Atti del sindaco diretti al ripristino della viabilità di una strada vicinale

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 11 marzo 2020, n. 1743.

La massima estrapolata:

Vi è giurisdizione amministrativa quando sono impugnati atti del sindaco diretti al ripristino della viabilità di una strada vicinale, espressivi del potere sindacale dell’art. 378 della legge 20 marzo 1865, all. F, anche se occorra previamente verificare la natura proprietaria del bene o accertare, in via incidentale, la sussistenza o meno del diritto della collettività su suolo pubblico o soggetto ad uso pubblico.

Sentenza 11 marzo 2020, n. 1743

Data udienza 12 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3882 del 2019, proposto da
Za. Ma., rappresentato e difeso dall’avvocato Do. Me., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
nei confronti
Pu. Ve. s.p.a., rappresentata e difesa dall’avvocato Lu. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
ed altri, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Prima, 28 febbraio 2019, n. 250, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Pu. Ve. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2019 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Me. e Co., su delega di Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il signor Ma. Za. ricorre in appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto che – accolta l’eccezione della Pu. Ve. s.p.a. (di seguito “Pu.”), intervenuta ad opponendum ex art. 50 Cod. proc. amm. nel giudizio verso il Comune di (omissis) – ha declinato la giurisdizione a favore di quella ordinaria, dichiarando inammissibile il ricorso, con motivi aggiunti, proposto dallo Za. per l’annullamento, previa sospensione, dell’ordinanza del Sindaco di Villafranca di Verona n. 10 del 28 giugno 2017, che gli aveva ingiunto “la remissione in pristino del libero transito in strada (omissis)” e ordinato, come proprietario del mappale n. (omissis) della località (omissis), di rimuovere entro quindici giorni qualsiasi ostacolo fisico e cartello monitorio idoneo ad impedire materialmente o comunque a far ritenere non consentito il pubblico transito sulla strada (omissis) da est (via (omissis)/via (omissis)) alla generalità delle persone.
2. Esponeva il ricorrente: a) di essere esclusivo proprietario del compendio immobiliare denominato “Fo. Ca.” in Villafranca di Verona e di aver intrapreso plurimi contenziosi civili a tutela delle ragioni dominicali e possessorie; b) che nel corso di quei giudizi era stato accertato che egli è proprietario sia dell’area di sedime sia dell’originaria via S. Andrea, realizzata dalla Pu. nel 1986; c) di aver dovuto in precedenti occasioni tutelare il diritto contro iniziative del Comune volte a far valere la natura pubblica della strada.
2.1. Avverso l’ordinanza sindacale il ricorrente lamentava eccesso di potere per sviamento, irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà dell’atto.
2.2. Con atto di motivi aggiunti, il ricorrente poi si doleva di “violazione di legge per violazione dell’art. 378 della l. n. 2248/1865, all. F, attesa la carenza di presupposti, illogicità manifesta” e “violazione di legge per violazione degli artt. 15 e 17 del d.lgs. n. 1446/1918, eccesso di potere per carenza di istruttoria”.
2.2. All’udienza pubblica di discussione, il ricorrente sosteneva la nullità del provvedimento impugnato ex art. 21-septies l. n. 241 del 1990 per contrasto con le sentenze civili (richiamando la giurisprudenza: cfr. Cons. Stato, V, 24 luglio 2007, n. 4136).
3. Con la sentenza in epigrafe, resa nella resistenza del Comune e con l’intervento ad opponendum di Pu. (che accampava l’interesse al ripristino della normale viabilità sulla strada che è via di accesso a suo stabilimento industriale di stoccaggio del gas), l’adito Tribunale amministrativo ha accolto l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune e da Pu. e ha dichiarato il difetto di giurisdizione amministrativa e la devoluzione della controversia alla giurisdizione ordinaria.
