L’art. 5 L. n. 50 del 1994 configura la chiusura dell’esercizio commerciale

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 25 maggio 2020, n. 3293.

La massima estrapolata:

L’art. 5 L. n. 50 del 1994 configura la chiusura dell’esercizio commerciale come una misura sanzionatoria ulteriore ed accessoria, di natura amministrativa, rispetto alle eventuali e diverse sanzioni per la violazione delle norme dirette alla repressione del contrabbando, sicché dall’ampia formulazione della norma emerge che può essere sanzionata anche la mera detenzione, in locali pubblici non autorizzati, di quantitativi di generi di monopolio che non rispondano ad un immediato fabbisogno delle persone che prestano lavoro nei locali medesimi.

Sentenza 25 maggio 2020, n. 3293

Data udienza 28 aprile 2020

Tag – parola chiave: Esercizi commerciali – Detenzione e cessione di tabacchi in violazione di legge – Chiusura di esercizio – Art. 5 l. 50/1994 – Applicazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS-, proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (ora Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici domicilia in Roma via (…)
contro
-OMISSIS-& C S.n. c., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza del -OMISSIS-, resa tra le parti sul ricorso r.g. 93/2010, proposto per l’annullamento del decreto di chiusura dell’attività di pubblico esercizio (n. -OMISSIS-) notificato dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 aprile 2020, svoltasi con modalità telematica ai sensi del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, il Cons. Francesco Guarracino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso in appello il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (ora Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) impugna la sentenza del -OMISSIS-, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza ha accolto il ricorso proposto dalla società -OMISSIS-& C. S.n. c. avverso il decreto n. -OMISSIS- del 6 febbraio 2009, con il quale il Direttore Generale dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato aveva disposto la chiusura per cinque giorni dell’attività di pubblico esercizio da essa condotto.
La società appellata, ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio.
L’Amministrazione appellante ha prodotto memorie ed alla pubblica udienza del 28 aprile 2020 svoltasi con modalità telematica ai sensi del d.l. 17 marzo 2020 n. 18 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Espone in fatto l’amministrazione appellante che il 4 maggio 2005 i militari del Comando della Guardia di Finanza di -OMISSIS- avevano accertato nei locali dell’esercizio commerciale “-OMISSIS-di tabacchi lavorati e contestato quindi al suo titolare dell’epoca le infrazioni di cui all’art. 96 della I. 17 luglio 1942 n. 907 ed all’art. 5 della legge 18 gennaio 1994 n. 50.
All’accertamento faceva seguito, in data 6 febbraio 2009, il decreto n. -OMISSIS- con cui il Direttore Generale dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato disponeva la chiusura del locale per cinque giorni.
Avverso il provvedimento proponeva ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto la società -OMISSIS-& C S.n. c., che nel frattempo aveva acquistato l’azienda.
Il T.A.R. ha accolto il ricorso giudicando il provvedimento viziato sotto un duplice profilo.
Da un lato, ha ritenuto che il termine quinquennale per la prescrizione delle sanzioni comminate ex art. 96 della l. 907/1942 non sia applicabile ai casi di mutamento della titolarità dell’esercizio commerciale, nei quali, per non frustrare la ratio della sanzione, occorrerebbe, invece, che il tempo trascorso tra l’accertamento dell’infrazione e l’irrogazione della sanzione non sia incongruo, a differenza di quanto accaduto nel caso specifico, nel quale era passato un periodo assai lungo e non era stata motivata la permanenza dell’interesse pubblico.
Da altro lato, ha affermato che “il provvedimento impugnato, peraltro, è insufficientemente motivato con la non autorizzata detenzione del tabacco, senza che occorra la sua commercializzazione”.
L’amministrazione appellante critica, con un unico complesso motivo, entrambe le ragioni poste a fondamento della decisione.
Quanto al primo vizio riscontrato dal T.A.R., argomenta, in contrario, che la sanzione della chiusura colpisce l’esercizio commerciale a prescindere da eventuali mutamenti nella gestione e che, nel caso di specie, il provvedimento non potrebbe considerarsi tardivo, essendo stato emanato prima della scadenza del termine prescrizionale di cinque anni ex art. 28 della l. 689/1991, sul quale non avrebbero alcuna incidenza i cambiamenti di titolarità dell’esercizio commerciale.
Quanto al secondo profilo d’illegittimità evidenziato dal T.A.R., contesta che il provvedimento sanzionatorio non potesse ritenersi sufficientemente motivato in relazione all’accertata detenzione non autorizzata di un quantitativo rilevante di tabacco (quarantuno pacchetti da venti sigarette), poiché rileverebbe, invece, ai fini sanzionatori anche la detenzione di una quantità di tabacco tale da far ragionevolmente presumere la sua indebita finalizzazione alla vendita (che, nella fattispecie, avrebbe trovato conferma nella dichiarazione resa alla Guardia di Finanza dal titolare dell’esercizio commerciale, secondo cui egli deteneva quei tabacchi “per dare un servizio maggiore ai clienti più assidui”: cfr. verbale di sequestro del 4 maggio 2005, agli atti di causa).
L’appello è fondato.
