Appalto ed importanti variazioni del progetto

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 20 agosto 2019, n. 21515.

Massima estrapolata:

In tema di appalti, quando, nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto, il committente abbia richiesto all’appaltatore notevoli ed importanti variazioni del progetto, il termine di consegna e la penale per il ritardo, pattuiti nel contratto, vengono meno per effetto del mutamento dell’originario piano dei lavori, di tal che, perché la penale conservi efficacia, occorre che le parti di comune accordo fissino un nuovo termine. Il potere conferito al giudice dall’art. 1384 c.c. di ridurre la penale manifestamente eccessiva è fondato proprio sulla necessità di correggere le modalità di espressione della autonomia privata, riportandole nei limiti in cui opera il riconoscimento di essa, mediante l’esercizio di uno strumento di intervento equitativo che ristabilisca un congruo contemperamento degli interessi contrapposti, valutando l’interesse del creditore all’adempimento, cui ha diritto, con riguardo all’effettiva incidenza di esso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entità del danno subito. Tale apprezzamento sull’eccessività dell’importo fissato con clausola penale delle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, come sulla misura della riduzione di detto importo, rientra nel potere discrezionale del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità se motivato in relazione agli anzidetti criteri e parametri di riferimento.

Ordinanza 20 agosto 2019, n. 21515

Data udienza 5 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 21179-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SAS (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1859/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 31/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/04/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 1859/2014 della Corte d’Appello di Bologna, depositata il 31 luglio 2014.
Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS).
La sentenza resa in primo grado il 22 marzo 2008 dal Tribunale di Modena, sezione distaccata di Carpi, aveva: 1) revocato il decreto ingiuntivo dell’importo di Lire 66.000.000 (Euro 34.086,16), reso su domanda della societa’ (OMISSIS) per il pagamento del corrispettivo di un appalto inerente alle ristrutturazioni di un immobile di proprieta’ di (OMISSIS); 2) ridotto il debito del committente per il residuo corrispettivo a Lire 28.938.383; 3) riconosciuto la (OMISSIS) s.a.s. obbligata a versare la penale contrattuale per il ritardo pari a Lire 77.500.000; 4) compensato in parte i reciproci debiti e condannato la societa’ a pagare al (OMISSIS) la somma residua di Lire 48.561.617 (Euro 25.079,98).
La Corte d’Appello di Bologna, adita con gravame dalla (OMISSIS) s.a.s., ha ridotto l’ammontare spettante al committente (OMISSIS) a titolo di penale a Lire 30.000.000 (Euro 15.493,00), giusta domanda svolta dall’impresa in conclusionale di primo grado, tenuto conto del differenziale tra l’entita’ delle opere preventivate ed il loro ammontare finale, integrante un accrescimento della mole di lavoro di quasi un terzo. La Corte d’Appello, pertanto, considerata l’iniziale previsione di completamento dei lavori in quindici mesi, ha ritenuto irrogabile la penale per il ritardo eccedente ai cinque mesi successivi dall’iniziale scadenza pattuita (ovvero, dodici settimane a far tempo da maggio 2000).
I. Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione dell’articolo 1384 c.c., in rapporto agli articoli 112 e 346 c.p.c. (“errore in procedendo per mancata impugnazione e aver introdotto la domanda d’ufficio, mancata corrispondenza tra richiesto e pronunciato”). Si evidenzia come la (OMISSIS) s.a.s. non avesse mai chiesto in primo grado la riduzione della penale, se non in un breve passaggio della comparsa conclusionale, senza fare appello sullo specifico punto avverso la sentenza del Tribunale, con conseguente formazione del giudicato, preclusivo del rilievo d’ufficio in secondo grado.
Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
Per consolidato orientamento di questa Corte, in tema di clausola penale, la relativa domanda di riduzione puo’ essere proposta per la prima volta in appello, cosi’ come puo’ il giudice di appello provvedervi anche d’ufficio, per ricondurre l’autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela secondo l’interesse generale dell’ordinamento, sempre che siano state dedotte e dimostrate dalle parti le circostanze rilevanti al fine di formulare un giudizio di manifesta eccessivita’ della penale stessa (Cass. Sez. 1, 19/07/2018, n. 19320; Cass. Sez. 3, 14/10/2011, n. 21297; Cass. Sez. U, 13/09/2005, n. 18128).
E’ vero, peraltro, che le questioni esaminabili di ufficio, come appunto la riduzione della clausola penale, che abbiano formato oggetto nel corso del giudizio di primo grado di una specifica domanda od eccezione, seppur, come nella specie, proposta soltanto nella comparsa conclusionale, non possono piu’ essere riproposte nei gradi successivi del giudizio, nemmeno sotto il profilo della sollecitazione dell’organo giudicante ad esercitare il proprio potere di rilevazione “ex officio”, qualora la decisione o l’omessa decisione di tali questioni da parte del primo giudice non abbia formato oggetto di specifica impugnazione, ostandovi un giudicato interno che il giudice dei gradi successivi deve in ogni caso rilevare (cfr., ad es., Cass. Sez. 2, 26/06/2006, n. 14755).
Tuttavia, l’articolo 342 c.p.c. (nella specie operante ratione temporis nel testo antecedente alla riformulazione introdotta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012) postula che il motivo di appello contenga, a pena di inammissibilita’, soltanto una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.