4. Per l’annullamento della sentenza il ricorrente ha proposto appello, impugnando le statuizioni di difetto di giurisdizione amministrativa e quelle connesse (compresa l’indicazione del giudice munito di giurisdizione ex art. 11 Cod. proc. amm. e le statuizioni sulle spese, in particolare l’addebito al ricorrente delle spese della fase cautelare): erronee ed ingiuste per: “1) Error in iudicando. Violazione degli artt. 7, 8, 9, 35, c. 1, lett. b) e 133, comma 1, lettera f) e comma 1 n. 5 c.p.a. D. lgs. 104/2010 e successive modifiche e integrazioni – Violazione dei principi in tema di distinzione fra la Giurisdizione Amministrativa e la Giurisdizione Ordinaria; 2) Error in iudicando – Violazione art. 88 c.p.a. D. lgs. 104/2010 e successive modifiche e integrazioni; carenza di motivazione e contraddittorietà manifesta – Intrinseca contraddittorietà della sentenza gravata rispetto alle precedenti fasi del giudizio; 3) Error in iudicando – Violazione di legge violazione art. 88 c.p.a. D.lgs. 104/2010 carenza di motivazione”.
4.1. L’appellante, ferme le conseguenze che l’accoglimento dell’appello in relazione all’assorbente profilo della giurisdizione adita determinerebbe ex art. 105, comma 1, Cod. proc. amm., ha riproposto “per tuziorismo difensivo” i motivi di censura non trattati dal primo giudice.
4.2. Non si è costituito, benché intimato, il Comune di (omissis).
4.3. Si è invece costituita la società Pu., che è tornata ad eccepire il difetto di giurisdizione, posto che il ricorrente fa valere la condizione di proprietario della strada, a tutela di un diritto soggettivo (che dice leso dall’autotutela possessoria), con un petitum sostanziale di accertamento petitorio (l’accertamento della proprietà, pubblica o privata, della strada, o comunque l’esistenza di diritti di uso pubblico su una strada privata): sicché il gravame non è volto a censurare vizi del provvedimento di ripristino della viabilità né a contestare le modalità dell’esercizio del potere sindacale dell’art. 378 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F (ma solo l’incompatibilità dei suoi effetti con il diritto dominicale del ricorrente); dal che la correttezza delle statuizioni che hanno dichiarato la devoluzione della controversia al giudice ordinario.
4.4. All’udienza del 12 dicembre 2019, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. Ai fini della qualificazione della questione controversa si osserva quanto segue.
5.1. In prime cure, l’appellante ha impugnato l’ordinanza sindacale di remissione in pristino del libero transito su strada vicinale ai sensi degli artt. 55, 81 e 378 l. 20 marzo 1865, n. 2248 Allegato F e 15 e 17 del d.l.lgt. 1 settembre 1918, n. 1446, adottata sul presupposto che il libero accesso alla strada (omissis) era stato “completamente interdetto, nel tratto di raccordo ad est con le strade (omissis) e (omissis), mediante collocazione di reti metalliche recanti cartelli monitori d’indicazione di divieto di accesso- proprietà privata”, dando atto che ciò era avvenuto a seguito di rilascio dell’area di cui al mappale 8 al ricorrente in ottemperanza alla sentenza esecutiva del Tribunale di Verona (in proc. n. 475/2015).
5.2. L’ordinanza comunale – premesso che la tematica dell’accessibilità e dell’appartenenza al demanio comunale della strada per cui è causa è stato oggetto di un lungo contenzioso, non ancora definito, e che le questioni della sua titolarità e dei comportamenti inibitori del libero transito da parte del sig. Za. non hanno fondamento in provvedimenti giudiziari definitivi – aveva inteso ripristinare il libero transito da parte della generalità delle persone sulla strada (omissis), ritenendo sussistenti i presupposti per l’esercizio del potere di autotutela possessoria a opera del Sindaco, ovvero: a) la preesistenza di fatto dell’uso pubblico della strada, anche se questa sia privata; b) la sopravvenienza di un’alterazione del preesistente stato di fatto, che abbia frapposto impedimenti all’uso pubblico.
