Appalto la denuncia dei vizi cui all’art. 1669 c.c. non ha natura processuale

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|24 novembre 2022| n. 34648.

Appalto la denuncia dei vizi cui all’art. 1669 c.c. non ha natura processuale

In tema di appalto, la denuncia dei vizi cui all’art. 1669 c.c. non ha natura processuale e pertanto può essere effettuata anche mediante un atto stragiudiziale. Ciò comporta che l’atto interruttivo della prescrizione ad essa relativo si perfeziona in forza dell’avvenuta conoscenza da parte del destinatario, senza che al riguardo possa trovare applicazione il principio di scissione degli effetti della notifica. (Nella specie, la S.C. nel rigettare il ricorso, ha ritenuto prescritta l’azione per essere spirato il termine annuale di cui all’art. 1669 c.c. all’atto della ricezione del ricorso, non rilevando all’uopo che il procedimento notificatorio fosse iniziato entro l’anno).

Sentenza|24 novembre 2022| n. 34648. Appalto la denuncia dei vizi cui all’art. 1669 c.c. non ha natura processuale

Data udienza 22 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Appalto – Vizi e difetti dell’opera – Accertamento tecnico preventivo con finalità conciliativa – Esecuzione dei lavori – Mera valenza conciliativa e non ricognitiva – Prescrizione annuale dell’azione – Sussistenza – Notifica dell’atto di citazione a prescrizione già maturata – Efficacia interruttiva – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 19443/2017) proposto da:
Immobiliare (OMISSIS) S.r.l., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), nel cui studio in (OMISSIS), ha eletto domicilio;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), nel cui studio in (OMISSIS), hanno eletto domicilio;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 140/2017, pubblicata il 3 febbraio 2017, notificata il 2 luglio 2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 settembre 2022 dal Consigliere relatore Dott. TRAPUZZANO Cesare;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Dell’Erba Rosa Maria, che ha chiesto che siano dichiarati: fondato il primo motivo, assorbiti il secondo, terzo, quarto e quinto motivo, inammissibili o infondati il sesto e settimo motivo; con il conseguente rigetto del ricorso, in quanto la seconda ratio decidendi, cui sono sottesi gli ultimi due motivi, e’ idonea da sola a sorreggere la decisione;
viste le memorie depositate dalle parti ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..

 

Appalto la denuncia dei vizi cui all’art. 1669 c.c. non ha natura processuale

FATTI DI CAUSA

1.- Con ricorso ex articolo 696-bis c.p.c., depositato il 22 giugno 2007, (OMISSIS) e (OMISSIS) – unitamente a (OMISSIS), la quale successivamente non ha proposto alcuna azione di merito – adivano il Tribunale di Genova, chiedendo, in confronto della Immobiliare (OMISSIS) S.r.l., la nomina di un consulente tecnico d’ufficio che accertasse lo stato attuale degli immobili di proprieta’ degli esponenti, ne verificasse i vizi e i difetti di esecuzione, quantificasse il costo delle correlate riparazioni e/o del rifacimento a regola d’arte e determinasse i crediti derivanti dal mancato o inesatto adempimento da parte del venditore.
All’uopo, i ricorrenti esponevano che avevano acquistato dall’Immobiliare (OMISSIS) S.r.l., in data 15 luglio 2005, due immobili contigui, siti in (OMISSIS), interni nn. 3 e 2, con relativi box pertinenziali, il cui tetto di copertura era costituito per 2/3 dal lastrico solare di proprieta’ dell’altra ricorrente (OMISSIS).
Si costituiva nel procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite la Immobiliare (OMISSIS) S.r.l., la quale deduceva di avere acquistato la proprieta’ degli immobili soltanto in data 12 aprile 2002 e di non avere direttamente eseguito i lavori sull’edificio in oggetto, neppure dopo tale data, in quanto gli interventi resisi necessari erano stati effettuati mediante conferimento di appalto a terzi; in ogni caso, eccepiva la prescrizione maturata ai sensi dell’articolo 1495 c.c., rilevava l’assoluta genericita’ della descrizione dei vizi contenuta nel ricorso nonche’ il fatto che i ricorrenti non avevano chiesto l’accertamento delle cause dei difetti lamentati – necessario perche’ sull’edificio erano stati eseguiti vari interventi nel corso degli anni, a cura di soggetti diversi, tra cui anche un’impresa incaricata dai medesimi ricorrenti -. Concludeva, pertanto, chiedendo che il Tribunale volesse comunque limitare l’indagine peritale ai vizi ritualmente e compiutamente denunciati, non essendo ammissibile un’indagine meramente esplorativa e dovendosi comunque tener conto degli interventi operati da altri soggetti.
All’esito, era espletata consulenza tecnica d’ufficio, senza che i vari tentativi di conciliazione posti in essere dall’ausiliario del Giudice si fossero perfezionati, pur avendo la societa’ resistente effettuato alcuni degli interventi richiesti dai ricorrenti.
