Corte di Cassazione, civile, Sentenza|27 ottobre 2022| n. 31799.

Aree di parcheggio pertinenti a fabbricati urbani

Con la locuzione “aree di parcheggio” pertinenti a fabbricati urbani devono intendersi – in aderenza al criterio guida contenuto nella circolare esplicativa della l. n. 1150 del 1942 del Ministero dei lavori pubblici n. 3210 del 1967 – gli spazi tanto necessari alla sosta quanto alla manovra ed all’accesso dei veicoli (ossia i corridori carrabili per accedere ai posti auto, ma non le rampe carrabili, se sono esterne al fabbricato). Tali spazi possono consistere in un’area scoperta (cd. posto auto) o in un’area coperta, chiusa su tre lati (box) o su tutti i lati (garage) e devono essere considerati nel loro complesso ai fini della verifica del rispetto degli standard urbanistici purché sia garantito un numero minimo di parcheggi.

Sentenza|27 ottobre 2022| n. 31799. Aree di parcheggio pertinenti a fabbricati urbani

Data udienza 22 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Lavori pubblici – Determinazione degli spazi dedicati a parcheggio – Criteri guida dalla legge Tognoli in poi – Legge 122/1989

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 21348/2017 proposto da:
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nel cui studio in (OMISSIS), ha eletto domicilio;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), nel cui studio in (OMISSIS), hanno eletto domicilio;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari n. 387/2017, pubblicata il 15 maggio 2017, notificata il 9 giugno 2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 settembre 2022 dal Consigliere relatore Dott. Cesare Trapuzzano;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa DELL’ERBA Rosa Maria, che ha chiesto che siano dichiarati: infondato il primo motivo, inammissibili il secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo e nono motivo, infondato il decimo motivo, inammissibili l’undicesimo e il dodicesimo motivo; con il conseguente rigetto del ricorso;
vista la memoria depositata dalla ricorrente ai sensi dell’articolo 378 c.p.c.

Aree di parcheggio pertinenti a fabbricati urbani

FATTI DI CAUSA

1.- Con atto di citazione notificato il 23 dicembre 2005, (OMISSIS) conveniva, davanti al Tribunale di Cagliari, (OMISSIS) e (OMISSIS) e chiedeva che fosse dichiarato il trasferimento, in suo favore, della proprieta’ e/o del diritto di uso, sia del posto auto scoperto sito nel cortile condominiale, sia del garage sito nel piano seminterrato, in applicazione della norma di cui al L. n. 765 DEL 1967 articolo 18, con la consequenziale pronuncia di nullita’ della donazione effettuata dall’alienante, in favore di (OMISSIS), avente ad oggetto il garage posto al piano seminterrato, oltre al risarcimento dei danni per il mancato utilizzo dei beni a far data dal 3 febbraio 2003 fino all’effettivo rilascio.
Al riguardo, l’attrice esponeva: che, con atto pubblico del 3 febbraio 2003, aveva acquistato da (OMISSIS) un appartamento posto al quarto piano dello stabile sito in (OMISSIS), identificato in catasto al foglio n. (OMISSIS), particella n. (OMISSIS), subalterno n. (OMISSIS); che (OMISSIS) era altresi’ proprietario di due posti auto, anch’essi siti nello stesso edificio, il primo, scoperto, collocato nel cortile condominiale, riportato in catasto al foglio n. (OMISSIS), particella n. (OMISSIS), subalterno n. (OMISSIS), e il secondo, coperto, posto nel piano seminterrato, riportato in catasto al foglio n. (OMISSIS), particella n. (OMISSIS), subalterno n. (OMISSIS); che sia l’appartamento, sia i predetti posti auto erano pervenuti all’alienante in forza di successione della defunta consorte (OMISSIS), che, a sua volta, aveva acquistato gli immobili direttamente dalla costruttrice (OMISSIS) S.r.l., con atto di compravendita del 6 maggio 1994; che, pur non essendo stati men2ionati nell’atto di compravendita di cui all’atto pubblico del 3 febbraio 2003, concluso tra l’attrice e (OMISSIS), i predetti due posti auto dovevano considerarsi trasferiti ope legis in suo favore, stante il vincolo pertinenziale da cui erano avvinti, in virtu’ dell’articolo 18 della legge ponte n. 765 DEL 1967; che (OMISSIS) aveva donato, con atto pubblico del 22 novembre 2005, in favore della figlia (OMISSIS), la proprieta’ del garage sito al piano seminterrato, pur non essendo la donataria proprietaria di alcun appartamento all’interno dell’edificio condominiale.
Si costituivano in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali resistevano alle avverse domande, eccependo che, al momento in cui era stato donato il garage, non esisteva alcun vincolo di incommerciabilita’ sul bene, ne’ alcuna trascrizione pregiudizievole. Aggiungevano che la (OMISSIS) S.r.l., quale costruttrice dell’edificio, all’epoca in cui aveva venduto alla (OMISSIS) l’appartamento e i due posti auto oggetto di causa, aveva nell’atto di alienazione espressamente dichiarato che quei posti auto non erano gravati dalle limitazioni e dai vincoli di cui all’articolo 41-sexies della legge urbanistica n. 1150 del 1942 e neppure dal vincolo pertinenziale di cui all’articolo 26 della L. n. 47/1985. Osservavano, infine, che l’impresa aveva realizzato, all’interno dell’edificio, posti auto in esubero ilspetto a quelli da assegnare obbligatoriamente con gli appartamenti del palazzo e che tale situazione era ben conosciuta dall’attrice.
All’esito della dichiarazione in giudizio del decesso di (OMISSIS), il processo era interrotto. Quindi, era ritualmente riassunto nei confronti degli eredi (OMISSIS) e (OMISSIS).
Nel corso del giudizio era disposta consulenza tecnica d’ufficio.
Il Tribunale adito, con sentenza non definitiva n. 2566/2012, accoglieva la domanda proposta da (OMISSIS) e, per l’effetto, dichiarava la nullita’ parziale dell’atto di compravendita concluso in data 3 febbraio 2003 con (OMISSIS), nella parte in cui non erano state trasferite le pertinenze dell’appartamento compravenduto, ossia i due posti auto oggetto di causa; dichiarava, altresi’, trasferito, in favore dell’attrice, ope legis, il diritto di uso delle pertinenze, con obbligo di pagamento del prezzo corrispondente al valore di mercato di detti cespiti; dichiarava, inoltre, la nullita’ dell’atto di donazione stipulato tra (OMISSIS) e (OMISSIS), avente ad oggetto il garage sito al piano seminterrato, e disponeva il prosieguo del giudizio per la determinazione del corrispettivo dovuto e del risarcimento danni per il mancato utilizzo delle dette pertinenze.
