Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 luglio 2021| n. 19306.
Appalto di opera pubblica e la stipula a mezzo del rappresentante.
Nell’appalto di opera pubblica, in caso di stipula a mezzo del rappresentante, la natura formale del contratto esclude che la “contemplatio domini”, necessaria perché l’atto stipulato abbia effetto nei confronti del rappresentato, possa realizzarsi mediante un comportamento concludente, in quanto la spendita del nome altrui, quale requisito di efficacia dell’atto concluso dal rappresentante, partecipa della natura formale del negozio cui afferisce, rendendo all’uopo necessaria la presenza dell’atto scritto. (Principio enunciato dalla S.C. in relazione ad un atto di messa in mora relativo a credito maturato in capo all’impresa appaltatrice dall’esecuzione di un contratto di appalto di opera pubblica).
Ordinanza|7 luglio 2021| n. 19306. Appalto di opera pubblica e la stipula a mezzo del rappresentante
Data udienza 23 aprile 2021
Integrale
Tag/parola chiave: OPERE E LAVORI PUBBLICI – APPALTO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere
Dott. MELONI Marina – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19820/2016 proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., cessionaria del credito giusta atto di cessione nn. (OMISSIS) rep. e (OMISSIS) racc., atto notaio (OMISSIS) del giorno 08/06/2016, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio legale (OMISSIS) e rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Comune di Paterno’, in persona del Sindaco in carica, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS) e rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1052/2016 della Corte di appello di Catania, depositata il 27/06/2016.
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/04/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia.
Appalto di opera pubblica e la stipula a mezzo del rappresentante
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Catania, in riforma della sentenza del Tribunale di Catania, sezione distaccata di Paterno’, in accoglimento dell’impugnazione proposta dal Comune di Paterno’, ha rigettato le domande proposte da (OMISSIS) S.r.l. di condanna dell’ente territoriale al pagamento delle somme richieste dall’impresa a titolo di riserva nell’esecuzione dei lavori, oggetto del contratto di appalto stipulato dalle parti il 26 maggio 1979 e relativo alla realizzazione dell’ultimo tratto di fognatura della Via (OMISSIS) e delle somme maturate a titolo di saldo lavori.
2. Il Tribunale di Catania con la sentenza n. 129 del 2008, rigettate le eccezioni preliminari sul difetto di legittimazione attiva dell’attrice, l’improcedibilita’ della domanda per omesso espletamento del procedimento di definizione in via amministrativa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articoli 42 e 46, il difetto di giurisdizione e la prescrizione dei crediti azionati, aveva accolto la domanda dell’attrice, condannando il Comune convenuto al pagamento della somma di Euro 184.720,37 oltre interessi legali.
La Corte di appello, in totale riforma della prima decisione, ha ritenuto prescritto il credito azionato da (OMISSIS) a r.l., apprezzando la sequenza degli atti interruttivi contenuti nelle missive del 23 febbraio 1980, del 29 ottobre 1985, del 15 febbraio 1990 e del 14 gennaio 1999 non valida ad operare l’indicata estinzione in ragione di vicende societarie che avevano visto l’originaria ditta individuale, intestata al Geometra (OMISSIS), trasformarsi in (OMISSIS) S.p.A. (poi S.r.l.), cui venivano conferiti anche i crediti derivanti dal contratto di appalto, con conseguente irrilevanza ai fini interruttivi della prescrizione della nota del 15 febbraio 1990, in quanto sottoscritta da (OMISSIS) in un periodo in cui egli non era il legale rappresentante della (OMISSIS) S.p.A..
Segnatamente.
La nota del 23 febbraio 1980 come quella del 29 ottobre 1985 sono state ritenute valide per l’interruzione della prescrizione, la prima perche’ proveniva da (OMISSIS), in proprio prima del conferimento del credito alla (OMISSIS) S.p.A., e la seconda perche’ ancora sottoscritta da (OMISSIS) dopo la costituzione della societa’, ma quando egli ne era il legale rappresentante.
La successiva nota del 15 febbraio 1990 era stata sottoscritta da (OMISSIS) in proprio dopo che il credito era stato conferito alla (OMISSIS) S.p.A., senza alcuna contemplatio domini, in un momento in cui il primo non era piu’ il legale rappresentante della societa’ e senza che egli avesse in qualche modo esplicitato di agire in nome di detta societa’, di cui nella nota non vi era alcuna menzione.
Il successivo atto era pervenuto al Comune di Paterno’ il 19 gennaio 1999 e quindi ben oltre il termine decennale.
La Corte di merito ha inoltre escluso la valenza di riconoscimento del debito nella nota del Comune di Paterno’ del 26 marzo 1999 con cui l’ente dava atto dell’intervenuta prescrizione.