2.- Successivamente, con atto di citazione notificato il 2 luglio 2009, (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano, davanti al Tribunale di Genova, la Immobiliare (OMISSIS) S.r.l., chiedendo che fosse accertata la responsabilita’ della convenuta e che, per l’effetto, quest’ultima venisse condannata al risarcimento dei danni materiali e patrimoniali subiti dagli attori, comprensivi dei costi necessari per l’eliminazione di tutti i vizi e i difetti evidenziati nella espletata consulenza tecnica d’ufficio, o – in subordine – alla riduzione del prezzo pagato per l’acquisto degli immobili e, in ogni caso, al risarcimento dei danni non patrimoniali patiti per i disagi al libero godimento dei beni nonche’ alla refusione di tutte le spese di perizia e di difesa giudiziale.
Al riguardo, sostenevano: che avevano acquistato dalla convenuta i suddetti immobili, con atti notarili del 15 luglio 2005; che il complesso residenziale in cui detti beni si trovavano era stato oggetto, da parte della societa’ convenuta, prima della vendita, di una serie di lavori atti a modificare, trasformare, disporre diversamente l’interna disposizione e restaurare una casa preesistente, frazionandola in piu’ unita’ immobiliari; che gli eseguiti lavori avevano causato una serie di vizi e difetti, che avevano interessato, in modo differente, oltre che le proprieta’ dei due esponenti, anche una proprieta’ terza; che, pertanto, avevano promosso il procedimento di accertamento tecnico preventivo, nel corso del quale era stata appurata una nutrita serie di vizi e difetti ed erano stati realizzati dalla convenuta alcuni interventi volti ad eliminare i vizi e i difetti evidenziati dal consulente tecnico d’ufficio; che quest’ultimo, in data 30 giugno 2008, stante la mancata proroga richiesta, aveva proceduto al deposito dell’elaborato peritale; che i vizi lamentati non avevano trovato soluzione.
Si costituiva in giudizio la Immobiliare (OMISSIS) S.r.l., la quale eccepiva: la decadenza degli attori da ogni diritto alla garanzia, al risarcimento, alla riduzione del prezzo, in quanto, ai sensi dell’articolo 1495 c.c., i lamentati vizi non erano stati denunciati entro 8 giorni dalla scoperta, ne’ era stata proposta l’azione nel termine di prescrizione di un anno dalla consegna del bene compravenduto; la propria carenza di legittimazione passiva, rispetto a domande che attenevano a pretesi danni provocati, nel corso degli anni, da terzi soggetti nonche’ rispetto a domande che attenevano a parti comuni condominiali; nel merito, l’infondatezza della pretesa, anche sotto il profilo dell’inattendibilita’ delle risultanze peritali acquisite in corso di accertamento tecnico preventivo, in quanto esorbitanti dalla stessa materia assegnata con il quesito posto. Concludeva, dunque, la convenuta per la dichiarazione di decadenza e di prescrizione nonche’ per il rigetto nel merito della domanda.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 3468/2010 del 20 settembre 2010, rigettava le domande proposte per vizi degli immobili compravenduti, in ragione dell’eccepita prescrizione ex articolo 1495 c.c., comma 3, essendo decorso oltre un anno dalla consegna dei beni in data 15 luglio 2005 sino alla notifica della citazione in giudizio e, ancora prima, al momento del deposito del ricorso introduttivo del procedimento di accertamento tecnico preventivo.
In merito, osservava che non potevano rilevare in contrario i lavori di parziale riparazione effettuati dalla convenuta durante il procedimento di accertamento tecnico preventivo, sia perche’ i termini di prescrizione erano allora gia’ maturati, sia perche’ detti interventi erano comunque privi di qualunque valore di riconoscimento di responsabilita’ e di assunzione di obbligo, giacche’ eseguiti in funzione di una conciliazione tra le parti, in osservanza di quanto previsto nel quesito assegnato al consulente tecnico d’ufficio.
3.- Con atto di citazione notificato il 18 marzo 2011, (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano appello avverso la sentenza di prime cure ed obiettavano: che la qualificazione del rapporto intercorso tra le parti non doveva essere ricondotta ad una semplice interpretazione letterale dei contratti di vendita immobiliare, ma doveva essere riportata nell’ambito dell’appalto; che, infatti, doveva essere riconosciuta l’applicabilita’ dell’articolo 1669 c.c., non solo in confronto dell’appaltatore-costruttore dell’immobile, ma anche verso il venditore, che lo avesse costruito con propria gestione diretta ovvero sorvegliando personalmente l’esecuzione dell’opera e impartendo precise e continue disposizioni all’appaltatore, cosi’ da ridurre quest’ultimo a nudus minister, oppure nei casi in cui il venditore avesse provveduto alla costruzione con propria gestione di uomini e mezzi o il venditore-costruttore avesse eseguito i lavori in economia o affidando l’opera a un terzo; che tale circostanza si era verificata nel caso di specie, in base alle risultanze procedimentali dell’ATP e rispetto alle prescrizioni dei due atti di acquisto, dove era specificato che il fabbricato era stato oggetto di lavori di ristrutturazione e frazionamento in virtu’ di plurime concessioni edilizie rilasciate e che in data 28 aprile 2004 era stata presentata, al Comune di Camogli, denuncia di inizio di attivita’ per i lavori di restauro e di diversa disposizione interna; che tali concessioni e denunce erano state richieste dalla societa’ appellata, la quale aveva agito, nel caso concreto, nella sua veste professionale di impresa edile.
