Appalto e la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 maggio 2024| n. 12396.

Appalto e la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere

In tema di appalto, la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere, avanzata in corso di esecuzione dei lavori dal committente, comporta la sostituzione consensuale del regolamento contrattuale e il venir meno del termine di consegna e della penale per il ritardo originariamente pattuiti; l’efficacia della penale è tuttavia conservata se le parti fissano di comune accordo un nuovo termine mentre, in mancanza, grava sul committente, che intenda conseguire il risarcimento del danno da ritardata consegna dell’opera, l’onere di fornire la prova della colpa dell’appaltatore.

 

Ordinanza|7 maggio 2024| n. 12396. Appalto e la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere

Data udienza 19 ottobre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Appalto (contratto di) – Progetto – Variazioni – In genere richiesta di variazioni ‘notevoli’ delle opere – Sostituzione consensuale del regolamento contrattuale – Termine di consegna e penale per il ritardo originariamente pattuiti – Conseguenze – Onere della prova.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERTUZZI Mario – Presidente

Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere-Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16737/2018 R.G. proposto da:

(…) Srl, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (…), presso lo studio dell’avvocato CO.MA. (Omissis), rappresentata e difesa dall’avvocato CO.MA.(Omissis);

– ricorrente –

contro

Ce.Os., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (…), presso lo studio dell’avvocato FR.FU., (…), che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI TORINO n. 2529/2017 depositata il 28/11/2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/10/2023 dal Consigliere CRISTINA AMATO.

Appalto e la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere

RILEVATO CHE:

1. (…) Srl chiamava in giudizio Ce.Os. innanzi al Tribunale di Novara chiedendone la condanna al pagamento di Euro78.250,93 a titolo di corrispettivo di opere asseritamente eseguite extra contratto, con riferimento ad un appalto di ristrutturazione edile. Costituitosi, il Ce.Os. proponeva domanda riconvenzionale chiedendo, tra l’altro, il risarcimento dei danni subìti per inadempimento dell’attrice, per vizi e difetti in alcune delle opere eseguite nonché per la mancata esecuzione di altre, e per l’applicazione della penale da ritardo.

1.1. Il Tribunale adìto, con sentenza n. 613/2016, respinta ogni altra domanda di entrambe le parti, condannava Ce.Os. al pagamento in favore dell’attrice dell’importo di Euro20.183,36.

2. La suddetta sentenza veniva impugnata da Ce.Os. innanzi alla Corte d’Appello di Torino che rigettava il gravame e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale promosso da (…) Srl, condannava l’appellante al pagamento in favore di controparte di Euro 23.626,80. Più precisamente:

– decidendo sul secondo motivo dell’appello incidentale elevato dinanzi al giudice di seconde cure dall’odierna ricorrente principale, confermava la decisione del Tribunale di Novara in merito alla delimitazione dell’oggetto del contratto di appalto, osservando che esso includerebbe sia le opere previste nel progetto allegato al permesso di costruire dell’08.01.2007, sia ulteriori opere previste nel precedente progetto allegato alla prima DIA “in variante 1”. Benché, infatti, la DIA fosse stata licenziata all’inizio dei lavori in data 03.12.2007, quindi successivamente alla stipulazione del contratto avvenuta in data 08.11.2007, il progettista aveva già redatto i disegni della variante 1 al momento della stipulazione del contratto. In sintesi, il tracciamento dell’immobile è stato eseguito, ad inizio lavori, sulla base del progetto già variato;

– sulla base delle risultanze emerse dalla CTU, la Corte territoriale confermava la realizzazione di numerose opere aggiuntive rispetto a quelle previste nei progetti di cui al permesso di costruire e di cui alla variante 1: esse trovano ragione nella “variante 2” voluta dalla committenza, e consistono in nuove opere intervenute dopo l’inizio dei lavori. Stante il subentro di tale ulteriore variazione all’originario progetto, la Corte ha dichiarato superata la penale pattuita per il ritardo, in quanto legata al rispetto di un termine già determinato in relazione all’esecuzione delle sole opere di cui alla variante 1.

3. La suddetta pronuncia veniva impugnata per cassazione da (…) Srl e da Ce.Os.

Il ricorso notificato successivamente da Ce.Os. deve essere considerato incidentale, ancorché proposto come autonomo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14377 del 2019).

Ciascuna delle parti ha depositato controricorso.

