L’amministratore di condominio che utilizzi i fondi di un condominio per sopperire alla mancanza di fondi

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 23 aprile 2020, n. 12783.

Massima estrapolata:

Nell’espletamento del proprio mandato l’amministratore di condominio che utilizzi i fondi di un condominio per sopperire alla mancanza di fondi e coprire le spese di un altro palazzo amministrato si rende responsabile del reato di appropriazione indebita.

Sentenza 23 aprile 2020, n. 12783

Data udienza 23 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Appropriazione indebita pluriaggravata – Condanna – Presupposti – Elementi probatori – Valutazione del giudice di merito – Articolo 611 cpp – Criteri

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente

Dott. VERGA Giovanna – Consigliere

Dott. DI PAOLA Sergio – Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio – rel. Consigliere

Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa in data 08/10/2018 della CORTE di APPELLO di MILANO.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere BELTRANI SERGIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MIGNOLO OLGA, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso;
uditi, per la parte civile, l’Avv. (OMISSIS), che si e’ riportata a conclusioni scritte e nota spesa che ha contestualmente depositato, e, per l’imputato, l’Avv. (OMISSIS), che si e’ riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ha proposto, tempestivamente e nei modi di rito, ricorso contro la sentenza indicata in epigrafe (integralmente confermativa della sentenza con la quale il Tribunale di Pavia, in data 11/09/2017, aveva dichiarato l’imputata, amministratrice p.t. del Condominio (OMISSIS), colpevole del reato di appropriazione indebita pluriaggravata in danno del predetto condominio, condannandola alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento del danno in favore della parte civile).
In data 20.1.2020 e’ stata depositata, nell’interesse della parte civile, una memoria.
All’odierna udienza pubblica, e’ stata verificata la regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito, le parti presenti hanno concluso come indicato in epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ inammissibile.
1. Deve premettersi che la memoria della parte civile non puo’ essere considerata, perche’ depositata in violazione del termine di giorni quindici previsto dall’articolo 611 c.p.p., ovvero soltanto due giorni liberi prima dell’odierna udienza.
1.1. Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, l’articolo 611 c.p.p., che prevede, per il giudizio di cassazione, la presentazione di motivi nuovi e memorie fino a quindici giorni prima dell’udienza in camera di consiglio, si applica anche per il procedimento in udienza pubblica, in quanto disposizione finalizzata a garantire la pienezza e l’effettivita’ del contraddittorio ed a consentire al giudice di conoscere tempestivamente le varie questioni prospettate (per tutte, Sez. 3, sentenza n. 14038 del 12/12/2017, dep. 2018, Rv. 272553).
2. La ricorrente lamenta violazione dell’articolo 646 c.p. e vizi di motivazione quanto alla configurabilita’ degli elementi costitutivi del reato ascrittole: non vi sarebbe stata alcuna appropriazione indebita, ma mera mala gestio; le perizia contabile valorizzata dai giudici del merito sarebbe inaffidabile sotto piu’ profili; sarebbe carente il necessario dolo; andavano riconosciute le circostanze attenuanti generiche; non andava liquidato alcun danno non patrimoniale in favore della parte civile; per i fatti riferibili alla gestione 2009 2010, a partire dal dies a quo (da individuare nel 30.6.2010) sarebbe maturata la prescrizione prima della sentenza d’appello.
3. I motivi sono tutti privi della necessaria specificita’, risultando i rilievi critici formulati rispetto alle ragioni di fatto e/o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata meramente reiterativi delle. censure costituenti oggetto dei corrispondenti motivi di gravame, gia’ ineccepibilmente disattese dalla Corte di appello con argomentazioni giuridicamente corrette, nonche’ esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede, con le quali il ricorrente non si confronta adeguatamente.
3.1. La Corte di appello ha, in particolare, valorizzato, a fondamento dell’affermazione di responsabilita’ (f. 4 s. della sentenza impugnata), l’accertato utilizzo, da parte dell’imputata, delle somme versate sul conto corrente del Condominio di via (OMISSIS) per far fronte alle necessita’ di altro condominio, che non integra mera mala gestio.
Deve, infatti, ritenersi che l’amministratore di piu’ condominii che, senza autorizzazione, faccia confluire i fondi giacenti sul conto corrente di un condominio sul conto corrente intestato ad un diverso condominio, commetta d reato di appropriazione indebita, in quanto tale condotta comporta di per se’ la violazione del vincolo di destinazione impresso al denaro appartenente al primo condominio al momento del suo conferimento (argomenta da Sez. 2, sentenza n. 57383 del 17/10/2018, Rv. 274889).
