Appalto quando sia richiesta l’eliminazione dei vizi

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 febbraio 2022| n. 4077.

In tema di appalto, quando sia richiesta l’eliminazione dei vizi per le opere già eseguite, ma non ancora ultimate, è esclusa l’operatività della speciale garanzia ex art. 1668 cod. civ., la quale presuppone il totale compimento dell’opera, mentre può essere fatta valere la comune responsabilità contrattuale ex artt. 1453 e 1455 cod. civ., non preclusa dalle disposizioni di cui agli artt. 1667 e 1668 cod. civ., i quali integrano, senza negarli, i normali rimedi in materia di inadempimento contrattuale

Ordinanza|9 febbraio 2022| n. 4077. Appalto quando sia richiesta l’eliminazione dei vizi

Data udienza 21 dicembre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto di appalto – Vizi dell’opera non ancora ultimata – Eliminazione – Operatività della speciale garanzia ex articolo 1668 c.c. – Esclusione – Cass. n. 9198/2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 3531/2017) proposto da:
(OMISSIS), (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) N.S.C., (C.F.: (OMISSIS)), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa, a mezzo di procura speciale allegata al controricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima, in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 2814/2016 (pubblicata in data 5 luglio 2016);
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21 dicembre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
letta la memoria depositata dal difensore del ricorrente ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..

Appalto quando sia richiesta l’eliminazione dei vizi

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato nel febbraio 2007 (OMISSIS) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Como, la s.n.c. (OMISSIS) chiedendo, una volta accertato l’inadempimento di quest’ultima rispetto alle obbligazioni di cui al contratto di appalto concluso tra le parti in data 14 maggio 2005, che venisse dichiarata la risoluzione del medesimo per fatto e colpa della convenuta, con conseguente condanna della medesima alla restituzione del corrispettivo gia’ pagato nella misura di Euro 74.000,00, oltre interessi, instando, in via subordinata, per la declaratoria del suo diritto all’ottenimento della riduzione del prezzo, con derivante condanna della stessa convenuta alla ripetizione di quanto dovuto da accertarsi tramite c.t.u., oltre al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese giudiziali, comprese quelle occorse per l’A.T.P..
La domanda veniva basata dall’attore sul ravvisato grave inadempimento della citata convenuta riconducibile alla parziale realizzazione delle opere pattuite con il suddetto contratto di appalto, oltretutto affette da numerosi vizi (indicati nello stesso atto introduttivo), ed al successivo abbandono del cantiere da parte dell’appaltatrice, con interruzione dei relativi lavori.
Si costituiva in giudizio la convenuta, la quale, in via preliminare, chiedeva l’autorizzazione ad estendere il contraddittorio nei confronti del direttore dei lavori, geom. (OMISSIS), per essere dallo stesso eventualmente manlevato, eccependo l’intervenuta prescrizione del diritto dell’attore con riferimento ai lavori “dentro il cancello” e contestando, comunque, l’avversa pretesa; in via riconvenzionale, instava per l’accertamento della legittimita’ del suo recesso comunicato il 16 novembre 2006, con conseguente condanna dello (OMISSIS) al risarcimento di tutti i danni, oltre che al pagamento del saldo di tutte le opere eseguire per un importo di Euro 17.514,63, o di quello ritenuto di giustizia.
Interveniva in giudizio anche il menzionato terzo geom. (OMISSIS), il quale, a sua volta, chiedeva di chiamare in causa la s.p.a. (OMISSIS) (per essere dalla stessa garantita in caso di sua eventuale condanna) e, nel merito, invocava il rigetto della domanda proposta nei suoi riguardi per difetto di legittimazione passiva e, in ogni caso, per la sua infondatezza.
Si costituiva in causa anche la suddetta compagnia assicuratrice, che eccepiva l’inoperativita’ della polizza e, comunque, chiedeva il rigetto delle domande avanzate nei suol confronti.

 