Si costituiva nel giudizio di gravame la Immobiliare (OMISSIS) S.r.l., la quale eccepiva che gli appellanti avevano introdotto una nuova e inammissibile causa petendi in grado di appello, mediante la richiesta di qualificazione della domanda ai sensi dell’articolo 1669 c.c., richiesta a sua volta basata sull’infondata qualificazione dell’appellata quale costruttrice degli immobili. Sosteneva, quindi, l’inammissibilita’ della domanda nuova ai sensi dell’articolo 345 c.p.c. e, in subordine, anche la maturata prescrizione dell’azione stessa.
Sul gravame interposto la Corte d’appello di Genova, con la sentenza di cui in epigrafe, in totale riforma della pronuncia impugnata, accoglieva l’appello e, per l’effetto, dichiarava tenuta e condannava l’Immobiliare (OMISSIS) S.r.l. al risarcimento dei danni subiti dagli appellanti (OMISSIS) e (OMISSIS), che liquidava nella misura di Euro 87.016,88 per le causali specificate in motivazione.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava, per quanto qui interessa: a) che il Tribunale aveva rigettato la domanda sulla base dell’erroneo presupposto che gli attori avessero citato controparte esclusivamente nella veste di venditrice e, quindi, ponendo a fondamento della domanda i contratti di compravendita stipulati con questa in data 15 luglio 2005 (e, per effetto di tale qualificazione, aveva respinto la domanda, avendo ritenuto infruttuosamente decorso il termine prescrizionale di cui all’articolo 1495 c.c.); b) che siffatta qualificazione dell’azione era smentita dal tenore dell’atto di citazione, dal quale emergeva che la richiesta di risarcimento danni era ricollegata non soltanto alla vendita, ma anche all’attivita’ di ristrutturazione degli immobili effettuata dalla societa’ venditrice, per cui l’azione era riconducibile al disposto di cui all’articolo 1669 c.c., in conformita’ ai principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimita’; c) che, infatti, l’azione ex articolo 1669 c.c. poteva essere esercitata, non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che avesse costruito l’immobile sotto la propria responsabilita’, purche’ si fosse trattato di gravi difetti che, pur senza influire sulla stabilita’ dell’edificio, avessero pregiudicato e menomato in modo rilevante il normale godimento, la funzionalita’ o l’abitabilita’ del medesimo; d) che, nella fattispecie, i vizi lamentati dagli attori erano sicuramente tali da compromettere, se non addirittura la stabilita’, quantomeno il normale godimento, la funzionalita’ e l’abitabilita’ degli immobili e che il termine annuale di prescrizione decorreva solo quando fosse stato conseguito “un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravita’ dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti”; e) che era stata correttamente motivata la decisione di merito che aveva fatto risalire la scoperta dei difetti dell’opera alla data del deposito della relazione del consulente nominato in sede di ATP; f) che, in ordine all’entita’ dei lavori compiuti e tali da giustificare l’applicabilita’ dell’articolo 1669 c.c., doveva essere richiamato il contenuto dei rogiti, nei quali si dava atto che il fabbricato era stato oggetto di lavori di ristrutturazione e frazionamento; g) che la societa’ convenuta non aveva mosso nessuna tempestiva contestazione avverso le affermazioni degli attori di cui all’atto di citazione, ove essa era indicata quale effettiva autrice degli interventi di ristrutturazione; h) che, quand’anche non si fosse voluta condividere la suddetta qualificazione della domanda, gli interventi effettuati dalla societa’ appellata, nel corso del procedimento di ATP, dovevano considerarsi tutt’altro che irrilevanti; i) che, all’esito, in tema di garanzia ex articolo 1490 c.c., qualora il venditore si fosse impegnato ad eliminare i vizi e l’impegno fosse stato accettato dal compratore, sorgeva un’autonoma obbligazione di facere, in affiancamento alla garanzia originaria, non alterandone la disciplina, e tale ulteriore diritto all’eliminazione dei vizi – cosi’ venuto in essere – ricadeva nella prescrizione ordinaria decennale; I) che, premesso, che l’impegno all’eliminazione dei vizi poteva risultare anche per facta concludentia, in sede di ATP era stata ponderata, in contraddittorio tra le parti, una serie di considerevoli danneggiamenti degli immobili ed erano state concordate le opere di ripristino necessarie in relazione ai detti danneggiamenti, in parte eseguite dalla societa’ convenuta; m) che, in conseguenza, era infondata l’eccezione dell’appellata di mutamento della causa petendi e di inammissibilita’ ex articolo 345 c.p.c. delle domande degli appellanti; n) che doveva essere disattesa l’istanza di nullita’ della CTU, poiche’ estesa anche ai box nn. 7 e 8, asseritamente non oggetto della compravendita, poiche’ nei correlativi atti traslativi era indicato che “costituisce pertinenza dell’immobile ed e’ pertanto compreso nella vendita un locale ad uso box”, ed oltretutto gli appellanti avevano correttamente argomentato che i danni ai box, sia considerati nel loro complesso condominiale, sia nelle loro singole unita’, erano dovuti esclusivamente alla mancata regimazione delle acque piovane e di ruscellamento nonche’ alla mancata completa e corretta opera di rivestimento ed impermeabilizzazione delle vasche a giardino, situate nella proprieta’ degli attori e che costituivano il tetto dei locali ad uso box; o) che, visto l’esito della CTU, dovevano reputarsi comprovati i danni lamentati in relazione agli immobili oggetto della compravendita, anche quali conseguenze degli interventi di ristrutturazione effettuati dalla societa’ venditrice; p) che, con riguardo alla non corretta e incompleta regimazione delle acque meteoriche, si trattava di un difetto gia’ sussistente all’atto dell’acquisto degli immobili, sicche’ anche i costi per l’eliminazione di tale difetto dovevano essere computati tra i danni imputabili alla societa’ appellata.
