L’atto di riassunzione del processo non introduce un nuovo procedimento

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza|5 marzo 2020| n. 6193.

La massima estrapolata:

L’atto di riassunzione del processo non introduce un nuovo procedimento, avendo la funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente, sicché ai fini della sua validità il giudice deve solo verificarne la concreta idoneità ad assicurare la ripresa del processo, discendendo la nullità dell’atto di riassunzione non dalla mancanza di uno tra i requisiti di cui all’art. 125 disp. att. c.p.c., bensì dall’impossibilità di raggiungere il suo scopo. (Nella specie la S.C. ha ritenuto valido l’atto di riassunzione del processo, a seguito della morte del difensore di una delle parti, avendo la controparte notificato a quest’ultima personalmente una istanza di anticipazione dell’udienza contenente l’indicazione delle parti e degli altri elementi idonei all’identificazione della causa, allegando altresì la relazione di notifica da cui risultava la scomparsa del difensore).

Sentenza|5 marzo 2020| n. 6193

Data udienza 13 dicembre 2019

Tag – parola chiave: Banca – Prodotti finanziari – Rischio – Risoluzione del contratto di investimento – Procedimento civile – Interruzione – Presupposti – Riassunzione – Tempestività – Difetto – Estinzione del giudizio
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 29251/2017 proposto da:
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Portuense, 104 presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) e rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), in forza di procura speciale su foglio separato allegato al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) quali eredi di (OMISSIS) (deceduto), nonche’ (OMISSIS) in proprio, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), in forza di procura speciale su foglio separato allegato al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1619/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 14/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/12/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;
uditi gli Avvocati (OMISSIS), per delega dell’Avvocato (OMISSIS), e (OMISSIS)
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione del febbraio 2008 i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Ragusa la (OMISSIS) soc.c.oop. a r.l., assumendo di essere entrambi pensionati, di risiedere da oltre 45 anni in Svizzera, a Zurigo e di aver sempre depositato i propri risparmi presso l’Agenzia di Comiso della Banca convenuta.
Gli attori hanno aggiunto che la predetta Agenzia aveva acquistato per loro conto il 18/8/2000 obbligazioni “(OMISSIS)” per Euro 66.000,00, senza fornir loro alcuna informazione circa i rischi dell’acquisto, nonostante la loro bassissima propensione al rischio, mentre era stata prospettata solo l’elevata redditivita’ del titolo (6,25% lordo); di non aver piu’ ricevuto alcuna notizia sino al marzo 2004, quando la Banca li aveva avvisati dallo stato di insolvenza di (OMISSIS); di aver dato mandato alla Banca di insinuarsi nel passivo della societa’ e di non aver piu’ avuto notizie; di aver chiesto senza successo la restituzione di quanto investito.
Gli attori hanno percio’ richiesto la risoluzione del contratto di acquisto, la dichiarazione di invalidita’ del contratto di investimento e la condanna della Banca al risarcimento dei danni.
Si e’ costituita in giudizio la Banca convenuta, chiedendo il rigetto delle domande degli attori, negando il proprio inadempimento, e facendo presente, in subordine, che gli attori avevano aderito al concordato, ricevendo di conseguenza 8316 azioni (OMISSIS) e 650 warrants.
Il Tribunale di Ragusa con sentenza del 23/2/2010 ha respinto le domande degli attori.
2. Avverso la predetta sentenza di primo grado del 23/2/2010 hanno proposto appello (OMISSIS) e (OMISSIS), a cui ha resistito la Banca appellata.
La Corte di appello di Catania con sentenza del 14/9/2017 ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la (OMISSIS) al pagamento in favore dei coniugi (OMISSIS)-(OMISSIS) della somma di Euro 56.667,38, oltre interessi e spese del doppio grado di giudizio.
3. Avverso la predetta sentenza del 14/9/2017, non notificata, con atto mandato in notifica il 27/11/2017 e diretto contro (OMISSIS) e gli eredi di (OMISSIS), nel frattempo deceduto, ossia la stessa (OMISSIS) e le figlie (OMISSIS) ed (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), svolgendo due motivi.
Con atto notificato il 23/12/2017 hanno proposto controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) ed (OMISSIS) chiedendo la dichiarazione di inammissibilita’ o il rigetto dell’avversaria impugnazione e la condanna della ricorrente ex articolo 96 c.p.c..
