L’autorizzazione condominiale a staccarsi dal riscaldamento centralizzato

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|8 ottobre 2021| n. 27375.

L’autorizzazione condominiale a staccarsi dal riscaldamento centralizzato per installare un impianto autonomo, così come la sua completa dismissione, non autorizza anche all’apposizione delle tubature su parti dell’edificio, come la terrazza, che sono nella disponibilità di altri condomini. Allo stesso modo, resta vietata la realizzazione di fori di rilevanti dimensioni su parti di terzi.

Sentenza|8 ottobre 2021| n. 27375. L’autorizzazione condominiale a staccarsi dal riscaldamento centralizzato

Data udienza 26 maggio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio – Riscaldamento autonomo – Autorizzazione all’installazione – Collocazione di tubature sul terrazzo del condomino – Non è inclusa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 5678/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), rappresentata e difesa da se medesima;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 499/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/05/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN;
lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio.

L’autorizzazione condominiale a staccarsi dal riscaldamento centralizzato

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) ebbe ad avviare procedimento di tutela possessoria nei riguardi di (OMISSIS) in quanto questa aveva apposto sui muri del terrazzo annesso al suo appartamento sito in (OMISSIS) delle tubazioni e praticato dei fori di sensibili dimensioni a servizio dell’impianto autonomo di riscaldamento del suo alloggio.
La (OMISSIS) ebbe a resistere ed il Tribunale di Roma adito emise interdetto con ordine di rimozione a carico della resistente, che reclamo’ il provvedimento avanti il Tribunale, in composizione collegiale, che ebbe a confermarlo.
Ad esito del procedimento sul merito possessorio, il Giudice capitolino accolse la domanda di tutela mossa dal (OMISSIS) e la (OMISSIS) gravo’ detta decisione avanti la Corte d’Appello di Roma.
Il Collegio capitolino rigetto’ l’appello, osservando come la terrazza era in possesso esclusivo del (OMISSIS) in quanto accessibile ordinariamente solamente dal suo alloggio; come era possibile al primo Giudice scegliere la forma di definizione del procedimento pronunziando sentenza ex articolo 281 sexies c.p.c.; come l’eccezione afferente la carenza del requisito del possesso ultrannuale ai fini dell’azione di manutenzione era stata tardivamente svolta in causa dalla (OMISSIS) e che il (OMISSIS) agi’ quale possessore a tutela dell’immobile in sua proprieta’.
Avverso detta sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione fondato su tredici motivi, illustrato anche con memoria difensiva.
(OMISSIS) resiste con controricorso.
All’odierna pubblica udienza, acquisita la requisitoria scritta del P.G – dichiararsi inammissibile o rigettare il ricorso – questo Collegio ha deciso la questione siccome illustrato nella presente sentenza.

 