4.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, articolato in sette motivi, la Immobiliare (OMISSIS) S.r.l. Hanno resistito con controricorso gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS).
5.- Il Pubblico Ministero ha formulato per iscritto le sue conclusioni, come riportate in epigrafe.
6.- Le parti hanno presentato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso sollevata da (OMISSIS) e (OMISSIS), per violazione del combinato disposto del Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 71 e dell’articolo 19-bis del Provvedimento DGSIA del 16 aprile 2014, come integrato dal Provvedimento DGSIA del 7 gennaio 2016, in quanto la ricorrente non avrebbe notificato un documento originale informatico in formato PDF, ottenuto dalla trasformazione di un documento testuale, ma avrebbe allegato al messaggio di posta elettronica il ricorso stampato, scansionato e certificato come conforme all’originale.
1.1.- E cio’ perche’ – come emerge dalla documentazione allegata dalla ricorrente – risulta smentito che l’allegato alla PEC di notifica contenente il ricorso sia il risultato di una scansione dal supporto cartaceo. L’attestazione di conformita’ non e’ stata, infatti, apposta in calce al ricorso, bensi’ in calce al solo mandato difensivo, prodotto in scansione dall’originale cartaceo con la correlata attestazione di conformita’. Pertanto, la menzionata attestazione e’ riferita alla sola procura rilasciata dalla ricorrente – e allegata in separato file alla medesima PEC di notifica – e non gia’ al ricorso introduttivo del giudizio di legittimita’, che invece e’ contenuto in diverso file “nativo digitale”, senza alcuna attestazione.
1.2.- Ad ogni modo, se anche cosi’ non fosse stato, ugualmente nessuna nullita’ avrebbe potuto essere rilevata per raggiungimento dello scopo cui l’atto era destinato, ai sensi dell’articolo 156 c.p.c., comma 3. Infatti, nessuna nullita’ puo’ essere dichiarata nel caso in cui il vizio dell’atto processuale non abbia determinato la lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione finale, bensi’, al piu’, una mera irregolarita’ sanabile per essere stato compiutamente raggiunto il suo scopo, come nel caso di specie, avendo i controricorrenti, all’esito della notifica del ricorso, perfettamente compreso il contenuto dell’impugnazione e svolto le conseguenti argomentazioni difensive (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 26996 del 05/10/2021; Sez. U, Sentenza n. 616 del 15/01/2021; Sez. 3, Sentenza n. 532 del 15/01/2020; Sez. 3, Ordinanza n. 13592 del 21/05/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 18324 del 12/07/2018; Sez. 6-5, Ordinanza n. 14042 del 01/06/2018).
2.- Tanto premesso, con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto discusso e decisivo per il giudizio, rappresentato dall’avvenuta maturazione del termine di prescrizione, nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 1669 c.c., comma 2, per avere la Corte d’appello erroneamente rigettato l’eccezione di prescrizione dell’azione extracontrattuale di risarcimento danni per rovina e difetti di cose immobili, pur avendo accertato che il termine era iniziato a decorrere dal deposito della consulenza tecnica d’ufficio del procedimento ante causam di consulenza preventiva ai fini di composizione della lite, deposito perfezionatosi in data 30 giugno 2008, senza considerare che la prescrizione annuale si era comunque consumata alla data di notifica dell’atto di citazione, avvenuta il 2 luglio 2009.
Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe stata irrimediabilmente viziata per effetto dell’omissione dell’esame del fatto decisivo, rappresentato, nel caso concreto, dall’effettivo decorso del termine annuale di prescrizione, all’esito dell’eccezione ritualmente sollevata, con la connessa, diretta violazione di legge per l’evidente contrasto della decisione impugnata con il precetto che stabilisce il termine annuale della prescrizione ai fini dell’esercizio dell’azione di cui all’articolo 1669 c.c..
