Attenuante del danno di speciale tenuità ed il delitto di rapina

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|25 agosto 2021| n. 32100.

Attenuante del danno di speciale tenuità ed il delitto di rapina.

Ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità con riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto “de quo”, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto. Ne consegue che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logico-giuridici.

Sentenza|25 agosto 2021| n. 32100. Attenuante del danno di speciale tenuità ed il delitto di rapina

Data udienza 1 giugno 2021

Integrale

Tag – parola: Rapina – Lesione personale – Artt. 628 e 582, c.p. – Travisamento della prova – Circostanze attenuanti generiche – Attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa – Quantificazione della pena

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico – Presidente

Dott. MANTOVANO Alfredo – Consigliere

Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere

Dott. PACILLI G. A. R. – Consigliere

Dott. MONACO Marco Mar – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/03/2020 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MARCO MARIA MONACO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PEDICINI ETTORE, che ha concluso per l’inammissibilita’ dei ricorsi;
udito l’avv. (OMISSIS), che, in difesa di (OMISSIS) e quale sostituto del difensore di (OMISSIS), illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

Attenuante del danno di speciale tenuità ed il delitto di rapina

RITENUTO IN FATTO

La CORTE d’APPELLO di ROMA, con sentenza del 4/3/2020, ha confermato la sentenza pronunciata dal GIUDICE per le INDAGINI PRELIMINARI del TRIBUNALE di ROMA in data 9/7/2019 nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione ai reati di cui agli articoli 628 e 582 c.p..
1. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati che, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno dedotto i seguenti motivi.
1.1. Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS).
1.1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 1 e articolo 582 c.p. anche con riferimento al travisamento della prova. Nel primo motivo la difesa rileva che la conclusione della Corte territoriale in ordine alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del reato di rapina e della circostanza aggravante delle piu’ persone riunite sarebbe errata in quanto fondata sulla valutazione di prove inesistenti ovvero travisate, le testimonianze di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Sotto altro profilo, poi, la circostanza che il giudice di appello abbia riconosciuto che il primo giudice aveva fatto riferimento a elementi estranei al processo, la presenza di organizzazioni criminali sul litorale locale e l’attivita’ di “capillare taglieggiamento”, avrebbe dovuto seguire la riforma della sentenza di primo grado.
1.1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 62 bis c.p. e articolo 62 c.p., nn. 4 e 6. Nel secondo e nel terzo motivo la difesa rileva che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e delle attenuanti del risarcimento del danno e del danno di lieve entita’ sarebbe errata. La circostanza che il ricorrente abbia ammesso le lesioni costituirebbe comunque comportamento apprezzabile, cosi’ come l’avere tentato di risarcire il danno e non averlo potuto fare perche’ la persona offesa aveva chiuso il negozio. La somma di 200 Euro, infine, sarebbe da ritenersi tale da determinare un danno comunque di lieve entita’ e la considerazione del giudice di merito per il quale si dovrebbe tenere conto dell’ulteriore danno morale, indicato nella decisione di chiudere il negozio, sarebbe del tutto astratta.
1.2. Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS).
1.2.1. Vizio di motivazione in ordine alla dichiarazione di responsabilita’ con riferimento alla ritenuta attendibilita’ delle dichiarazioni rese dalla persona offesa. Nel primo motivo di ricorso la difesa rileva che la decisione della Corte territoriale non corrisponderebbe alle emergenze processuali e sarebbe illogica e contraddittoria.
1.2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla quantificazione della pena e per gli aumenti applicati per la recidiva infraquinquennale e per la continuazione con il reato sub b). Nel secondo motivo la difesa evidenzia che la determinazione del trattamento sanzionatorio, cosi’ come gli aumenti per la recidiva e la continuazione, si fonderebbero sul ritenuto inserimento dei fatti in un contesto di criminalita’ locale. Elemento questo che la Corte territoriale ha escluso senza pero’ poi procedere a una nuova e diversa valutazione della congruita’ della pena e degli aumenti applicati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono inammissibili.