Nel caso in esame, la Corte d’Appello di Bologna ha evidenziato come la (OMISSIS) s.a.s. si fosse doluta della penale liquidata, ed in particolare del ritardo posto a suo carico, senza che fossero state considerate le varianti ordinate dal committente, coi discendenti allungamenti dei tempi di realizzazione dei lavori ed incremento dei costi. La sentenza impugnata ha percio’ ritenuto “fondata la doglianza attinente all’integrale addebito della penale contrattuale per il ritardo”, avendo il primo giudice disatteso “la richiesta di riduzione della penale svolta dall’opposta in sede di difesa conclusionale” (affermando genericamente che non vi fossero “motivi per disporre una riduzione della penale”). La Corte di Bologna ha dunque correttamente inteso che, dal complesso delle deduzioni e delle conclusioni contenute nell’atto di appello della (OMISSIS) s.a.s., risultasse la volonta’ di sottoporre la questione della eccessivita’ della penale al giudice dell’impugnazione, sicche’ non si era formato al riguardo della riduzione della clausola penale alcun giudicato interno. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il giudicato non si determina sul fatto ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicche’ l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione (nella specie, l’eccessivita’ della penale liquidata in primo grado, alla luce dello squilibrio tra le posizioni delle parti) ha riaperto la cognizione sull’intera questione che essa identifica, cosi’ espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (Cass. Sez. 6 – 3, 16/05/2017, n. 12202; Cass. Sez. 6 – L, 08/10/2018, n. 24783).
II. Il secondo motivo di ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1384 c.c., nonche’ la violazione dei principi generali in ordine alla decisione secondo equita’, ed ancora l’illogicita’ e contraddittorieta’ della decisione. Si contesta la motivazione della riduzione adottata dalla Corte d’Appello, non sussistendo alcun aumento dell’entita’ dei lavori. Il terzo motivo di ricorso di (OMISSIS) denuncia l’omesso “esame di elementi decisivi”, quanto alle “testimonianze precise e concordi, rese in istruttoria”, che avrebbero escluso l’esistenza di modifiche strutturali del progetto originale, tali da poter giustificare il ritardo nell’ultimazione dei lavori.
Secondo e terzo motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente, e si rivelano infondati.
Va dapprima evidenziato come l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che il ricorrente, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori (come nella specie vien fatto con riferimento alle risultanze delle prove testimoniali nel terzo motivo di ricorso) non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. E’ altrimenti denunciabile tuttora in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
Costituisce, peraltro, un “fatto”, agli effetti dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante. Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5: le argomentazioni o deduzioni difensive; gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass. Sez. L, 21/10/2015, n. 21439).
La Corte d’Appello di Bologna ha fondato la sua decisione di ridurre la penale su un accertamento di fatto relativo alla differenza tra l’entita’ delle opere preventivate ed il loro ammontare finale, integrante un accrescimento di quasi un terzo. Tale incremento dei lavori di circa un terzo ha indotto la Corte d’Appello a ritenere giustificata la mancata consegna delle opere per cinque mesi eccedenti i quindici mesi inizialmente contemplati, sicche’ l’impugnata sentenza ha liquidato la penale soltanto per dodici settimane.
E’ ricorrente nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui, quando, nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto, il committente abbia richiesto all’appaltatore notevoli ed importanti variazioni del progetto, il termine di consegna e la penale per il ritardo, pattuiti nel contratto, vengono meno per effetto del mutamento dell’originario piano dei lavori, di tal che, perche’ la penale conservi efficacia, occorre che le parti di comune accordo fissino un nuovo termine (Cass. Sez. 2, 06/10/2011, n. 20484; Cass. Sez. 2, 28/05/2001, n. 7242).
Le accertate variazioni del progetto iniziale dei lavori richiesti da (OMISSIS) alla (OMISSIS) s.a.s. hanno, dunque, indotto la Corte di Bologna ha ritenere eccessiva la penale per il ritardo pattuita con riferimento all’iniziale termine di consegna. Il potere conferito al giudice dall’articolo 1384 c.c. di ridurre la penale manifestamente eccessiva e’ fondato proprio sulla necessita’ di correggere le modalita’ di espressione della autonomia privata, riportandole nei limiti in cui opera il riconoscimento di essa, mediante l’esercizio di uno strumento di intervento equitativo che ristabilisca un congruo contemperamento degli interessi contrapposti, valutando l’interesse del creditore all’adempimento, cui ha diritto, con riguardo all’effettiva incidenza di esso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entita’ del danno subito. Tale apprezzamento sull’eccessivita’ dell’importo fissato con clausola penale delle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, come sulla misura della riduzione di detto importo, rientra nel potere discrezionale del giudice del merito e non e’ censurabile in sede di legittimita’ se, come nel caso in esame, motivato in relazione agli anzidetti criteri e parametri di riferimento (Cass. Sez. 2, 09/11/1994, n. 9304; Cass. Sez. 3, 08/05/2001, n. 6380; Cass. Sez. 3, 18/03/2003, n. 3998; Cass. Sez. 2, 16/03/2007, n. 6158; Cass. Sez. 2, 01/10/2018, n. 23750).
Il ricorrente vuole confutare che si fosse verificato un effettivo aumento dell’entita’ dei lavori originariamente stabiliti, tale da giustificare una proroga del termine di consegna fissato al 30 settembre 1999, ed assume che si fossero avute al piu’ “normali e ordinarie varianti di cantiere”, comportanti “qualche piccola modifica in corso d’opera”. In tal modo, le censure suggeriscono apprezzamenti di fatto difformi da quelli operati dalla Corte di Bologna, e chiedono alla Corte di cassazione di rinnovare la selezione delle fonti di convincimento, di ricontrollarne l’attendibilita’ e la concludenza e di scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare diversamente i fatti in discussione. Tale operazione, che suppone un accesso diretto agli atti e una loro delibazione sulla base di regole inferenziali, non e’ consentita nel giudizio di legittimita’.
III. Il ricorso va percio’ rigettato, con condanna del ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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