3.- Con il secondo motivo – proposto subordinatamente al mancato accoglimento del primo – la ricorrente si duole, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione o falsa applicazione dell’articolo 1669 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto erroneamente applicabile la norma sulla rovina o difetti di cose immobili, nonostante tra le parti non fosse mai intercorso un contratto di appalto, bensi’ soltanto una compravendita di immobili, ne’ la ricorrente sarebbe stata costruttrice degli immobili stessi e benche’ non vi fosse alcuna prova della realizzazione degli interventi edilizi sugli immobili in gestione diretta da parte dell’alienante ovvero sorvegliando personalmente l’esecuzione dell’opera ed impartendo precise disposizioni all’appaltatore.
In particolare, l’istante obietta che l’estensione dell’ambito applicativo dell’articolo 1669 c.c. all’ipotesi di specie sarebbe stata preclusa, poiche’, per un verso, il venditore non aveva costruito l’immobile sotto la propria responsabilita’ e, per altro verso, quand’anche la norma si fosse potuta applicare nel caso in cui il venditore avesse effettuato interventi di parziale ristrutturazione, secondo la pronuncia di Cass. Sez. U, Sentenza n. 7756 del 27/03/2017, sarebbe comunque difettato l’essenziale requisito della sussistenza di concreti interventi di ristrutturazione, di cui non era stata esposta alcuna deduzione circa la effettiva consistenza e la specifica composizione, ma vi era stata una mera, generica attribuzione alla societa’ convenuta.
4.- Con il terzo motivo – anch’esso proposto in via condizionata al mancato accoglimento del primo – la ricorrente prospetta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 345 e 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale accolto una domanda nuova, formulata solo nell’atto di gravame ai sensi dell’articolo 1669 c.c., e comunque per avere illegittimamente qualificato la domanda proposta in primo grado, poiche’ gli attori avrebbero avanzato in giudizio una domanda risarcitoria fondata esclusivamente sui contratti di compravendita dei due immobili oggetto di lite.
Al riguardo, la ricorrente deduce che la domanda ex articolo 1669 c.c. articolata nel giudizio d’appello – si sarebbe basata su elementi costitutivi non allegati nel giudizio di prime cure, quali il diverso titolo di responsabilita’, e senza la specificazione degli interventi attribuiti alla societa’ convenuta nonche’ senza l’indicazione dello specifico nesso di causalita’ tra essi e i particolari vizi lamentati, non essendo all’uopo sufficiente il generico riferimento, per nulla circostanziato, contenuto nell’atto di citazione, a “una serie di lavori atti a modificare, trasformare, disporre diversamente l’interna disposizione e restaurare una casa preesistente frazionandola in piu’ unita’ immobiliari”, tali da implicare una serie di vizi e di difetti che avrebbero interessato in modo differente, oltre che la proprieta’ dei due esponenti, anche una proprieta’ terza.
5.- Con il quarto motivo – pure esso subordinato alla mancata adesione al primo – la ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto discusso e decisivo per il giudizio, rappresentato dalla non riconducibilita’ dei lavori effettuati anteriormente al 2002 alla ricorrente, nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte del gravame erroneamente imputato alla ricorrente i lavori da cui sarebbero derivati i vizi, per contro eseguiti prima del suo acquisto dell’immobile in data 12 aprile 2002 e realizzati sulla scorta di concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Camogli l’11 dicembre 1997 e il 24 aprile 2001.
Ad avviso dell’istante, la pronuncia impugnata non avrebbe posto a fondamento della decisione le prove acquisite, da cui documentalmente si sarebbe potuta ricavare la prova dell’estraneita’ della convenuta rispetto agli immobili in oggetto fino al 12 aprile 2002.
6.- Con il quinto motivo – condizionato al mancato accoglimento del primo – la ricorrente argomenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 1669 c.c., per avere la Corte distrettuale erroneamente ritenuto la responsabilita’ dell’alienante per i danni di cui non sarebbe stato provato il nesso con le opere dalla medesima effettivamente realizzate nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame dei fatti relativi alla determinazione del quantum di tali nocumenti, benche’ discussi e decisivi per il giudizio.
Sostiene l’istante che la Corte d’appello avrebbe esteso la responsabilita’ della venditrice all’insieme dei vizi riscontrati nel loro complesso, senza alcuna distinzione in ordine alla loro riconducibilita’ alla specificita’ degli interventi eseguiti, non essendo mai stata dedotta la puntuale consistenza di detti interventi ed essendo stata, per converso, attribuita la responsabilita’ per interventi certamente non effettuati dalla ricorrente.