L’autorizzazione condominiale a staccarsi dal riscaldamento centralizzato

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da (OMISSIS) s’appalesa inammissibile per piu’ ragioni concorrenti.
Anzitutto – come rilevato dal P.G. – non appare osservato il disposto ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la sezione del ricorso denominata “fatti di causa” consta di ben 68 delle complessive 171 pagine dell’atto e si compendia in confusa trattazione istituzionale delle questioni agitate in causa e mera riproduzione integrale degli atti senza un’effettiva illustrazione dei fatti rilevanti in causa a supporto delle censure elaborate, che deve esser offerta dalla parte ricorrente e, non gia’, il risultato d’opera di ricostruzione da parte del Giudice di legittimita’ secondo suo criterio poiche’ in tal modo s’ingerirebbe nella perimetrazione dell’ambito dell’oggetto stesso sottoposto al suo giudizio.
Alla mancata osservanza della prescrizione ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3 – Cass. sez. 3 n. 16059/17, Cass. sez. 3 n. 1905/12 – risulta positivamente correlata la sanzione dell’inammissibilita’ del ricorso per cassazione.
Ma anche a voler esaminare partitamente i motivi di impugnazione, siccome svolti tempestivamente nel ricorso, gli stessi appaiono tutti inammissibili.
Con il primo mezzo d’impugnazione proposto la (OMISSIS) deduce nullita’ della sentenza impugnata per violazione del disposto normativo ex articolo 281 sexies c.p.c., in quanto la Corte capitolina ha ritenuto che detta forma di soluzione della lite potesse esser sempre adottata dal Giudice e, non gia’, solo in relazione a cause non complesse, caratteristica che la presenta lite non palesa.
La censura appare inammissibile posto che la (OMISSIS) non si confronta con la motivazione addotta dalla Corte romana a sostegno della sua statuizione sul punto ossia che, positivamente, la norma ex articolo 281 sex. c.p.c., non prevede alcun suo ambito specifico di applicazione, bensi’ la scelta circa le modalita’ della decisione e’ rimessa al prudente apprezzamento del Giudicante – “se non dispone a norma dell’articolo 281 quinquies…”.
Con la seconda doglianza la (OMISSIS) lamenta nullita’ della decisione per omesso esame di fatto rilevante poiche’ la Corte capitolina non ha tenuto conto della esatta consistenza dei lavori da lei eseguiti.

 

L’autorizzazione condominiale a staccarsi dal riscaldamento centralizzato

La censura appare manifestamente priva di fondamento posto che il Collegio romano ha puntualmente esaminato il secondo motivo di gravame, afferente proprio alla questione riproposta in questa sede, ossia che le opere fatte erano necessarie alla posa in sicurezza, secondo le norme vigenti, dell’impianto di riscaldamento autonomo in aderenza alla decisione dell’assemblea condominiale, e rilevato come le opere, effettivamente eseguite, era state ben individuate dal Tribunale.
Dunque la riproposizione della tesi rigettata motivatamente dalla Corte d’Appello non puo’, nemmeno in astratto configurare il vizio di legittimita’ dedotto posto che il fatto risulta puntualmente esaminato.
Con la terza ragione d’impugnazione la (OMISSIS) denunzia nullita’ della sentenza per violazione del disposto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, esponendo confusamente piu’ argomentazioni critiche senza ancorarle specificatamente a qualche norma di diritto violata con conseguente carenza di specificita’ della censura.
Con il quarto mezzo d’impugnazione la (OMISSIS) deduce nullita’ per violazione del principio ex articolo 112 c.p.c., posto che il Collegio romano ha confermato la statuizione del Tribunale in ordine alla circostanza che il (OMISSIS) aveva proposto domanda di tutela possessoria qualificandosi proprietario dell’alloggio e pertinente terrazzo senza produrre il titolo, invero versato in causa da essa ricorrente.
La censura sviluppata all’evidenza non si confronta con l’effettiva ragione posta dalla Corte capitolina a fondamento della sua decisione sul punto, ossia che dal complesso dell’atto introduttivo del giudizio possessorio appariva evidente che il (OMISSIS) aveva agito quale possessore del bene, sicche’ ogni questione circa il diritto di proprieta’ e la prova dello stesso erano questioni irrilevanti nella causa e comunque il contratto d’acquisto dell’alloggio da parte del (OMISSIS) risultava dimesso in causa dalla ricorrente, come affermato nel ricorso.
Con la quinta doglianza ritualmente proposta nel ricorso la (OMISSIS) rileva nullita’ della sentenza impugnata per violazione della regola iuris ex articolo 1170 c.c., posto che la Corte capitolina non ha rilevato che il (OMISSIS) non era legittimato all’azione di manutenzione in quanto possessore del bene da meno di un anno.
La censura risulta inammissibile posto che non viene sviluppato confronto con la statuizione assunta al riguardo dai Giudici d’appello, ossia che l’eccezione de qua risulta proposta tardivamente.
Con la sesta ragione di doglianza la (OMISSIS) deduce omesso esame di fatto rilevante in causa individuato nel compossesso del terrazzo di causa, stante l’accessibilita’ anche dal finestrone del vano scala condominiale, come confermato da alcuni degli informatori sentiti in sede di reclamo.
La censura si palesa patentemente priva di pregio giuridico posto che il Collegio romano ha puntualmente esaminato la questione, qui riproposta dalla (OMISSIS), rilevando come dalle dichiarazioni rese dagli informatori non si ricavava la possibilita’ di accedere normalmente al terrazzo – bensi’ mediante l’utilizzo di particolari accorgimenti – siccome invece possibile esclusivamente dall’alloggio del (OMISSIS).
Pertanto la critica svolta risposa sul diverso apprezzamento dei dati probatori acquisiti in causa e non gia’ su un fatto storico non esaminato dalla Corte distrettuale.
Con il settimo mezzo d’impugnazione la (OMISSIS) lamenta nullita’ per violazione del disposto ex articolo 102 c.p.c., posto che la Corte capitolina non ha ritenuto che gli altri condomini fossero litis consorti necessari con conseguente nullita’ del procedimento per loro mancata evocazione in giudizio.
Anche in relazione a detta censura la (OMISSIS) non si confronta con la motivazione esposta dalla Corte capitolina sul punto, limitandosi a dedurre che anche nel giudizio possessorio possono configurarsi situazioni di litis consorzio necessario per poi apoditticamente concludere che cio’ si verifica nella presente controversia, richiamando pero’ la situazione di compossesso del terrazzo, come visto, gia’ esclusa a seguito dell’esame di precedente mezzo d’impugnazione.
Rettamente la Corte capitolina ha precisato che, non trattandosi di giudizio petitorio non puo’ configurarsi litis consorzi con tutti i condomini, poiche’ gli unici interessati sono i soggetti evocati nel giudizio possessorio come autori delle condotte di disturbo dell’altrui possesso, unica azione proposta dal (OMISSIS).
Con l’ottava doglianza la (OMISSIS) lamenta nullita’ della sentenza impugnata per violazione della norma ex articolo 1130 c.c., in quanto il Collegio romano non ha tenuto conto delle disposizioni contenute nelle delibere dell’assemblea condominiale che disponevano la dismissione dell’impianto centralizzato di riscaldamento e l’installazione, da parte dei singoli condomini, di impianti autonomi.

