L’applicazione delle misure cautelari personali

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 13 maggio 2020, n. 14840.

Massima estrapolata:

In tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma indica, invece, la continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare.

Sentenza 13 maggio 2020, n. 14840

Data udienza 22 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Omicidio aggravato – Delitto tentato – Lesioni gravi – Continuazione – Misura cautelare – Presupposti – Articoli 299 e 310 cpp – Esigenze – Articoli 274 e 275 bis cpp – Gravi indizi di colpevolezza – Valutazione del giudice di merito – Criteri

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Venezia in data 20/9/2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere RENOLDI Carlo;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale ORSI Luigi, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona in data 8/5/2019, (OMISSIS) era stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere applicata nel procedimento che lo vedeva indagato per il delitto di cui agli articoli 56, 575 e 577 c.p., comma 1, n. 1), per avere compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della moglie, colpendola con un’arma da taglio, verosimilmente un coltello a serramanico, senza riuscirvi a causa dell’intervento di un passante, tale (OMISSIS), e del figlio della coppia, (OMISSIS) (capo A), del delitto di cui agli articoli 81 cpv. e 582 c.p., articolo 583 c.p., comma 1, n. 1), e articolo 585 c.p., anche in relazione all’articolo 576 c.p., n. 1, e all’articolo 577 c.p., comma 1, n. 1), perche’ con piu’ azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, commesse al fine di eseguire il reato di cui al capo A), aveva colpito alla schiena il figlio con la predetta arma, cagionando un pericolo per la vita del congiunto (capo B), nonche’ del delitto di cui agli articoli 81 cpv., 582 e 585, anche in relazione all’articolo 576 c.p., n. 1, perche’, con piu’ azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, dopo la prima aggressione aveva colpito, sempre con la stessa arma, il gia’ citato (OMISSIS), al torace e all’addome (capo C); fatti commessi in (OMISSIS). Con lo stesso provvedimento, il Giudice procedente aveva rinvenuto le esigenze cautelari di cui alle dell’articolo 274 c.p.p., lettera b) e c).
1.1. Successivamente, la Difesa dell’indagato aveva chiesto l’applicazione degli arresti domiciliari presso l’abitazione del figlio (OMISSIS), in (OMISSIS), sita in contesto territoriale distante da quello in cui erano maturati i fatti e in cui si trovava la moglie. Tuttavia, con provvedimento del 21/6/2019, il Giudice per le indagini preliminari di Verona rigetto’ l’istanza ritenendo di non poter fare affidamento sulle capacita’ autocustodiali dell’indagato, considerato soggetto privo di autocontrollo e incapace di contenere i propri impulsi aggressivi, tanto nei confronti della moglie quanto di terze persone.
1.2. Con ordinanza in data 20/9/2019, il Tribunale del riesame di Venezia respinse l’appello, proposto nell’interesse di (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 310 c.p.p., avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza ex articolo 299 c.p.p., confermando l’attuale sussistenza delle esigenze cautelari gia’ ritenute in sede genetica.
2. Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione lo stesso (OMISSIS), per mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deducendo quattro distinti motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo di essi, il ricorso lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274 c.p.p., lettera b) e c). Il Tribunale del riesame, dopo avere dato atto della confessione dell’indagato e del pentimento dallo stesso palesato in sede di udienza di convalida per un episodio certo grave, ma comunque isolato nel corso della sua vita (essendo i precedenti penali non specifici e comunque lontani nel tempo), ne avrebbe contraddittoriamente sminuito i cennati indizi di resipiscenza, ritenuti strumentali, attribuendo a (OMISSIS) una personalita’ fredda e calcolatrice, da esperto criminale, smentita dai modesti precedenti penali e, in ogni caso, in contrasto con la rappresentazione, compiuta dal Collegio veneziano, di persona facile all’ira e incapace di autocontrollo, non confermata dal certificato penale, essendo i fatti “oggettivamente isolati nei 53 anni di vita dell’indagato, privo di precedenti specifici e di violenza contro le persone, le cui condanne risalgono indietro nel tempo” ed essendo il ferimento del passante e del figlio del tutto accidentali.