7.- Con il sesto motivo la ricorrente, in relazione alla diversa e autonoma ratio decidendi della pronuncia, fondata sull’articolo 1495 c.c., contesta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto discusso e decisivo per il giudizio nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 1495 c.c., comma 3, per non avere la Corte d’appello, una volta ipotizzata la non applicabilita’ dell’articolo 1669 c.c., rilevato la maturata prescrizione annuale delle azioni edilizie basate sulla vendita, prescrizione decorrente dalla consegna dell’immobile – avvenuta il 15 luglio 2005 – e decorsa, sia al momento della notifica dell’atto di citazione in data 2 luglio 2009, sia al tempo della proposizione del ricorso per accertamento tecnico preventivo (recte consulenza preventiva ai fini della composizione della lite), depositato in data 22 giugno 2007.
Precisa la ricorrente che, dopo aver profilato l’ipotesi che fosse negata la qualificazione dell’avversa azione ai sensi dell’articolo 1669 c.c., la Corte territoriale avrebbe dovuto certamente dichiarare inammissibile la domanda – imperniata sulla sola vendita – per intervenuta prescrizione, come correttamente era stato ritenuto dalla sentenza del Giudice di prime cure; viceversa, l’eccezione di prescrizione formulata dall’appellata in tutte le fasi del giudizio, e reiterata pure nel giudizio di gravame, non sarebbe stata oggetto di esame e a fortiori di accoglimento.
8.- Con il settimo motivo la ricorrente censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. nella valutazione delle risultanze del procedimento ex articolo 696-bis c.p.c. nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 696-bis c.p.c. e dell’articolo 2697 c.c., per la mancata considerazione della natura conciliativa del procedimento instaurato ante causam e per l’erronea affermazione della costituzione di una nuova obbligazione tra le parti, di cui sarebbe difettata la dimostrazione, nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo, discusso tra le parti, per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto che la convenuta avesse riconosciuto la propria responsabilita’, fino ad assumere una nuova obbligazione avente ad oggetto la rimozione di tutti i vizi reputati sussistenti dalla controparte, laddove gli interventi sarebbero stati effettuati esclusivamente con finalita’ conciliativa.
Osserva la ricorrente che l’apprezzamento compiuto dalla sentenza impugnata – secondo cui gli interventi effettuati dall’alienante durante il procedimento di accertamento tecnico preventivo avrebbero costituito fatti concludenti, ai fini dell’insorgenza di una nuova obbligazione – sarebbe stato palesemente illogico, arbitrario e contrario al contenuto della stessa consulenza tecnica d’ufficio acquisita in fase di ATP, solo apparentemente richiamata dalla pronuncia, ma evidentemente senza nessuna considerazione della sua effettiva portata e dei suoi reali contenuti.
E cio’ in quanto non sarebbe stato dato conto, in alcun modo, ne’ della particolare natura del contesto processuale, ne’ del contenuto delle dichiarazioni riportate negli allegati all’elaborato peritale.
In specie, trattandosi di procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, rispetto al quale il consulente d’ufficio era stato incaricato di esperire il tentativo di conciliazione tra le parti, l’esecuzione dei lavori sulla proprieta’ delle parti ricorrenti avrebbe avuto il mero scopo di giungere alla definizione della conciliazione, sicche’ detti lavori avrebbero avuto un valore conciliativo e non ricognitivo.
Per l’effetto, tenuto conto di tale essenziale intento conciliativo, ad avviso dell’istante, il fatto rappresentato dalla realizzazione di siffatti interventi non avrebbe potuto ritenersi di per se’ un riconoscimento nel merito della propria responsabilita’, addirittura fino a ritenerlo, al di fuori di ogni ulteriore elemento da cui evincere tale conclusione, fonte autonoma di una nuova obbligazione, avente ad oggetto la rimozione di tutti i vizi considerati integrati dalla controparte.
9.- Il primo motivo e’ fondato.
Ed infatti, la sentenza impugnata, all’esito della qualificazione della domanda quale pretesa risarcitoria per rovina o difetti di cose immobili, proposta ai sensi dell’articolo 1669 c.c., ha respinto l’eccezione di prescrizione ritualmente sollevata dalla societa’ convenuta, sostenendo che il termine annuale previsto dal comma 2 della norma evocata era iniziato a decorrere dalla data del deposito della relazione del consulente nominato in sede di accertamento tecnico preventivo, deposito che pacificamente era avvenuto in data 30 giugno 2008.
Una volta individuato il dies a quo del termine annuale di prescrizione ha omesso, pero’, di rilevare, quanto al dies ad quem, che l’azione si era gia’ perenta per prescrizione al momento della notifica della citazione introduttiva del giudizio di prime cure, notifica perfezionatasi in data 2 luglio 2009, come da documenti indicati ed allegati sub 4 e 5 da parte ricorrente, ai fini di assicurare l’autosufficienza del ricorso.
A tali fini non rileva che il procedimento notificatorio abbia avuto avvio, con la consegna all’ufficiale giudiziario, il 27 giugno 2009 e con la spedizione a mezzo posta il 29 giugno 2009, come argomentato dai controricorrenti.
Nella fattispecie non opera, infatti, il principio di scissione degli effetti della notifica (per il notificante dall’avvio, per il destinatario dal perfezionamento).
Questo perche’ l’atto interruttivo della prescrizione ha natura recettizia e produce effetti solo dal momento in cui e’ portato a conoscenza del destinatario, ai sensi dell’articolo 1334 c.c..
