Appropriazione somma acconto compravendita non conclusa

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|16 giugno 2021| n. 23783.

Appropriazione somma acconto compravendita non conclusa.

Non integra il delitto di appropriazione indebita, ma solo un inadempimento civilistico, la mancata restituzione della somma corrisposta a titolo di acconto sul prezzo di una vendita futura in esecuzione di un patto di opzione, atteso che il denaro versato in assenza di uno specifico vincolo di destinazione, stante la sua naturale fungibilità, entra a far parte del patrimonio dell'”accipiens”, perdendo il carattere dell’ “altruità”.

Sentenza|16 giugno 2021| n. 23783. Appropriazione somma acconto compravendita non conclusa

Data udienza 7 maggio 2021

Integrale

Tag – parola: Appropriazione indebita – Concorso – Appropriazione somma acconto compravendita non conclusa – Querela – Tempestività – Decorrenza termine – Certezza volontà di trattenere la somma – Elementi strutturali del delitto – Fattispecie – Difetto della altruità del denaro

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGO Geppino – Presidente

Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Consigliere

Dott. PACILLI Giuseppina A.R – Consigliere

Dott. PERROTTI Massimo – rel. Consigliere

Dott. SARACO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/05/2019 della CORTE APPELLO DI CAGLIARI Sez. dist. di SASSARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MASSIMO PERROTTI;
lette le conclusioni scritte rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PEDICINI Ettore, che ha chiesto dichiararsi la inammissibilita’ dei proposti ricorsi;
lette le conclusioni scritte trasmesse a mezzo p.e.c. dal difensore dei ricorrenti, avv. (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso ed il conseguente annullamento della sentenza impugnata.

Appropriazione somma acconto compravendita non conclusa

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, confermava le statuizioni afferenti alla accertata responsabilita’ ed alla sanzione irrogata contenute nella sentenza di primo grado, che aveva condannato i ricorrenti per il reato di concorso in appropriazione indebita della somma di Euro cinquemila, portata in due assegni circolari ricevuti dalla persona offesa, quale acconto sul prezzo della futura vendita immobiliare promessa. Con la medesima sentenza la Corte territoriale escludeva il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso in primo grado a (OMISSIS) e revocava il medesimo beneficio, gia’ concesso allo stesso con due precedenti decisioni irrevocabili (2.11.1995 e 30.9.1997) del tribunale di Nuoro.
1.1. Avverso tale sentenza ricorrono gli imputati, a mezzo del comune difensore, deducendo a motivi della impugnazione gli argomenti di seguito sinteticamente esposti, secondo quanto dispone l’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1:
1.1. violazione della legge penale e vizio di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e, in relazione all’articolo 124 c.p.), in relazione alla ritenuta tempestivita’ della querela sporta dalle persone offese in data 3 luglio 2012, atteso che gli offesi sin dall’aprile precedente avevano avuto contezza della volonta’ dei promittenti alienanti di non accedere piu’ alla stipula del contratto preliminare e di non restituire le somme ricevute in acconto con la consegna dei due assegni circolari;
1.2. violazione della norma penale incriminatrice e della regola di giudizio che presiede alla valutazione della prova, vizio esiziale di motivazione per la mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della stessa (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e), in ragione della assenza di sostanziale motivazione in ordine alla dedotta carenza degli elementi costitutivi del reato di appropriazione indebita, difettando sia la condotta appropriativa del denaro altrui consegnato a titolo di acconto sul prezzo della vendita-, sia la stessa volonta’ di appropriarsene illecitamente, avendo gli imputati sostenuto certamente delle spese per incarichi tecnici affidati a terzi e per oneri concessori, sia ancora la stessa prova della intervenuta interversione nel possesso delle somme portate dagli assegni circolari consegnati (non si da’ conto della loro eventuale presentazione per l’incasso), sia infine della volonta’ di trarre profitto dal possesso degli assegni;
1.3. i medesimi vizi sono denunziati anche in riferimento alla negazione immotivata delle circostanze attenuanti generiche ed all’eccessivo rigore della sanzione irrogata (mesi 4 di reclusione ed Euro mille di multa);
In favore del solo (OMISSIS) la difesa deduce:
1.4. violazione della legge penale (articoli 163, 164 e 168 c.p.), in quanto il giudice della cognizione, intervenuto quando i benefici erano stati concessi con sentenze gia’ irrevocabili, non poteva incidere sul giudicato favorevole formatosi sul punto;
1.5. ancora violazione della legge penale (articolo 172 c.p., articoli 648 e 674 c.p.p.), per non avere il giudice della cognizione -intervenuto con la revoca dei benefici allorquando le pene dovevano ritenersi gia’ estinte, per il decorso di oltre un decennio dalla irrevocabilita’ – ravvisato la estinzione delle pene ai sensi dell’articolo 172 c.p.;
1.6. infine, nell’interesse di entrambi, dichiarare il reato di appropriazione indebita estinto per intervenuta prescrizione.