2.- Sul gravame interposto, in via principale, da (OMISSIS) e (OMISSIS) – con atto di citazione notificato il 20 novembre 2012 – e, in via incidentale, da (OMISSIS), la Corte d’appello di Cagliari, con la sentenza di cui in epigrafe, in totale riforma della pronuncia impugnata, accoglieva l’appello principale e, per l’effetto, rigettava tutte le domande spiegate da (OMISSIS), dichiarava assorbito l’appello incidentale e disponeva la condanna dell’appellata alla refusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava, per quanto di interesse in questa sede: a) che gli appellanti avevano censurato la sentenza impugnata laddove il Giudice di primo grado aveva ritenuto di non dover incaricare il consulente tecnico d’ufficio di procedere al rilievo sul posto dell’effettiva cubatura dei fabbricati realizzati e della corrispondente superficie vincolata per legge a posti auto, aree di parcheggio e di manovra, al fine di verificare se vi fossero ulteriori aree e garage per i quali il costruttore avrebbe potuto validamente trattenere la proprieta’ e disporne liberamente a favore di terzi; b) che, inoltre, la decisione era stata impugnata nella parte in cui, facendo proprie le risultanze peritali, aveva ritenuto applicabile all’edificio, cui appartenevano i posti auto oggetto di causa, i parametri urbanistici del “decreto Floris”, che imponeva un vincolo ad uso pubblico di 80 mq. per ogni 100 mq. Di superficie, di cui la meta’ da destinare a parcheggio; c) che, infine, gli appellanti avevano lamentato che, in ogni caso, era emerso dalla consulenza d’ufficio un’eccedenza di 29 mq. di superficie rispetto alla quantita’ di superficie vincolata a parcheggi, eccedenza non riconosciuta in loro favore, nonostante l’atto di trasferimento del 6 maggio 1994, dal costruttore (OMISSIS) alla loro dante causa, fosse stato trascritto prima di ogni altro atto di trasferimento; d) che non era condivisibile l’assunto della sentenza appellata, secondo cui doveva dedursi che la cubatura effettiva corrispondesse a quella riportata nel progetto approvato, benche’ gli appellanti avessero legittimamente avanzato richiesta di verifica dello stato concreto dei luoghi, tenuto conto dell’errore delle tavole di progetto redatte dal tecnico progettista di parte ed evidenziato altresi’ che, rispetto alla originaria concessione edilizia n. (OMISSIS), rilasciata alla (OMISSIS) il 29 maggio 1991, era stata rilasciata concessione edilizia in sanatoria n. (OMISSIS) in data 11 febbraio 1999; e) che, all’esito della rinnovazione delle indagini peritali, erano state riscontrate numerose incongruenze tra l’intero progetto del fabbricato e lo stato reale dei piani terra e del piano seminterrato; f) che, a fronte del vincolo di destinazione prescritto dalla legge, secondo i limiti quantitativi indicati, al fine di garantire a coloro che occupavano le singole unita’ immobiliari uno specifico diritto reale d’uso sulle aree stesse, erano esclusi dal regime vincolistico e liberamente alienabili i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo standard urbanistico, di cui era dunque possibile la riserva a favore del costruttore ovvero la cessione a terzi; g) che, nel caso di specie, in base alle risultanze della consulenza rinnovata, era applicabile, ratione temporis, la disciplina di cui alla L. n. 122 del 24 marzo 1989, (legge Tognoli), sicche’ l’edificio realizzato non era tenuto al rispetto degli standard urbanistici previsti dal “decreto Floris”; h) che, in particolare, lo spazio utilizzabile destinato a parcheggi aveva una superficie pari a 813,40 mq., distribuita tra posti auto all’aperto e posti auto realizzati nel piano seminterrato, per un totale complessivo di 45 posti; i) che la superficie destinata al transito, alla manovra e alla sosta dei veicoli, effettivamente disponibile nella misura di 1.460 mq., era maggiore di quella richiesta dalla legge, pari a 1.072,70 mq., cosi’ da determinare una superficie in eccedenza pari a 387,60 mq.; /) che, per l’effetto, la superficie totale del garage e del posto auto di cui era controversia ammontava a circa 40 mq., ricompresi come tali nella superficie eccedente di 387,60 mq., di cui il costruttore aveva la disponibilita’; m) che, quindi, l’originario(proprietario-costruttore (OMISSIS) S.r.l. si era legittimamente riservato i posti auto oggetto di causa ed aveva legittimamente venduto alla (OMISSIS) e, a sua volta, l’avente causa di questa, (OMISSIS), ne aveva legittimamente disposto in favore dei figli.
3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, articolato in dodici motivi, (OMISSIS). Hanno resistito con controricorso gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS).
4.- Il Pubblico Ministero ha formulato per iscritto le sue conclusioni, come riportate in epigrafe.
5.- La ricorrente ha presentato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente eccepisce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ della sentenza ex articolo 132, comma 1, n. 4, c.p.c. (rette articolo 132, comma 2, n. 4, c.p.c.), per avere la Corte d’appello omesso ogni pronuncia e motivazione sull’eccezione sollevata di inammissibilita’ dell’appello principale ai sensi degli articoli 342 e 348-bis c.p.c.
1.1.- Il motivo e’ manifestamente infondato.
Il giudice dell’impugnazione puo’ rendere ordinanza di inammissibilita’ dell’appello, ai sensi degli articoli 348-bis e 348-ter c.p.c., soltanto ove i motivi di gravame non abbiano ragionevole probabilita’ di essere accolti; diversamente, non puo’, in accoglimento degli stessi motivi, emendare il vizio di attivita’ del primo giudice con ordinanza ex articolo 348-ter c.p.c., ma deve provvedere sull’appello nelle forme ordinarie (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 4784 del 14/02/2022), come e’ accaduto nel caso di specie, atteso che il gravame e’ stato accolto.