In prossimità dell’adunanza Ce.Os. ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

Appalto e la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere

CONSIDERATO CHE:

I. Ricorso Principale

1. Con il primo motivo si deduce travisamento della prova, acquisita e non valutata come decisiva per la decisione della controversia, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. La Corte d’Appello – a giudizio della ricorrente – avrebbe travisato la prova decisiva ricadente sulla ricognizione del contenuto oggettivo della testimonianza del progettista Fo., nella parte in cui avrebbe confermato che la variante 1, che prevedeva un nuovo tracciamento, fosse stata concordata tra le parti, inclusa l’odierna ricorrente, tre mesi prima della sottoscrizione del contratto di appalto. Se anche il tracciamento dell’immobile fosse stato eseguito ad inizio lavori, e cioè

il 03/12/2007 sulla base del progetto già variato, ciò non significa, come invece ha inteso alla Corte d’Appello, che sia stata raggiunta la prova che tale variazione fosse conosciuta, o addirittura concordata con l’impresa, fin dall’08.11.2007, data di stipulazione del contratto d’appalto.

2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., dell’art. 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 2729, comma 1, cod. civ. La ricorrente si duole del fatto che mentre l’unica prova certa è che la variante 1 sia stata predisposta prima dell’inizio lavori, non è altrettanto dimostrato che questa fosse conosciuta all’impresa fin dalla data di stipulazione del contratto. La Corte d’Appello ritiene provata tale circostanza avvalendosi di presunzioni semplici che, tuttavia, osserva la ricorrente, non sono gravi (in quanto mancanti della c.d. “inferenza probabilistica”), non sono precise (poiché lo stesso teste Fo. fa riferimento al capitolato speciale di appalto in cui non sono contemplati i lavori di cui alla successiva DIA in invariante), non sono neanche concordanti (poiché aver dedotto lo sconto tra il prezzo in preventivo e il prezzo nel contratto di appalto, comprensivo della variante, non è corretto: nella ricostruzione della ricorrente, infatti, tale differenza di prezzo dovrebbe, al contrario, risolversi nel riconoscimento di costi aggiuntivi della variante 1, fino ad Euro17.240,85).

3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., dell’art. 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 2729, comma 1, cod. civ. La ricorrente censura la pronuncia della Corte d’Appello per aver fatto ricorso a presunzioni al fine di determinare l’oggetto di una scrittura privata, in violazione della disciplina ricavabile dal combinato disposto dell’art. 2729, comma 2, cod. civ. e dell’art. 2721 cod. civ., in ragione della quale le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni, ossia quando – come nel caso di specie – il valore dell’oggetto del contratto ecceda le lire cinquemila (Euro2,58).

4. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., dell’art. 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 1362 ss. cod. civ. La ricorrente lamenta il fatto che la sentenza impugnata non abbia rispettato il senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto di appalto nel cui art. 1 – che definisce, appunto, l’oggetto del contratto – è espressamente richiamato il permesso di costruire; ciò precludeva al giudice di merito di far ricorso a non meglio precisati i criteri di interpretazione per stabilire quale fosse l’oggetto dell’accordo. A ciò si aggiunga che il contratto è stato redatto dallo stesso committente: tanto sarebbe bastato ad indurre la Corte d’Appello ad applicare, per lo meno, il criterio di interpretazione di cui all’art. 1370 cod. civ.

5. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., dell’art. 115 cod. proc. civ. La ricorrente denuncia l’errato uso delle presunzioni laddove il giudice territoriale ha spiegato la diminuzione del prezzo di appalto con il fatto che a carico della ricorrente veniva demandata solo la posa di un maggior numero di colonne (17, e non più 10), mentre la fornitura sarebbe stata a carico del committente: facendo ricorso alla propria scienza privata, il giudice territoriale si sarebbe dovuto rendere conto che il costo della posa e fornitura di 10 colonne in serizzo, è sempre inferiore (di circa Euro 4.000,00) alla posa di 17 colonne in serizzo.

6. Con il sesto motivo si deduce violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 132, n. 4) cod. proc. civ. La ricorrente denuncia l’omessa pronuncia da parte della Corte territoriale su un altro aspetto del motivo d’appello sollevato dall’odierna ricorrente in merito alla variante 1, e cioè non solo il fatto che essa fosse stata licenziata successivamente alla stipula del contratto e contemporaneamente all’inizio dei lavori, ma che l’interpretazione nell’art. 1 del contratto relativo all’oggetto avrebbe dovuto condurre la Corte d’Appello ad altra conclusione: su tale questione interpretativa la Corte ha del tutto omesso di pronunciarsi.