 

L’autorizzazione condominiale a staccarsi dal riscaldamento centralizzato

L’argomentazione critica svolta non pare confrontarsi in modo specifico con la ragione posta dalla Corte di merito alla base della sua statuizione sul punto, ossia che le delibere assembleari non erano oggetto di causa poiche’ non contenevano disposizioni tese a ledere il pacifico possesso da parte del singolo condomino del bene in suo esclusivo godimento.
Difatti la Delibera assembleare autorizza i singoli condomini ad installare impianto autonomo di riscaldamento non anche a farlo collocandolo, in tutto od in parte, su bene in possesso ad altri, sicche’ rettamente la Corte capitolina ha evidenziato l’irrilevanza, nella presente controversia, della questione collegata alle delibere assembleari.
Con il nono mezzo d’impugnazione la (OMISSIS) deduce nullita’ della decisione impugnata per violazione della norma ex articolo 1170 c.c., riproponendo la questione afferente il difetto del requisito dell’ultrannualita’ del possesso ai fini dell’azione di manutenzione proposta e pone la questione della condominialita’ del muro e dell’attuazione delle delibere assembleari.
L’argomentazione critica sviluppata risulta conforme a quella svolta in altri due motivi di impugnazione precedenti sempre centrati sulla medesima questione sicche’ ne scontano l’inammissibilita’ gia’ rilevata.
Con la decima ragione di doglianza la ricorrente denunzia nullita’ della decisione impugnata – senza nemmeno indicare in modo specifico la norma violata, che positivamente preveda la rilevata nullita’ – poiche’ ha confermato la statuizione del Tribunale in relazione al possibile diverso posizionamento delle tubazioni, statuizione criticata con apposito motivo di gravame.
L’inammissibilita’ della censura appare evidente posto che non v’e’ confronto con la motivazione addotta sul punto dalla Corte capitolina, ossia l’irrilevanza dell’affermazione del Tribunale circa la possibilita’ di un diverso posizionamento dell’impianto senza ledere il possesso del (OMISSIS), poiche’ nel presente procedimento assume rilievo solo l’accertamento che, per come posizionate, le tubazioni ed i fori incidono, turbandolo, sul possesso pacifico della terrazza.
Detta motivazione non risulta esser specificatamente attinta dalla censura che invece si rivolge all’obiter dictum, sicche’ s’appalesa generica.
Con l’undecima ragione di impugnazione la (OMISSIS) deduce nullita’ della sentenza impugnata per non aver la Corte capitolina esposto motivazione in relazione alla rejezione del suo undecimo motivo di gravame.