Inverosimile sarebbe, poi, il prospettato pericolo che l’indagato, per un impeto di rabbia, potesse abbandonare gli arresti domiciliari nel cosentino al fine di percorrere piu’ di un migliaio di chilometri e di raggiungere la moglie nel veronese, considerato che nel tragitto egli verrebbe sicuramente intercettato e arrestato.
Quanto, poi, alla ritenuta preordinazione, le modalita’ del fatto sarebbero in realta’ indicative di una reazione emotiva nel mezzo di un’animata discussione con la moglie, colpita con un piccolo coltello costituente arnese da lavoro; e anche il successivo allontanamento dell’indagato dal luogo dei fatti, per circa due ore, non potrebbe essere enfatizzato, dato lo stato di sconforto, pentimento e apprensione per la salute dei familiari dimostrato dal suo tentativo di contattarli telefonicamente, piu’ volte, immediatamente dopo l’accaduto, per giungere poi a costituirsi spontaneamente, da solo, in caserma.
Inoltre, la rappresentazione della personalita’ di (OMISSIS) quale soggetto iroso e incapace di autogestione sarebbe smentita dal fatto che in carcere egli abbia mantenuto una buona condotta inframuraria.
Quanto alla non immediata disponibilita’ del cd. braccialetto elettronico, tale situazione non potrebbe essere valutata a sfavore dell’interessato. (OMISSIS), vista la severa analisi sulla propria personalita’, sembrerebbe non poter nutrire speranze di una futura attenuazione della misura, dato che qualsiasi sua condotta positiva (quand’anche riparatoria) verrebbe interpretata come “strategia processuale” e non genuina resipiscenza.
Il giudizio di pericolosita’, ancora, non sarebbe conforme alla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui il pericolo di altri delitti debba essere “concreto e attuale” nel senso che debba prevedersi un’occasione prossima favorevole alla commissione di nuovi reati, nella specie mancante, avendo il Tribunale del riesame illogicamente ipotizzato che (OMISSIS), per reiterare il delitto, possa percorrere oltre mille chilometri per recarsi in provincia di Verona per aggredire la moglie.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la omessa motivazione in punto di attualita’ del pericolo di reiterazione del reato e di previsione che si presenti l’occasione per compiere ulteriori delitti, avendo la Difesa di (OMISSIS) richiamato la ricordata giurisprudenza di legittimita’ in punto di attualita’ del pericolo di reiterazione del reato, senza che il Tribunale del riesame affrontasse la questione.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denunzia, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione della legge processuale penale, nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla violazione del principio di concretezza e attualita’ delle esigenze cautelari, essendo stata la prognosi di pericolosita’ dell’indagato fondata su mere congetture basate sulla gravita’ del singolo accadimento e su una pregiudizievole valutazione sulla personalita’ di (OMISSIS), non suffragata da comportamenti concreti o dai precedenti penali, tenuto conto della occasionalita’ dei fatti criminosi contestati, tutti commessi nel medesimo contesto spazio – temporale, in assenza dei caratteri di durata e persistenza, essendo stati (OMISSIS) e (OMISSIS) attinti solo perche’ frappostisi, con violenza fisica, tra l’indagato e la moglie. Ne’ sarebbero configurabili collegamenti con ambienti criminali, che potrebbero aiutare l’indagato anche in un’eventuale tentativo di fuga. Dunque, la gravita’ del fatto contestato sarebbe stata ritenuta, erroneamente, come elemento da solo sufficiente a dipingere negativamente la personalita’ del ricorrente.
