Appalto e l’iscrizione di talune “riserve” in corso d’opera

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 26 ottobre 2018, n. 27309

La massima estrapolata:

In tema di appalti, l’iscrizione di talune “riserve” in corso d’opera è assoggettata al termine di quindici giorni a decorrere dal momento in cui si viene a conoscenza di una circostanza fattuale e fenomenica diversa da quanto pattuito in contratto, individuando la redazione del SAL (Stato avanzamento lavori) quale momento di quantificazione economica ex post dell’appaltatore.

Ordinanza 26 ottobre 2018, n. 27309

Data udienza 11 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Fallimento (OMISSIS) S.p.a., in persona dei liquidatori pro tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., gia’ (OMISSIS) S.p.a. succeduta a (OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4431/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/07/2018 dal Cons. Dott.ssa SAMBITO MARIA GIOVANNA C..

FATTI DI CAUSA

Con sentenza in data 5 luglio 2017, la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento del gravame di (OMISSIS) S.p.A., succeduta a (OMISSIS) S.p.A., ha rigettato le domande con le quali il Fallimento della S.p.A. (OMISSIS), gia’ aggiudicataria da (OMISSIS) S.p.A., quale mandataria di (OMISSIS), dei lavori di costruzione di parti della tratta urbana della Linea (OMISSIS), aveva chiesto la condanna della committente al pagamento di alcune riserve iscritte nel corso dell’appalto. I giudici d’appello hanno ritenuto fondata l’eccezione di decadenza formulata dalla stazione appaltante, ritenendo applicabile l’articolo 44 delle Condizioni generali di contratto e non condivisibile l’assunto secondo cui l’emissione dei SAL costituirebbe momento di conoscibilita’ del dedotto evento pregiudizievole. In relazione alla riserva 1, la Corte ha anche osservato che, nel ricevere l’importo di Euro 1.706.200.000, l’appaltatrice in bonis aveva dichiarato in data 19.11.2001 di rinunciare fino al 19.9.2011, a future pretese inerenti alla medesima riserva ed ai fatti ed atti che ne costituivano la causa, ancorche’ non avessero ancora prodotto effetti.
Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso il Fallimento (OMISSIS), con cinque motivi, resistiti con controricorso (OMISSIS) S.p.A., che ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, si deduce la violazione degli articoli 1362, 1366 e 1370 c.c. in riferimento alla riserva n. 1. La disposizione di cui all’articolo 44 delle condizioni generali di contratto di (OMISSIS), afferma la ricorrente, ha una portata precettiva diversa da quella attribuitale dalla Corte territoriale, in quanto la formulazione della riserva deve intervenire contestualmente alla sua esplicazione ed anche alla sua quantificazione e, pertanto, il termine di decadenza per la sua comunicazione non puo’ che decorrere dal momento dell’emissione del SAL riferibile all’arco di tempo durante il quale il fatto continuativo causativo dei maggiori oneri si e’ verificato, e da cui consta la mancata contabilizzazione dei maggiori compensi ai quali si ha diritto. E tanto emerge chiaramente dallo stesso tenore letterale della clausola e secondo un’interpretazione contra stipulatorem. Sotto altro profilo, nell’esegesi della dichiarazione in data 19.11.2009, con cui l’Impresa aveva dichiarato di rinunciare a qualsiasi futura pretesa relativa alla riserva n. 1, la Corte romana non ha limitato gli effetti della rinuncia entro la data del 17 settembre 2001 – in riferimento alla quale essa era stata formulata – in violazione del canone di buona fede.
2. La prima sub-censura e’ infondata.
3. L’articolo 44 delle condizioni generali dei contratti di appalto delle (OMISSIS), incontestatamente operativo nella fattispecie e di cui ne’ la Corte territoriale ne’ le parti hanno mai posto in dubbio la natura negoziale, prescrive, secondo quanto trascritto in ricorso ed affermato nell’impugnata sentenza, che le riserve, da formulare in modo specifico e con la precisazione delle conseguenze economiche derivanti da esse, devono “essere inviate per lettera raccomandata a.r. al Direttore dei Lavori per conto dell’Ente, entro quindici giorni dal momento in cui i fatti e le circostanze su cui si fondano erano conoscibili all’appaltatore”, il quale “decade da ogni eventuale diritto di farle valere successivamente o in altra sede”, qualora non proponga tali riserve nei termini e con il rispetto di dette condizioni.