Appalto e la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere

7. I sei motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tutti aggrediscono – sotto diversi aspetti – il capo della sentenza d’appello (v. sentenza punto IX, pp. 10 – 11) riportato in parte narrativa.

7.1. Tutte le doglianze sono inammissibili per le ragioni di cui appresso.

A. Innanzitutto si rileva l’assenza del riferimento ad un preciso mezzo di critica, ex art. 366, comma 1, cod. proc. civ. (primo motivo). Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6519 del 06/03/2019, Rv. 653222 – 01; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014, Rv. 633335 – 01). Soprattutto, impropriamente la ricorrente fa riferimento al travisamento della prova: l’inammissibilità della doglianza discende dal fatto che alle pp. 8 e 9 il ricorso si limita a riproporre le risultanze istruttorie (prova testimoniale e prove documentali relative al significato negoziale della variante 1), contestando la valutazione su di esse resa nella sentenza impugnata.

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B. Sotto diverso profilo, la ricorrente censura il ricorso alle presunzioni, rispetto alle quali denuncia l’assenza dei requisiti della precisione, gravità e concordanza, nonché il loro utilizzo pure in casi espressamente esclusi dalla legge (secondo e terzo motivo). La censura è inammissibile. Come già chiarito da questa Corte, la denuncia in cassazione di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo possa basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti, ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali, o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta e applicata dal giudice di merito, o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. Sez. 2, n. 8829 del 29.03.2023 Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022; Sez. L, Sentenza n. 18611 del 30/06/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 3541 del 13/02/2020; Sez. L, Sentenza n. 29635 del 16/11/2018; Sez. 3, Sentenza n. 19485 del 04/08/2017). Nel capo IX della sentenza impugnata la Corte territoriale ritiene infondata la censura dell’appellata incidentale sulla base di molteplici elementi presuntivi, analiticamente esaminati nel rispetto dei requisiti di gravità (riferita al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto, nel caso di specie rappresentata dall’aggiunta della variante 1 già esistente al progetto licenziato); precisione (requisito riferito al fatto noto determinato nella realtà storica, nel caso di specie rappresentato dalla ricostruzione storica del susseguirsi dei progetti e dei disegni, resa in sentenza a p. 10, ultimi 8 righi); concordanza (requisito per il quale il fatto ignoto sia – di regola – desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza: la Corte territoriale ha, in effetti, articolato il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, scartando quelli irrilevanti, per poi procedere nella successiva valutazione complessiva di quelli isolati: p. 11, 1° capoverso).

Appalto e la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere

Né il Collegio condivide la sussistenza, nel caso di specie, di un’ipotesi di esclusione del ricorso al ragionamento presuntivo, atteso che non ricorre il presupposto essenziale, ossia la non ammissibilità della prova testimoniale: questa Corte, infatti, ha avuto occasione di chiarire che il giudice può ammettere la prova testimoniale in deroga al limite fissato dall’art. 2721, comma 1 cod. civ. per il valore eccedente quello di Euro2,58, atteso che l’art. 2721, comma 2 cod. civ., gli attribuisce un potere discrezionale il cui esercizio è ricollegato alla qualità delle parti, alla natura del contratto ed ad ogni altra circostanza, purché venga fornita adeguata motivazione della scelta operata (ex multis: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21411 del 06/07/2022, Rv. 665546 – 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1751 del 24/01/2018, Rv. 647153 – 03).

Da ultimo, inammissibile è anche la censura sulla violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (quinto motivo): la doglianza investe l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito, in questa sede non sindacabile, in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. non può porsi per una (asseritamente) erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito. Punto di diritto, questo, che ha trovato recente conferma nei principi enunciati dalle Sezioni Unite (Cass. Sez. U, sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02, conf. da Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 16016 del 09.06.2021, Rv. 661360 – 02; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 29177 del 20.10.2023), in virtù dei quali in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio). La possibilità del ricorso alla “propria scienza privata” contestato dal ricorrente è, comunque, espressamente richiamata dal codice di rito (art. 115, comma 2, cod. proc. civ.) ove – come nel caso che ci occupa – il giudice abbia posto (anche) a fondamento della decisione nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.

Appalto e la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere

C) La ricorrente, infine, censura il capo di pronuncia in questione sotto il profilo dell’errata applicazione dei canoni ermeneutici (terzo motivo), ovvero sotto il profilo dell’omessa pronuncia in ordine alla loro errata applicazione già elevata in sede di appello incidentale (sesto motivo). Anche queste censure sono inammissibili.