1. Nel primo motivo dei rispettivi atti entrambi i ricorrenti deducono la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla dichiarazione di responsabilita’ degli imputati, anche con riferimento al travisamento della prova.
Le doglianze, formulate anche nei termini della violazione di legge ma che in effetti afferiscono la logicita’ e la completezza della motivazione, reiterative delle medesime censure gia’ contenute nell’atto di appello, sono manifestamente infondate.
1.1. La Corte, la cui motivazione si salda ed integra con quella del giudice di primo grado, ha fornito congrua risposta alle critiche contenute nell’atto di appello ed ha esposto gli argomenti per cui queste non erano in alcun modo coerenti con quanto emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale.
Alla Corte di cassazione, d’altro canto, e’ precluso, e quindi i motivi in tal senso formulati non sono consentiti, sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito.
Il controllo che la Corte e’ chiamata ad operare, e le parti a richiedere ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), infatti, e’ esclusivamente quello di verificare e stabilire se i giudici di merito abbiano o meno esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cosi’ Sez. un., n. 930 del 13/12/1995, Rv 203428; per una compiuta e completa enucleazione della deducibilita’ del vizio di motivazione, da ultimo Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F.; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062: Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217; Sez. 6, n. 47204, del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Sotto tale aspetto, a fronte di una motivazione coerente e logica quanto alla credibilita’ della persona offesa e alla complessiva valutazione degli elementi emersi ogni ulteriore critica appare inconferente. Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumiina, Rv 269217).
La Corte territoriale, infatti, ha adeguatamente evidenziato gli elementi per i quali ha ritenuto che le dichiarazioni rese dalla persona offesa fossero attendibili e cio’ anche con il riferimento agli ulteriori elementi emersi, quali gli accertamenti della polizia giudiziaria, le modalita’ di arresto degli imputati e, soprattutto, il rinvenimento delle banconote oggetto della sottrazione.
Lo stesso giudice d’appello, d’altro canto, ha dato conto di aver tenuto conto delle critiche della difesa e ha indicato gli elementi ed esposto le considerazioni per le quali queste non inficiano l’attendibilita’ complessiva della ricostruzione offerta.
Ragione questa per la quale le attuali censure, quindi, tendendo a ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, non sono consentite (Sez. un., n. 930 del 13/12/1995, Rv 203428; per una compiuta e completa enucleazione della deducibilita’ del vizio di motivazione, da ultimo, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F.; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062: Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217; Sez. 6, n. 47204, del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Sotto altro profilo, d’altro canto, deve rilevarsi che il travisamento della prova dedotto dalla difesa dello (OMISSIS) non sussiste.
La censura, peraltro formulata in termini generici in quanto non risulta evidenziata una specifica contraddizione quanto, piuttosto, una astratta carenza di valutazione delle dichiarazioni dei testi della difesa, e’ priva di pregio.
In ordine alle dichiarazioni da queste rese, infatti, si sono espressi in termini attenti e articolati entrambi i giudici di merito che hanno evidenziato le ragioni per le quali non hanno ritenuto credibili le dichiarazioni, tanto da trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica.
Valutazione questa che, in assenza di palesi ed evidenti illogicita’, e tale non e’ la differente valutazione in termini generali del contesto in cui si sarebbero svolti i fatti, non e’ sindacabile in questa sede.
2. Nel secondo e nel terzo dei motivi presentati nell’interesse di (OMISSIS) la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’articolo 62 bis c.p. e articolo 62 c.p., nn. 4 e 6.
La circostanza che il ricorrente abbia ammesso le lesioni costituirebbe comunque comportamento apprezzabile, cosi’ come l’avere tentato di risarcire il danno e non averlo potuto fare perche’ la persona offesa aveva chiuso il negozio. La somma di 200 Euro, infine, sarebbe da ritenersi tale da determinare un danno comunque di lieve entita’ e la considerazione del giudice di merito per il quale si dovrebbe tenere conto dell’ulteriore danno morale, indicato nella decisione di chiudere il negozio, sarebbe del tutto astratta.
Le doglianze sono manifestamente infondate.
