atti di causa e non risultano allegati alla comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale depositata in primo grado dalle odierne appellanti”.
Nel censurare tale punto della sentenza impugnata, le attuali ricorrenti trascrivono integralmente il menzionato quinto motivo di appello e spiegano di avere documentalmente dimostrato che la costituzione di parte civile avvenne in data 14 aprile 2009; citano la sentenza penale, allegata alla comparsa di costituzione e risposta, nella quale e’ fatto riferimento alla data di costituzione di parte civile ed e’ esplicitamente affermato (nel dispositivo) il rigetto della “domanda di risarcimento danni”. Menzionano pure i numerosi passi della sentenza penale nei quali e’ spiegata la natura e la ragione della costituzione di parte civile ed e’ fatto specifico riferimento all’ipotesi di occupazione abusiva di immobile.
La sentenza impugnata ha omesso l’esame di atti e circostanze che avrebbero potuto dimostrare l’esistenza di un atto interruttivo della prescrizione e che avrebbero, dunque, consentito (in caso positivo) l’esame del merito della domanda riconvenzionale.
La sentenza va sul punto cassata ed il giudice del rinvio procedera’ all’esame della questione nei suddetti termini.
5.4. E’, infine, infondato il quarto motivo di ricorso, con cui si lamenta la presenza di un giudicato sostanziale vertente sul medesimo rapporto.
Si premette che le domande di adempimento contrattuale e di arricchimento senza causa, quali azioni che riguardano entrambe diritti eterodeterminati, si differenziano, strutturalmente e tipologicamente, sia quanto alla “causa petendi” (rilevando esclusivamente nella seconda come fatti costitutivi la presenza e l’entita’ del proprio impoverimento e dell’altrui locupletazione), sia quanto al “petitum” (pagamento del corrispettivo pattuito o indennizzo) (Cass. S.U. sent. n. 26128/2010, Cass., Sez. 3, sent. n. 9744/1997).
Inoltre, l’accertamento, con sentenza passata in giudicato, dell’infondatezza dell’azione contrattuale, per insussistenza del titolo negoziale che attribuisca all’attore il relativo diritto, non preclude alla stessa parte di chiedere, in un successivo giudizio, di essere indennizzato per l’indebito arricchimento dalla controparte conseguito, siccome tale seconda azione e’ diversa per “petitum” e per “causa petendi” e che, inoltre, avendo funzione sussidiaria e natura residuale, trova il riconoscimento della sua esperibilita’ proprio nell’indicato diniego di tutela contrattuale (v. Cass. Sez. I, ord. n. 15496/2018).
Nel caso in esame, la diversita’ di “causapetendi” tra le due azioni fatte valere e’ desumibile dal fatto che la sentenza n. 2130/09 del Tribunale di Velletri ha accertato la nullita’ del contratto di locazione per difetto di forma scritta (con conseguente rigetto di ogni diritto derivante dall’accordo dichiarato nullo), mentre oggetto del presente giudizio e’ l’ingiustificato arricchimento delle ricorrenti a danno della (OMISSIS), che richiede quindi di essere indennizzata per la relativa perdita patrimoniale.
Al riguardo, l’azione d’indebito arricchimento, in relazione alla locupletazione che un soggetto abbia ricevuto beneficiando di una prestazione senza pagare il corrispettivo, assume, rispetto all’azione contrattuale rivolta a conseguire detto corrispettivo, i connotati di una domanda, non solo sussidiaria (articolo 2042 c.c.), ma anche distinta, risultando diversi tanto il bene cui tende l’azione stessa, quanto i fatti giuridici posti a suo fondamento.
Pertanto, se deve riconoscersi la possibilita’ di proporre cumulativamente, con l’atto introduttivo del giudizio, l’azione contrattuale e quella di arricchimento, ferma restando la subordinazione della seconda alla mancanza dei requisiti per l’esperibilita’ della prima, deve negarsi che, nella controversia promossa con domanda d’indennizzo per indebito arricchimento, possa successivamente avanzarsi, nel corso del giudizio di primo grado, ed in presenza di opposizione o mancata accettazione del contraddittorio da parte del convenuto, domanda di adempimento contrattuale, vertendosi in tema di mutatio e non mera emendatio libelli (v. Cass., Sez. I, sent. n. 2374/1985).
In conclusione la Corte rigetta il primo e quarto motivo, accoglie il secondo e il terzo motivo, cassa in relazione la sentenza impugnata, come in motivazione e rinvia anche per le spese di questo giudizio alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il primo e quarto motivo, accoglie il secondo e il terzo motivo, cassa in relazione la sentenza impugnata, come in motivazione e rinvia anche per le spese di questo giudizio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione personale.

 

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