Occorre preliminarmente ricordare che i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. sono governati da un principio di gerarchia interna, in forza dei quali i canoni strettamente interpretativi prevalgono su quelli interpretativi-integrativi, tanto da escluderne la concreta operatività quando l’applicazione dei primi risulti da sola sufficiente a rendere palese la “comune intenzione delle parti stipulanti”. Tuttavia, la necessità di ricostruire quest’ultima senza “limitarsi al senso letterale delle parole”, ma avendo riguardo al “comportamento complessivo” dei contraenti comporta che il dato testuale del contratto, pur rivestendo un rilievo centrale, non sia necessariamente decisivo ai fini della ricostruzione dell’accordo, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali non è un prius, ma l’esito di un processo interpretativo che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore (ex multis, Cass. Sez. 3, n. 4923 del 02.03.2018; Sez. 3, Sentenza n. 14432 del 15/07/2016).

Tanto premesso, è noto che l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, normalmente incensurabile in sede di legittimità, salvo che, ratione temporis, nelle ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti ai sensi del n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ., nella formulazione attualmente vigente, ovvero, ancora, ai sensi dell’art. 360 n. 3) cod. proc. civ., per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, previsti dall’art. 1362 e ss. cod. civ. (Cass. n. 14355 del 2016, in motiv.). Il sindacato di legittimità, in effetti, può avere ad oggetto solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati al fine di verificare se sia incorso in errori di diritto o in vizi di ragionamento (Cass. n. 23701 del 2016, in motiv.). A tal fine, tuttavia, non basta che il ricorrente faccia un astratto richiamo alle regole di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., o lamenti la ricostruzione del significato del contratto svolto dal giudice di merito, occorrendo, invece, che, rispettivamente, specifichi i canoni in concreto inosservati e il punto e il modo in cui il giudice di merito si sia da essi discostato (Cass. n. 7472 del 2011) e riproduca in ricorso i fatti decisivi il cui esame, pur risultando dagli atti del processo, sia stato del tutto omesso (Cass. Sez. U, n. 8053 del 2014).

Ne consegue l’inammissibilità del motivo di ricorso che, pur fondandosi, come quello in esame, sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche, si risolva, in realtà, in difetto dei requisiti esposti, nella proposta di una interpretazione diversa; così come è inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca, come nella specie, nella mera prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto che il giudice di seconde cure aveva esaminato (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10891 del 26/05/2016, Rv. 640122 – 01; Cass. n. 2465 del 2015, Rv. 634161 – 01). Del resto, per sottrarsi al sindacato di legittimità sotto i profili di censura dell’ermeneutica contrattuale, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass Sez. 2, Ordinanza n. 40972 del 2021; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14/07/2016, Rv. 640551 – 01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15603 del 04/06/2021 – Rv. 661741 – 01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9996 del 10/04/2019 – Rv. 653577 – 01).

Nel caso di specie, la Corte territoriale – con argomentazione scevra da vizi logico- giuridici – ha ritenuto di poter superare la lettera dell’art. 1 del contratto, relativo all’oggetto dell’appalto, inferendo l’accettazione della variante 1 e la sua introduzione nel progetto originario dalle risultanze documentali come dall’atteggiamento processuale delle parti: dalla differenza di importo tra il corrispettivo preventivato il 23.03.2007 (Euro144.246,80) e quello pattuito in data 08.11.2007 (Euro140.000,00), atteso che (…) Srl non ha mai allegato la concessione di uno sconto, mentre il committente Ce.Os. ha spiegato la riduzione di prezzo in ragione della variazione degli accordi in ordine alla fornitura e posa delle colonne in serizzo (aumentate di numero, ma fornite dal committente), ricompresa nella variante 1.

7.2. In sintesi, le doglianze si traducono in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. sez. 2, n. 19717/2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’8 agosto 2019).

8. Il Collegio, pertanto, rigetta il ricorso principale.

II. Ricorso Incidentale

9. Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. Con riferimento alla pronuncia della Corte territoriale riferita ai primi due motivi d’appello (non al terzo, come erroneamente indica il ricorrente: p. 7 del ricorso, ultimo capoverso) in cui si discuteva se variazioni qualitative e/o quantitative delle opere contrattualmente previste e quantificate dal CTU in Euro 2.383,07 fossero contrattualmente dovute, la Corte territoriale – pur riconoscendo che dette variazioni non potevano essere quantificate a favore dell’appaltatore – non le ha poi sottratte dal conteggio complessivo effettuato al punto XIII della sentenza (p. 13, ultimo capoverso); né tale sottrazione compare nel dispositivo.

