Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 11 dicembre 2019, n. 32437.

La massima estrapolata:

In tema di uso della cosa comune, è illegittima l’apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell’edificio condominiale da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprietà ma estraneo al condominio, comportando tale utilizzazione la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della destinazione, giacché in tal modo viene imposto sul muro perimetrale un peso che dà luogo a una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini.

Ordinanza 11 dicembre 2019, n. 32437

Data udienza 15 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 18181 – 2015 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., – c.f. (OMISSIS) – in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato (OMISSIS) ed all’avvocato (OMISSIS) lo rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), – c.f. (OMISSIS) – in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difeso in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso dall’avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della corte d’appello di Venezia n. 1021 dei 24.3/17.4.2015;
udita la relazione nella camera di consiglio del 15 aprile 2019 del consigliere Dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto ritualmente notificato l'” (OMISSIS)” s.r.l. citava a comparire innanzi al tribunale di Venezia il “Condominio (OMISSIS)”.
Esponeva che era proprietario di talune unita’ immobiliari ricomprese nel condominio convenuto, ubicato nell'(OMISSIS) e suddiviso in due corpi di fabbrica, denominati “a” e “b”.
Esponeva che era proprietario di un complesso immobiliare, del pari ubicato nell'(OMISSIS) e destinato a centro congressi, denominato i “(OMISSIS)” e strutturato in tre capannoni, di cui uno adiacente al condominio “a”.
Esponeva che il complesso immobiliare i “(OMISSIS)”, pur avendo un accesso diretto alla via pubblica, non disponeva di accessi idonei a fungere da uscite di sicurezza, sicche’ era tecnicamente intercluso; che il complesso i “(OMISSIS)” necessitava dunque di un piccolo passaggio sul lato a confine con il condominio “a”, sicche’ a tale scopo aveva provveduto a collegare l’unita’ immobiliare di sua spettanza, posta all’interno del condominio “a”, ad una piccola calle di sua proprieta’, connessa ai “(OMISSIS)” sul lato posteriore.
Chiedeva costituirsi servitu’ coattiva di passaggio in favore del complesso i “(OMISSIS)” ed a carico del corpo di fabbrica “a” ricompreso nel condominio convenuto.
Si costituiva il “Condominio (OMISSIS)”.
Instava per il rigetto dell’avversa domanda; in via riconvenzionale chiedeva accertarsi e darsi atto che la societa’ attrice aveva illegittimamente posizionato delle tubature nelle fondazioni del condominio “a” a beneficio del complesso i “(OMISSIS)” e condannarsi la medesima s.r.l. al ripristino dello status quo ante.
Con separato atto ritualmente notificato il “Condominio (OMISSIS)”, citava a comparire innanzi al tribunale di Venezia l'” (OMISSIS)” s.r.l..
Chiedeva accertarsi e dichiararsi che nessuna servitu’ gravava sul corpo di fabbrica “a” a vantaggio del complesso immobiliare i “(OMISSIS)”.
Si costituiva l'” (OMISSIS)” s.r.l..
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
Espletata – nell’ambito del giudizio instaurato su domanda dell'” (OMISSIS)” – c.t.u., riuniti i giudizi, con sentenza n. 2966/2011 il tribunale di Venezia, acclarata l’insussistenza di qualsivoglia servitu’ a carico del corpo di fabbrica “a” del condominio convenuto ed a favore del complesso immobiliare i “(OMISSIS)”, condannava l'” (OMISSIS)” al ripristino dello status quo ante, ovvero ad eliminare il foro aperto nel muro perimetrale del condominio “a”, a confine con il complesso i “(OMISSIS)”, nonche’ ad eliminare le tubazioni posizionate nel sottosuolo del condominio “a”; altresi’ rigettava la domanda di costituzione di servitu’ coattiva.
Proponeva appello l'” (OMISSIS)” s.r.l..
Resisteva il “Condominio (OMISSIS)”; esperiva appello incidentale condizionato.
Con sentenza n. 1021 dei 24.3/17.4.2015 la corte d’appello di Venezia rigettava il gravame principale e condannava il principale appellante alle spese del grado.
Evidenziava la corte – in ordine al primo motivo dell’appello principale – che non si era acquisito riscontro della sussistenza dei presupposti per la costituzione di servitu’ di passaggio ai sensi dell’articolo 1052 c.c., comma 2.
Evidenziava invero che non era stata acquisita la prova dell’impossibilita’ di adattare gli accessi esistenti alle necessita’ prefigurate dall’appellante e piu’ in generale la prova dell’impossibilita’ per l'” (OMISSIS)” di procurarsi un passaggio sulla pubblica via senza eccessivo dispendio o disagio; che in particolare non rivestiva valenza in tal senso il parere del Comando dei Vigili del Fuoco allegato dalla societa’ appellante.