I giudici di appello hanno altresi’ escluso la necessita’ della emissione del certificato di collaudo, mai adottato, ai fini del decorso della prescrizione e tanto in applicazione del principio, affermato da questa Corte e per il quale, superato il termine di tollerabilita’, ove l’Amministrazione abbia omesso di adottare e comunicare le sue determinazioni, l’appaltatore potra’ agire direttamente per far valere i suoi diritti, evidenza realizzatasi nella specie nel protrarsi del silenzio della pubblica committenza a far data dalla prima richiesta dell’impresa del 23 febbraio 1980 e per quasi nove anni.
3. (OMISSIS), in proprio, e la (OMISSIS) S.r.l., quale cessionaria del credito, ricorrono per la cassazione dell’indicata sentenza con due motivi cui resiste con controricorso il Comune di Paterno’.
Appalto di opera pubblica e la stipula a mezzo del rappresentante
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti, (OMISSIS) e (OMISSIS) S.r.l., quale cessionaria del credito giusta atto notarile notificato al debitore ceduto, fanno valere la violazione e falsa applicazione della L. n. 741 del 1981, articolo 5 e dell’articolo 11 preleggi, comma 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La Corte di appello aveva errato ritenendo applicabile la L. n. 741 del 1981, articolo 5 o comunque la giurisprudenza formatasi in occasione dell’entrata in vigore di quella norma e tanto in violazione del principio di irretroattivita’ della disposizione non applicabile, invece, al contratto di specie che era cessato da anni ed i cui lavori erano stati ultimati e consegnati il 6 dicembre 1979.
Rilevava altresi’ il legittimo affidamento dell’appaltatrice nella disciplina in vigore all’epoca dell’appalto che non stabiliva alcun termine per il collaudo il cui inoperoso decorso integrava altresi’ il dies a quo da cui far decorrere la prescrizione del diritto dell’impresa appaltatrice al saldo finale, svincoli, compensi aggiuntivi e a tutela delle proprie ragioni.
Nella disciplina in vigore costituita dal Regio Decreto n. 350 del 1895, articolo 109 e dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 44, non esisteva alcun elemento per il quale il ricorrente avrebbe dovuto o potuto ritenere di dover agire diversamente, azionando un ipotetico silenzio-rifiuto della P.A. committente, concorrendo a tanto il legislatore con la L. n. 741 del 1981, articolo 5.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli articoli 1388 e 1326 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la Corte di appello applicato il principio di diritto per il quale la contemplatio domini o spendita del nome del rappresentato e’ integrata da stati di fatto e non necessita di dichiarazioni formali.
Il Comune di Paterno’ conosceva l’identita’ del mittente della missiva del 15 febbraio 1990 e la sua incontestata “abilitazione” a rappresentare (OMISSIS) S.r.l. in ragione alle precedenti missive di risposta in cui, in modo indistinto, lo identificava con l’una o l’altra denominazione sociale (ditta individuale Geom. (OMISSIS) e (OMISSIS) S.r.l.). Le prestazioni richieste erano specifiche e di esse solo un appaltatore, (OMISSIS) S.r.l., avrebbe potuto richiedere l’adempimento.
3. I motivi sono entrambe infondati per le ragioni di seguito indicate.
3.1. Quanto al primo motivo, la giurisprudenza citata dalla Corte di appello non fa espresso riferimento alla L. n. 741 del 1981, articolo 5, ma ad un principio di carattere generale affermatosi anche nella vigenza della precedente legge.
In materia di appalto di opere pubbliche, l’appaltatore, secondo la regola posta gia’ dall’articolo 44 del capitolato generale approvato con Decreto Ministeriale 28 maggio 1895 e ripetuta nell’articolo 44 del nuovo capitolato approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063, puo’ agire per far valere il suo diritto al saldo finale, allo svincolo della cauzione e ad eventuali compensi aggiuntivi, o comunque a tutela delle proprie ragioni, solo dopo che l’amministrazione, a norma del Regio Decreto 25 maggio 1895, n. 350, articolo 109, abbia deliberato sull’approvazione del collaudo e sulle domande dell’appaltatore con provvedimento che deve essere posto in essere in un arco di tempo compreso nei limiti della tollerabilita’ e delle normali esigenze di definire il rapporto (Cass. 08/09/1983 n. 5530 e precedenti ivi richiamati; vd., anche, Cass. 21/06/2012 n. 10377).
In materia di appalto di opere pubbliche decorso un tempo ragionevole, definito dalla natura del contratto e dalle posizioni delle parti e dalle attivita’ richieste, l’impresa creditrice ove non intervenga il collaudo puo’ ben richiedere il tantundem mettendo il mora l’Amministrazione debitrice senza neppure avvalersi del procedimento di cui all’articolo 1183 c.c., senza che vengano in applicazione i principi della irretroattivita’ della norma, invocato in ricorso, o quello di affidamento del soggetto a cui si chiede di attivarsi nel richiedere il corrispettivo di appalto, individuando il relativo atto, ex articolo 2935 c.c., il dies a quo della prescrizione, in un diverso compendio normativo applicabile all’epoca in cui la richiesta venne avanzata.