9.1. Il motivo è infondato. In risposta al secondo dei due quesiti formulati dall’appellante (se, in un contratto a corpo, le opere eseguite possano essere giudicate diverse solo perché quantitativamente non corrispondenti esattamente alle misure del progetto) la Corte territoriale ha stabilito che, nell’appalto a corpo, tutte le lavorazioni volte a completare l’opera per la quale è stato pattuito il compenso forfettario sono da ritenere in esso comprese, e non spetta alla società appaltatrice alcun compenso per le quantità maggiori rivelatesi necessarie rispetto alla stima di progetto. Pertanto, conclude la Corte, nel caso di specie, le lavorazioni eseguite dall’appaltatrice in maggiore quantità per realizzare le opere concordate in variante 1 e inserite nel progetto originario non devono essere compensate all’appaltatrice, poiché si tratta di costi da porre a suo rischio.

9.1.1. Tanto precisato, la Corte distrettuale ha riformulato interamente – in virtù dell’effetto devolutivo dell’appello – i conteggi effettuati dal giudice di prime cure, espungendo dalla somma (contrariamente a quanto aveva fatto il Tribunale di Novara) il costo (Euro 2.383,07) della maggiore quantità di lavorazione per le opere eseguite e parte della variante 1 (v. sentenza p. 13, penultimo capoverso).

10. Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 1667, 1668, 1669, 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, nn.3) e 5), cod. proc. civ. Il ricorrente censura la pronuncia impugnata nella parte in cui rigetta la domanda di risarcimento formulata dall’allora appellante in merito alla realizzazione del vespaio aerato -responsabile di aereazione insufficiente che alimenta un fenomeno di umidità capillare nelle mura di nuova costruzione – in difformità a quanto previsto nel progetto, poiché era stato realizzato utilizzando casseri (“igloo”) alti 4cm anziché 10cm. Secondo la Corte distrettuale, prosegue il ricorrente, i vizi segnalati dall’appellante erano dovuti al rinvenimento, durante il lavoro di scavi, di una platea di calcestruzzo, dinanzi alla quale il Direttore dei Lavori, acquisito il parere di un tecnico specializzato, avrebbe assunto la decisione di non proseguire lo scavo per non compromettere la staticità del fabbricato preesistente. Di tale decisione peraltro, prosegue la Corte, non poteva non essere reso edotto il committente (v. sentenza, pp. 7-8). Il ricorrente afferma l’erroneità della conclusione cui perviene la Corte, e cioè che non possa addebitarsi a (…) Srl uno specifico profilo di inesatto adempimento. A giudizio del ricorrente, invece, l’appaltatore va eccezionalmente esente da responsabilità solo quando fornisca la prova di essere stato un nudus minister del committente, quindi di aver lavorato in difetto totale di autonomia, come invece non è nel caso concreto. Del resto, prosegue il ricorrente, si tratta di una variazione contrattuale che necessitava approvazione scritta da parte della committenza, ai sensi dell’art. 2 del contratto e dell’art. 1659 cod. civ. Né ha pregio l’affermazione della Corte secondo la quale il committente avrebbe conosciuto e approvato tale variazione, posto che intanto questi non era presente alla riunione e, inoltre, si tratta di variante tecnica rispetto alla quale il committente non ha alcuna esperienza.

10.1. Il motivo si rivela inammissibile perché carente di riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.

10.2. Il giudice di seconde cure ha escluso l’inesatto adempimento e, quindi, la risarcibilità del danno a carico di (…) Srl relativamente alla realizzazione, in tesi mancata, del vespaio aerato, in quanto la modalità di realizzazione del vespaio – soluzione di compromesso comunque condivisa tra appaltatore, Direttore dei Lavori e committente – avrebbe potuto essere efficientemente integrata, sotto il contestato profilo dell’aerazione, dall’effettuazione di carotaggi nelle murature perimetrali con inserimento di tubi; accorgimento, quest’ultimo, decisivo (dovendosi attribuire alla sua assenza il fenomeno di umidità riscontrato dal CTU) – sottolinea la Corte territoriale – mai realizzato in quanto l’appaltatrice è stata estromessa dal cantiere prima della formale conclusione dei lavori, essendo insorta controversia in ordine ai pagamenti. Inoltre, prosegue la Corte, sarebbero state strumentalizzate dal committente le affermazioni della CTU, laddove riconduce tout court alla mancata aerazione del vespaio il fenomeno dell’umidità capillare che, invece, il perito attribuisce alla mancata impermeabilizzazione delle mura preesistenti, non oggetto dell’appalto per cui è causa.