4. Questa Corte (Cass. n. 6332/88; 4563/92; 6443/2009; n. 21734/2016, n. 3841 del 2017) si e’ ripetutamente espressa sul capitolato d’appalto delle Ferrovie e sull’onere di formulazione della riserva anche in relazione ai fatti c.d. continuativi, rilevando che: il termine di quindici giorni (nei precedenti capitolati di cinque giorni) per la relativa iscrizione decorre dal momento in cui, nel mondo fenomenico, si verifica obiettivamente la denunciata diversita’ della situazione di fatto rispetto a quella programmata, a prescindere sia dai suoi ulteriori sviluppi e dalla previsione della sua ripetitivita’, sia dall’apprezzamento soggettivo da parte dell’appaltatore della potenzialita’ dannosa e delle conseguenze lesive dell’evento. In particolare, nell’ipotesi, qui ricorrente, di sospensione dei lavori (la cui ragione la ricorrente neppure esplica), si e’ sempre distinto il fatto della sospensione dei lavori dalle conseguenze dannose della sospensione stessa, e si e’ condivisibilmente ritenuto che la riserva – da prospettare comunque nei termini di legge – va iscritta e, nel caso, inviata alla committente al momento in cui la potenzialita’ dannosa della interruzione dei lavori puo’ esser rilevata, secondo la normale diligenza (in tal senso: Cass. 7 luglio 2011 n. 15013, Cass. 17 marzo 2009 n. 6443, 24 giugno 2008 n. 17083), senza che possa sovrapporsi il momento in cui il danno, o, il che e’ lo stesso, le “conseguenze dannose” sono configurabili, con quello, cui si riferisce la ricorrente, in cui le stesse divengono precisamente quantificabili (Regio Decreto n. 350 del 1895, articolo 54, comma 2).
5. Tali principi sono stati applicati dalla Corte territoriale, che ha percio’ distinto i due momenti e ritenuto l’emissione del SAL il momento di quantificazione ex post della pretesa economica dell’appaltatore. Il riferimento al principio esegetico secondo cui in claris non fit interpretatio non e’, dunque, operato a proposito, dalla ricorrente, in quanto cio’ che viene in rilievo non e’ la chiarezza lessicale della clausola in se’ e per se’ considerata, ma l’apprezzamento relativo al momento in cui il pregiudizio e’ divenuto in concreto conoscibile.
6. Resta da aggiungere che il ricorso ai criteri interpretativi sussidiari, come l’interpretatio contra stipulatorem e’ consentito, solo, nel caso, qui non ricorrente, in cui risulti non appagante il ricorso ai criteri di cui agli articoli 1362 – 1365 c.c. (Cass. n. 668 del 2016 in cui si fa riferimento a clausola lessicalmente ambigua).
7. Il rigetto della sub-censura riferita alla prima ratio assorbe l’esame della seconda sub-censura riferita all’altra ratio, il cui accoglimento non potrebbe esser di beneficio alle ragioni di parte ricorrente.
8. Col secondo motivo, si deduce la violazione dell’articolo 2966 c.c. e articolo 115 c.p.c., oltre che omesso esame del fatto decisivo, in relazione alla riserva n. 3, relativa al corrispettivo per l’apprestamento dell’area di (OMISSIS). La ricorrente afferma che la Corte non ha considerato che tale corrispettivo era stato oggetto di specifico riconoscimento da parte della stazione appaltante, che aveva contabilizzato le relative somme col SAL n. 21, omettendo di fare altrettanto con quelli successivi, e pertanto la riserva in questione era stata esplicata e quantificata il 20.5.2002, ossia dopo soli tredici giorni dal momento in cui, a seguito della mancata contabilizzazione del SAL n. 22, il pregiudizio era divenuto conoscibile.