Ne consegue che la scelta del giudice d’appello di definire il giudizio prendendo in esame il merito della pretesa azionata non puo’ dirsi proceduralmente viziata sul presupposto che si sarebbe dovuta affermare l’inammissibilita’ per assenza di ragionevole probabilita’ di accoglimento; pertanto, ove il giudice non ritenga di assumere la decisione ai sensi
dell’articolo 348-ter, comma 1, la questione di inammissibilita’
resta assorbita dalla sentenza che definisce l’appello, che e’ l’unico provvedimento impugnabile, ma per vizi suoi propri, in procedendo o in iudicando, e non per il solo fatto del non esservi stata decisione nelle forme semplificate (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 14884 del 11/05/2022; Sez. 6-L, Ordinanza n. 37272 del 29/11/2021).
Ed invero, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilita’, pur in assenza di una specifica argomentazione.
In particolare, il vizio non sussiste qualora, a fronte dell’eccepita inammissibilita’ dei motivi di appello per difetto di specificita’, il giudice abbia comunque deciso il gravame nel merito, avendo, quindi, implicitamente la Corte di merito escluso anche l’esistenza dei presupposti della norma dell’articolo 348-bis c.p.c. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2151 del 29/01/2021).
A fortiori, il vizio di omessa pronunzia e’ configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito, qual e’ la sollevata eccezione di inammissibilita’ dell’impugnazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10422 del 15/04/2019; Sez. 3, Sentenza n. 25154 del 11/10/2018; Sez. 2, Ordinanza n. 1876 del 25/01/2018; Sez. 1, Sentenza n. 2208:3 del 26/09/2013).
2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito mancato di esaminate la formulata eccezione di inammissibilita’ dell’appello principale ex articoli 342 e 348-bis c.p.c.
2.1.- Il motivo e’ inammissibile.
E tanto perche’ l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal Decreto Legge n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 143 del 2012, prevede l’omesso esame come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” (recte ad un fatto storico, principale o secondario), ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” difensive, specie se di natura processuale, che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilita’ delle censure irritualmente formulate (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 13024 del 26/04/2022; Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 12387 del 24/06/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018; Sez. L, Sentenza n. 16703 del 25/06/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 29883 del 13/12/2017; Sez. 5, Sentenza n. 21152 del 08/10/2014).
Ne discende che l’eccezione processuale di inammissibilita’ del gravame, oggetto della doglianza, non rientra nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non trattandosi di fatto storico, principale o secondario, che connota la fattispecie sostanziale dedotta in giudizio.
3.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articoli 342 e 348-bis c.p.c., per avere la Corte territoriale – nell’ipotesi in cui si ritenga che abbia inteso disattendere le formulate eccezioni di inammissibilita’ dell’appello, pur senza offrirne motivazione – erroneamente escluso la carenza assoluta nel gravame principale dei requisiti richiesti per la sua ammissibilita’.
3.1.- La censura e’ inammissibile.
Ora, ai sensi dell’articolo 342, comma 1, c.p.c., la motivazione dell’appello deve contenere, a pena d’inammissibilita’,:L) l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.
Senonche’ la ricorrente, nell’eccepire la genericita’ dei mezzi di gravame, non ha affatto indicato, quantomeno in via sommaria, i termini di formulazione dell’appello spiegato dalle controparti.
Ne deriva che la critica e’ inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto la deduzione della questione di inammissibilita’ dell’appello, a norma dell’articolo 342 c.p.c., integrante error in procedendo, che legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimita’, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre l’ammissibilita’ del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificita’ di cui all’articolo 366, comma 1, nn. 4 e 6, c.p.c., che deve essere modulato, in conformita’ alle indicazioni della sentenza Cedu del 28 ottobre 2021 (in causa Succi ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticita’ e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte di interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attivita’ del giudice di legittimita’ e garantire, al tempo stesso, la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022; Sez. 1, Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 29495 del 23/1.2/2020; Sez. 5, Ordinanza n. 22880 del 29/09/2017).
Ebbene, nella fattispecie la ricorrente ha omesso di trascrivere o comunque di dare conto dei motivi di appello, il che preclude alla Corte il compiuto apprezzamento del contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata.
Peraltro, e’ opportuno rilevare che lo stesso Giudice del gravame ha dato atto, in premessa, degli specifici motivi su cui si fondava l’appello interposto, ossia: il rilievo in forza del quale l’incarico di consulenza tecnica d’ufficio non era stato esteso alla verifica dell’effettiva cubatura dei fabbricati realizzati e della corrispondente superficie vincolata per legge a posti auto, aree di parcheggio e di manovra, al fine di rilevare se vi fossero ulteriori aree e garage per i quali il costruttore avrebbe potuto validamente trattenere la proprieta’ e disporne liberamente a favore di terzi; la contestazione circa l’applicabilita’ dei parametri urbanistici del “decreto Floris”, che imponeva un vincolo ad uso pubblico di 80 mq. per ogni 100 mq. di superficie, di cui la meta’ da destinare a parcheggio; infine, la sussistenza, in ogni caso, di un’eccedenza di 29 mq. di superficie rispetto alla quantita’ di superficie vincolata a parcheggi, eccedenza non riconosciuta in favore degli appellanti, nonostante l’atto di trasferimento del 6 maggio 1994, dal costruttore (OMISSIS) alla loro dante causa, fosse stato trascritto prima di ogni altro atto di trasferimento.
Ora, ai fini della specificita’ dei motivi d’appello richiesta dall’articolo 342 c.p.c., e’ sufficiente una chiara esposizione delle dogilianze rivolte alla pronuncia impugnata, senza necessita’ di proporre un progetto alternativo di sentenza, sicche’ l’appellante il quale lamenti l’erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado puo’ limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare ex novo le prove gia’ raccolte e sottoporre le argomentazioni gia’ svolte nel processo di primo grado, non essendo altresi’ necessario che l’impugnazione medesima contenga una puntuale analisi critica delle valutazioni e delle conclusioni del giudice che ha emesso la sentenza impugnata (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 40560 del 17/12/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 21401 del 26/07/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 24464 del 04/11/2020).
In base agli elementi offerti dalla pronuncia impugnata, i requisiti minimi dei mezzi di appello risultavano, quindi, integrati, poiche’ essi contenevano una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativi atta a confutare e contrastare le ragioni addotte dal primo giudice, senza che all’uopo occorresse l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, ovvero la trascrizione totale o parziale della sentenza appellata, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversita’ rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 13535 del 30/05/2018; Sez. U, Sentenza n. 27199 del 16/11/2017).