3.2. Il secondo motivo e’ del pari infondato.
In tema di rappresentanza volontaria, la sussistenza del potere rappresentativo, con l’osservanza dei suoi limiti, costituisce una circostanza che ha la funzione specifica di rendere possibile che il contratto concluso dal rappresentante in nome del rappresentato produca direttamente effetto nei confronti del rappresentato: come tale, essa e’ ricompresa nel nucleo della fattispecie posta a base della pretesa e integra un elemento costitutivo della domanda che il terzo contraente intenda esercitare nei confronti del rappresentato.
Perche’ il contratto produca direttamente effetto nei confronti del rappresentato ad integrazione dello schema astratto della disciplina legale, concorrono lo scambio dei consensi, la legittimazione rappresentativa e la spendita del nome altrui. Il contratto deve essere concluso da un soggetto, il rappresentante, autorizzato dal rappresentato a stipulare in suo nome, o altrimenti che pseudo rappresentato attraverso la ratifica abbia attribuito ex post al falso rappresentante la legittimazione a contrarre per lui, che gli mancava al tempo della stipula.
Ai sensi dell’articolo 1388 c.c., il contratto concluso dal rappresentante in nome del rappresentato produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato solo se concluso nei limiti delle facolta’ conferite al rappresentante. La legge condiziona dunque la verificazione dell’effetto negoziale diretto nei confronti del rappresentato alla sussistenza della legittimazione rappresentativa in capo al rappresentante. Il contratto, gia’ perfezionato nei suoi elementi essenziali di struttura e’ efficace in quanto pertinente al rappresentato soltanto se questi ha preventivamente autorizzato che lo si stipulasse in suo nome.
Ove la spendita del nome non trovi giustificazione nel potere di rappresentanza, il contratto non si puo’ ritenere concluso ne’ dal sostituto ne’ dal sostituito ed e’ percio’ improduttivo degli effetti suoi propri, configurando una fattispecie negoziale “in itinere”, al cui perfezionamento e’ necessario, ai sensi dell’articolo 1399 c.c., l’ulteriore elemento della ratifica, solo in conseguenza della quale il regolamento diventa retroattivamente impegnativo anche per il “dominus” ed il negozio medio tempore, cioe’ tra il momento della conclusione e quello della ratifica, si trova in stato di quiescenza (Cass. SU 03/06/2015, n. 11377, che cita Cass. 9/12/1976, n. 4581 e Cass. 24/06/1969, n. 2267).
Nel definito sistema, la “contemplatio domini”, che rende possibile l’imputazione degli effetti del contratto nella sfera di un soggetto diverso da quello che lo ha concluso, non esige l’uso di formule sacramentali e puo’, quindi, essere desunta anche da un comportamento del rappresentante che, per univocita’ e concludenza, sia idoneo a rendere edotto l’altro contraente che egli agisce non solo nell’interesse, ma anche in nome del rappresentato, nella cui sfera giuridica gli effetti dell’atto sono destinati a prodursi direttamente (ex multis: Cass. 21/06/2012 n. 10377; Cass. 31/03/2011 n. 7510; Cass. 10/09/2019 n. 22616).
L’indicato principio trova piena applicazione nel caso in cui l’atto da porre in essere non richieda una forma solenne, rientrando nella categoria dei contratti a forma libera, in cui anche l’esternazione del potere rappresentativo non vuole l’espressa dichiarazione di spendita del nome del rappresentato o l’adozione di formule sacramentali.
Nella specie – pacifico che all’epoca in cui intervenne, il sottoscrittore, (OMISSIS), non era il legale rappresentante della societa’ titolare del relativo credito – si ha che l’atto, rispetto al quale va investigata la corretta spendita del nome, e’ quello di messa in mora relativo a credito maturato in capo all’impresa appaltatrice dall’esecuzione di un contratto di appalto di opera pubblica concluso con la P.A., contratto che deve rispettare la forma scritta ad substantiam richiesta per l’esistenza stessa del diritto fatto valere.
Nell’appalto di opera pubblica, la natura formale del contratto esclude in caso di stipula del rappresentante in nome e per conto che la contemplatio domini del soggetto rappresentato, necessaria perche’ l’atto stipulato dal rappresentante abbia effetto nei confronti del primo, possa aversi per comportamento concludente; la spendita del nome, quale requisito di efficacia dell’atto concluso in rappresentanza di altri, partecipa della natura formale del negozio cui afferisce e all’indicato fine resta necessario un atto scritto.
4. L’affermato principio rende irrilevante e superfluo ogni ulteriore accertamento, e correlata contestazione, sulle circostanze di fatto in cui sarebbe altrimenti maturata una spendita del nome del rappresentato per comportamento concludente, il cui accertamento come tale e’ demandabile al giudice del merito, alla condizione, pero’, del carattere non formale dell’atto cui lo stesso inerisce.
5. Il ricorso e’ pertanto infondato e va rigettato. Spese secondo soccombenza liquidate come in dispositivo indicato. Sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di Paterno’ che liquida in Euro 6.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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