Appalto quando sia richiesta l’eliminazione dei vizi

All’esito dell’espletata istruzione probatoria, l’adito Tribunale, con sentenza n. 296/2014, dichiarava la risoluzione del contratto di appalto in relazione alle opere per le quali la societa’ (OMISSIS) aveva svolto domanda riconvenzionale, il difetto di legittimazione passiva del terzo (OMISSIS) e respingeva tutte le altre domande, regolando le complessive spese giudiziali.
2. Decidendo sull’appello formulato dallo (OMISSIS) e nella costituzione degli appellati s.n.c. (OMISSIS) e del (OMISSIS) (mentre la citata compagnia assicuratrice rimaneva contumace), la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 2814/2016 (pubblicata il 5 luglio 2016), respingeva il gravame, confermando l’impugnata sentenza, condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado in favore della citata societa’ e compensandole con il terzo chiamato in causa.
A fondamento dell’adottata pronuncia la Corte milanese – preliminarmente rilevando che fosse emersa la sussistenza dei vizi nell’esecuzione delle opere appaltate, considerandoli, pero’, non particolarmente apprezzabili e netti – evidenziava che il primo giudice, nella valutazione comparativa delle reciproche condotte delle parti contrattuali ed in dipendenza della variante del progetto originario richiesta dall’appellante il 2 novembre 2015, aveva correttamente ritenuto giustificato il comportamento dell’appaltatrice di mancata ultimazione delle opere per interruzione dei lavori, in conformita’ all’articolo 11) dello stesso contratto di appalto.
Di poi, il giudice di appello rilevava che altrettanto giustamente il Tribunale di Como, pur dichiarando la risoluzione del contratto per inadempimento della societa’ (OMISSIS) con riguardo ai vizi accertati dal c.t.u. (cosi’, contestualmente, respingendo la contrapposta domanda riconvenzionale della medesima societa’, che non aveva proposto appello incidentale riguardo a tale pronuncia), aveva escluso la sussistenza la fondatezza delle reciproche domande risarcitorie ritenendole sfornite di prova.
3. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, riferito a due motivi, lo (OMISSIS), resistito con controricorso soltanto dalla (OMISSIS), mentre gli altri due intimati non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.
La difesa del ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..

 

Appalto quando sia richiesta l’eliminazione dei vizi

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullita’ della sentenza per difetto di motivazione in violazione dell’articolo 161 c.p.c. e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e articolo 111 Cost., comma 6, con riguardo alla domanda subordinata svolta nel giudizio di primo grado e riproposta in appello, per non aver la Corte di appello spiegato, a fronte della dichiarata risoluzione del contratto, il perche’ l’impresa appaltatrice avesse diritto a trattenere l’intero importo dallo stesso pagato per Euro 81.400,00, nonostante la mancata esecuzione di parte delle opere appaltate per il relativo valore non inferiore ad Euro 20.162,08, corrispondente, percio’, alla riduzione del prezzo a cui aveva diritto esso ricorrente, con la conseguente condanna della societa’ (OMISSIS) al pagamento della relativa somma in suo favore.
2. Con la seconda censura il ricorrente ha dedotto – con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione degli articoli 1464 e 1668 c.c., in relazione alla domanda subordinata del prezzo dallo stesso svolta per le ragioni specificate nel precedente motivo.
3. Rileva, innanzitutto, il collegio che i due motivi possano essere esaminati congiuntamente perche’ tra loro all’evidenza connessi.
Essi sono infondati per le ragioni che seguono.
In primo luogo, si profila opportuno mettere in evidenza che risultano essere state pacificamente accertate le seguenti circostanze di fatto: – che lo (OMISSIS) aveva corrisposto l’intero prezzo relativo alle opere che l’appaltatrice avrebbe dovuto eseguire; – che le opere non furono ultimate con interruzione delle stesse ad opera dell’appaltatrice (per un corrispondente valore del “non eseguito” – secondo la prospettazione dello stesso (OMISSIS) – di Euro 20.162,08, cosi’ come risultante dalla c.t.u.), che si era, pero’, avvalsa della clausola di cui all’articolo 11) del contratto di appalto, con conseguente imputazione – secondo il giudice di appello (confermando sul punto la decisione di primo grado) – della responsabilita’ in capo al committente.
Sono, altresi’, risultate emerse le seguenti ulteriori circostanze: – che con la domanda originaria il ricorrente aveva chiesto, ancorche’ in via subordinata, la riduzione del prezzo ai sensi dell’articolo 1668 c.c., comma 1, domanda reiterata con l’atto di appello (come risultante dal relativo contenuto trascritto in ricorso e dallo stesso richiamo compiuto a pag. 4 dell’impugnata sentenza); – che la stessa era stata riferita all’allegata e riscontrata sussistenza di vizi nell’esecuzione delle opere parzialmente realizzate, come accertato dal c.t.u., le quali, per essere concluse, avrebbero richiesto l’esborso del citato importo di Euro 20.162,08; – che la Corte di appello, nella motivazione della sentenza qui impugnata, ha dato atto della sussistenza delle difformita’ realizzata dalla societa’ (OMISSIS) rispetto al progetto da eseguire, rilevandone la non trascuratezza, aggiungendo, pero’, che – come posto in risalto dallo stesso c.t.u. – lo (OMISSIS), con missiva del 22 novembre 2005, pur verificando lo stato dei luoghi, non aveva in proposito sollevato alcuna contestazione specifica circa le difformita’ lamentate, limitandosi a richiedere l’ultimazione delle opere; – che il giudice di appello, procedendo alla valutazione comparativa delle condotte delle parti, ha dichiarato la risoluzione del contratto di appalto, ritenendo – a fronte della variante del progetto originario richiesta dall’attore in data 2 novembre 2005, con autorizzazione concessa dall’Amministrazione comunale solo nel giugno 2006 legittima l’interruzione dei lavori da parte dell’appaltatrice, senza tuttavia assumere una espressa pronuncia sulla domanda subordinata di riduzione del prezzo (da ritenersi – secondo il ricorrente – corrispondente al citato importo necessario per l’ultimazione delle opere in modo compiuto e senza vizi).