Ora, la regola della scissione subiettiva degli effetti, a fronte di un procedimento notificatorio che si snoda in una sequenza di atti prolungata nel tempo – regola sancita, dapprima, dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost., Sentenza n. 28 del 23/01/2004; Sentenza n. 477 del 26/11/2002) e, poi, recepita dal legislatore (con l’introduzione dell’articolo 149 c.p.c., comma 3) -, valevole con riguardo agli atti processuali (nonche’ per gli atti tributari, per effetto del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 60), ma non anche con riferimento a quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi esclusivamente quando il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale, sicche’, in tal caso, la prescrizione e’ interrotta dall’atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica. Tuttavia, allorche’ il diritto possa essere fatto valere anche attraverso atti stragiudiziali, tale effetto si produce solo dal momento in cui l’atto perviene all’indirizzo del destinatario (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 18952 del 13/06/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 7404 del 17/03/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 24041 del 30/10/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 23329 del 23/10/2020; Sez. U, Sentenza n. 8227 del 22/03/2019; Sez. 2, Sentenza n. 19143 del 01/08/2017; Sez. 6-3, Ordinanza n. 4034 del 15/02/2017; Sez. U, Sentenza n. 24822 del 09/12/2015).
E’ il caso appunto degli atti interruttivi della prescrizione ai sensi dell’articolo 2943 c.c., che possono, come nel caso di specie, essere effettuati, sia con la notifica di un atto giudiziale, sia con la notifica di un atto stragiudiziale.
Ed invero, nella vicenda in disputa, l’articolo 1669 c.c., comma 2, dispone che “il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”. Ne consegue che non e’ imposto di far valere il diritto esclusivamente con un atto processuale (come, ad esempio, in tema di azione revocatoria ex articolo 2903 c.c. o di azione contro l’appaltatore ex articolo 1667, comma 3, c.c.), essendo rimessa alla scelta della parte la notificazione di un atto di messa in mora ovvero di diffida ad adempiere, in alternativa all’azione giudiziaria. Con l’effetto che il bilanciamento degli interessi e’ effettuato dall’articolo 1334 c.c. nel senso della tutela, nella specie dell’appaltatrice-venditrice, sotto il profilo della certezza del diritto e dell’affidamento nell’esecuzione del contratto.
10.- All’esito dell’accoglimento del primo motivo, restano assorbiti i motivi subordinati, dal secondo al quinto, tutti inerenti alla prima ratio decidendi della sentenza – imperniata sull’articolo 1669 c.c. – e, dunque, su un’azione da reputarsi prescritta.
11.- Gli ultimi due motivi, attinenti alla ulteriore, autonoma ratio decidendi della pronuncia, possono essere esaminati congiuntamente, alla stregua della loro stretta connessione logica e giuridica.
Infatti, essi sono indirizzati a criticare il rilievo della Corte di merito secondo cui, quand’anche non si fosse condivisa la qualificazione della domanda in termini di pretesa risarcitoria verso il venditore che avesse posto in essere opere di ristrutturazione, per rovina o difetti di cose immobili, ai sensi dell’articolo 1669 c.c., gli interventi effettuati dalla societa’ appellata, nel corso del procedimento di ATP, dovevano considerarsi tutt’altro che irrilevanti. E segnatamente, con riferimento al tema della garanzia per i vizi nella vendita ex articolo 1490 c.c., tali interventi avrebbero evidenziato il preciso impegno del venditore ad eliminare siffatti vizi, cui avrebbe fatto seguito l’accettazione dei compratori, con l’effetto che sarebbe sorta un’autonoma obbligazione di facere, in aggiunta alla garanzia originaria, senza alterarne la disciplina, soggetta all’ordinaria prescrizione decennale. E tanto sul presupposto che l’impegno all’eliminazione dei vizi poteva risultare anche per facta concludentia e che, in sede di ATP, era stata acclarata, in contraddittorio tra le parti, una serie di considerevoli danneggiamenti degli immobili ed erano state concordate le opere di ripristino necessarie, in parte realizzate dalla societa’ convenuta.
Sicche’, in chiave confutativa, la ricorrente sostiene che non vi sarebbe stato alcun riconoscimento dei difetti procurati, con la conseguenza che, per un verso, l’originaria azione volta a far valere le garanzie edilizie si sarebbe irrimediabilmente prescritta nel termine annuale ex articolo 1495 c.c., comma 3 e, per altro verso, l’esecuzione degli interventi in sede di procedimento di consulenza tecnica preventiva, ai fini della composizione della lite, avrebbe avuto una mera valenza conciliativa (ossia avrebbe avuto titolo in una concessione amichevole, nella prospettiva di comporre la lite) e non gia’ ricognitiva.
11.1.- Le doglianze sono inammissibili.
Esse, infatti, tendono in sostanza ad ottenere una diversa ricostruzione dei fatti ovvero una piu’ favorevole valutazione degli elementi probatori acquisiti.
