Appello avverso una sentenza di applicazione di una misura di sicurezza personale

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 6 giugno 2019, n. 25207.

La massima estrapolata:

È legittima la decisione che il tribunale di sorveglianza, investito dell’appello avverso una sentenza di applicazione di una misura di sicurezza personale nei confronti di un imputato prosciolto per totale incapacità di intendere e di volere al momento del fatto, abbia assunto con ordinanza, anziché con sentenza, in quanto nel procedimento dinanzi a detto tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 599, comma 1, cod. proc. pen., il quale rimanda alle forme dell’udienza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen.(In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto manifestamente infondato il motivo con cui il ricorrente lamentava l’illegittimità della decisione assunta dal tribunale di sorveglianza con ordinanza depositata due giorni dopo l’udienza, anziché con sentenza, dando lettura del dispositivo).

Sentenza 6 giugno 2019, n. 25207

Data udienza 15 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SANDRINI Enrico G. – Presidente

Dott. BONI Moni – rel. Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere

Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 23/05/2018 del TRIB. SORVEGLIANZA di SALERNO;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa MONICA BONI;
lette le conclusioni del PG, Dott.ssa Coccomello Assunta, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di sorveglianza di Salerno, investito dell’appello proposto da (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 680 c.p.p. avverso la sentenza del Tribunale di Salerno, che in data 20 novembre 2017 lo aveva prosciolto dai reati di cui agli articoli 337, 582 e 585 c.p., perche’ non imputabile al momento dei fatti e gli aveva applicato la misura di sicurezza del ricovero presso una Rems per un periodo non inferiore a due anni, respingeva l’impugnazione. Osservava che, in base agli accertamenti condotti dal perito era emerso nell’imputato un grave disturbo della personalita’, che determinava il compimento di comportamenti antisociali ed aggressivi, sicche’ unica misura adeguata e’ quella applicata dal Tribunale.
2. Avverso la decisione ha proposto ricorso il condannato a mezzo del difensore, il quale ha dedotto inosservanza dell’articolo 680 c.p.p., comma 2, degli articoli 125 e 546 c.p.p. e carenza di motivazione. Secondo la difesa, il Tribunale di sorveglianza, pur investito dell’impugnazione quale giudice di secondo grado, non ha pronunciato sentenza, dando lettura del dispositivo e ha depositato la decisione, assunta nella forma dell’ordinanza, due giorni dopo l’udienza, ritenendo di trattare un procedimento di esecuzione. Pertanto, l’ordinanza non presenta i requisiti, prescritti a pena di nullita’ dagli articoli 125 e 546 c.p.p.. Inoltre, il provvedimento non ha trattato il motivo di impugnazione col quale si era chiesta la sostituzione della misura del ricovero presso una Rems con la liberta’ vigilata in conformita’ ai rilievi del perito il quale aveva espresso la necessita’ di sottoporre l’ (OMISSIS) ad un piano terapeutico riabilitativo della durata di sei mesi con possibilita’ di successiva rivalutazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ inammissibile perche’ basato su motivi manifestamente infondati e non sorretti da concreto ed attuale interesse.
1. Con l’unico motivo di ricorso, dal contenuto promiscuo, la difesa si duole in primo luogo dell’inosservanza delle disposizioni processuali che regolano le impugnazioni ed in particolare di quelle che dettano i requisiti della sentenza, comminando la sanzione della nullita’ per la loro eventuale carenza, cui sarebbe soggetta anche la decisione del tribunale di sorveglianza sull’appello proposto ai sensi dell’articolo 680 c.p.p..
1.1 Osserva la Corte che l’articolo 205 c.p. prevede che le misure di sicurezza siano ordinate dal giudice nella stessa sentenza di condanna o di proscioglimento; l’applicazione con provvedimento successivo e’ possibile, in caso di sentenza di proscioglimento, qualora la qualita’ di persona socialmente pericolosa sia presunta e non sia decorso un tempo corrispondente alla durata minima della relativa misura di sicurezza, salvo il previo accertamento della persistente pericolosita’ sociale. Ai sensi dell’articolo 579 c.p.p., comma 2 e articolo 680 c.p.p., competente a decidere l’impugnazione contro le disposizioni della sentenza di proscioglimento concernenti le misure di sicurezza e’ il tribunale di sorveglianza.