 

Appalto quando sia richiesta l’eliminazione dei vizi

Chiariti questi punti fermi, si osserva che la risoluzione del contratto di appalto – nella comparazione complessiva tra le condotte delle parti – risulta dichiarata per essersi la ditta appaltatrice avvalsa della clausola di recesso di cui all’articolo 11) del contratto di appalto, relativa al diritto – percio’ ritenuto legittimamente esercitato – di interrompere i lavori per sopravvenute iniziative, in corso d’opera, del committente (come quella di aver richiesto, nella specie, una variante approvata in ritardo dal Comune).
Cio’, tuttavia, non elide la circostanza della sussistenza dei vizi (qualificati dalla Corte di appello “non trascurabili”, ancorche’ non tali da rendere del tutto inadatta l’opera alla sua destinazione futura) rispetto alle opere gia’ parzialmente eseguite dall’appaltatrice fatti valere dallo (OMISSIS) fin dalla citazione introduttiva ed accertati in sede di c.t.u. e il riferimento alla missiva della possibile mancata contestazione specifica circa le difformita’ comunque gia’ indicate con comunicazione stragiudiziale non avrebbe potuto far venir meno il diritto del ricorrente all’ottenimento della riduzione del prezzo del contratto (cfr. Cass. n. 21327/2018) – risolto con pronuncia giudiziale – gia’ interamente pagato alla ditta (OMISSIS), domanda alla quale lo stesso non ha mai espressamente rinunciato in giudizio. E la quantificazione di tale riduzione (sul presupposto pacifico che la ditta (OMISSIS) aveva gia’ ricevuto l’intero prezzo concordato in sede contrattuale) sarebbe potuta avvenire (v., ad es., Cass. n. 11409/2008) con la quantificazione del prezzo occorrente per il completamento dell’opera interrotta per l’eliminazione dei relativi vizi e la sua adizione alla destinazione progettualmente prevista (per l’appunto corrispondente – secondo i calcoli del c.t.u. – a quella richiesta dal ricorrente).
Tuttavia, pur in presenza del riportato quadro complessivo, e’ dirimente rilevare che la giurisprudenza di questa Corte ha univocamente statuito che, in tema di appalto, quando sia richiesta l’eliminazione dei vizi per le opere gia’ eseguite, ma non ancora ultimate, e’ esclusa l’operativita’ della speciale garanzia ex articolo 1668 c.c., la quale presuppone il totale compimento dell’opera, mentre puo’ essere fatta valere la comune responsabilita’ contrattuale ex articoli 1453 e 1455 c.c., non preclusa dalle disposizioni di cui agli articoli 1667 e 1668 c.c., in quali integrano, senza negarli, i normali rimedi in materia di inadempimento contrattuale (cfr. Cass. n. 1186/2015 e, da ultimo, Cass. n. 9198/2018).
Cio’ comporta che, nel caso di specie, poiche’ l’opera appaltata non era stata conclusa, l’articolo 1668 c.c., non puo’ operare e la sua violazione dedotta con il secondo motivo non puo’ ritenersi sussistente, dovendo operare gli ordinari criteri in materia di risoluzione contrattuale di cui agli articoli 1453 e 1455 c.c., la cui violazione, tuttavia, non era stata fatta valere nella controversia in questione.
E’ stata, infatti, denunciata solo l’asserita violazione dell’articolo 1464 c.c., ma infondatamente, non versandosi un una ipotesi in impossibilita’ parziale oggettiva sopravvenuta, non trascurandosi, peraltro, che l’interruzione dei lavori appaltati (con abbandono del cantiere il (OMISSIS)) e’ stata ritenuta legittimamente posta in essere dalla ditta appaltatrice che aveva poi receduto dal contratto (con missiva del 16 novembre 2006) per un motivo riconducibile all’operativita’ di un’apposita clausola contrattuale (circostanza non contestata) e, quindi, pervenendosi al riconoscimento, con l’impugnata sentenza, dell’insussistenza di un inadempimento a suo carico, dovendo imputarsi la mancata ultimazione delle opere nel termine concordato alla condotta del committente che aveva richiesto una variante in corso d’opera (con domanda del 2 novembre 2005), da cui la forzata sospensione dei lavori, approvata in un termine non breve (nel giugno 2006).
Non avendo, quindi, l’odierno ricorrente proposto un’azione giudiziale riconducibile alla violazione degli articoli 1453 e 1455 c.c., invocando la risoluzione del contratto (peraltro dichiarata, nella fattispecie, per colpa non imputabile all’appaltatrice) ed il correlato eventuale risarcimento del danno, ma insistendo – per quanto qui rileva – sulla domanda subordinata di riduzione del prezzo prevista dall’articolo 1668 c.c., le proposte censure devono essere ritenute infondate.
4. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Infine, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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