2.4. Con il quarto motivo, il ricorso deduce, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione della legge processuale penale, nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione al principio della proporzionalita’ e dell’adeguatezza della misura coercitiva, che sarebbero state apoditticamente motivate. La misura massima potrebbe essere applicata e mantenuta solo quando risulti essere l’unica idonea a tutelare la collettivita’; requisito che non potrebbe ritenersi soddisfatto con un astratto richiamo alla gravita’ del reato, dalla quale, del tutto ipoteticamente, si farebbe discendere un giudizio di pericolosita’ tale da rendere inadeguata ogni altra misura diversa dalla custodia inframuraria. Nello specifico, sarebbero, infatti, assenti dal curriculum vitae di (OMISSIS), elementi – quali condanne o denunce per evasione o inosservanza degli obblighi prescritti dall’autorita’ giudiziaria, etc. – che possano lasciar presumere l’inosservanza dell’eventuale permanenza domiciliare in (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Il provvedimento impugnato ha ben motivato, con cadenze logiche immuni da censure, innanzitutto in relazione alle ragioni della permanenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale del riesame ha, infatti, sottolineato che (OMISSIS) risultava gravato da diversi precedenti penali (quali: sottrazione consensuale di minorenni, commesso nel (OMISSIS), furto in concorso, del (OMISSIS), ricettazione in concorso, nel (OMISSIS) e (OMISSIS)) e soprattutto che, considerate le particolari circostanze e modalita’ del fatto e la sua personalita’, caratterizzata assai negativamente dall’episodio di violenza indiscriminata di cui si era reso responsabile, doveva ritenersi pericoloso. E cio’ non soltanto rispetto alla moglie, ma nei confronti di chiunque, tenuto conto del fatto che (OMISSIS) aveva accoltellato anche un passante e il figlio, frappostisi tra lui e la donna, con cio’ palesando un’assoluta mancanza di autocontrollo anche nei confronti di terzi soggetti. Una pericolosita’ attuale e concreta, non attenuata dall’esiguo tempo trascorso dai fatti, ne’ dalla breve esperienza carceraria, e confermata dai precedenti penali, pur non specifici, ma comunque indicativi di una generale incapacita’ dell’indagato ad attenersi ai precetti dell’ordinamento e di una propensione alla violazione degli stessi. Ne’, secondo il Tribunale, l’ammissione di responsabilita’ da parte dell’indagato poteva essere considerata espressione di autentica resipiscenza, indicativa di un’attenuata pericolosita’ sociale, essendo la stessa dettata dall’impossibilita’ di negare l’evidenza piu’ che da un’autentica rivisitazione critica dei propri agiti delittuosi.
Quanto alla scelta della misura cautelare applicabile, il Tribunale del riesame ha sottolineato come la restrizione carceraria fosse l’unica in grado di contenere l’indole particolarmente violenta dell’indagato e la sua totale incapacita’ di autocontrollo, ammessa persino dall’interessato, il quale aveva riferito di essersi trovato, al momento dell’aggressione alla moglie, in uno stato d’ira cosi’ profondo da non riuscire piu’ a contenersi; e come essa misura fosse perfettamente proporzionata alla estrema gravita’ dei fatti. Inoltre, non essendo egli in grado di esercitare la necessaria autodisciplina, doveva ritenersi probabile che potesse allontanarsi dal luogo di privata dimora, in preda a un impeto d’ira, per commettere nuovi gesti violenti, tanto nei confronti della moglie, raggiungendola anche a molti chilometri di distanza, quanto nei confronti di altri soggetti.
Il Tribunale del riesame ha, inoltre, ritenuto che la misura degli arresti domiciliari, pur assistita dalle procedure di controllo di cui all’articolo 275-bis c.p.p., non fosse idonea a garantire l’esigenza cautelare di cui all’articolo 274 c.p.p., lettera c), non essendo il c.d. braccialetto elettronico in grado di garantire l’immediata reperibilita’ del sottoposto, il quale avrebbe potuto sfruttare i momenti immediatamente successivi all’evasione per dare sfogo alle proprie pulsioni criminali.