4.- Con il quarto motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto discusso e decisivo per il giudizio, per non avere la Corte territoriale esaminato la sollevata eccezione di inammissibilita’ – per tardivita’ – della contestazione ex articolo 2712 c.c., ossia del disconoscimento della conformita’ dell’effettivo stato dei luoghi alle rappresentazioni di essi contenute negli elaborati progettuali e nella relativa concessione del 1991.
4.1.- La doglianza e’ inammissibile per piu’ ordini di ragioni.
In primis, per quanto anzidetto, l’omesso esame di un’eccezione processuale non rientra nella previsione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che si riferisce ai soli fatti storici, primari o secondari.
In secondo luogo, l’evocata contestazione integra una mera difesa e non un’eccezione in senso tecnico – soggetta alle preclusioni previste dall’articolo 345, comma 2, c.p.c. -, che, dunque, ben poteva essere posta a fondamento del gravame (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2413 del 03/02/2021; Sez. 5, Ordinanza n. 23862 del 29/10/2020; Sez. 3, Ordinanza n. 8525 del 06/05/2020; Sez. 2, Sentenza n. 14515 del 28/05/2019). Infatti, rientra tra i fatti costitutivi della pretesa sostanziale fatta valere dall’attrice l’allegazione dell’insufficienza delle aree destinate al vincolo pertinenziale rispetto alla cubatura dell’edificio. Secondo la giurisprudenza di legittimita’, infatti, l’attore che chiede tutela per il suo asserito diritto fondato sull’articolo 41-sexies ha l’onere – trattandosi di elemento costitutivo del prospettato diritto – di provare che lo spazio oggetto della sua domanda rientra nella specificata proporzione e non costituisce, invece, uno spazio ulteriore rispetto quello adibito a parcheggio ai sensi della normativa medesima (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1221 del 23/01/2006; per contro, nell’ipotesi in cui sia il venditore-costruttore ad agire con azione negatoria, la conclusione e’ diversa, nel senso che gravera’ su quest’ultimo l’onere di dimostrare l’eccedenza dei posti auto rispetto allo spazio minimo richiesto dalla richiamata disciplina: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21859 del 09/10/2020). Nel caso in disputa gli appellanti si sono limitati a reiterare, nel giudizio di impugnazione, la loro difesa circa la sufficienza delle aree asservite a parcheggio, in ragione della non corrispondenza dello stato di fatto posto a fondamento della decisione gravata con la situazione effettiva dei luoghi.
5.- Con il quinto motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ della sentenza per omessa decisione e motivazione, in relazione alla previsione di cui all’articolo 132, comma 1, n. 4, c.p.c. (recte articolo 132, comma 2, n. 4, c.p.c.), per non avere la Corte distrettuale pronunciato sulla formulata eccezione, di inammissibilita’ dell’appello principale ex articoli 345 e 183 c.p.c.
Secondo la ricorrente, gli appellanti avevano obiettato che, nell’ipotesi in cui fosse risultata l’eccedenza delle aree destinate a posti auto, rispetto alle superfici soggette al regime vincolistico – cio’ che non emergeva dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata nel giudizio di prime cure, ne’ dalla relativa sentenza conclusiva di tale giudizio -, le aree eccedenti lo standard e non soggette al regime vincolistico avrebbero dovuto individuarsi proprio in quelle oggetto della compravendita intervenuta tra la venditrice-costruttrice (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS).
Sennonche’, continua la ricorrente, tale mezzo di gravame si sarebbe fondato sul presupposto, del tutto indimostrato e per giunta inconferente, che la (OMISSIS) fosse stata il primo degli acquirenti della (OMISSIS) a trascrivere il proprio titolo d’acquisto e che dovesse,, pertanto, trovare applicazione la regola di cui all’articolo 2644 c.c.
Ebbene, il menzionato motivo d’appello avrebbe dovuto ritenersi inammissibile, in quanto articolato per la prima volta al momento dello scambio delle comparse conclusionali nel giudizio di primo grado, allorche’ le preclusioni assertive e le conseguenti decadenze si erano gia’ cristallizzate, come eccepito prontamente dall’appellata attraverso la deduzione della novita’ della doglianza, sulla quale nondimeno il Giudice d’appello non si era pronunciato.
6.- Con il sesto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, della nullita’ derivata della sentenza, in relazione alle previsioni di cui agli articoli 167 e 183 c.p.c., per non avere la Corte territoriale rilevato la tardivita’ dell’eccezione ex articolo 2644 c.c., formulata dagli appellanti principali per la prima volta solo in sede di deposito della comparsa conclusionale nel giudizio di primo grado.
In proposito, l’istante espone che, trattandosi di eccezione di merito in senso stretto, essa avrebbe dovuto essere sollevata, a pena di decadenza, nel termine di cui all’articolo 167 c.c.; e qualora fosse stata qualificata quale mera deduzione, la stessa si sarebbe dovuta formulare entro il termine per il deposito delle memorie integrative ai sensi dell’articolo 183, comma 6, c.p.c., ossia prima che si fosse consolidato l’oggetto della lite, con la definizione del thema decidendum e del thema probandum.
7.- Con il settimo motivo la ricorrente censura altresi’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla sollevata eccezione di inammissibilita’ dell’appello ex articolo 345 c.p.c., per avere la Corte di merito mancato di esaminare la proposta eccezione di inammissibilita’ del motivo di gravame, come sviluppata nell’atto di costituzione del giudizio impugnatorio, per l’avvenuta introduzione, in ordine all’aspetto di cui ai precedenti motivi, di un nuovo tema d’indagine in appello, in spregio al divieto di ius novorum.
8.- Con l’ottavo motivo la ricorrente argomenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2644 c.c., per avere la Corte d’appello -. nell’ipotesi in cui si ritenesse che l’eccezione irritualmente introdotta sia stata accolta nel merito – esteso l’ambito applicativo dell’articolo 2644 c.c. alla fattispecie, benche’ ne difettassero i presupposti.
Al riguardo, l’istante osserva che la norma evocata disciplina i conflitti tra piu’ aventi causa da un medesimo dante causa, inerenti ad uno specifico immobile, conflitti che avrebbero dovuto essere risolti in base al criterio della priorita’ delle trascrizioni, mentre nella fattispecie non vi sarebbe stato alcun conflitto tra piu’ aventi causa del medesimo venditore in rapporto allo stesso immobile, quand’anche fosse risultato dimostrato che (OMISSIS) era stata la prima acquirente ad aver trascritto il proprio atto di vendita dalla (OMISSIS)
8.1.- Detti motivi possono essere scrutinati congiuntamente, poiche’ afferenti allo stesso profilo dell’applicabilita’ dell’articolo 2644 c.c.
Essi sono inammissibili per difetto di interesse.
Infatti, la Corte d’appello non ha fondato la propria decisione sull’applicazione dell’articolo 2644 c.c.
Per converso, la decisione si basa, sulla scorta dell’accertamento compiuto all’esito della rinnovazione delle indagini peritali, sulle seguenti circostanze: 1) il vincolo di destinazione ad aree di parcheggio era disciplinato dalla legge Tognoli; 2) l’edificio realizzato non doveva rispettare gli standard urbanistici previsti dal “decreto Floris” (recte decreto dell’Assessorato all’urbanistica del 22 dicembre 1983, n. 2266/U, pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione Sardegna); 3) lo spazio utilizzabile destinato a parcheggio eccedeva, nella misura di 387,60 mq., gli standard urbanistici previsti (ossia la proporzione di un mq. di parcheggio per ogni 10 mc. di costruzione), a fronte di 45 posti auto realizzati; 4) la superficie totale del garage e del posto auto in contestazione ammontava a circa 40 mq., ricompresi in detta superficie eccedente; 5) per l’effetto, l’area in eccedenza non era soggetta ad alcun vincolo pertinenziale in favore dell’appartamento alienato alla (OMISSIS) ed era liberamente commerciabile, in adesione ai principi dettati dalla giurisprudenza richiamata, secondo cui in tale evenienza l’originario proprietario-costruttore del fabbricato puo’ legittimamente riservarsi, o cedere a terzi, la proprieta’ di tali parcheggi (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21859 del 09/10/2020; Sez. 2, Sentenza n. 1664 del 03/02/2012; Sez. U, Sentenza n. 12793 del 15/06/2005).
Pertanto, nessun cenno – e nessun rilievo – ha avuto il criterio di priorita’ delle trascrizioni. La motivazione del Giudice d’appello e’ stata, infatti, imperniata sul solo accertamento dell’eccedenza, che avrebbe legittimato il venditore-costruttore, gia’ al momento del perfezionamento dell’atto traslativo del 6 maggio 1994 (tra la (OMISSIS) e (OMISSIS)), ad alienare liberamente le aree in esubero destinate a parcheggio.
Orbene, sono inammissibili, per difetto di interesse, i motivi del ricorso per cassazione diretti ad ottenere una decisione su questioni meramente ipotetiche, senza che siano investite specifiche statuizioni della sentenza impugnata (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20126 del 22/06/2022; Sez. 2, Sentenza n. 2612 del 04/02/2021; Sez. L, Sentenza n. 7394 del 19/03/2008).
Ed ancora, il settimo motivo e’ inammissibile per l’ulteriore ragione che l’omesso esame di un’eccezione processuale non puo’ essere fatta valere ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non trattandosi di un fatto storico-naturalistico.
9.- Il nono motivo attiene, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale implicitamente affermato che, in presenza di posti auto realizzati in eccedenza rispetto agli standard urbanistici, in difetto di indicazioni progettuali al riguardo, l’eccedenza avrebbe dovuto individuarsi nei posti auto oggetto di contesa.
Ad avviso dell’istante, l’impostazione fatta propria dalla sentenza impugnata frustrerebbe la funzione della prescrizione imperativa di cui all’articolo 41-sexies della legge urbanistica, secondo la versione ratione temporis vigente, poiche’, nel caso di eccedenza, anche modesta, di parcheggi, rispetto agli standard urbanistici, ciascuno degli acquirenti della costruttrice potrebbe procedere all’alienazione del bene principale, riservandosi la proprieta’ e i diritti sulle pertinenze e allegando che i posti auto riservati costituirebbero l’oggetto dell’eccedenza.
9.1.- Il mezzo e’ inammissibile.
Attraverso questa doglianza si censura, infatti, non gia’ l’omesso esame di un fatto storico decisivo, bensi’, in sostanza, l’asserita insufficienza della motivazione.
Siffatta insufficienza non e’ piu’ deducibile quale vizio di legittimita’ in seguito alla riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dall’articolo 54 del Decreto Legge n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, potendosi far valere soltanto la nullita’ processuale, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente ovvero inidonea ad assolvere la funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Segnatamente, il sindacato di legittimita’ sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’articolo 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purche’ il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Nel caso in esame la sentenza e’ immune da vizi di motivazione, poiche’ la Corte del gravame ha spiegato le ragioni della decisione, illustrando le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata ed applicando correttamente il principio giurisprudenziale innanzi richiamato: ossia che i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dall’articolo 2 della L. 24 marzo 1989, n. 122 non sono soggetti a vincolo pertinenziale a favore delle unita’ immobiliari del fabbricato, con l’effetto che l’originario proprietario-costruttore del fabbricato puo’ legittimamente riservarsi, o cedere a terzi, la proprieta’ di tali parcheggi, nel rispetto del vincolo di destinazione nascente da atto cl’obbligo.
E cio’ senza che abbia alcun rilievo il tema dell’imputazione dell’area eccedente alla quota del soggetto che lamenti la violazione del vincolo pertinenziale.
Nella fattispecie, essendo stato assicurato un numero di parcheggi pari a 45 (tra posti scoperti e garage) – in esubero rispetto a quelli da assegnare obbligatoriamente con gli appartamenti del palazzo, era, infatti, nelle facolta’ del venditore-costruttore disporre delle eccedenze senza alcun vincolo.
E del resto, di tale situazione si dava contezza gia’ nell’atto di vendita del 6 maggio 1994, dalla venditrice-costruttrice (OMISSIS) a (OMISSIS). 10.- Il decimo motivo investe, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ del procedimento e della sentenza, in rapporto agli articoli 346 e 112 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente riformato la sentenza di primo grado, dopo aver disposto la rinnovazione delle
operazioni peritali, disponendo la verifica delle superfici concretamente destinate alla sosta sulla base del progetto di costruzione, al netto delle aree di manovra e transito e del numero dei posti auto dal predetto progetto previsti ed in forza di esso realizzati, nonostante che gli appellanti avessero contestato soltanto il criterio assunto per il rilievo delle volumetrie del fabbricato condominiale.
10.1.- Il motivo e’ infondato.
Infatti, compete al giudice, con l’ausilio del consulente tecnico d’ufficio, l’accertamento dei presupposti tecnici per la circolazione delle aree destinate a parcheggio nei limiti quantitativi consentiti dalla legge Tognoli, pacificamente applicabile nel caso di specie.
L’ampiezza dell’ambito dell’accertamento demandato all’ausiliario non costituiva oggetto di un’eccezione di parte, sicche’ non era in rilievo l’applicazione degli articoli 346 e 112 c.p.c. in ordine ai criteri adottati per la verifica dell’eventuale eccedenza delle aree medesime rispetto agli standard urbanistici.
Segnatamente competeva al Giudice d’appello disporre la rinnovazione ai fini della verifica della ricorrenza dei presupposti normativi per l’integrazione dell’eccedenza delle aree soggette al vincolo di destinazione, senza che sul punto influisse il tenore delle eccezioni sollevate dagli appellanti, atteso che il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova e nuovi documenti nel giudizio di appello, previsto dall’articolo 345, comma 3, c.p.c., che deriva dal carattere tendenzialmente chiuso delle fasi di impugnazione, non opera quando il giudice eserciti il proprio potere di disporre o rinnovare le indagini tecniche attraverso l’affidamento di una consulenza tecnica d’ufficio (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 15945 del 27/06/2017; Sez. 3, Sentenza n. 13343 del 06/10/2000).
Ne’ era precluso al Giudice, a fronte dei quesiti originariamente formulati, recepire le risultanze peritali che hanno applicato un criterio diverso da quello disposto con i suddetti quesiti, essendo tale contegno di acquisizione implicitamente indicativo della condivisione del diverso assunto da cui ha preso le mosse l’ausiliario del Giudice.
11.- L’undicesimo motivo concerne, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, i oggetto di discussione tra le parti, in relazione al significativo discostamento del consulente tecnico d’ufficio dai quesiti formulati con la disposizione della rinnovazione delle indagini peritali.
11.1.- Il motivo e’ inammissibile.
E tanto perche’ l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dall’articolo 54 del Decreto Legge n. 83 del 2012, conv., con rnodif., dalla L. n. 134 del 2012, consente di censurare l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nozione nel cui ambito non e’ inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio recepita dal giudice, risolvendosi la critica ad essa nell’esposizione di mere argomentazioni difensive contro un elemento istruttorio (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8584 del 16/03/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 12387 del 24/06/2020; Sez. 3, Sentenza n. 18391 del 26/07/2017).
Nel caso in esame la Corte territoriale, all’esito dell’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio nel giudizio di prime cure, ha espresso le ragioni – peraltro, conformemente al tenore dei motivi di gravame avanzati – per cui ha ritenuto di riformare la sentenza emessa sulla scorta di tale consulenza, disponendo la rinnovazione delle indagini peritali ai fini di tener conto dell’effettivo stato dei luoghi. All’esito, ha aderito alle relative risultanze della consulenza disposta in rinnovazione, indicando gli indici probatori e gli elementi di valutazione specificamente utilizzati per il giudizio.
Le doglianze sollevate, in ordine al fatto che la situazione verificata dall’ausiliario del Giudice non corrispondesse a quella esistente all’epoca dell’atto traslativo del 6 maggio 1994, attengono alla ricostruzione del fatto e non possono essere esaminate in sede di legittimita’.
12.- Il dodicesimo motivo riguarda, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 41-sexies della legge urbanistica n. 1150 del 1942, per avere la Corte distrettuale assunto, ai fini della verifica della sussistenza dell’eccedenza di posti auto rispetto a quelli obbligatoriamente imposti dagli standard urbanistici e soggetti al regime vincolistico, lo stato attuale dei luoghi, oggetto di pacifiche modifiche conseguenti all’esecuzione di opere autorizzate con successive concessioni e di opere relative a box auto edificate in difetto di concessione.
Espone, inoltre, che, ai fini della determinazione delle superfici rilevanti, sarebbero stati considerati, non solo le aree destinate alla sosta, ma anche gli spazi di manovra e transito, nonche’ gli spazi qualificati come box auto realizzati in difetto di concessione.
12.1.- Il motivo e’ in parte qua inammissibile e in parte qua infondato.
12.2.- E’ inammissibile allorche’ sembra suggerire una nuova verifica dei fatti rilevanti (ricalcolo di cubature e superfici, accertamento della esistenza di box auto realizzati abusivamente).
In questi termini, a fronte dell’apparente censura di violazione di legge, il motivo postula, in realta’, una differente e piu’ favorevole ricostruzione dei fatti ed in particolare dello stato dei luoghi ricostruito sulla scorta della consulenza d’ufficio in rinnovazione, profilo, questo, non sindacabile in questa sede (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019).
Peraltro, quanto alla lamentata frustrazione della ratio della legge Tognoli (vigente ratione temporis), la ricorrente non ha mai dedotto esplicitamente la concreta inesistenza nello stabile di un numero di posti auto pari a quello degli appartamenti dell’edificio, tale per cui alla (OMISSIS) sarebbe stato assolutamente precluso di parcheggiare regolarmente un’auto nelle aree condominiali esterne ed interne adibite a parcheggio.
12.3.- La doglianza e’, per converso, destituita di fondamento allorche’ prospetta il superamento dei criteri legali di regolazione del vincolo cui all’epoca erano soggetti i posti auto.
Al riguardo, si rammenta che, secondo la normativa vigente nel momento storico di interesse, operavano i seguenti principi:
A) il vincolo pertinenziale tra costruzione e spazio per parcheggio va inquadrato nelle limitazioni legali della proprieta’ per pubblico interesse: gli spazi di parcheggio sono destinati permanentemente all’uso esclusivo delle persone che stabilmente occupano l’edificio o ad esso abitualmente accedono;
B) e’ possibile che le aree per parcheggio siano oggetto di separati atti e rapporti giuridici, il che non implica che per effetto di questi il vincolo debba cessare, perche’ la pertinenza, anche se gravata da diritto reale a favore di terzo, continua ad assolvere alla propria funzione accessoria esclusivamente a favore del proprietario della cosa principale;
C) se i contratti con cui si alienano gli spazi di parcheggio disgiuntamente dall’unita’ immobiliare cui accedono prevedono la sottrazione degli spazi stessi al vincolo pubblicistico di destinazione, che per legge e’ inderogabile, essi sono nulli nella parte in cui non viene attribuito all’acquirente il godimento dello spazio destinato a parcheggio;
D) tale nullita’ si verifica anche in caso di eventuale inutilita’ del posto macchina nel caso concreto, poiche’ la sua destinazione obiettiva e permanente al servizio della cosa principale trascende le situazioni contingenti;
E) il contratto, parzialmente nullo, deve essere integrato ex lege, a norma dell’articolo 1419 c.c., dalla norma imperativa violata, con il riconoscimento del diritto reale d’uso dello spazio per parcheggio (che non puo’ essere surrogato da un semplice rapporto obbligatorio), salvo il diritto del venditore al riequilibrio del sinallagma contrattuale, mediante una integrazione del corrispettivo ricevuto.
