Appalto e responsabilità del proprietario per i danni a terzi

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|30 giugno 2022| n. 20840.

Appalto e responsabilità del proprietario per i danni a terzi

La clausola di un contratto di appalto, nella quale si preveda che tutti i danni che i terzi dovessero subire dall’esecuzione delle opere siano a totale ed esclusivo carico dell’appaltatore, rimanendone indenne il committente, non può essere da quest’ultimo invocata quale ragione di esenzione dalla propria responsabilità risarcitoria nei confronti del terzo danneggiato per effetto di quei lavori, atteso che tale clausola, operando esclusivamente nei rapporti fra i contraenti, alla stregua dei principi generali sull’efficacia del contratto fissati dall’art 1372 c.c., non può vincolare il terzo a dirigere verso l’una, anziché verso l’altra parte, la pretesa nascente dal fatto illecito occasionato dall’esecuzione del contratto.

Sentenza|30 giugno 2022| n. 20840. Appalto e responsabilità del proprietario per i danni a terzi

Data udienza 7 aprile 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Proprietà – Inidoneità dei titoli prodotti dalle parti a dimostrare la proprietà di un vano in contestazione – Valutazione delle caratteristiche e delle conclusioni della CTU – Responsabilità del proprietario del bene per i danni cagionati a terzi anche se questi siano conseguenza del fatto dell’appaltatore – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 27412-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 526/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 20/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/04/2022 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO;
viste le conclusioni scritte depositate dal P.G., nella persona del Sostituto Dott.ssa DELL’ERBA ROSA MARIA, la quale ha concluso per l’accoglimento del quarto motivo del ricorso e per il rigetto degli altri.

 

Appalto e responsabilità del proprietario per i danni a terzi

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato l’8.2.2005 (OMISSIS) evocava in giudizio (OMISSIS) innanzi il Tribunale di Genova, esponendo di essere proprietaria esclusiva di un sottotetto, avente funzione esclusiva di camera d’aria di isolamento del sottostante appartamento di sua proprieta’, e lamentanto che il convenuto se ne era appropriato, trasformandolo in ripostiglio e locale tecnico a servizio del proprio appartamento. L’attrice invocava l’accertamento del suo diritto di proprieta’ esclusiva sul bene oggetto della domanda e la condanna del convenuto al ripristino ed al risarcimento del danno.
Nella resistenza del convenuto il Tribunale di Genova, con sentenza n. 1721/2013, accoglieva la domanda, accertando la proprieta’ del bene in capo all’attrice, condannando il convenuto al ripristino ed al risarcimento del danno, quantificato in Euro 14.000.
Interponeva appello avverso detta decisione (OMISSIS) e la Corte di Appello di Genova, con la sentenza impugnata, n. 526/2017, resa nella resistenza della parte appellata, rigettava il gravame, condannando l’appellante alle spese del grado.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS), affidandosi a sei motivi.
Con atto del 25.11.2021 si e’ costituito con procura speciale l’avv. (OMISSIS), nuovo procuratore di (OMISSIS), unitamente all’avv. (OMISSIS), gia’ nominata in controricorso.
Ambo le parti hanno depositato memoria in prossimita’ dell’udienza pubblica.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del quarto motivo e per il rigetto degli altri.

 

Appalto e responsabilità del proprietario per i danni a terzi

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente posto a carico del (OMISSIS) la prova della proprieta’ del sottotetto oggetto di causa, senza considerare che, trattandosi di domanda di rivendicazione, era la (OMISSIS) ad essere onerata della prova della proprieta’ del cespite.
La censura e’ infondata.
La Corte di Appello afferma che “I titoli di proprieta’ delle parti non contengono indicazioni relative al sottotetto” (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata). Da poi atto che il solo atto di provenienza del (OMISSIS) faceva menzione del sottotetto, definendolo pertinenza, ma ritiene questa indicazione non probante, ne’ utilmente opponibile alla (OMISSIS), poiche’ “… contenuta soltanto nell’ultimo atto della serie di trasferimenti dell’appartamento” (cfr. ancora pag. 3). Una volta accertata l’impossibilita’ di attribuire la proprieta’ del vano di cui e’ causa in base ai titoli, il giudice di merito passa ad esaminare le caratteristiche del bene in questione, rilevando che-in base alle risultanze della CTU- il suo piano di calpestio era “… costituito da canniccio intonacato e quindi in realta’ inagibile ed impraticabile” (cfr. sempre pag. 3). Su tali premesse, ed alla luce del fatto che all’appartamento del (OMISSIS) era stata, in precedenza, gia’ annessa una “… porzione di sottotetto sensibilmente inferiore a quella occupata con l’ultimo ampliamento la Corte distrettuale ha condiviso la valutazione del Tribunale , che gia’ aveva affermato che la funzione del locale in questione fosse quella di assicurare l’isolamento dell’appartamento sottostante, di proprieta’ della (OMISSIS).
In proposito, va data continuita’ al principio secondo cui “Il sottotetto di un edificio che assolva all’esclusiva funzione di isolare i vani dell’alloggio ad esso sottostanti, si pone con essi in rapporto di dipendenza e protezione, cosi’ da non poter esserne separato senza che si verifichi l’alterazione del rapporto di complementarieta’ dell’insieme, con la conseguenza che, non potendo essere utilizzato separatamente dall’alloggio sottostante cui accede, non e’ configurabile il possesso ad usucapionem dello stesso da parte del proprietario di altra unita’ immobiliare” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 6114 del 24/02/2022, Rv. 663799; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24147 del 29/12/2004, Rv. 579099).