Le parti controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4 e n. 3, la Banca ricorrente denuncia nullita’ della sentenza e del procedimento o in subordine violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli articoli 101 e 112 c.p.c. per mancato rispetto dei principi del contraddittorio e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
1.1. L’eccezione di estinzione del giudizio per mancata tempestiva riassunzione dopo la morte dell’avv. (OMISSIS), difensore della Banca, era stata respinta dalla Corte territoriale in quanto gli appellanti avrebbero riassunto il giudizio tempestivamente notificando alla Banca entro il termine semestrale l’istanza di anticipazione di udienza e il pedissequo decreto di anticipazione di udienza.
L’argomento cosi’ utilizzato dalla Corte non era mai stato sollevato da alcuna delle parti, con la conseguente violazione dei principi del contraddittorio e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Secondo la Banca, gli appellanti avevano avuto conoscenza del decesso del difensore della Banca con la relata di notifica del 28/10/2011 e quel che era oggetto di discussione era se la conoscenza maturata attraverso la relata di notifica redatta dall’Ufficiale giudiziario comportasse o meno “conoscenza legale” del decesso del procuratore costituito, come sosteneva la Banca e come gli appellanti negavano, assumendo che la relata negativa non possedeva valore legale e non comportava interruzione del giudizio.
Gli originari attori, negando la conoscenza legale da parte loro e l’interruzione del processo, non avevano mai sostenuto, neppure in subordine, di aver ritualmente riassunto il giudizio con l’atto di notificazione dell’anticipazione di udienza.
1.2. Il motivo non puo’ essere condiviso.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, in quanto inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell’articolo 101 c.p.c., comma 2, (nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009, articolo 45, comma 13), se rilevate d’ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l’esercizio delle domande giudiziali (Sez.6-5, 04/03/2019, n. 6218; Sez.2, 16/10/2017, n. 24312; Sez.3, 21/07/2016, n. 15019; Sez.6-5, 29/09/2015, n. 19372).
2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4 e n. 3, la ricorrente denuncia nullita’ della sentenza e del procedimento o in subordine violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’articolo 301 c.p.c..
2.1. Non e’ condivisibile, secondo la ricorrente, l’equivalenza funzionale ravvisata nella sentenza tra l’atto di riassunzione e notifica dell’istanza di anticipazione di udienza e il pedissequo decreto, pur se vi era allegata la relata di notifica negativa per il decesso del procuratore costituito.
Non poteva essere ritenuto equipollente un atto da cui non risultava l’interruzione del giudizio ne’ il decesso del difensore, a cui del resto non era possibile che l’istanza si riferisse, visto che l’avv. (OMISSIS) era morto dopo il deposito dell’istanza e poco prima della notifica tentata.
2.2. E’ opportuno procedere a una breve ricapitolazione dei fatti processualmente rilevanti, concordemente riferiti nella loro oggettivita’ dalle parti e comunque verificabili ex officio da questa Corte quale giudice del fatto processuale.
In data 22/5/2011 gli appellanti (OMISSIS) e (OMISSIS) rivolsero al Presidente della Corte di appello di Catania istanza di anticipazione di udienza rispetto alla data fissata per il 3/7/2015; in data 13/6/2011 il Presidente della Corte accolse l’istanza anticipando l’udienza al 5/4/2013; in data 22/10/2011 venne a mancare il difensore della Banca, avv.prof. (OMISSIS).
In data 29/10/2011 gli appellanti tentarono di eseguire la notifica dell’istanza di anticipazione di udienza e pedissequo decreto allo studio del difensore e procuratore della Banca, ricevendo l’atto in restituzione con l’annotazione “deceduto da giorni”.
In data 15/11/2011 gli appellanti notificarono alla Banca presso la sua sede l’istanza di anticipazione di udienza e pedissequo decreto presidenziale e copia della relata di notifica negativa a causa del decesso dell’avv. (OMISSIS): atto questo della cui reale valenza ed efficacia si discute in questa sede.
Si svolse quindi l’udienza anticipata del 5/4/2013 a cui intervenne il difensore degli appellanti chiedendo la prosecuzione della causa poiche’ la data di anticipazione di udienza era stata notificata alla Banca unitamente alla relata da cui risultava il decesso dell’avv. (OMISSIS), di modo che la Banca aveva avuto tutto il tempo per nominare un nuovo difensore; comparve pure l’avvocato (OMISSIS) dello studio (OMISSIS), dichiarando a verbale l’avvenuto decesso del difensore della Banca in data 22/10/2011.
La Corte dichiaro’ interrotto il processo.
Il 17/4/2013 gli appellanti depositarono ricorso per riassunzione; veniva fissata udienza al 7/2/2014 e a tale udienza venne chiesto e concesso nuovo termine per la notifica.
