Amministratore sito internet non è responsabile ai sensi dell’art. 57 c.p.

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 11 gennaio 2019, n.1275.

Le massime estrapolate:

In relazione al reato di diffamazione, l’amministratore di un sito internet non è responsabile ai sensi dell’art. 57 c.p., in quanto tale norma è applicabile alle sole testate giornalistiche, anche telematiche, ma non ai diversi mezzi informatici di manifestazione del pensiero (forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, facebook).

Sentenza 11 gennaio 2019, n.1275

Pres. Pistorelli 

 

est. Amatore

Svolgimento del processo

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Roma – in riforma della sentenza emessa in data 16.5.2014 dal Tribunale di Roma di condanna dei predetti imputati per i reati di cui all’art. 57 c.p., art. 595 c.p., comma 3, e L. n. 47 del 1948, art. 13, (capo a della rubrica per il solo S., quale direttore responsabile dell’imputata) e all’art. 595 c.p., comma 3, 13 medesima legge sopra citata (capo b della rubrica per il solo T.), ha dichiarato non doversi procede a carico degli imputati per estinzione dei detti reati per intervenuta prescrizione, confermando, tuttavia, la sentenza di condanna agli effetti civili.

Avverso la predetta sentenza ricorrono i menzionati imputati, per mezzo dei loro comuni difensori, affidando però la loro impugnativa a separati ricorsi.

1.1 Denunzia il ricorrente S.M., con il primo motivo, violazione dell’art. 161 c.p.p., comma 4, per omessa notifica all’imputato del decreto che dispone il giudizio presso il domicilio eletto.

Sostiene la difesa la nullità della notificazione, effettuata ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, al difensore dell’imputato, atteso che per attivare la menzionata procedura notificatoria non è sufficiente l’assenza del domiciliatario.

Osserva inoltre la difesa che la morte di quest’ultimo non integrerebbe un’ipotesi di impossibilità di procedere alla notificazione presso il domicilio eletto, ma di decadenza dalla domiciliazione elettiva, così da determinare la necessità di riattivare la procedura di notificazione di cui all’art. 157 c.p.p..

1.2 Con un secondo motivo si articola sempre vizio di legge processuale per violazione dell’art. 161 c.p.p., comma 4, per omessa notifica del decreto che dispone il giudizio di appello presso il domicilio eletto e violazione dell’art. 601 c.p.p., per indeterminatezza delle notifiche effettuate.

1.3 Con un terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 601 c.p.p., comma 5, per omessa notifica ai difensori dell’avviso di fissazione della udienza in appello.

1.4 Con un quarto motivo si denunzia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla impossibilità di applicare l’art. 57 c.p.p., ai direttori di testate telematiche.

1.5 Con il quinto motivo si denunzia vizio di motivazione in relazione alla valutazione di insussistenza della scriminate della provocazione ex art. 599 c.p., comma 2.

Osserva la difesa dell’imputato che la Corte territoriale aveva omesso di considerare che, nel volantino contenente l’allegata provocazione, si additavano i denunziati T. e A. come soggetti cui avrebbero dovuto ascriversi sottrazioni di risorse pubbliche per aver inutilmente attivato il procedimento penale, poi chiuso con il provvedimento di archiviazione, e dunque vi sarebbe stata una gravissima denunzia di commissioni di reati contro la pubblica amministrazione.

Si osserva ancora come la nota provocatoria era stata evidentemente autorizzata proprio dal C., poichè nessun altro avrebbe potuto assentire una tale affissione, e men che mai nella bacheca riservata alle comunicazioni dell’amministrazione, dal cui contenuto la detta nota evidentemente esulava.

Dunque, risultava altrettanto evidente come la nota provocatoria (oltre che diffamatoria) avesse trovato la propria ragion d’essere nel tentativo di screditare i sindacalisti che avevano presentato la denuncia, poi archiviata.

Ricorrevano, dunque, tutti i presupposti applicativi della predetta causa di non punibilità, essendo evidente come fosse trascorso un tempo ritenuto congruo tra la provocazione subita e la pubblicazione dell’articolo ritenuto diffamatorio e non richiedendosi, peraltro, la proporzionalità tra I3 reazione ed il fatto ingiusto altrui.

1.6 Con un sesto motivo si lamenta vizio assoluto di motivazione per essere quest’ultima solo apparente in riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di diffamazione ex art. 595 c.p., comma 3, sotto il profilo della veridicità dei fatti narrati e per la mancata valutazione di una prova decisiva rappresentata dall’esame testimoniale della I..