Evidenziava la corte – in ordine al secondo motivo dell’appello principale – che l'” (OMISSIS)” aveva del tutto illegittimamente creato attraverso il muro perimetrale del condominio “a” un collegamento tra tal ultimo corpo di fabbrica ed il complesso immobiliare i “(OMISSIS)”, cosi’ da asservire il primo immobile al secondo “senza il preventivo consenso di tutti i partecipanti alla comunione” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 10); che al contempo la proprieta’ esclusiva delle unita’ immobiliari messe in comunicazione non valeva ad elidere l’illegittimita’ in dipendenza, appunto, dell’indebita creazione di una servitu’ a carico del parti comuni del condominio “a”.
Evidenziava la corte – in ordine al terzo motivo dell’appello principale – che alla luce degli esiti dell’espletata c.t.u. si era acquisito riscontro del posizionamento da parte dell'” (OMISSIS)” nel sottosuolo del condominio “a” di tubazioni in acciaio; che quindi l’appellante aveva del tutto illegittimamente dato vita ad un’ulteriore servitu’ a carico del condominio appellato, a nulla rilevando che le tubazioni fossero “innocue” ed “a norma”.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’ (OMISSIS)” s.r.l.; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
Il “Condominio (OMISSIS)” ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
Il condominio controricorrente ha depositato memoria.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c..
Deduce che, nel quadro della disposta riunione delle cause separatamente proposte, la corte di merito avrebbe dovuto valutare in via preliminare la questione, del tutto prioritaria, della sussistenza delle condizioni per la costituzione di una servitu’ coattiva di passaggio in favore dei “(OMISSIS)”.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1051 e 1052 c.c.; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame di fatto decisivo.
Deduce che, contrariamente all’assunto della corte distrettuale, ha fornito dimostrazione della sussistenza di tutti i requisiti necessari ai fini della costituzione della servitu’ coattiva di passaggio.
Deduce in particolare, in rapporto alle esigenze dell’industria prefigurate all’articolo 1052 c.c., comma 2, che la corte territoriale non ha tenuto conto, alla stregua della documentazione allegata, della destinazione urbanistica, a centro congressi, ricompresa in quella imprenditoriale – alberghiera, del complesso i “(OMISSIS)” e della necessita’ di disporre di adeguate uscite di sicurezza onde rispettare le prescrizioni urbanistiche.
Deduce in particolare, in rapporto all’inadeguatezza ed insufficienza degli accessi esistenti prefigurate all’articolo 1052 c.c., comma 1, che la corte di Venezia non ha tenuto conto del parere di conformita’ antincendio del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Venezia, alla cui stregua le uscite di sicurezza non possono che essere, necessariamente ed unicamente, realizzate sul lato dei “(OMISSIS)” a confine con il condominio “a”; che dunque le uscite di cui i “(OMISSIS)” dispongono in direzione delle “(OMISSIS)” sono inadeguate quanto a posizionamento e dimensioni.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1102 c.c..
Deduce, in rapporto all’actio negatoria servitutis ex adverso esperita, che ha realizzato un’apertura nel muro condominiale in corrispondenza tuttavia di un’unita’ immobiliare – ricompresa nel condominio “a” – di sua esclusiva proprieta’, si’ da porla in comunicazione con il complesso i “(OMISSIS)”, del pari di sua esclusiva proprieta’.
Deduce quindi, in rapporto al disposto dell’articolo 1102 c.c., che la realizzazione dell’apertura non altera ne’ la statica, ne’ l’estetica, ne’ la destinazione del muro perimetrale ed al contempo non ne impedisce l’utilizzo da parte degli altri condomini.
Deduce che similmente il posizionamento di alcune tubazioni al di sotto del muro perimetrale non incontra alcun limite ai sensi dell’articolo 1102 c.c.; che d’altronde non sono stati segnalati disguidi, disagi o pericoli.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 959 (recte, articolo 949) c.c. e dell’articolo 115 c.p.c.; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame di fatto decisivo.
Deduce che il condominio avrebbe dovuto dar dimostrazione della attualita’ del passaggio attraverso il varco realizzato e la corte veneziana, a sua volta, avrebbe dovuto attendere al riguardo alla debita verifica.
Deduce che parimenti, con riferimento alle tubazioni posizionate nel sottosuolo, il condominio avrebbe dovuto dar dimostrazione dell’esercizio effettivo della servitu’.
Il primo motivo va respinto.
Evidentemente la corte d’appello ha pronunciato – in sede di disamina del primo motivo dell’appello principale – in ordine alla domanda volta alla costituzione della servitu’ di passaggio coattivo.
Cosicche’, a rigore, non si giustifica l’asserita violazione del principio – ex articolo 112 c.p.c. – di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Del resto il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato implica unicamente il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda (cfr. Cass. 22.3.2007, n. 6945).
Ne’ vale addurre che “l’esame della sussistenza delle condizioni per la costituzione di una servitu’ rappresentava un tema preliminare ed assorbente” (cosi’ ricorso, pag. 9).
La corte di merito ha esaminato dapprima il primo motivo d’appello, con il quale l'” (OMISSIS)” aveva censurato il primo dictum nella parte in cui era stata respinta la domanda di costituzione di servitu’ di passaggio coattivo (cfr. sentenza impugnata, pagg. 7 – 9).
In pari tempo la corte distrettuale non ha affermato che “la modificazione dello stato dei luoghi (…) in data anteriore all’introduzione della causa (…) avrebbe precluso la legittima costituzione di una servitu’ coattiva” (cosi’ ricorso, pag. 11).
La corte territoriale piuttosto ha puntualizzato ineccepibilmente che la sentenza costitutiva di servitu’ di passaggio coattivo, in dipendenza appunto della sua natura costitutiva, “non avrebbe potuto sanare un comportamento illecito precedentemente posto in essere” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 10. Cfr. Cass. (ord.) 13.5.2019, n. 12630, secondo cui la lesione del diritto di proprieta’, conseguente all’esercizio abusivo di una servitu’ di veduta, e’ di per se’ produttiva di un danno, il cui accertamento non richiede una specifica attivita’ probatoria).
Il secondo motivo parimenti va respinto.
Il motivo in disamina – si premette – si qualifica in via esclusiva in relazione alla previsione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Invero con tale mezzo di impugnazione il ricorrente sostanzialmente censura il giudizio “di fatto” cui la corte di Venezia ha atteso ai fini del riscontro della sussistenza dei presupposti per la costituzione del passaggio coattivo ex articolo 1052 c.c. (“(…) il Giudice di secondo grado ha del tutto pretermesso di considerare (…) l’effettiva destinazione urbanistica dell’immobile (…) “I (OMISSIS)””: cosi’ ricorso, pag. 15; “quanto all’ulteriore presupposto (…) inidoneita’ degli esistenti accessi sulla pubblica via (…), lo stesso non e’ stato ritenuto sussistente (…)”: cosi’ ricorso, pag. 17).
Del resto e’ propriamente il motivo di ricorso ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).
Su tale scorta gli asseriti vizi motivazionali che il secondo mezzo veicola, sono, ben vero, da vagliare nei limiti della novella formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e nel solco dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.
In quest’ottica si osserva quanto segue.
Da un canto, e’ da escludere che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia a sezioni unite teste’ menzionata – e tra le quali non e’ annoverabile il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” – possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte lagunare ha ancorato il suo dictum.
Piu’ esattamente, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte veneziana ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
In particolare la corte ha specificato che il parere del Comando dei Vigili del Fuoco allegato dalla s.r.l. appellante costituiva unicamente “positiva valutazione da parte dei Vigili del Fuoco della soluzione progettuale siccome prospettata e realizzata” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 8) e che “nulla si dice in quel parere che quella soluzione progettuale (…) sia l’unica adottabile, ne’ risulta dal parere che l’autorita’ preposta abbia reputato le uscite gia’ esistenti sulla pubblica via inidonee per posizionamento e dimensioni a fungere da uscite di sicurezza” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 9).
D’altro canto, la corte veneziana ha sicuramente disaminato il fatto decisivo caratterizzante la res litigiosa, ossia, segnatamente, quanto postulato dall’articolo 1052 c.c. (cfr. Cass. 11.8.1990, n. 8196, secondo cui, a norma dell’articolo 1052 c.c., puo’ disporsi il passaggio coattivo a favore di un fondo non intercluso, quando il suo accesso alla via pubblica sia inadatto o insufficiente in relazione ai bisogni oltre che insuscettibile di ampliamento e si riconosca dall’autorita’ giudiziaria la rispondenza della domanda alle esigenze dell’agricoltura o dell’industria).
In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum del secondo giudice risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo e esaustivo sul piano logico – formale.
Si tenga conto che la s.r.l. ricorrente censura – in fondo – l’asserita distorta ed erronea valutazione delle risultanze di causa (“la documentazione prodotta nel giudizio di primo grado (…) e’ idonea a provare che i c.d. (OMISSIS) sono un immobile a destinazione imprenditoriale”: cosi’ ricorso, pag. 16; “(…) nessuna delle tre uscite e’ stata reputata idonea dai Vigili del Fuoco (…) quanto a posizionamento e dimensioni, per fungere da uscita di sicurezza”: cosi’ ricorso, pag. 19; “e’ stata dimostrata (…) l’impossibilita’ di utilizzare i tre accessi esistenti per la realizzazione di un’uscita di sicurezza”: cosi’ ricorso, pagg. 18 – 19).
E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ne’ in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).
Il terzo motivo va respinto.
E’ sufficiente, per un verso, il riferimento all’insegnamento di questa Corte. Ovvero all’insegnamento secondo cui, in tema di condominio negli edifici, l’apertura di un varco nel muro perimetrale per esigenze del singolo condomino e’ consentita, quale uso piu’ intenso del bene comune, con eccezione del caso in cui tale varco metta in comunicazione l’appartamento del condomino con altra unita’ immobiliare attigua, pur di proprieta’ del medesimo, ricompresa in un diverso edificio condominiale, poiche’ in questo caso il collegamento tra unita’ abitative determina la creazione di una servitu’ a carico di fondazioni e struttura del fabbricato (Cass. 6.2.2009, n. 3035; Cass. 18.9.2013, n. 21395; Cass. 5.3.2015, n. 4501, secondo cui, in tema di uso della cosa comune, e’ illegittima l’apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell’edificio condominiale da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprieta’ esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprieta’ ma estraneo al condominio, comportando tale utilizzazione la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della destinazione, giacche’ in tal modo viene imposto sul muro perimetrale un peso che da’ luogo a una servitu’, per la cui costituzione e’ necessario il consenso scritto di tutti i condomini).
E’ inappuntabile, per altro verso, l’affermazione della corte d’appello, ancorata agli esiti della c.t.u., alla cui stregua l'” (OMISSIS)”, a causa e a seguito della collocazione di tubazioni in acciaio nel sottosuolo dell’edificio “a” di spettanza del “Condominio (OMISSIS)”, ha dato vita, del tutto illegittimamente (in violazione dell’articolo 1108 c.c., comma 3), ad un’ulteriore servitu’.
Il quarto motivo del pari va respinto.
Invero l’apertura del varco nel muro perimetrale a vantaggio della porzione di proprieta’ esclusiva dell'” (OMISSIS)” ed analogamente la collocazione di tubazioni in acciaio nel sottosuolo dello stabile condominiale, “aventi la funzione di convogliare acque di acquedotto a servire la centrale termica ubicata nei (OMISSIS)” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 12), costituiscono ex se turbativa ovvero molestia (rilevanti ex articolo 949 c.c., comma 2) ai danni dello stabile di spettanza del “Condominio (OMISSIS)”.
Si condivide percio’ la prospettazione del controricorrente secondo cui “l’utilizzo o meno (…) e’ quindi assolutamente irrilevante” (cosi’ controricorso, pag. 28).
E non hanno valenza alcuna, per converso, gli assunti del ricorrente secondo cui la corte di merito “ha del tutto pretermesso di verificare l’attualita’ e la concretezza del passaggio” (cosi’ ricorso, pag. 25) e secondo cui “cosi’ anche per quanto riguarda le tubazioni, in relazione alle quali non e’ stato dimostrato l’esercizio di alcuna servitu’ da parte di (OMISSIS)” (cosi’ ricorso, pag. 27).
Si tenga conto che la negatoria servitutis e’ diretta non solo all’accertamento della inesistenza della pretesa servitu’, ma anche al conseguimento della cessazione della situazione antigiuridica posta in essere dal vicino, al fine di ottenere la liberta’ del fondo; cosicche’ la contestuale domanda concernente la rimozione di opere lesive del diritto di proprieta’ inerisce allo stesso oggetto della negatoria (cfr. Cass. 31.1.1985, n. 646; Cass. 3.12.1974, n. 3956).
Alla stregua dei premessi rilievi ovviamente si prescinde dalla deduzione del ricorrente secondo cui “si tratta di un fatto totalmente nuovo e che non e’ mai stato oggetto di discussione tra le parti” (cosi’ controricorso, pag. 27).
In dipendenza del rigetto del ricorso la s.r.l. ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimita’. La liquidazione segue come da dispositivo.
Si da’ atto della sussistenza dei presupposti perche’, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, la s.r.l. ricorrente sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’articolo 13, comma 1 bis medesimo D.P.R..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, ” (OMISSIS)” s.r.l., a rimborsare al controricorrente, “Condominio (OMISSIS)”, le spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nel complesso in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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