1.2 In effetti la disposizione dell’articolo 680 c.p.p., comma 3, dispone che l’appello che venga proposto avverso provvedimento di sottoposizione del soggetto a misura di sicurezza sia soggetto alle norme generali previste per le impugnazioni; pertanto, il rinvio alla disciplina codicistica che regola in dettaglio i singoli rimedi impugnatori, nella specie l’appello, non e’ generalizzato ed automatico, ma subordinato alla verifica della loro compatibilita’ con il giudizio tipico demandato all’organo giudiziario competente al riesame della decisione di applicazione delle misure di sicurezza, ossia al tribunale di sorveglianza.
Pertanto, sebbene in via ordinaria le misure in questione possano essere applicate nel giudizio di cognizione dall’autorita’ giudiziaria chiamata a prendere conoscenza del reato ascritto all’imputato, che si pronuncia con sentenza, deve ritenersi che la trattazione del procedimento in grado di appello non pretenda necessariamente la celebrazione di udienza pubblica e l’assunzione della decisione nella forma della sentenza con conseguente lettura del dispositivo. Trattandosi di procedimento assegnato alla giurisdizione di sorveglianza, lo stesso e’ soggetto alle disposizioni di cui all’articolo 599 c.p.p., comma 1, che rimanda alle forme dell’udienza in camera di consiglio secondo le previsioni dell’articolo 127 c.p.p. (Cass., sez. 1, n. 50456 del 16/05/2017, Paraschiv, rv. 271479, in motivazione). Deve dunque ritenersi ritualmente pronunciata ordinanza, la cui motivazione, unitamente al dispositivo, e’ stata altrettanto correttamente depositata in cancelleria entro il termine di cinque giorni dall’udienza.
1.3 Sotto diverso profilo, va poi considerato che la violazione della disposizione di cui all’articolo 125 c.p.p., comma 1, laddove stabilisce che e’ la legge a prevedere quando il giudice pronuncia sentenza, ordinanza o decreto, non e’ assistita da autonoma sanzione di nullita’ e che nell’interpretazione offerta da questa Corte, per verificare la validita’ degli atti e provvedimenti del giudice, occorre aver riguardo non alla sola forma, quanto piuttosto alla loro sostanza ed agli effetti che essi sono idonei a produrre in coerenza con la funzione pratica cui assolvono secondo le previsioni esplicite o implicite del legislatore (sez. 1, n. 42472 del 2012, Cristini, rv. 253626; sez. 1, n. 2253 del 12/04/1995, P.M. in proc. Seminara, rv. 201291). Con le pronunce citate in conformita’ ai superiori principi si e’ negata l’abnormita’, in un caso, del provvedimento di applicazione in primo grado di misura di sicurezza, disposta con ordinanza contestuale, ma separata dalla sentenza di proscioglimento, nell’altro, della pronuncia di incompetenza, emessa nella forma dell’ordinanza, anziche’ in quella della sentenza.
1.4 Ebbene, nel caso di specie dall’avvenuta pronuncia di ordinanza in luogo di sentenza non e’ disceso per il ricorrente nessun tipo di pregiudizio, ne’ di ostacolo all’esercizio del diritto di difesa, che ha potuto esplicare, sia nella fase di appello, sia mediante la proposizione del ricorso per cassazione, il che rende inammissibile l’impugnazione per il difetto di un attuale e concreto interesse a far valere il denunciato vizio di inosservanza delle norme processuali
2. Non ha nessun fondamento anche la doglianza di carenza di motivazione in ordine alla richiesta di applicazione della misura di sicurezza meno afflittiva della liberta’ vigilata: il provvedimento impugnato, richiamati gli accertamenti peritali acquisiti nel giudizio di primo grado, si e’ attenuto al compito assegnato al tribunale di sorveglianza, chiamato a pronunciarsi sul gravame proposto ai sensi dell’articolo 680 c.p.p., comma 2, di riesaminare i profili, gia’ giudicati, della sussistenza della pericolosita’ sociale e della adeguatezza delle prescrizioni imposte per contenerla e ha dato ragione con congrua motivazione della decisione assunta, avendo ritenuto che l’unica misura adeguata al caso ed al concreto rischio di recidiva fosse quella disposta dal Tribunale di Salerno. In realta’, per come formulata, la censura e’ inammissibile in questa sede, avendo di mira la rivalutazione degli elementi di fatto considerati dal Tribunale di sorveglianza ed oggetto di completa e logica motivazione.
Per le considerazioni svolte il ricorso, palesemente infondato in tutte le sue deduzioni, va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti in siffatta impugnazione, anche al versamento di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 alla Cassa delle ammende.

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