Osserva ancora la difesa come la predetta teste aveva affermato in dibattimento che, quale segretaria del C., ricevette direttamente da quest’ultimo le istruzioni relative alla imbustatura, affrancatura e spedizione delle buste con il logo Istat e come era emerso pacificamente che le predette lettere erano state spedite, oltre che nel 2005, anche nell’anno 2002, sempre con busta ed affrancatura Istat.

Ne consegue l’assoluta veridicità delle affermazioni dell’articolista secondo cui il Dott. C. aveva per anni inviato ai soci dell’associazione e a spese dell’Istat le comunicazioni predette.

1.7 Con il settimo motivo si denunzia violazione di legge e di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza della scriminate del diritto di critica sindacale.

Con separato ricorso propone impugnazione anche T.R.V., con il patrocinio degli Avv.ti Siniscalchi ed Isodori, proponendo le medesime doglianze avanzate nel primo ricorso, con la sola esclusione del motivo sulla violazione dell’art. 57 c.p..

Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati.

9.1 I primi tre motivi di doglianza di carattere processuale sono, invece, manifestamente infondati.

Dall’esame dell’incarto processuale, cui anche questo giudice è legittimato (trattando – quello denunziato – un vizio procedurale che rende la Corte di Cassazione giudice del fatto processuale), è emerso che l’imputato S. aveva nominato due difensori di fiducia nelle persone degli Avv.ti Edoardo Galdi e Enrica Isidori, avendo tuttavia eletto domicilio in ‘vicolo del (OMISSIS), presso il solo studio dell’avvocato Edoardo Galli’.

Ne consegue che, essendo stata tentata la notifica presso il domicilio eletto ed essendosi riscontrata una causa di impossibilità nell’esecuzione della stessa (in ragione, peraltro, dell’intervenuto decesso del difensore domiciliatario), la notifica del decreto che dispone il giudizio si era correttamente perfezionata ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4.

Allo stesso modo sono stati, dunque, correttamente notificati anche gli atti successivi.

Nè può condividersi la tesi difensiva secondo cui la morte del domiciliatario determina una decadenza dall’originaria dichiarazione di elezione di domicilio, non rivenendosi tale sanzione in alcuna norma processuale ej rappresentando invece il menzionato evento una ragione di impossibilità al perfezionamento della notifica presso il domiciliatario stesso.

Le ulteriori doglianze sulla denunziata invalidità delle notifiche ai difensori sono anch’esse inammissibili in ragione dei principi affermati da questa Corte di legittimità.

Sul punto è stato infatti affermato che la notificazione ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, mediante consegna al difensore di un’unica copia dell’atto da notificare dà luogo ad una mera irregolarità, non produttiva di nullità, qualora risulti esplicitato, o sia comunque desumibile dall’atto, che la notificazione stessa è stata eseguita al medesimo sia in proprio che nella veste di consegnatario Sez. 2, Sentenza n. 19277 del 13/04/2017 Ud. (dep. 21/04/2017) Rv. 269916 Sez. 1, Sentenza n. 12309 del 29/01/2018 Cc. (dep. 16/03/2018) Rv. 272313).

9.2 Il quarto motivo di doglianza è invece infondato.

Sul punto, questo Collegio intende aderire con convinzione alla soluzione esegetica offerta dalla giurisprudenza più recente sul tema in esame.

E’ stato affermato da questa stessa Sezione (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 16751 del 19/02/2018 Ud. (dep. 16/04/2018) Rv. 272685) che, in tema di diffamazione, l’amministratore di un sito internet non è responsabile ai sensi dell’art. 57 c.p., in quanto tale norma è applicabile alle sole testate giornalistiche telematiche e non anche ai diversi mezzi informatici di manifestazione del pensiero (forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, facebook).

Sul punto, anche la giurisprudenza di vertice di questa Corte (v. Sez. U, Sentenza n. 31022 del 29/01/2015 Cc. (dep. 17/07/2015) Rv. 264090) ha affermato sebbene in materia di sequestro – il principio secondo il quale la testata giornalistica telematica è funzionalmente assimilabile a quella tradizionale in formato cartaceo e rientra, dunque, nella nozione di ‘stampa’ di cui alla L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 1.