In proposito, non trova applicazione nella fattispecie l’intervento normativo di liberalizzazione di cui all’articolo 12 della L. n. 246/2005, che – aggiungendo, all’articolo 41-sexies della L. n. 1150/:1942, un comma 2 – dispone che i parcheggi realizzati in forza del comma 1 non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta, ne’ da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unita’ immobiliari, e sono trasferibili autonomamente da esse.
E tanto perche’ l’intervento semplificativo del legislatore, di cui alla novella del 2005, non ha natura interpretativa, ma deve essere qualificato come intervento con portata innovativa (che non ha natura imperativa, ne’ effetto retroattivo), il che implica che tale semplificazione non sia applicabile ai parcheggi costruiti precedentemente all’entrata in vigore della legge medesima (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2265 del 28/01/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 9090 del 05/06/2012; Sez. 2, Sentenza n. 378 del 13/01/2010; Sez. 2, Sentenza n. 21003 del 01/08/2008; Sez. 2, Sentenza n. 4264 del 24/02/2006).
12.3.1.- Tanto premesso, la regolamentazione vigente del regime vincolistico non risulta violata per il solo fatto che la consulenza d’ufficio in rinnovazione abbia tenuto conto dello stato effettivo dei luoghi, anziche’ limitarsi alla rilevazione delle cubature e superfici sulla scorta delle tavole di progetto redatte all’epoca della costruzione del fabbricato.
La circostanza secondo cui, rispetto alla originaria concessione edilizia n. (OMISSIS), rilasciata alla venditrice-costruttrice (OMISSIS) il 29 maggio 1991, fosse stata rilasciata concessione edilizia in sanatoria n. (OMISSIS) in data 11 febbraio 1999, contrariamente all’assunto della ricorrente, non e’ emblematica in se’ del computo degli standard urbanistici alla stregua di uno stato di fatto non corrispondente a quello esistente al momento dell’atto traslativo del 6 maggio 1994, cui ha fatto seguito l’atto di vendita in favore della ricorrente del 3 febbraio 2003. Infatti, trattandosi appunto di concessione in sanatoria, la Corte territoriale ha ritenuto che gli interventi assentiti gia’ sussistessero al momento del suo rilascio (ne’ la ricorrente ha sostenuto, individuandone specificamente la natura, che gli interventi sanati sono stati realizzati successivamente al 6 maggio 1994).
Tanto piu’ che la sentenza d’appello ha dato specificamente atto che l’originario proprietario-costruttore (OMISSIS) S.r.l., nel corpo dell’atto di vendita del 6 maggio 1994, in favore di (OMISSIS), dante causa di (OMISSIS), si era legittimamente riservato i posti auto oggetto di causa, che aveva legittimamente venduto alla (OMISSIS) unitamente all’appartamento.
12.3.2.- D’altronde, la pronuncia non risulta inficiata per il fatto che si e’ attenuta all’accertamento del tecnico d’ufficio, tenendo conto delle superfici destinate ad aree di parcheggio al lordo – e non gia’ al netto delle zone di transito e manovra.
Infatti, con la locuzione “spazi per parcheggi” devono intendersi gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra e all’accesso dei veicoli (ossia i corridoi carrabili per accedere ai posti auto, ma non le rampe carrabili, se sono esterne al fabbricato), come normalmente previsto dalle norme tecniche di attuazione dei piani regolatori generali.
Il Collegio, all’uopo, ritiene corretta l’impostazione della sentenza impugnata, che – recependo la risposta data dal consulente (e in antitesi con i quesiti all’origine formulati) – ha fatto riferimento alla nozione di parcheggio di cui alla circolare del Ministero dei Lavori pubblici – Direzione generale dell’urbanistica n. 3210 del 28 ottobre 1967 (circolare esplicativa della L. 6 agosto 1967, n. 765, avendo appunto ad oggetto “Istruzioni per l’applicazione della L. 6 agosto 1967, n. 765, recante modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150”), in cui, al punto 9, si precisa che per “spazi per parcheggi debbono intendersi gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra ed all’accesso dei veicoli”.
Si aggiunge in tale circolare che i parcheggi possono essere ricavati nella stessa costruzione, in aree esterne oppure promiscuamente, e anche in aree che non formino parte del lotto, purche’ siano asservite all’edificio con vincolo permanente di destinazione a parcheggio, a mezzo di atto da trascriversi a cura del proprietario. Per converso, la cubatura, in rapporto alla quale va determinata la superficie da destinare a parcheggi, e’ costituita esclusivamente da quella destinata ad abitazione, uffici o negozi, con esclusione percio’ delle altre parti dell’edificio: scantinati, servizi e volumi tecnici.
Ora, l’articolo 9, comma 1, della legge Tognoli autorizza i proprietari di immobili a realizzare nel sottosuolo degli stessi, ovvero nei locali siti al pian terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unita’ immobiliari, anche (ma non necessariamente) in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Questi parcheggi, dunque, sono quelli: a) realizzati senza necessita’ di concessione edilizia dopo l’entrata in vigore della legge Tognoli (7 aprile 1989), a servizio di edifici gia’ esistenti in quella data; b) realizzati con le agevolazioni previste dalla citata legge; c) ubicati nei luoghi sopra indicati.
A tali tipologie di realizzazione (interna o esterna) e’ sottesa la creazione delle aree accessorie, funzionali alla loro pratica fruizione.
Il fatto che detta circolare esplicativa risalga ad anni prima e non abbia valenza normativa non implica – contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente – che tale nozione non possa fornire un criterio-guida per la decisione della questione posta con il motivo di ricorso in esame, con il quale si lamenta appunto la violazione dell’articolo 41-sexies della L. n. 1150 del 1942, come modificato dall’articolo 18 della legge ponte n. 765 DEL 1967 e poi dall’articolo 2 della legge Tognoli n. 122/1989.