10.3. Non è, dunque, sull’art. 1659 cod. civ. che si fonda la ratio decidendi della Corte d’Appello, sicché risulta inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam, e pertanto non costituente ratio decidendi della medesima. Invero, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza impugnata, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici, non può essere oggetto di ricorso per cassazione per difetto di interesse (ex plurimis: Cass. n. 8755 del 2018; Cass. n. 23635 del 2010; Cass. n. 24591 del 2005).

Appalto e la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere

11. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 1382 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 5) e 3), cod. proc. civ. La Corte d’Appello ha rigettato la liquidazione della penale in quanto, essendo intervenuta la variante n. 2, il termine di consegna dell’opera doveva essere rinegoziato. A giudizio della ricorrente non bastava che fossero pattuite opere diverse: la Corte d’Appello avrebbe dovuto verificare che l’originario termine di consegna non potesse più essere rispettato alla luce delle nuove opere da eseguire in sostituzione di opere contrattualmente previste che, di fatto, comportavano una dilatazione minima dei termini di consegna.

11.1. Il motivo è infondato. La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione delle regole che governano l’intervento della penale per ritardo (art. 1382 cod. civ.): costituisce, infatti, principio consolidato quello per cui, nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto, la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere, avanzata in corso di esecuzione dei lavori dal committente, comporta la sostituzione consensuale del regolamento contrattuale in essere e il venir meno del termine di consegna e della penale per il ritardo originariamente pattuiti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9152 del 02/04/2019, Rv. 653307 – 01; Cass. n. 10201 del 2012; Cass. n. 19099 del 2011; Cass. n. 9796 del 2011). L’efficacia della penale è, tuttavia, conservata soltanto se le parti fissano di comune accordo un nuovo termine mentre, in mancanza, grava sul committente, che intenda conseguire il risarcimento del danno da ritardata consegna dell’opera, l’onere di fornire la prova della colpa dell’appaltatore (Cass. n. 20484 del 2011; conf. Cass. n. 7242 del 2001; Cass. n. 2290 del 1995; Cass. n. 2394 del 1986).

12. Con il quarto motivo si deduce violazione degli artt. 91, 92 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. La Corte d’Appello, ribaltando la statuizione del primo giudice, ha condannato il committente alla rifusione dei 2/3 delle spese di lite (compensando il resto) del primo grado, addossandole integralmente le spese di secondo grado, senza spiegazione alcuna, rendendo perciò una motivazione apparente. Secondo il ricorrente, invece, tutte le tesi difensive esposte dall’attrice in primo grado sono state in tutto o in parte riformate e/o non accolte; lo stesso vale per il giudizio d’appello: la Corte ha accolto parzialmente l’appello principale ma l’appaltatore ha contrapposto appelli incidentali in parte accolti, in altre parti rigettati.

12.1. Il motivo è infondato: in secondo grado l’appello mosso da Ce.Os. risulta rigettato in toto (v. sentenza p. 5, 1° capoverso; come confermato in dispositivo, p. 14, 4° rigo dopo PQM), mentre l’appello incidentale è accolto in parte. Quanto statuito in sentenza a p. 6, ultimi 8 righi, non costituisce accoglimento di un autonomo motivo di appello, bensì la conseguenza di quanto argomentato dalla Corte distrettuale in coerenza con la ricostruzione dell’oggetto del contratto di appalto di cui è causa: facendo applicazione di una corretta interpretazione della disciplina dell’appalto a corpo (per cui le lavorazioni volte a completare l’opera per la quale è stato pattuito il compenso forfettario sono da ritenere in esso comprese, non spettando alla società appaltatrice alcun compenso per le quantità maggiori rivelatesi necessarie rispetto alla stima di progetto: v. supra, punto 9.1.) la Corte d’Appello si è limitata a rivedere i conteggi relativi alla quantificazione del saldo per le opere eseguite oggetto dell’appalto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, con ricaduta negativa sull’appello incidentale elevato dall’appaltatrice.

12.2. In presenza di reciproca soccombenza, deve, pertanto, ritenersi pienamente giustificata la compensazione parziale delle spese decisa in sentenza.

13. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso principale; rigetta, altresì, il ricorso incidentale. Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e del controricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.

Appalto e la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale;

rigetta il ricorso incidentale;

compensa le spese del presente giudizio.

Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quello incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 19 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2024.

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