 

L’autorizzazione condominiale a staccarsi dal riscaldamento centralizzato

La censura e’ patentemente priva di pregio poiche’ la Corte distrettuale ne rileva l’assorbimento in relazione alla statuizione adottata in relazione al sesto motivo d’appello, posto che veniva nuovamente contestato l’accertamento che il (OMISSIS) era possessore esclusivo del terrazzo poiche’ l’accesso naturale – ossia senza l’uso di appositi accorgimenti – poteva avvenire esclusivamente dal suo appartamento.
In effetti poi l’argomentazione critica svolta si compendia nella mera proposizione di valutazione alternativa delle dichiarazioni rese dai sommari informatori, per giunta senza ritrascrivere integralmente le loro dichiarazioni, bensi’ solo sunteggiandole a propria discrezione, sicche’ non solo la censura pecca di non autosufficienza ma si risolve nella sollecitazione a questa Corte d’inammissibile esame circa il merito della lite possessoria.
Con il mezzo di ricorso duodecimo la (OMISSIS) denunzia violazione del disposto ex articolo 112 c.p.c., in relazione alla statuizione afferente la condanna generica del danno subito dal (OMISSIS), posto che, invece, questi aveva chiesto anche la liquidazione del ristoro indicando espressamente una somma determinata.
La censura proposta appare peccare di non autosufficienza posto che la Corte capitolina ha specificatamente affermato che, nel ricorso introduttivo, il (OMISSIS) proponeva domanda di condanna generica al ristoro del danno, sicche’ per contestare detta affermazione era onere di specificita’ della ricorrente di ritrascrivere le conclusioni adottate dal (OMISSIS) nel corso del giudizio possessorio di prime cure, poiche’, in difetto, questa Corte non e’ posta in grado di apprezzare l’esistenza del dedotto vizio.
Con la decimoterza ed ultima ragione di doglianza la ricorrente lamenta violazione del disposto ex articolo 132 c.p.c., per omessa motivazione in relazione al suo ultimo motivo di gravame, ossia la contestazione della sua condanna alle spese di lite.
L’argomento critico svolto appare di scarsa comprensione e privo del requisito dell’autosufficienza posto che, anzitutto non viene ritrascritto il motivo di gravame per poter apprezzare l’oggetto effettivo della critica mossa, quindi, dalla lettura della motivazione posta a sostegno della censura, si rileva che l’erroneita’ circa la condanna alle spese era basata sulla ritenuta infondatezza della pretesa svolta in causa dal (OMISSIS).
Inoltre non va obliato che il Tribunale ebbe ad accogliere la domanda di tutela possessoria proposta dal (OMISSIS), sicche’ ebbe ad applicare la regola iuris ex articolo 91 c.p.c., ossia che le spese di lite eseguono la soccombenza.
Non reputa questo Collegio concorrano i presupposti di legge per l’applicazione del disposto ex articolo 96 c.p.c., comma 3.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della (OMISSIS) alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimita’ in favore del (OMISSIS), spese liquidate in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura precisata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere in favore di (OMISSIS) le spese di questo giudizio di legittimita’ liquidate in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 bis.

 

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