 

Appropriazione somma acconto compravendita non conclusa

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato, mentre il secondo e’ fondato ed assorbe tutte le successive deduzioni.
1.1. Quanto a ritenuta tempestivita’ della querela (primo motivo), nella doppia valutazione conforme di merito si e’ inteso valorizzare il momento in cui le persone offese ebbero la certezza che gli imputati, non avendo intenzione di concludere il contratto preliminare di compravendita immobiliare prospettato, manifestarono, per fatti concludenti, di voler trattenere la somma ricevuta a titolo di acconto sul prezzo futuro. Tale definitiva contezza si manifesto’ alle persone offese solo con la mancata risposta alla diffida spedita a mezzo raccomandata e ricevuta il 4 giugno 2012, si’ da rendere tempestiva la querela sporta il 3 luglio successivo. Il Collegio intende sul punto offrire continuita’ a quell’orientamento giurisprudenziale (Sez. 6, n. 24380, del 12/3/2015, Rv. 264165), assolutamente condiviso, che stima tempestiva la proposizione della querela allorquando il fatto si manifesti in tutti i suoi certi elementi costitutivi, dovendo la decadenza ex articolo 124 c.p. essere accertata secondo criteri rigorosi e non sulla base di supposizioni o ipotesi, prive di adeguato supporto probatorio (in tema anche Sez. 5, n. 46485, del 20/6/2014, Rv. 261018; Sez. 2, n. 37584, del 5/7/2019, Rv. 277081).
1.2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno fondatamente inteso censurare la divisata sussistenza del fatto tipico (articolo 646 c.p.: possesso del denaro “altrui”, appropriazione di tale denaro facendone cosa propria, finalita’ di profitto per se’ o per altri), sia sotto il profilo materiale, che per difetto dell’elemento psicologico, che – infine – per deficit probatorio della concretezza del profitto voluto e realizzato. La Corte ha argomentato, sul primo punto dedotto con il secondo motivo di gravame, affermando che la causale dell’anticipo versato dagli autori dell’opzione sul preliminare di vendita immobiliare non riposava affatto sulla copertura delle spese amministrative e tecniche che il promittente alienante, vincolato alla opzione, avrebbe dovuto sostenere, trattandosi viceversa della avvenuta appropriazione, come cosa propria, della somma di denaro -portata dagli assegni circolari- consegnata in conto prezzo della futura vendita. In ogni caso, una volta che gli imputati (nell’aprile 2012) acquisirono contezza della impossibilita’ di realizzare il progetto immobiliare nel quale era ricompresa l’edificazione dell’abitazione oggetto di opzione su futuro preliminare di vendita, avrebbero senz’altro dovuto 4 restituire la somma ricevuta a titolo di acconto; tale inadempimento integrerebbe dunque gli estremi del fatto tipico di penale rilevanza, avendo gli agenti acquisito come proprio il denaro ricevuto a titolo di acconto in vista dell’acquisto di cosa futura.