3. Alla luce di quanto riassunto, deve, dunque, ritenersi che il Tribunale del riesame, nel valutare l’appello proposto nell’interesse dell’indagato, non abbia ecceduto i limiti di una fisiologica opinabilita’ di apprezzamento di merito, esplicitando, in maniera congrua e logica, le ragioni poste a fondamento di tale giudizio, in punto sia di persistenza delle gia’ ritenute esigenze cautelari, sia di inidoneita’ delle misure non carcerarie a contenere il pericolo di reiterazione.
In proposito, va, peraltro, ricordato, tenuto conto delle censure difensive mosse con i primi due motivi di ricorso, che l’espressa previsione del requisito dell’attualita’ del pericolo di reiterazione del reato, in aggiunta a quello della concretezza, introdotta dalla L. 16 aprile 25, n. 47 nel testo dell’articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera c), pone a carico del giudice l’onere di motivare sulle ragioni per cui ritiene sussistenti entrambi i presupposti per l’applicazione o il mantenimento di una misura (Sez. 3, n. 12921 del 17/2/2016, Mazzilli, Rv. 266425; Sez. 2, n. 50343 del 3/12/2015, Capparelli, Rv. 265395). Nondimeno, diversamente da quanto opinato dalla Difesa dell’odierno indagato, il requisito della attualita’ non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma sta, invece, ad indicare la continuita’ del pericu/um libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si e’ manifestata la potenzialita’ criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettivita’ del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare e’ chiamata a realizzare (Sez. 5, n. 33004 del 3/5/2017, Cimieri, Rv. 271216; Sez. 2, n. 18745 del 14/4/2016, Modica, Rv. 266749; Sez. 6, n. 3043 del 27/11/2015, Esposito, Rv. 265618; Sez. 6, n. 15978 del 27/11/2015, Garrone, Rv. 266988). Dunque, non e’ necessario, da parte del giudice, verificare l’esistenza di “occasioni di riproduzione” della condotta illecita, le quali si connotano come elementi “non dominabili” da parte del soggetto e, quindi, del tutto incerti, dovendo, invece, ancorarsi il giudizio prognostico unicamente alla rigorosa e complessiva valutazione dei comportamenti e delle modalita’ di realizzazione dei fatti attribuiti al soggetto e non alla individuazione di occasioni prossime facilitanti la riproduzione del reato (in tal senso, ex plurimis, Sez. 1, n. 54163 del 21/9/2018, Foniqi, non massimata; Sez. 4, n. 27420 del 3/5/2018, M., in motivazione; Sez. 5, n. 49038 del 14/6/2017, Silvestrin, Rv. 271522; Sez. 5, n. 33004 del 3/5/2017, Cimieri, Rv. 271216; Sez. 5, n. 31676 del 4/4/2017, Lonardoni, Rv. 270634).
Un giudizio predittivo che, nel caso di specie, e’ stato formulato a partire da solide massime tratte dall’esperienza giudiziaria, applicate alla stregua di criteri di inferenza logica correttamente applicati, sia per quanto concerne il pericolo di reiterazione dei reati, sia per quanto attiene il pericolo di fuga, piu’ propriamente ricostruito, dai Giudici di merito, nei termini di una qualificata probabilita’, in ragione del deficit di autocontrollo palesato in occasione del gravissimo episodio per cui si procede, che l’uomo si sottraesse alla eventuale misura al fine di ripetere le condotte di rilevanza penale.
A fronte di tale apprezzamento, che, si ribadisce, non appare inficiato da alcun profilo di illogicita’ manifesta, l’odierno ricorso si e’ limitato sostanzialmente a riproporre le ragioni gia’ evidenziate con l’originario appello – connotandosi, dunque, in termini di sostanziale aspecificita’ – nel tentativo di sollecitare una mera rivalutazione, pacificamente preclusa in sede di legittimita’, degli elementi fattuali posti fondamento della prognosi sfavorevole articolata in sede di merito, donde il giudizio conclusivo di inammissibilita’ delle censure dedotte.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Si provveda a norma dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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