La Corte d’appello ha, per l’effetto, esaminato ed escluso la fondatezza della sollevata eccezione di prescrizione dell’azione ai sensi dell’articolo 1495 c.c., comma 3, verificando, sulla scorta dell’esame degli allegati alla relazione di ATP (ossia degli allegati A, B e C della relazione di ATP), l’esistenza di una nuova obbligazione di tacere assunta per accordo tra le parti, da cui sarebbe scaturito il diritto all’eliminazione dei vizi, ricadente nella prescrizione ordinaria decennale e, quindi, indipendente dall’eventuale decorso della prescrizione annuale relativa alla garanzia per i vizi e alle connesse azioni di riduzione del prezzo – actio aestimatoria o quanti minoris – o di risoluzione – actio redibitoria – (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 37476 del 30/11/2021; Sez. 2, Sentenza n. 19073 del 06/07/2021; Sez. 2, Sentenza n. 17769 del 26/08/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 24743 del 03/10/2019; Sez. 2, Sentenza n. 14005 del 06/06/2017; Sez. U, Sentenza n. 19702 del 13/11/2012).
Pertanto, non risultano integrate le violazioni di legge e l’omesso esame di fatti denunciati dalla ricorrente, non rientrando le censure esposte nel parametro di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Piuttosto, la ricorrente, attraverso dette censure, ha inteso smentire la ricostruzione fattuale della sentenza d’appello, che ha desunto dagli allegati all’elaborato peritale d’ufficio depositato nel procedimento di consulenza tecnica preventiva che le opere eseguite in parte dalla Immobiliare (OMISSIS) fossero riconducibili ad un piu’ ampio accordo raggiunto tra le parti, cui era sotteso il riconoscimento dei vizi acclarati.
11.2.- D’altronde, la natura conciliativa del procedimento di consulenza tecnica ai fini di composizione della lite ex articolo 696-bis c.p.c., non costituisce circostanza a priori decisiva per escludere che le parti abbiano effettivamente raggiunto un valido accordo per l’eliminazione dei vizi, tale da far scattare la prescrizione decennale.
Cosa che e’ accaduta nel caso di specie, avendo ritenuto il Giudice del gravame che in tale procedimento il comportamento di una delle parti – e segnatamente della venditrice, che non solo si e’ accordata per realizzare determinati interventi, ma ha anche eseguito una parte dei lavori volti a riparare i difetti contestati – lasciasse presagire il riconoscimento del contrapposto diritto (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 27930 del 21/12/2011; Sez. 2, Sentenza n. 17016 del 20/07/2010; Sez. 3, Sentenza n. 5327 del 08/03/2007; Sez. 3, Sentenza n. 27169 del 19/12/2006; Sez. 3, Sentenza n. 17134 del 13/11/2003).
Tanto piu’ che gli interventi eseguiti non sono il precipitato di una conciliazione raggiunta, non si collocano nel suo ambito e, dunque, non trovano causa in un accordo conciliativo. Solo in tal caso la conciliazione avvenuta avrebbe precluso di leggere le concessioni effettuate per raggiungere l’accordo quale riconoscimento della pretesa avversa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12691 del 19/06/2015; Sez. L, Sentenza n. 712 del 23/01/1997; Sez. 3, Sentenza n. 2220 del 28/09/1967).
12.- Alle considerazioni innanzi espresse consegue il rigetto del ricorso, in quanto la seconda ratio decidendi – esposta in via subordinata alla prima (il che ha imposto di esaminare in via prioritaria i motivi attinenti alla ratio decidendi principale) – e’ idonea, da sola, a sorreggere la decisione, anche a prescindere da quella fondata sull’azione ex articolo 1669 c.c..
Ora, a fronte di una motivazione ad abundantiam, ossia alla decisione basata su autonome rationes decidendi, alternative o – come nel caso in disputa – subordinate, ciascuna delle quali sufficiente a supportare la soluzione concretamente adottata, era infatti richiesto – come di fatto e’ accaduto – che tutte e ciascuna fossero oggetto di specifica impugnazione, a pena di inammissibilita’ del ricorso per cassazione. E cio’ in quanto si tratta di pronuncia, nella fattispecie di accoglimento della domanda, imperniata su piu’ motivazioni omogenee, ossia tutte di merito, che operano sullo stesso piano in via rafforzativa (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 17182 del 14/08/2020; Sez. 3, Sentenza n. 10815 del 18/04/2019).
Nondimeno, pur essendo ammissibile l’impugnazione – in ragione della circostanza che le censure avanzate sono state dirette verso entrambe le autonome rationes decidendi -, la fondatezza dei motivi inerenti alla prima, principale ratio, cui non corrisponde la fondatezza dei mezzi inerenti alla seconda, subordinata ratio, importa che il ricorso debba essere respinto nel suo complesso, appunto perche’ la ratio – seppure subordinata – a cui si riferiscono le doglianze disattese e’ atta, da sola, a sostenere la decisione di accoglimento impugnata.
Le spese e i compensi del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione,
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 7.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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