Nel frattempo in data 19/3/2014 si costituirono per la Banca i nuovi difensori avvocati (OMISSIS) eccependo l’intervenuta estinzione del processo per tradiva riassunzione, essendo decorsi oltre sei mesi dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo che risaliva al 29/10/2011, rispetto alla quale l’istanza proposta il 17/4/2013 appariva tardiva.
2.2. Ai sensi dell’articolo 301 c.p.c. in caso di decesso del procuratore, a mezzo del quale la parte e’ costituita, il processo e’ interrotto automaticamente per effetto della morte del difensore.
Non rileva, cioe’ la dichiarazione dell’evento in udienza o la notificazione all’altra parte, previste dall’articolo 300 c.p.c. per il caso diverso della morte o della perdita della parte costituita.
La ratio evidente dell’istituto mira a proteggere la parte colpita dall’evento interruttivo dal pregiudizio processuale che le puo’ arrecare l’assenza del difensore, mentre nel diverso caso della morte o perdita di capacita’ della parte costituita la legge attribuisce al difensore la facolta’ di valutare tempi e modi di segnalazione processuale dell’evento.
La morte, nel corso del giudizio, dell’unico difensore della parte costituita, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, e preclude ogni ulteriore attivita’ processuale, con la conseguente nullita’ degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata (Sez.3, 13/02/2019, n. 4159; Sez.6-3, 12/11/2018, n. 28846; Sez.6-3, 08/09/2017 n. 21002; Sez. 1 24/05/2016, n. 10722; Sez. 3, 08/04/2016, n. 6838).
Il processo si e’ quindi interrotto il 22/10/2011 al momento del decesso del difensore e non gia’ il 5/4/2013, quando, a fronte della informale comparizione dell’avv. (OMISSIS), privo di ogni potere di rappresentanza, la Corte di appello, ricevuta l’informazione, dichiaro’ l’interruzione.
2.3. Proprio perche’ dal 22/11/2011 il processo era interrotto, ben poteva la parte non colpita dall’evento interruttivo curarne la riassunzione senza attendere una pronuncia, meramente dichiarativa, del Giudice (in concreto resa il 5/4/2013).
L’articolo 305 c.p.c., come inciso dalle pronunce della Corte Costituzionale n. 139 del 15/12/1967 e n. 159 del 6/7/1971 onerava le parti di provvedere al proseguimento o alla riassunzione del processo interrotto nel termine di sei mesi (ora tre mesi per i processi instaurati successivamente al 4/7/2009) dalla data della legale conoscenza dell’interruzione.
Con la prima sentenza e’ stata dichiarata l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 305 c.p.c. per la parte in cui fa decorrere dalla data dell’interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione e la sua riassunzione anche nei casi regolati dal precedente articolo 301; con la seconda ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 305 c.p.c. nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto a sensi dell’articolo 299 dello stesso codice decorre dall’interruzione anziche’ dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza e ha dichiarato inoltre l’illegittimita’ costituzionale del detto articolo 305 nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto a sensi del precedente articolo 300, comma 3, decorre dall’interruzione anziche’ dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza.
Di qui e’ scaturito il dibattito tra le parti sul momento della legale conoscenza in capo agli appellanti (OMISSIS)-(OMISSIS) della morte del difensore avversario, collocata da parte della Banca al momento del ricevimento della relata di mancata notifica per il decesso dell’avv. (OMISSIS) (29/10/2011) e dagli appellanti al momento della dichiarazione dell’avv. (OMISSIS) e del provvedimento della Corte (5/4/2013): dibattito superato dalla Corte territoriale scorgendo gia’ nella notifica dell’istanza e del provvedimento di anticipazione di udienza, accompagnate dalla relata di notifica mancata per morte del difensore domiciliatario alla parte personalmente, un valido atto di riassunzione del processo, gia’ in quel momento (15/11/2011) e quindi del tutto tempestivo.
2.4. Ai sensi dell’articolo 303 c.p.c., se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell’articolo 302 (ad opera della parte colpita dall’evento interruttivo), l’altra parte puo’ chiedere la fissazione dell’udienza, notificando quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo; solo in caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte puo’ essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell’ultimo domicilio del defunto; se la parte che ha ricevuto la notificazione non comparisce all’udienza fissata, si procede in sua contumacia.