 

Appropriazione somma acconto compravendita non conclusa

 

1.2.1. Occorre, ad avviso del Collegio, preliminarmente definire gli elementi strutturali del delitto di appropriazione indebita (cosi’ qualificata gia’ in primo grado la truffa contestata dal p.m.) per come differenziatasi, nel corso dei secoli XVIII e XIX, tale fattispecie dal coacervo identitario del furto (la cui offensivita’ rimase focalizzata sul momento della “sottrazione” al possessore), per assumere prima le vesti del “furto improprio” (offensivo della proprieta’ disgiunta dal possesso), di poi, con la codificazione francese del 1810, quelle dell’abuse de confiance. Tale carattere rimase immanente in tutte le codificazioni preunitarie, cosi’ come nel codice sardo-italiano, confluendo con la codificazione del 1889 nella fattispecie descritta all’articolo 417 del codice “Zanardelli”: chiunque si appropria, convertendola in profitto di se’ o d’un terzo, una cosa altrui che gli sia stata affidata o consegnata per qualsiasi titolo che importi l’obbligo di restituirla o di farne un uso determinato, e’ punito, a querela di parte….
Cio’ che caratterizzava l’appropriazione indebita era, ed e’ ancor oggi, la lesione del diritto di proprieta’ o di altro diritto reale dall’offesa portata mediante l’abuso di un possesso non delittuosamente conseguito. Gia’ da queste premesse traspare dunque con evidenza la ratio della incriminazione: consegue che il fatto non puo’ definirsi tipico tutte le volte in cui il titolo del possesso e’ tale da trasferire nel possessore anche la titolarita’ della cosa mobile o del denaro, “ancorche’ la cosa siasi data in corrispettivo di una prestazione futura, poscia non eseguita” (in questi precisi termini la dottrina coeva alla codificazione del 1930, che oriento’ in allora le scelte del legislatore).
Con il reato di appropriazione indebita il legislatore del 1930 ha quindi inteso incriminare il fatto di chi, al fine di trarne profitto per se’ o per altri, avendo solo il possesso della cosa mobile, dia alla stessa -nolente domino- una destinazione incompatibile con il titolo e le ragioni che ne giustificano il possesso, anche nel caso in cui si tratti di una somma di danaro (Sez. 2, n. 12869, del 8/3/2016, Rv. 266370). Cio’ posto, deve subito rammentarsi che sullo specifico punto oggetto della deduzione difensiva questa stessa sezione della Corte (sent. n. 15815 del 8/3/2017, Rv. 269462) ha avuto moto di affermare il seguente principio: “Non integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del promittente venditore che, a seguito della risoluzione del contratto preliminare per l’acquisto di un immobile, non restituisca al promissario acquirente la somma ricevuta a titolo di acconto sul prezzo pattuito. In motivazione, si e’ precisato che a seguito della dazione, la somma di denaro e’ entrata definitivamente a far parte del patrimonio dell’accipiens, senza alcun vincolo di impiego, con la conseguenza che, nel caso di in cui il contratto venga meno tra le parti, matura solo un obbligo di restituzione che, ove non adempiuto, integra esclusivamente un inadempimento di natura civilistica.
Il principio e’ stato gia’ piu’ volte espresso, ove si tratti di somme ricevute a titolo di acconto, da Sez. 2 (n. 29424, del 15/6/2011, Rv. 251026), avversata in forma isolata da altra pronuncia (Sez. 2 n. 48136, del 21/11/2013, Rv. 257483), che tuttavia non affronta il tema della necessaria violazione del vincolo di destinazione imposto alla somma consegnata. Piu’ in generale sul tema della “altruita’” penalmente rilevante: Sez. 2, 27540/2009; mentre sul concetto di “altruita’ e vincolo di destinazione” occorre confrontarsi con l’arresto a Sez. U. (ancorche’ con riferimento a differente rapporto obbligatorio) n. 37954 del 25/05/2011, Rv. 250974; sul concetto di “altruita’” non strettamente civilistico si veda pure Sez. U. n. 1327/2005.
Piu’ recentemente, ancora questa stessa sezione (n. 37820 del 26/11/2020, Rv. 280465), con riferimento alla vendita di cosa altrui, ha pure affermato che: Integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del venditore di cosa di terzi che si impossessi dell’importo corrisposto a titolo di acconto sul prezzo pattuito, violando, attraverso l’utilizzo personale, la specifica destinazione di scopo ad esso impressa dal proprietario al momento della consegna, atteso che tale somma di denaro e’ vincolata all’acquisito di un bene determinato e non rientra nella proprieta’ del venditore, che non puo’ usufruirne liberamente, dovendola destinare al reperimento del bene posto in vendita, da trasferire immediatamente all’acquirente. In motivazione si e’ avuto modo di specificare che nella vendita di cose di terzi il venditore riceve dal compratore un acconto sul prezzo, che viene pero’ specificamente “destinato” all’acquisizione di quel determinato bene; la somma di denaro, pertanto, non si confonde con il patrimonio finanziario del venditore, che non puo’ certo usufruirne ad libitum, dovendo invece destinarla al reperimento di quella specifica cosa che ha proposto in vendita, pur non essendone ancora venuto in possesso. La vendita di cose di terzi e’ infatti contratto con effetti obbligatori, comportando per il venditore l’onere di reperire il bene e trasferirlo immediatamente all’acquirente, con la necessaria conseguenza che il mancato reperimento del bene altrui proposto in vendita e l’acquisizione della somma ricevuta a titolo di acconto integra proprio l’ipotesi di appropriazione indebita. La pronuncia si pone in continuita’ con Sez. 2, n. 50672/2017, che valorizza ai fini della integrazione della fattispecie la violazione del vincolo fiduciario di destinazione imposto al denaro consegnato all’accipiens.