5.3. Richiamata la giurisprudenza per cui i provvedimenti sindacali di autotutela possessoria ex artt. 378 l. 2248 del 1865, all. F, 15 e 17 d.lgt. n. 1446 del 1918 possono essere emanati anche quando da tempo la strada non è più stata utilizzata dalla collettività ovvero è divenuta impraticabile al carreggio e che l’esercizio di detto potere non incontra limiti temporali (neppure in via analogica nel termine di un anno di cui all’art. 1168 Cod. civ., sulla tutela possessoria civile), l’ordinanza ha ingiunto di rimuovere gli ostacoli frapposti al libero transito alla generalità delle persone.
6. Su queste basi, va in primo luogo evidenziato che il Tribunale amministrativo, nel declinare la giurisdizione, ha ritenuto che il ricorso, benché formalmente diretto avverso l’ordinanza sindacale di ripristino del libero transito ed accesso alla strada e contenente censure volte a dimostrarne l’illegittimità, nella sostanza è volto invece a sostenere la tesi che la strada, di natura privata, è del ricorrente a seguito di acquisto per usucapione: così rivendicando, attraverso l’impugnazione del provvedimento, le ragioni dominicali e possessorie.
6.1. La sentenza impugnata ha concluso che il ricorso, inteso alla difesa della proprietà o del possesso privato sull’immobile controverso, ha un petitum sostanziale estraneo alla giurisdizione amministrativa: infatti, ove il Comune ordini il ripristino del transito pubblico su strada vicinale, rileva il diritto della collettività e il provvedimento è esercizio di autotutela possessoria, mentre il ricorrente che ne contesta l’esistenza fa valere un’actio negatoria servitutis, che è della giurisdizione ordinaria.
7. L’appellante lamenta che la sentenza contrasta la consolidata giurisprudenza sulla giurisdizione riguardo al potere sindacale di cui all’art. 378 l. 2248 del 1865: qui si verte di esercizio iure publico dei poteri di autotutela possessoria (viene in rilievo un accertamento in via incidentale della sussistenza del diritto collettivo su suolo pubblico o soggetto ad uso pubblico), non già di una tutela di un diritto soggettivo, o della contestazione di un comportamento di fatto della Pubblica Amministrazione.
8. L’appello è fondato.
8.1. Sotto un primo profilo deve ricordarsi, in linea generale, che la giurisdizione va verificata con riferimento all’oggetto della domanda, delineato alla stregua del petitum sostanziale individuato in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio e in base agli elementi oggettivi che caratterizzano la sostanza del rapporto giuridico posto a fondamento della pretesa fatta valere (Cass., SS.UU., 5 luglio 2004, n. 12307 del 2004; 30 giugno 1999, n. 379; 2 agosto 2002, n. 11626).
8.2. Ciò posto, si rileva che vi è giurisdizione amministrativa quando l’esistenza della servitù pubblica rileva solo incidenter tantum ai fini della valutazione della legittimità degli atti impugnati, non sussistendo qui pregiudiziali obbligatorie di competenza del giudice ordinario (Cons. Stato, IV, 7 settembre 2006, n. 5209). Infatti, la questione circa il carattere privato o pubblico di una strada è sottoposta alla giurisdizione ordinaria, in quanto inerente a diritti soggettivi di proprietà ovvero di servitù ; può peraltro essere conosciuta in via incidentale e, quindi, con efficacia limitata al processo, dal giudice amministrativo allorquando rilevi per decidere della legittimità di un provvedimento che, in senso ampio, imponga una certa regolamentazione dell’uso della strada stessa (es. Cass., SS.UU., 27 gennaio 2010, n. 1624; 23 dicembre 2016, n. 26897).
8.3. Nel caso in esame è controverso un provvedimento di ripristino della viabilità stradale, e riguardo al presupposto dell’autotutela possessoria dell’ente pubblico, perché si nega l’uso pubblico (attuale e pregresso) della strada.
Il ricorrente non contesta la natura, privata o pubblica, vicinale o comunale, della strada, ma l’atto del Sindaco per il cattivo uso del potere autotutela, in quanto in difetto del presupposto dell’uso pubblico (oltre che per contrasto con precedenti atti del Comune stesso, in particolare con la delibera n. 138 del 1979 del Comune che aveva preso atto del disuso prolungato della strada (omissis), della sua sdemanializzazione e ne aveva escluso il ripristino all’uso pubblico).