Sicche’ e’ proprio dall’applicazione della disciplina invocata dalla ricorrente, letta nei termini anzidetti, che discende la valutazione di adeguatezza delle aree destinate a parcheggi rispetto al criterio legalmente predeterminato.
Sul punto, non pare condivisibile il richiamo al precedente giurisprudenziale (Cons. Stato Sez. 4, Sentenza 28/05/2013, n. 2916) citato nella memoria di parte ricorrente -, secondo cui, alla stregua del difetto di valenza normativa della circolare dell’allora Ministero dei Lavori Pubblici 28 ottobre 1967, n. 3210 e avuto riguardo, invece, alla stretta connessione con la ratio della legge – ratio che risulterebbe violata, qualora la norma fosse intesa in senso meramente quantitativo -, il calcolo degli spazi destinati a parcheggio dovrebbe avvenire al netto delle aree di manovra e di accesso.
Ad avviso di tale pronuncia, qualora si potessero individuare gli standard costruttivi in ragione del solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente posto in ombra il dato funzionale, ossia la destinazione concreta dell’area, come voluta dal legislatore. Pertanto, prosegue detta pronuncia, soddisfacendo gli standard con la messa a disposizione di aree non utilizzabili in concreto (ossia computando le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni, ovvero perche’ eccedenti un posto macchina standard, ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso), la norma di garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato articolo 41-sexies della legge urbanistica non contemplerebbe un nudo dato quantitativo, ma un dato mirato ad uno scopo esplicito, posto che essa imporrebbe dapprima la riserva di “appositi spazi per parcheggi”, provvedendo poi a quantificarla “in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione”.
Ebbene, in senso contrario, e conformemente al tenore della menzionata circolare, si reputa in questa sede che la definizione in chiave strutturale e concreta di parcheggio comprenda non solo gli spazi di sosta, ma anche quelli a quest’ultimi accessori ed indefettibili (che ne costituiscono, dunque, una componente necessaria in fase realizzativa), in quanto funzionali all’effettuazione delle manovre e a consentire il transito, una volta che sia assicurato un numero minimo di parcheggi – nella fattispecie pari a 45 – (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 1445 del 18/01/2022; Sez. 2, Sentenza n. 3370 del 06/05/1988; Cons. Stato Sez. 5, Sentenza 07/08/2014, n. 4215; Cons. Stato Sez. 4, Sentenza 28/1:L/2012, n. 6033; Tar. Veneto Sez. 2, Sentenza 15/01/2020, n. 40; Tar Sicilia Sez. 2, Sentenza 11/04/2017, n. 1001; Tar Emilia-Romagna Sez. 1, Sentenza 23/06/2014, n. 674; Tar Molise Sez. 1, Sentenza 11/06/2014, n. 377; Tar Liguria Sez. 1, Sentenza 28/05/2014, n. 807; Cons. giust. amm. Sicilia, Sentenza 22/10/2009, n. 978; Tar Sicilia Sez. 1, 28/05/2008, n. 979; Tar Basilicata Sez. 1, Sentenza 16/05/2008, n. 210).
Pertanto, si definiscono “parcheggi” gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra e all’accesso dei veicoli: tale spazio puo’ consistere in un’area scoperta (c.d. posto auto) o in un’area coperta, chiusa su tre lati (c.d. box) o su tutti i lati (c.d. garage); superfici che devono essere considerate nel loro complesso ai fini della verifica del rispetto degli standard urbanistici, purche’ sia garantito un numero minimo di parcheggi.
La predetta conclusione sembra, del resto, avvalorata dall’intervenuto mutamento del rapporto di proporzione tra metri cubi della costruzione e metri quadri delle superfici da destinare a parcheggi (rapporto passato da 1 mq. per ogni 20 mc. di costruzione – articolo 18 legge ponte – ad 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione, anche in ragione della considerazione delle aree accessorie indispensabili alla sua realizzazione articolo 2 legge Tognoli -). Su tale tema, nei lavori preparatori della legge Tognoli, si deduce espressamente che siffatta proporzione e’ stata stabilita avuto riguardo alla “valutazione operata dal Ministero dei Lavori pubblici”, quale misura ritenuta adeguata a porre un ulteriore rimedio alla situazione creatasi nelle citta’ italiane (il che dovrebbe dare un particolare risalto al contenuto della circolare innanzi richiamata, proveniente dallo stesso Ministero alle cui valutazioni si e’ fatto riferimento per rideterminare il nuovo – e piu’ rigoroso – standard urbanistico).
12.3.2.1.- Del resto, i calcoli effettuati dall’ausiliario del Giudice del gravame hanno tenuto conto di un parametro minimo di raffronto che includeva tali aree accessorie, cosi’ da legittimare il computo in concreto delle superfici destinate a parcheggio al lordo degli spazi di manovra e accesso. Infatti, il consulente d’ufficio in sede di rinnovazione delle operazioni – come risulta dalla motivazione della sentenza d’appello – ha, dapprima, determinato la superficie netta dello spazio utilizzabile come parcheggio, pari a 813,40 mq., distribuita tra posti auto all’aperto e posti auto realizzati nel piano seminterrato, per un totale complessivo di 45 posti. Quindi, a fronte della cubatura effettiva rilevata nella costruzione, ha stabilito che la superficie minima da destinare a parcheggio, secondo la proporzione di legge (1 mq. per ogni 10 mc.), sarebbe stata pari a 1.072,70 mq., comprensivi delle aree di manovra e transito, ai sensi dell’articolo 2 della prima variante al piano regolatore generale del Comune di Cagliari. Il che imponeva, ai fini di ottenere un dato quantitativo omogeneo, come in realta’ e’ accaduto, di individuare la superficie concretamente disponibile stimando, oltre agli spazi di sosta, anche le aree destinate alla manovra e al transito, cosi’ da ricavare una superficie effettivamente disponibile nella misura di 1.460 mq. All’esito, dalla comparazione tra dati omogenei, perche’ entrambi inclusivi delle aree di manovra e accesso, e’ stata ottenuta la superficie in eccedenza, pari a 387,60 mq. (recte 387,30 mq.), di gran lunga superiore all’area occupata dal garage e dal posto auto controversi, pari a 40 mq.
13.- Alle considerazioni innanzi espresse consegue il rigetto del ricorso.
Le spese e i compensi del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 4.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

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