 

Appropriazione somma acconto compravendita non conclusa

 

Nei contratti a prestazioni corrispettive, qualora oggetto della condotta appropriativa sia il denaro, e’ necessario quindi che l’agente violi, attraverso l’utilizzo personale, la specifica “destinazione di scopo” ad esso impressa dal contraente al momento della consegna, non essendo sufficiente il semplice inadempimento all’obbligo di restituire somme in qualunque forma ricevute in prestito o in acconto (Sez. 2, n. 24857 del 21/04/2017, Rv. 270092, in tema di mutuo). In questa direzione volgeva, del resto, gia’ la dottrina che aveva orientato le scelte del legislatore: si sosteneva infatti che se si tratta di un contratto per effetto del quale la parte ricevente abbia acquisito la proprieta’ delle cose fungibili, con l’obbligo di restituirne altrettante nella specie e qualita’, la mancata restituzione da’ luogo soltanto ad un torto civile, giammai al delitto di appropriazione indebita. Puo’ dunque pacificamente ancor oggi affermarsi che l’elemento qualificante (come penalmente rilevante) l’inadempimento dell’obbligo di restituzione delle somme ricevute a titolo di acconto sul futuro prezzo va individuato nella eventuale sussistenza di un “vincolo specifico di destinazione” impresso alla somma consegnata, potendo conseguentemente ritenersi integrati gli estremi del reato laddove l’accipiens violi tale specifica destinazione di scopo, distogliendo la ragione del possesso dalla sua causa (giur. costante: Sez. 2, n. 56935 del 31/10/2018, Rv. 274257; Sez. 2, n. 57383 del 17/10/2018, Rv. 274889; Sez. 2, n. 17693, del 17/1/2018, in tema di mandato; Sez. 2, n. 50672 del 24/10/2017, Rv. 271385: Ai fini della configurabilita’ del delitto di appropriazione indebita, qualora oggetto della condotta sia il denaro, e’ necessario che l’agente violi, attraverso l’utilizzo personale o altro tipo di distrazione non autorizzata, la specifica destinazione di scopo che esso puo’ avere, non essendo sufficiente il solo mancato versamento del denaro a chi e’ in astratto legittimato a riceverlo. In continuita’ con Sez. 2, n. 43119/2016, 25281/2016, 50156/2013, 46256/2013, 46586/2011; principio ribadito anche in sede civile da Sez. 3 civ., n. 14256, del 8/7/2020, Rv. 658331).
1.2.2. Occorre dunque chiarire in fatto, nella fattispecie oggetto di imputazione, i termini del procedimento negoziale sul quale si formo’ l’accordo, al fine di verificare se il ritenuto inadempimento possa integrare “oltre il torto” civile anche gli estremi del reato di appropriazione indebita del denaro detenuto a titolo di acconto sul prezzo della promessa di futura vendita immobiliare (di cosa da edificare su suolo di un terzo) oggetto di opzione.
1.2.2.1. La Corte territoriale ha riportato -a pag. 7 della sentenza impugnata- il testo del documento sottoscritto dalle parti’ all’atto della consegna degli assegni circolari conferiti in acconto “in attesa di procedere alla stipula del contratto preliminare di vendita riguardante l’immobile sito in…. l’acquirente consegna la somma di Euro 5.000, come da assegni allegati…”. Tale negozio va qualificato come patto di opzione (Sez. 2 civile, n. 28762 del 30/11/2017, Rv. 646533), funzionale alla conclusione del contratto preliminare di compravendita immobiliare, che produce effetti solo obbligatori (Sez. 2 civile, n. 30083 del 19/11/2019, Rv. 656202), ma che certamente non imprime al denaro consegnato alcun vincolo di destinazione.
Orbene, alla luce dei principi innanzi richiamati e scontato l’inadempimento della obbligazione pecuniaria restitutoria in conseguenza dell’aborto della iniziativa immobiliare progettata (non si riusci’ a realizzare neppure l’acquisto del suolo avente vocazione edilizia), la condotta accertata in fatto sarebbe suscettibile di colorarsi di penale illiceita’ soltanto se sull’acconto versato al promittente futuro venditore fosse stato imposto un preciso vincolo di destinazione, tradito poi dall’accipiens; il che non corrisponde a quanto accertato nella sede propria del merito, ove e’ stata raggiunta la prova del mero rifiuto di restituire le somme versate in acconto sul prezzo della futura ed eventuale vendita. In tal caso, dunque, la somma versata a titolo di acconto, stante la naturale fungibilita’ del denaro, si e’ confusa nel patrimonio dell’accipiens, perdendo il carattere della “altruita’”, diversamente da quanto sarebbe accaduto per altra cosa mobile infungibile, che avrebbe viceversa mantenuto il suo carattere identitario nonostante la traditio. Tale ermeneusi si pone del resto in continuita’ con quella giurisprudenza di legittimita’ secondo la quale ove la somma “non sia stata corrisposta al percettore con uno specifico mandato atto a tracciare la destinazione finale della somma stessa – il che determinerebbe in capo all’accipiens la posizione di mero detentore del denaro che resterebbe fino all’esecuzione del mandato di proprieta’ del dante causa – ma sia stata invece erogata a titolo di prezzo, parziale o totale di una normale compravendita, l’ipotesi della appropriazione indebita non puo’ essere configurata. Cio’, per l’assorbente rilievo che attraverso la dazione del prezzo il bene e’ passato definitivamente in proprieta’ dell’accipiens, il quale, a sua volta, non potra’ che essere tenuto all’adempimento dell’obbligazione contratta: vale a dire la consegna del bene compravenduto” (Sez. 2, n. 24669, del 21/6/2007, ric. Adinolfi, n. m.; in continuita’ con Sez. 2, n. 5732 del 5/2/1982 Rv. 154152, riferita alla consegna della caparra).
Nella fattispecie, l’acconto versato non si caratterizzava per alcun impiego vincolato: di conseguenza, entrando la somma di denaro a far parte del patrimonio finanziario dell’accipiens, a carico di costui, nel caso di sopravvenuta impossibilita’ di addivenire al preliminare, matura il solo obbligo di restituzione, che, ove non adempiuto, integra gli estremi di un inadempimento contrattuale di natura civilistica.
1.3. Il fatto descritto in imputazione, cosi’ come qualificato nel giudizio di merito, non e’ tipico per difetto della altruita’ del denaro posseduto a titolo di acconto sul futuro prezzo e, dunque, non sussiste.
La sentenza impugnata va conseguentemente annullata senza rinvio, alla stregua del seguente principio di diritto: “Non integra il delitto di appropriazione indebita ma, eventualmente, solo un inadempimento civilistico, la condotta dell’agente che si rifiuti di restituire il denaro per il quale – al momento della consegna – non sia stata pattuita, con il proprietario del medesimo, una destinazione specifica, in quanto il bene, entrando a far parte del patrimonio dell’accipiens, diventa di sua proprieta’.
Di conseguenza, costituisce mero inadempimento civilistico, la condotta del soggetto opzionato in vista della promessa di vendita di cosa futura che, a seguito della impossibilita’ di adempiere, non restituisca al soggetto opzionante la somma ricevuta a titolo di acconto sul prezzo futuro pattuito, in quanto la somma non e’ stata corrisposta al percettore con uno specifico vincolo di destinazione, ma e’ stata erogata a titolo di prezzo, parziale, della futura compravendita”.
Restano assorbiti dalla decisione gli ulteriori motivi di ricorso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

 

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