 

Appalto e responsabilità del proprietario per i danni a terzi

Da quanto precede discende che la Corte di Appello non ha, in realta’, operato alcuna inversione dell’onere della prova, ne’ ha esonerato la (OMISSIS) dalla prova della proprieta’ del cespite di cui e’ causa. Piuttosto, una volta verificato che nessuno dei titoli prodotti dalle parti era idoneo a dimostrare la proprieta’ del vano in contestazione in capo all’una o all’altra di esse, la Corte territoriale ha esaminato le caratteristiche del sottotetto, ed ha, all’esito di una valutazione in punto di fatto fondata sulle risultanze istruttorie -in particolare, sugli esiti della C.T.U.- non implausibile e dunque non utilmente censurabile in sede di legittimita’, ritenuto che il locale predetto assolvesse alla primaria funzione di isolamento dell’appartamento sottostante, di proprieta’ della (OMISSIS), rispetto al quale, dunque, ha configurato l’esistenza di un vincolo di natura pertinenziale. Conclusione, quest’ultima, che e’ pienamente in linea con i richiamati insegnamenti di questa Corte in punto di funzione, e natura giuridica, del sottotetto.
Con il secondo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 1362 c.c., articoli 112, 113, 115, 116 e 227 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato un vincolo di pertinenzialita’ tra il sottotetto di cui e’ causa e l’appartamento della (OMISSIS), posto al penultimo piano dell’edificio, senza considerare che soltanto il titolo di provenienza del (OMISSIS) faceva esplicita menzione del locale in questione, mentre quello della (OMISSIS) non conteneva alcun riferimento a detto spazio.

 

Appalto e responsabilità del proprietario per i danni a terzi

Con il quarto motivo, che logicamente merita di essere esaminato congiuntamente al secondo, la parte ricorrente lamenta la violazione degli articoli 817, 818 e 2697 c.c. ed omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato un rapporto di pertinenzialita’ tra il sottotetto e l’appartamento della (OMISSIS), posto al penultimo piano dell’edificio, senza considerare che il sottotetto potrebbe, al massimo, ritenersi pertinenza dell’alloggio sito all’ultimo piano dello stabile.
Le due censure in esame sono inammissibili.
Come gia’ evidenziato in occasione dello scrutinio della prima doglianza, infatti, la Corte di Appello ha ritenuto inopponibile alla (OMISSIS) l’indicazione del sottotetto in contestazione come pertinenza dell’appartamento del (OMISSIS), perche’ contenuta solo nell’ultimo atto della serie di trasferimenti relativi al detto alloggio; mentre ha configurato un rapport pertinenziale tra il locale controverso e l’appartamento della (OMISSIS), posto al livello inferiore, in funzione delle caratteristiche del sottotetto e della sua precipua funzione di assicurare isolamento ai vani sottostanti. Sul punto, va considerato che la sussistenza del vincolo pertinenziale non dipende dalla collocazione dell’appartamento alla sommita’ dell’edificio, ma piuttosto dal fatto che esso si trovi al di sotto del locale sottotetto con funzione isolante. In presenza, dunque, di un edificio sviluppato su diverse altezze, il sottotetto che assolva alla precipua funzione di isolamento e’ legato da vincolo pertinenziale con i locali sottostanti, che fruiscono della predetta funzione isolante, i quali possono anche non essere posti alla sommita’ del palazzo. Quel che rileva, in altri termini, non e’ il fatto che l’alloggio sottostante al sottotetto sia quello posto all’ultimo piano dell’edificio, bensi’ che il sottotetto sia posto alla sommita’ di una colonna dello stabile, e che sulla sua verticale non insistano altri locali. E’ dunque del tutto irrilevante il fatto che il palazzo si presenti, per una parte, di altezza superiore al sottotetto, cosicche’ vi sia un appartamento posto all’ultimo piano che si trovi ad un livello superiore rispetto ai vani coperti dal sottotetto. Tale appartamento, infatti, non potrebbe mai fruire della funzione isolante del sottotetto, proprio in quanto posto non direttamente al di sotto dello stesso, ma lateramente; ed il venir meno della funzione rende impossibile configurare il vincolo pertinenziale ipotizzato dai richiamati precedenti n. 6114/2022, Rv. 663799, e n. 24147/2004, Rv. 579099, di questa Corte, i quali presuppongono come detto – che il sottotetto “… assolva all’esclusiva funzione di isolare i vani dell’alloggio ad esso sottostanti”.