Il ricorso per riassunzione del processo interrotto per la morte di una delle parti deve contenere, ai sensi dell’articolo 303 c.p.c., comma 2, gli “estremi della domanda”, per esigenze di conoscenza da parte degli eredi, e cio’ a differenza dell’ipotesi in cui l’evento interruttivo riguardi il procuratore (Sez. 2, 24/03/2004, n. 5895).
2.5. Nel processo civile vige il principio fondamentale della liberta’ delle forme, per cui gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma piu’ idonea al raggiungimento del loro scopo.
Ai sensi dell’articolo 156 c.p.c., che detta le regole di rilevanza delle nullita’ processuali non puo’ essere pronunciata la nullita’ per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullita’ non e’ comminata dalla legge salvo il caso in cui l’atto manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo.
La nullita’ comunque non puo’ mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui e’ destinato.
In virtu’ del generale principio del raggiungimento dello scopo di cui all’articolo 156 c.p.c., comma 3, l’atto di riassunzione, volto alla prosecuzione di un procedimento gia’ invalidamente instaurato, puo’ dar vita ad un nuovo e rituale rapporto processuale, ove presenti i necessari requisiti che lo rendano oggettivamente idoneo al perseguimento di tale scopo (Sez.2, 17/03/2016, n. 5319).
L’atto di riassunzione del processo non introduce un nuovo procedimento ma espleta esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di quello gia’ pendente. Pertanto, ai fini della sua validita’, direttamente controllabile in sede di legittimita’, il giudice di merito deve apprezzare l’intero contenuto dell’atto stesso, come notificato alla controparte, onde verificarne la concreta idoneita’ a consentire la ripresa del processo.
La nullita’ dell’atto di riassunzione, infatti, non deriva dalla mera mancanza di uno o piu’ dei requisiti di cui all’articolo 125 disp. att. c.p.c., bensi’ dall’impossibilita’ del raggiungimento dello scopo per effetto della mancanza di elementi essenziali quali: il riferimento esplicito alla precedente fase processuale; l’indicazione delle parti e di altri elementi idonei a consentire l’identificazione della causa riassunta; le ragioni della cessazione della pendenza della causa stessa; il provvedimento del giudice che legittima la riassunzione; la manifesta volonta’ di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento delle due fasi in un unico processo (Sez. 1, 09/05/2018, n. 11193; Sez. 1, 31/01/2017, n. 2491; Sez.2, 25/03/2013, n. 7464; Sez. 2, 21/07/2004, n. 13597).
2.6. La Corte territoriale ha ravvisato l’equivalenza funzionale dell’atto notificato il 15/11/2011 a soddisfare i requisiti di un valido atto di riassunzione, idoneo a riattivare il corso del processo e a porre in condizione la parte colpita dall’evento interruttivo di essere informata della morte del proprio procuratore ed esercitare i propri diritti di difesa.
L’atto notificato dava notizia del decesso del difensore attraverso l’allegazione della relata di mancata notifica, comunque mettendo in condizione la Banca, se gia’ non ne aveva avuto conoscenza aliunde, di verificare la circostanza: cosa che peraltro ha fatto, perche’, altrimenti, non si spiega in forza di quali informazioni possa essere comparso all’udienza del 5/4/2013 (la cui fissazione era stata notificata alla Banca appellata personalmente) l’avv. (OMISSIS) a comunicare alla Corte la morte dell’avv. (OMISSIS).
L’atto inoltre conteneva il riferimento alla precedente fase processuale, l’indicazione delle parti e di altri elementi idonei a consentire l’identificazione della causa riassunta, il provvedimento del giudice che legittimava l’ulteriore corso del processo e l’obiettiva manifestazione di volonta’ di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento delle due fasi in un unico processo.
E’ pur vero che il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza era stato emanato prima del decesso dell’avv. (OMISSIS) e non aveva quindi lo scopo di consentire la riassunzione, ma nel mutato contesto poteva adeguatamente assolvere la stessa funzione di individuare l’udienza per la ripresa del processo, tanto piu’ che il termine dilatorio era, ancora piu’ che congruo, pletorico (oltre 16 mesi).
La Banca ha cosi’ ricevuto un atto che soddisfaceva i requisiti dell’articolo 303 c.p.c. ed era idoneo a conseguire lo scopo della riattivazione del processo.
3. Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.
Non sussistono i presupposti per la richiesta condanna per responsabilita’ aggravata ex articolo 96 c.p.c., o piuttosto, ratione temporis, articolo 385 c.p.c., poiche’ tale istituto presuppone che la parte abbia agito in giudizio con dolo o colpa grave e non la mera infondatezza, come in questo caso, della sua azione processuale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidate nella somma di Euro 5.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dal L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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