9. Il motivo e’ inammissibile: la circostanza che i compensi richiesti fossero stati in precedenza riconosciuti (il che costituisce il fatto decisivo, in tesi, omesso) non trova alcun riscontro nell’impugnata sentenza, che ha ritenuto anche tale riserva preclusa in riferimento alla sottoscrizione del 3 agosto 2001 ed all’esplicazione del successivo giorno 27, ne’ la ricorrente, che afferma esser incontroverso tra le parti tale pregresso riconoscimento, deduce in che modo il dato sarebbe stato acquisito in giudizio, tanto piu’ che (OMISSIS), da una parte, continua a riferirsi alla formulazione dell’agosto del 2001, e, dall’altra, afferma successivamente non eseguibili i lavori oggetto dei pregressi pagamenti. E tanto comporta che la censura non attinge ratio decidendi, che ha ritenuto intempestiva la riserva, ed involge profili nuovi e di merito.
10. Il terzo motivo, con cui si censura per violazione degli articoli 1362, 1366 e 1370 c.c. la statuizione di decadenza della riserva n. 4, sulla scorta di argomenti svolti in riferimento alla riserva n. 1, va rigettato alla stregua delle considerazioni esposte ai § 3-6.
11. Con il quarto motivo, si deduce la violazione del Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 12, come modificato dal Decreto Legislativo n. 528 del 1999, articolo 11, in riferimento alla statuita decadenza della riserva n. 6, avente ad oggetto la disapplicazione del ribasso d’asta relativo alle opere di sicurezza, in ragione dell’impossibilita’ di configurare una decadenza contrattuale in presenza di norme imperative.
12. Il motivo e’ infondato: in tema di appalti pubblici e’, infatti, un principio di ordine generale quello secondo cui l’appaltatore, il quale pretenda, a qualunque titolo, un compenso maggiore o un rimborso rispetto al prezzo contrattualmente pattuito e’ onerato di apporre una riserva allo scopo di assicurare la continua evidenza delle spese dell’opera, in relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale integrazione dei mezzi finanziari all’uopo predisposti e di mettere l’amministrazione tempestivamente in grado di adottare altre possibili determinazioni, in armonia con il bilancio pubblico (cfr. da ultimo Cass. n. 11188 del 2018).
13. Ne’ le richiamate disposizioni, entrate in vigore il 19.4.2000, giovano alla ricorrente: la prescrizione secondo cui i costi di sicurezza dei cantieri sono a carico dell’Amministrazione committente e non sono soggetti a ribasso d’asta va inserita nel contesto delle innovazioni introdotte dalla disciplina invocata, che presuppone sia stata la stessa Committente (e non piu’ l’appaltatore) a redigere, in fase del progetto preliminare, il “piano di sicurezza e di coordinamento”, che lo abbia trasmesso a tutte le imprese invitate a presentare offerta per l’esecuzione dei lavori, e cosi’ reso vincolante. Il che nella specie non e’ stato allegato, avendo la ricorrente riferito che, a seguito di licitazione privata e successiva aggiudicazione, si e’ avuta la consegna dei lavori il 17.3.1998 e la stipulazione del contratto il 18.5.2000, e tenuto conto che a norma del Regio Decreto n. 2440 del 1923, articolo 16; “I processi verbali di aggiudicazione definitiva, in seguito ad incanti pubblici o a private licitazioni, equivalgono per ogni legale effetto al contratto”, disposizione che puo’, bensi’, esser derogata, ma mediante previsione contenuta nel bando di gara o nel verbale di aggiudicazione (Cass. SU n. 15204 del 2016), di cui, tuttavia, non si ha alcuna notizia.
15. Col quinto motivo, la ricorrente deduce la nullita’ della sentenza per motivazione apparente in relazione al mancato accoglimento della riserva n. 7, relativa all’adeguamento del compenso al mutato valore della moneta.
16. Il motivo e’ infondato: la Corte ha ritenuto la riserva priva di autonomia, per essere la maggiorazione richiesta riferita ai compensi oggetto delle riserve gia’ disattese. La motivazione di sostanziale rigetto, (prima ancora che di tardivita’, perche’ formulata il 6.12.2002) e’ del tutto sufficiente.
17. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 25.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo.

Avv. Renato D’Isa

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