 

Appalto e responsabilità del proprietario per i danni a terzi

Con il terzo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione degli articoli 1362, 1363, 1367, 1371, 2644, 2697 c.c., articoli 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, perche’ la Corte di Appello avrebbe deciso la causa sulla base di una interpretazione erronea dei titoli di provenienza delle parti e delle altre prove acquisite agli atti del giudizio di merito, con particolare riferimento alle mappe catastali ed alle deposizioni testimoniali, che avevano confermato l’uso esclusivo dello spazio in contestazione in capo al dante causa del (OMISSIS).
La censura e’ inammissibile.
La Corte di Appello, come gia’ detto, fornisce una motivazione congrua e convincente, partendo dall’esame dei titoli e, in assenza di indicazioni in essi contenute, apprezzando, sulla base delle prove acquisite agli atti del giudizio di merito e delle risultanze della C.T.U., la funzione di isolamento assolta dal sottotetto di cui e’ causa. Tale operazione ermeneutica si sostanzia in un giudizio di fatto, fondato sull’apprezzamento delle evidenze istruttorie; ad esso, la parte ricorrente contrappone una lettura alternativa delle prove, senza considerare il principio secondo cui “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonche’ la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilita’ dei testi e sulla credibilita’ di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330). Ne’ e’ possibile invocare, in sede di legittimita’, un riesame della valutazione di fatto operata dal giudice di merito, posto che il motivo di ricorso non puo’ mai risolversi in un’inammissibile istanza di revisione della predetta valutazione, al fine di ottenere una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

 

Appalto e responsabilità del proprietario per i danni a terzi

Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 111 Cost., articoli 101 e 112 c.p.c., articoli 2043 e 2949 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, perche’ la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare che la (OMISSIS) aveva invocato il risarcimento del danno derivante dai lavori eseguiti all’interno dell’appartamento del (OMISSIS); danno che avrebbe dovuto invece essere richiesto nei confronti della ditta appatatrice, che aveva operato in modo autonomo al di fuori della sfera di controllo del committente.
La doglianza e’ infondata.
In base ai principi di cui agli articoli 2043 e ss. c.c., il proprietario del bene immobile risponde dei danni cagionati a terzi, anche se questi, materialmente, siano conseguenza del fatto dei propri incaricati, dipendenti o collaboratori. La circostanza che i lavori di ristrutturazione dell’appartamento del (OMISSIS) siano stati eseguiti da un appaltatore, dunque, non assume alcuna rilevanza nell’ambito del rapporto giuridico esistente tra lo stesso (OMISSIS), proprietario del bene dal quale proviene il danno, e la (OMISSIS), proprietaria del sottostante immobile, danneggiato. In argomento, va infatti ribadito che “La clausola di un contratto di appalto, nella quale si preveda che tutti i danni che i terzi dovessero subire dall’esecuzione delle opere siano a totale ed esclusivo carico dell’appaltatore, rimanendone indenne il committente, non puo’ essere da quest’ultimo invocata quale ragione di esenzione dalla propria responsabilita’ risarcitoria nei confronti del terzo danneggiato per effetto di quei lavori, atteso che tale clausola, operando esclusivamente nei rapporti fra i contraenti, alla stregua dei principi generali sull’efficacia del contratto fissati dall’articolo 1372 c.c., non puo’ vincolare il terzo a dirigere verso l’una, anziche’ verso l’altra parte, la pretesa nascente dal fatto illecito occasionato dall’esecuzione del contratto” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2363 del 17/02/2012, Rv. 621866). L’esistenza di un contratto di appalto tra il (OMISSIS) ed un terzo, dunque, avrebbe, semmai, consentito al primo di invocare la chiamata in causa, in garanzia impropria, del secondo, cosa che, nella fattispecie, non risulta sia stata fatta.
Infine, con il sesto ed ultimo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 833 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte di Appello avrebbe omesso di tener conto che l’intervento di pavimentazione eseguito dal (OMISSIS) nell’intercapedine oggetto di causa assicurava all’appartamento della (OMISSIS) un isolamento addirittura superiore rispetto a quello offerto dall’originaria conformazione dell’ambiente di cui e’ causa.

 

Appalto e responsabilità del proprietario per i danni a terzi

La censura e’ inammissibile, poiche’ implica un accertamento in fatto che non e’ consentito in sede di legittimita’. Ne’, peraltro, il ricorrente chiarisce in quale momento del giudizio di merito la questione – della quale non vi e’ traccia nella sentenza impugnata-sarebbe stata ritualmente sollevata: dal che consegue l’ulteriore profilo di inammissibilta’ dell’argomento, perche’ nuovo.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore delle parti controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida, per ciascuna di esse, in Euro 4.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali, nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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