2.1. La sentenza impugnata, con riferimento alla misura della pena inflitta all’imputato fa buon governo della legge penale e da’ conto delle ragioni che hanno guidato, nel rispetto del principio di proporzionalita’, l’esercizio del potere discrezionale ex articoli 132 e 133 c.p. della Corte di merito, e cio’ anche in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, tenuto conto, quanto a quest’ultimo aspetto, della mancanza di motivi o elementi idonei a giustificarle, a nulla rilevando il comportamento processuale, determinato da ragioni diverse dalla volonta’ di collaborare.
Le censure mosse a tale percorso argomentativo, assolutamente lineare, sono meramente assertive e, in parte, orientate anche a sollecitare, in questa sede, una nuova e non consentita valutazione della congruita’ della pena (Sez. Un. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818).
La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’articolo 62-bis c.p., d’altro canto, e’ oggetto di un giudizio di fatto e puo’ essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talche’ la stessa motivazione, purche’ congrua e non contraddittoria, non puo’ essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, RV. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, RV. 248244; n. 42688 del 24/09/ 2008, Caridi, RV 242419).
Il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale deve quindi motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravita’ effettiva del reato ed alla personalita’ del reo. Pertanto il diniego delle circostanze attenuanti generiche puo’ essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri, disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, RV. 265826; n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, RV. 249163; Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Straface, RV. 248737).
2.2. Ad analoghe conclusioni, inoltre, deve pervenirsi quanto al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6.
Come correttamente indicato dalla Corte territoriale, infatti, la citata circostanza attenuante puo’ essere riconosciuta solo qualora il danno sia effettivamente e integralmente risarcito (Sez. 2, n. 9877 del 12/02/2021, Di Fortunato, Rv. 280725; Sez. 5, n. 44100 del 24/09/2019. Fukuta, Rv. 278315), a nulla rilevando che l’imputato abbia solo tentato di farlo, peraltro senza usare le forme prescritte dalla legge civile equipollenti alla dazione diretta, come l’offerta reale, che rendono effettiva la riparazione e rivelano la reale volonta’ dell’imputato di eliminare le conseguenze dannose del reato (Sez. 3, Sentenza n. 11573 del 29/01/2018, B.N, Rv. 272303).
2.3. Ad analoghe conclusioni, infine, deve pervenirsi quanto al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 4.
La motivazione della sentenza impugnata, infatti, con il riferimento alla necessita’ di considerare il danno morale subito dalla persona offesa, e’ corretta e coerente applicazione dei principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimita’ per la quale, ai fini della configurabilita’ dell’attenuante del danno di speciale tenuita’ con riferimento al delitto di rapina, non e’ sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale e’ stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto de quo, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la liberta’ e l’integrita’ fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto (Sez. 2, n. 32234 del 16/10/2020, Fanfarilli, Rv. 280173; Sez. 2, Sentenza n. 50660 del 05/10/2017, Calvio, Rv. 271695; Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, Salamone, RV. 265685 n. 19308 del 20/01/2010, Uccello, RV. 247363; n. 12456 del 04/03/2008, Umina RV.239749; n. 41578 del 22/11/2006, Massimi, RV. 235386; n. 21872 del 06/03/ 2001, Contene, RV. 218795).
3. Nel secondo motivo dedotto nell’interesse di (OMISSIS) la difesa deduce la violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla quantificazione della pena e per gli aumenti applicati per la recidiva infraquinquennale e per la continuazione con il reato sub b).
Le doglianze, oggetto di generica deduzione nell’atto di appello solo in riferimento alla quantificazione della pena e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sono manifestamente infondate.
A fronte della formulazione della censura contenuta nell’atto di appello, infatti, la Corte territoriale ha adeguatamente e correttamente motivato quanto alla sussistenza delle condizioni per l’applicazione della recidiva e, in assenza di qualsivoglia censura in ordine alla determinazione degli aumenti applicati, quanto alla congruita’ della pena, cio’ anche con riferimento alla continuazione.
4. L’inammissibilita’ dei ricorsi impone la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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