3.1.1. In ordine alla determinazione dell’ammontare delle somme di cui l’imputata si e’ appropriata in danno del condominio (OMISSIS), i giudici del merito hanno conformemente e motivatamente recepito i rilievi della perizia espletata – condivisa perche’ argomentata e documentata.
3.1.2. Di tutto cio’, l’imputata aveva necessariamente consapevolezza, essendone stata artefice: di qui, l’integrazione del necessario dolo.
3.2. A fondamento del diniego delle circostanze attenuanti generiche, la Corte di appello ha condivisibilmente valorizzando l’apprezzabile gravita’ concreta del reato, l’esistenza di un precedente specifico e l’assenza di resipiscenza, nel complesso comunque pervenendo all’irrogazione di una pena estremamente mite, perche’ ben lontana dai possibili limiti edittali massimi, ed anzi prossima a quelli minimi.
3.3. Meramente assertiva, in presenza dell’integrazione del reato contestato, e’ la pretesa che non si procedesse alla liquidazione del danno non patrimoniale da reato.
3.3.1. D’altro canto questa Corte (Sez. 5, sentenza n. 35104 del 22/06/2013, Rv. 257123) ha gia’ chiarito che, in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, la valutazione del giudice, affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, e’ censurabile in sede di legittimita’ sotto il profilo del vizio della motivazione, solo se essa difetti totalmente di giustificazione o si discosti macroscopicamente dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria.
Nel caso in esame, correttamente il danno complessivo e’ stato quantificato in Euro 25.000, aggiungendo al danno patrimoniale (pari ad Euro 17.158,35) quello non patrimoniale liquidato equitativamente in misura non irragionevole.
3.4. La Corte di appello ha, infine, correttamente negato l’invocata dichiarazione parziale di estinzione dei reati contestati per prescrizione, collocando il dies a quo del relativo termine nel momento in cui l’amministratore del condominio. cessi di essere in carica (nel caso di specie, 27 giugno 2011), perche’ fino al momento della cessazione dalla carica l’amministratore condominiale gode sempre della facolta’ di disporre legittimamente delle somme de quibus nell’interesse, in ipotesi, del condominio amministrato; soltanto a partire dal momento della cessazione dalla carica egli manifesta (anche soltanto implicitamente) la volonta’ di conservare uti dominus la disponibilita’ del denaro appartenente all’amministrazione del condominio, non potendo piu’ legittimamente esercitare su di esso alcun diritto.
3.5. Con tali argomentazioni della Corte di appello il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente, limitandosi a riproporre una diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti.
4. Non puo’ porsi in questa sede la questione della declaratoria della prescrizione eventualmente maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della totale inammissibilita’ del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, piu’ volte chiarito che l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione “non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita’ di rilevare e dichiarare le cause di non punibilita’ a norma dell’articolo 129 c.p.p.” (Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 32 del 22 novembre 2000, CED Cass. n. 217266: nella specie, l’inammissibilita’ del ricorso era dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, e la prescrizione del reato era maturata successivamente alla data della sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. un., sentenza n. 23428 del 2 marzo 2005, CED Cass. n. 231164, e Sez. un., sentenza n. 19601 del 28 febbraio 2008, CED Cass. n. 239400).
5. La declaratoria d’inammissibilita’ totale del ricorso comporta, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ apparendo evidente che ella ha proposto il ricorso determinando la causa d’inammissibilita’ per colpa (Corte Cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entita’ di detta colpa, desumibile dal tenore della rilevata causa d’inammissibilita’ – della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
La ricorrente va, inoltre, condannata alla rifusione delle spese della parte civile, liquidate come da dispositivo, nella misura indicata dalla richiedente, oltre agli accessori di legge.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende, nonche’ alla rifusione in favore della parte civile Condominio (OMISSIS) delle spese del grado che liquida in Euro tremila/00, oltre spese forfetarie nella misura del 15%, c.p.A. ed I.V.A..

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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