8.4. L’ordinanza impugnata è censurata per vizi di sviamento, irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà dell’atto; per violazione di legge, carenza di presupposti, illogicità manifesta, eccesso di potere per carenza di istruttoria. Si assume che l’atto comunale costituisca “deviazione del potere dai principi generali stabiliti dal legislatore, come la correttezza, la buona fede o la diligenza”, perché inficiato da erronea ed incongrua valutazione, o omessa valutazione, su antefatti rilevanti tali da escludere la presenza di una strada pubblica o di uso pubblico.
8.5. Appare qui palese che non ricorre una delle ipotesi che, per la richiamata giurisprudenza, consentano di attribuire la controversia alla giurisdizione ordinaria. Va piuttosto ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo.
8.6. Per la giurisprudenza, vi è giurisdizione amministrativa quando sono impugnati atti del sindaco diretti al ripristino della viabilità di una strada vicinale, espressivi del potere sindacale dell’art. 378 della legge 20 marzo 1865, all. F (Cons. di Stato, 16 ottobre 2017, n. 4791), anche se occorra previamente verificare la natura proprietaria del bene o accertare, in via incidentale, la sussistenza o meno del diritto della collettività su suolo pubblico o soggetto ad uso pubblico. Invero, per ius receptum è espressione di autotutela possessoria iuris publici l’esercizio del potere sindacale del citato art. 378 a tutela delle strade pubbliche comunali (es. Cons. Stato, V, 11 gennaio 2006, n. 29; IV, 7 settembre 2006, n. 5209; V, 8 gennaio 2009, n. 25; VI, 10 maggio 2013, n. 2544).
8.7. In tale quadro, il presente ricorso ha i tratti non di un’actio negatoria servitutis, ma di un’impugnazione di atti di siffatta autotutela esecutiva. Se poi nel giudizio insorgono questioni di diritto soggettivo, la loro valutazione incidentale è consentita dall’art. 8, comma 1, Cod. proc. amm. (cfr. Cons. Stato, IV, 7 settembre 2006, n. 5209; Cons. Stato, V, 16 ottobre 2017, n. 4791).
8.8. Al giudice amministrativo dunque spetta semmai, di valutare – ma solo incidenter tantum, ai limitati fini del giudizio sugli atti impugnati – la natura vicinale, pubblica o privata, del passaggio nella strada (Cons. Stato, V, 16 ottobre 2017, n. 4791).
8.9. Qui il ricorrente lamenta l’illegittimo esercizio del potere di autotutela possessoria, in forza del quale gli venne ordinato il ripristino all’uso pubblico della strada e la rimozione degli ostacoli.
8.9.1. Per quanto possa valere, è da rilevare che la stessa ordinanza impugnata testualmente evidenzia che l’esercizio del potere di autotutela possessoria iure pubblico, di cui è espressione, si distingue dalla tutela possessoria privatistica, data l’eterogeneità dei due istituti.
8.9.2. In conclusione, la domanda giudiziale non è volta ad affermare diritti dominicali o situazioni possessorie del ricorrente, ma solo a contestare i presupposti per il corretto uso del potere amministrativo e le modalità del suo esercizio.
9. Per tali ragioni, l’appello va accolto e va ritenuta la giurisdizione amministrativa, con conseguenziale annullamento della sentenza impugnata e rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’art. 105 Cod. proc. amm., cui spetta l’esame delle censure sollevate con il ricorso introduttivo del giudizio e con i motivi aggiunti e riproposte con l’atto di appello.
10. Ogni statuizione in punto di spese del presente giudizio, ivi compresa la liquidazione delle spese della fase cautelare nel giudizio di primo grado, va rinviata alla trattazione del merito, all’esito del giudizio sulla fondatezza del ricorso.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e dichiara che la controversia de qua appartiene alla cognizione del giudice amministrativo e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata, rimettendo la causa al primo giudice.
Spese al definitivo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore
Giovanni Grasso – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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