Invero, l’interpretazione evolutiva e costituzionalmente orientata del termine ‘stampa’ non può riguardare tutti in blocco i nuovi mezzi, informatici e telematici, di manifestazione del pensiero (forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, pagine Facebook), a prescindere dalle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi, ma deve essere invece riconosciuta a quei casi che, per i profili strutturale e finalistico che li connotano, sono riconducibili nel concetto di ‘stampa’ inteso in senso più ampio.

Non dimentica questo Collegio come la giurisprudenza precedente a quella da ultimo citata avesse espresso un principio contrario a quello che si intende qui riaffermare (cfr. 4 Sez. 5, Sentenza n. 35511 del 16/07/2010 Ud. (dep. 01/10/2010) Rv. 248507 Sez. 5, Sentenza n. 35511 del 16/07/2010 Ud. (dep. 01/10/2010) Rv. 248507), tuttavia deve essere precisato che, se si accogliesse la teoria qui avversata, si verrebbe a determinare un’evidente situazione di tensione con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost..

Si legittimerebbe, cioè, un irragionevole trattamento differenziato dell’informazione giornalistica veicolata su carta rispetto a quella diffusa in rete.

Seguendo i principi affermati dalla giurisprudenza di vertice sopra ricordata, va ricordato che un quotidiano o un periodico telematico è strutturato come un vero e proprio giornale tradizionale, con una sua organizzazione redazionale e un direttore responsabile (spesso coincidenti con quelli della pubblicazione cartacea), non potendo, per converso, paragonarsi ai siti web innanzi citati, in cui chiunque può inserire dei contenuti, ed assumendo, invece, una sua peculiare connotazione, funzionalmente coincidente con quella del giornale tradizionale.

Ne consegue che appare incongruente, sul piano della ragionevolezza, ritenere che non soggiaccia alla stessa disciplina prevista per quest’ultimo.

In realtà, la L. n. 47 del 1948, art. 1, si limita a definire esplicitamente il concetto di stampa nella sua accezione tecnica di riproduzione tipografica o comunque ottenuta con mezzi meccanici o fisicochimici.

Tuttavia, il termine ‘stampa’ ha anche un significato figurato e, in tal senso, indica i giornali in ogni loro forma divulgativa e che sono strumento elettivo dell’informazione e lo erano soprattutto all’epoca in cui entrarono in vigore la Carta Fondamentale e la richiamata L. n. 47 del 1948, quando cioè gli altri mass media, in particolare la televisione e i siti di informazione on line, non erano operativi (così, Sez. U, 31022/2015, ut cit. supra).

Questo concetto di stampa in senso figurato definisce il prodotto editoriale che presenta i requisiti ontologico (struttura) e teleologico (scopi della pubblicazione) propri di un giornale.

La struttura di questo è costituita dalla ‘testata’, che è l’elemento che lo identifica, e dalla periodicità regolare delle pubblicazioni (quotidiano, settimanale, mensile); la finalità si concretizza nella raccolta, nel commento e nell’analisi critica di notizie legate all’attualità (cronaca, economia, costume, politica) e dirette al pubblico, perchè ne abbia conoscenza e ne assuma consapevolezza nella libera formazione della propria opinione.

In realtà, il concetto di stampa così rilevato, anche se non esplicitato, non è estraneo alla L. n. 47 del 1948, che, all’art. 1, al di là della definizione in senso tecnico, evoca il requisito della destinazione alla pubblicazione (e dunque alla diffusione dell’informazione) e, all’art. 2 e ss., detta la disciplina per i giornali e i periodici di ogni altro genere, con riferimento alle indicazioni obbligatorie che in essi devono comparire, ai requisiti richiesti per rivestire il ruolo di direttore responsabile, all’obbligo di registrazione, all’obbligo di rettifica (così, Sez. U, 31022/2015, ut cit. supra).

Risulta, dunque, evidente che l’area riduttiva del significato attribuito al termine ‘stampa’ dalla L. n. 47 del 1948, art. 1, è strettamente legata alle tecnologie dell’epoca, e ciò non impedisce di accreditare oggi – e tenuto conto dei notevoli progressi verificatisi nel settore una interpretazione estensiva del detto termine, la quale non esorbiti dal campo di significanza del segno linguistico utilizzato e che sia coerente con il dettato costituzionale.