L’art. 96 della legge 17 luglio 1942, n. 907 punisce con la pena dell’ammenda chiunque vende o pone in vendita generi di monopolio senza autorizzazione dell’Amministrazione dei monopoli.
L’art. 5, comma 1, della legge 18 gennaio 1994, n. 50, stabilisce che “ove all’interno di esercizi commerciali o di esercizi pubblici sia contestata nei confronti dei titolari o di loro coadiuvanti o dipendenti la detenzione o la cessione di tabacchi lavorati in violazione delle disposizioni del citato testo unico approvato con decreto del presidente della Repubblica n. 43 del 1973, e successive modificazioni, o di altre leggi speciali in materia, ovvero la cessione abusiva di tabacchi lavorati in violazione della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, e successive modificazioni, in aggiunta alle specifiche sanzioni previste è disposta, dal Ministro delle finanze o per sua delega, la chiusura dell’esercizio ovvero la sospensione della licenza o dell’autorizzazione dell’esercizio per un periodo non inferiore a cinque giorni e non superiore ad un mese”.
La natura reale della sanzione accessoria prevista dall’art. 5 cit. è stata di recente ribadita anche da questa Sezione: “Dalla giurisprudenza di questo Consiglio, dalla quale la Sezione non ravvisa motivi per discostarsi, emerge la natura reale degli effetti della sanzione della chiusura dell’esercizio commerciale, in quanto diretta a colpire il cattivo uso dei locali e dell’autorizzazione commerciale e ad evitare il “passaggio di consegne” nella gestione di un esercizio commerciale per elidere il potere sanzionatorio statuale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 giugno 2010, n. 3470 e 29 novembre 2016 n. 5015); ciò ad esprimere il principio del “collegamento” della sanzione al locale di svolgimento dell’attività commerciale, il che comporta che la sanzione debba trovare applicazione nei confronti di un esercizio commerciale indipendentemente dalla permanenza nel tempo dello stesso titolare, come correttamente evidenziato dalla sentenza impugnata. Ne consegue che tale principio trova applicazione anche ove sia in questione la reiterazione dell’illecito, in fattispecie come quella oggetto della presente controversia, nella quale il provvedimento impugnato in prime cure è stato adottato nel presupposto della continuità dell’attività commerciale svolta dalle due società esercenti il bar” (C.d.S., sez. II, 6 maggio 2019, n. 2900).
E’ ormai acquisito anche che l’irrogazione della sanzione può conseguire alla mera detenzione dei tabacchi e che la stessa è soggetta al solo rispetto del termine di prescrizione quinquennale.
In relazione al primo aspetto, questo Consiglio ha chiarito che “l’art. 5 L. n. 50 del 1994 configura la chiusura dell’esercizio commerciale come una misura sanzionatoria ulteriore ed accessoria, di natura amministrativa, rispetto alle eventuali e diverse sanzioni per la violazione delle norme dirette alla repressione del contrabbando, sicché dall’ampia formulazione della norma emerge che può essere sanzionata anche la mera detenzione, in locali pubblici non autorizzati, di quantitativi di generi di monopolio che non rispondano ad un immediato fabbisogno delle persone che prestano lavoro nei locali medesimi” (C.d.S., sez. IV, 28 aprile 2017, n. 1968; id., sez. IV, 29 novembre 2016 n. 5015).
In relazione al secondo aspetto, la stessa giurisprudenza ha già escluso che la legittimità del provvedimento di irrogazione della sanzione possa fondarsi su una valutazione della sua adozione “in tempi ragionevoli”.
In modo condivisibile, infatti, ha osservato che “proprio nel caso di procedimenti sanzionatori, il termine entro il quale deve essere adottato l’atto di irrogazione della sanzione deve essere “certo”, dovendo esso obbedire sia ai generali principi di imparzialità e buon andamento amministrativo (ex art. 97 Cost.), sia al rispetto del diritto di difesa (ex art. 24 Cost.).
Ne discende che la valutazione della legittimità del provvedimento di irrogazione di una sanzione non può dipendere da una analisi “caso per caso” sulla “ragionevolezza” o meno del tempo intercorso tra accertamento della violazione ed irrogazione della conseguente violazione” (C.d.S., sez. IV, n. 1968/17 cit.).
Il parametro, allora, non può essere che quello costituito dal termine di prescrizione del potere punitivo, per il quale, “in mancanza di un termine specificamente indicato dalla L. n. 50 del 1994, occorre fare riferimento a quanto previsto dall’art. 28 l. 24 novembre 1981 n. 689, da intendersi espressivo di un principio generale”, trattandosi di una sanzione amministrativa accessoria (ibidem).
Per queste ragioni l’appello dev’essere accolto.
Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado dev’essere respinto.
Le spese del doppio grado del giudizio seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna la società appellata alla rifusione delle spese del doppio grado del giudizio in favore dell’amministrazione appellante, che liquida nella somma complessiva di Euro 4000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge nella misura dovuta.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento di qualsiasi altro idoneo ad identificare le parti private.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2020, svoltasi in videoconferenza con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Giovanni Sabbato – Consigliere
Michele Pizzi – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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