Come autorevolmente affermato dalla giurisprudenza di vertice sopra menzionata. ‘In realtà, lo scopo informativo è il vero elemento caratterizzante l’attività giornalistica e un giornale può ritenersi tale se ha i requisiti, strutturale e finalistico, di cui si è detto sopra, anche se la tecnica di diffusione al pubblico sia diversa dalla riproduzione tipografica o ottenuta con mezzi meccanici o fisico-chimici. Ma anche a prescindere da tali considerazioni, è il caso di aggiungere che non è certamente dirimente la tesi, secondo cui il giornale telematico non rispecchierebbe le due condizioni ritenute essenziali ai fini della sussistenza del prodotto stampa come definito dalla L. n. 47 del 1948, vale a dire un’attività di riproduzione e la destinazione alla pubblicazione. L’informazione professionale, pertanto, può essere espressa non solo attraverso lo scritto (giornale cartaceo), ma anche attraverso la parola unita eventualmente all’immagine (telegiornale, giornale radio) o altro mezzo di diffusione, qual è internet (giornale telematico); e tutte queste forme espressive, ove dotate dei requisiti richiesti, non possono essere sottratte alle garanzie e alle responsabilità previste dalla normativa sulla stampa’.

Deve dunque precisarsi che tale conclusione è il frutto di una mera deduzione interpretativa di carattere evolutivo, non analogica, la quale fa leva – nel cogliere fino in fondo, in sintonia con l’evoluzione socio-culturale e tecnologica, il senso autentico della L. n. 47 del 1948, art. 1, – sull’applicazione di un criterio storico-sistematico in coerenza con il dettato costituzionale di cui all’art. 21 Cost..

Deve, pertanto, ritenersi superato il concetto di stampa di ‘gutenberghiana’ memoria, per approdare ad un concetto in linea con la evoluzione, anche tecnologica, degli attuali mezzi di informazione telematica.

Ne discende, alla luce delle considerazioni sopra svolte, il rigetto del predetto motivo di ricorso.

9.3 Il quinto motivo di doglianza è invece inammissibile in quanto meramente reiterativo delle doglianze sollevate nei motivi di gravame in ordine all’invocata causa di non punibilità di cui all’art. 599 c.p., comma 2, e perchè non si confronta con le corrette argomentazioni spese dal giudice di appello sul punto.

Peraltro, la parte ricorrente pretenderebbe una rivisitazione, in sede di giudizio di legittimità, del merito della decisione tramite un nuovo scrutinio del fatto e degli elementi di prova acquisiti nelle fasi di merito.

La doglianza, così strutturata, si pone, pertanto, al di là del perimetro delimitante la cognizione rimessa a questa Corte.

9.4 Con il sesto motivo si declina un ulteriore vizio argomentativo.

9.4.1 A questo punto non è inutile ricordare che, secondo il consolidato orientamento espresso da questa Suprema Corte, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali (in tal senso, ex plurimis, Sez. 5, n. 4295 del 07/10/1997, Di Stefano, Rv. 209040). Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni della Corte di Cassazione, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite, le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U., n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per effetto della L. 20 febbraio 2006, n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, Baratta, Rv. 234109).

Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv.244181).

Delineato nei superiori termini l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, va osservato come la parte ricorrente vorrebbe sollecitare la Corte di legittimità ad una rilettura del contenuto della testimonianza della I.s per perorare la tesi della veridicità della notizia, e ciò senza neanche allegare un vizio argomentativo che sia idoneo a ‘scardinare’ la tenuta logica complessiva della motivazione impugnata.

Peraltro, va anche aggiunto che – come già correttamente osservato anche dalla Corte capitolina – la condotta diffamatoria si incentra, invero, non già sulla ‘notizia storica’ dell’affrancatura e spedizione delle lettere con il logo Istat, quanto piuttosto nella complessiva manipolazione della notizia riguardante l’archiviazione della denunzia penale e le ragioni di tale decisione giudiziale.

Se così è, allora la rilettura della deposizione del predetto teste – oltre che inammissibile, per le ragioni sopra spiegate – è anche inutile nel senso voluto dal ricorrente.

9.5 Il settimo motivo di doglianza è invece inammissibile in ragione della sua evidente genericità Ne consegue il rigetto del ricorso presentato nell’interesse dello S..

Per le medesime ragioni sopra riportate va dunque rigettato anche l’altro ricorso presentato dalla difesa del T..

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

 

 

Avv. Renato D’Isa

 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *