Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 novembre 2021| n. 35957.
Alloggio del portiere non più destinato a uso condominiale.
Allorché l’alloggio del portiere non sia più destinato ad uso condominiale, si applica ad esso la disciplina della comunione in generale, con la conseguenza che i partecipanti a siffatta comunione devono contribuire alle spese necessarie per la conservazione ed il godimento del bene, ivi comprese quelle occorrenti – come nella specie – per la riparazione del lastrico solare che funge da copertura, ex art. 1126 c.c., in proporzione al solo valore millesimale dell’unità sita nella colonna sottostante al lastrico.
Data udienza 12 ottobre 2021. Alloggio del portiere non più destinato a uso condominiale
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Tag/parola chiave: Condominio – Alloggio del portiere non più destinato a uso condominiale – Disciplina della comunione in generale – Applicabilità – Partecipanti – Concorrenza in proporzione alle spese ivi comprese quelle del lastrico solare che funge da copertura
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso R.G. 18638-2019 e sul ricorso R.G n. 29204/2019 proposti da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 2004/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 10/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 12/10/2021 dal Consigliere SCARPA ANTONIO.
Alloggio del portiere non più destinato a uso condominiale
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
I. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso R.G. 18638/2019 articolato in due motivi (il secondo dei quali suddiviso in quattro distinte censure) avverso la sentenza 10 maggio 2017, n. 2004/2017, resa dalla Corte d’Appello di Milano.
L’intimato Condominio di (OMISSIS), non ha svolto attivita’ difensive.
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno altresi’ proposto ricorso R.G. n. 29204/2019, articolato in un unico motivo, contro la sentenza n. 2714/2019 della Corte d’appello di Milano, depositata il 19 giugno 2019, che ha rigettato la domanda di revocazione contro la sentenza n. 2004/2017.
L’intimato Condominio di (OMISSIS), non ha svolto attivita’ difensive.
II. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso RG 18638-2019 potesse essere dichiarato manifestamente fondato nel primo motivo e inammissibile nel secondo motivo, e che il ricorso R.G. n. 29204/2019 potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 5), il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di Consiglio.
Il ricorrente ha presentato memoria.
III. Con la sentenza 10 maggio 2017, n. 2004/2017, la Corte d’appello di Milano ha accolto il gravame avanzato in via principale dal Condominio di (OMISSIS) contro la sentenza resa in primo grado il 10 marzo 2014 dal Tribunale di Milano, rigettando cosi’ l’impugnazione ex articolo 1137 c.c. spiegata da (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso la deliberazione assembleare 14 settembre 2009 quanto al punto 2 dell’ordine del giorno (ripartizione tra tutti i condomini dei civici A e B delle spese di riparazione della terrazza di proprieta’ (OMISSIS)). La Corte di Milano ha altresi’ respinto l’appello incidentale di (OMISSIS) e (OMISSIS) inerente all’impugnazione del punto 3 all’ordine del giorno dell’impugnata delibera (rivestimento in legno delle porte degli ascensori).
La Corte d’appello ha sostenuto che la terrazza oggetto dei lavori di manutenzione svolgesse funzione di copertura del corpo B dell’edificio condominiale, nel quale e’ ubicato l’ex alloggio del portiere, di proprieta’ condominiale, attualmente adibito a studio legale, e cio’ giustificasse l’obbligo di partecipare alla spesa, nei limiti di due terzi di cui all’articolo 1126 c.c., in capo a tutti condomini. I giudici di secondo grado hanno poi escluso che il rivestimento con pannelli in legno delle porte dell’ascensore costituisse un’innovazione, cui applicare la disciplina degli articoli 1120 e 1121 c.c.
Avverso tale sentenza e’ stato proposto ricorso per cassazione contraddistinto dal numero R.G. 18638/2019.
La medesima pronuncia e’ stata altresi’ oggetto di domanda istanza di revocazione proposta innanzi alla Corte d’Appello di Milano da (OMISSIS) e (OMISSIS), che con tale impugnazione denunciavano l’errore di fatto ex articolo 395 c.p.c., comma 1, n. 4). Disposta inizialmente la sospensione ex articolo 398 c.p.c., comma 4, la Corte d’appello con la sentenza n. 2714/2019 ha poi rigettato l’istanza, sull’assunto che l’errore di fatto denunciato dagli attori in revocazione – relativo all’omessa considerazione del fatto che la ripartizione delle spese fosse stata eseguita sulla base dei millesimi relativi alle unita’ abitative di proprieta’ esclusiva e non in proporzione della quota a ciascuno spettante sui locali gia’ adibiti ad alloggio del portiere e facenti capo al condominio – dovesse in verita’ considerarsi errore di giudizio incensurabile col mezzo di cui all’articolo 395 c.p.c., cio’ anche in ragione del fatto che il piano di riparto allegato alla delibera costitui’ punto controverso sul quale la Corte ebbe a pronunciare.
IV. I due ricorsi, l’uno per cassazione contro la decisione di appello e l’altro contro la sentenza che ha deciso l’impugnazione per revocazione avverso la prima, vanno riuniti giacche’ la connessione esistente tra le due pronunce puo’ giustificare l’applicazione analogica dell’articolo 335 c.p.c. Tale riunione, pur non espressamente prevista dal codice di rito, discende dalla connessione esistente tra le due pronunce, poiche’ sul ricorso per cassazione proposto contro la sentenza revocanda puo’ risultare determinante la pronuncia di cassazione riguardante la sentenza resa in sede di revocazione (Cass., sez. 2, 22/02/2016, n. 3397; Cass., sez. 3, 22/05/2015, n. 10534).
V. Si impone pregiudizialmente l’esame del ricorso R.G. n. 29204/2019 spiegato avverso la sentenza n. 2714/2019 della Corte d’appello di Milano, depositata il 19 giugno 2019, che ha deciso l’impugnazione per revocazione avverso la prima sentenza.
L’unico motivo del ricorso R.G. 29204/2019 denuncia la nullita’ della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 395 c.p.c., comma 1, n. 4). I ricorrenti lamentano che, pur avendo la Corte d’Appello correttamente rilevato che i condomini del civico A avrebbero dovuto partecipare alla spesa solo limitatamente alla quota spettante ai medesimi sui locali gia’ adibiti ad alloggio del portiere ed in comproprieta’ tra tutti i condomini, non avrebbe tuttavia rilevato l’errore-svista, rilevante ex articolo 395 c.p.c, comma 1 n. 4), nel quale era incorsa la medesima Corte nella sentenza oggetto di istanza di revocazione, allorche’ aveva ritenuto legittima la ripartizione effettuata sulla base dei millesimi inerenti alle unita’ abitative di proprieta’ esclusiva.
Il motivo non supera lo scrutinio ex articolo 360-bis c.p.c., n. 1, ed e’ percio’ inammissibile. Deve ribadirsi in questa sede il principio per cui l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti l’una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali. Tale errore non potra’ che concretarsi in un errore percettivo (una “svista”) che abbia indotto il giudice a ritenere esistente un fatto la cui inesistenza emerge incontestabilmente ed ictu oculi dagli atti di causa o che, al contrario, lo abbia indotto a ritenere inesistente un fatto la cui esistenza, parimenti, emerge incontestabilmente ed ictu oculi dagli atti di causa. Il fatto erroneamente percepito deve altresi’ connotarsi del carattere della decisivita’, nel senso che la corretta percezione del medesimo avrebbe comportato un esito diverso della decisione (ex multis Cass. sez. 6 – 2, 10/06/2021, n. 16439; Cass. Sez. U 23/01/2009, n. 1666; Cass. sez. 2, 24/03/ 2014, n. 6881).
L’istanza di revocazione avanzata dai ricorrenti, invece, auspicava una diversa valutazione di un documento (il piano di riparto allegato alla delibera) in ragione della sua incompatibilita’ con quanto asserito nella medesima pronuncia a proposito dei criteri di partecipazione alla spesa per il rifacimento del lastrico solare da parte dei condomini le cui unita’ abitative non risultano col medesimo in rapporto di verticalita’. Non esiste, all’evidenza, l’errore di fatto previsto dall’articolo 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione, in quanto l’errore prospettato cade su un punto controverso della causa ed attiene a un’inesatta valutazione delle risultanze processuali (tra le tante, Cass. Sez. 5, 22/10/2019, n. 26890).
VI. Stante l’inammissibilita’ del ricorso RG 29204/2019 deve, dunque, procedersi all’analisi del ricorso RG 18638/2019
VI.1. Il primo motivo del ricorso denuncia la falsa applicazione degli articoli 1123 e 1126 c.c., nonche’ la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 115 c.p.c. I ricorrenti censurano la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto correttamente ripartita la spesa per il rifacimento e la riparazione del lastrico solare insistente sul civico B dell’edificio, sull’assunto che all’interno dello stabile B vi fosse un appartamento, in precedenza adibito ad alloggio del portiere e, successivamente, concesso in locazione dal Condominio, in comproprieta’ tra tutti i condomini (civico A e civico B), tra i quali peraltro vengono ripartiti i canoni. Da tale circostanza la Corte d’appello ha tratto la conclusione per cui anche i condomini del civico A, in quanto comproprietari di un’unita’ immobiliare sita nell’edificio o nella parte di edificio servita dal lastrico solare, sono tenuti a partecipare alla spesa ex articolo 1126 c.c., in proporzione alla quota di comproprieta’ che i medesimi hanno sull’appartamento di proprieta’ condominiale. Deducono, tuttavia, i ricorrenti che la Corte territoriale non si sarebbe avveduta del fatto che tale ripartizione fu effettuata non secondo la regola suddetta, ma in base ai millesimi facenti capo a ciascuno dei condomini di ambedue i civici in relazione alle unita’ abitative di proprieta’ esclusiva.
Questo motivo e’ fondato. Come da questa Corte piu’ volte precisato, l’articolo 1126 c.c., obbligando a partecipare alla spesa relativa alle riparazioni del lastrico solare di uso esclusivo, nella misura di due terzi, “tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve”, si riferisce a coloro ai quali appartengono unita’ immobiliari di proprieta’ individuale comprese nella proiezione verticale del manufatto da riparare o ricostruire, alle quali, pertanto, esso funge da copertura, con esclusione dei condomini ai cui appartamenti il lastrico stesso non sia sovrapposto (cfr. Cass. Sez. 2, 28/08/2020, n. 18045; Cass. Sez. 6 – 2, 10/05/2017, n. 11484; Cass. Sez. 2, 04/06/2001, n. 7472; Cass. Sez. 2, 15/04/1994, n. 3542; Cass. Sez. 2, 16/07/1976, n. 2821 del Cass. Sez. 2, 29/01/1974, n. 244). L’obbligo di partecipare alla ripartizione dei cennati due terzi della spesa non deriva, quindi, dalla sola, generica, qualita’ di partecipante del condominio, ma dall’essere proprietario di un’unita’ immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico oggetto della riparazione. Del resto, e’ pressoche’ inevitabile che la terrazza a livello o il lastrico di uso esclusivo coprano altresi’ una o piu’ parti che siano comuni a tutti i condomini, e non solo quelli della rispettiva ala del fabbricato, come, ad esempio, il suolo su cui sorge l’edificio, la facciata, le fondazioni, ma se bastasse cio’ per chiamare a concorrere alle spese del bene di copertura tutti i condomini, l’articolo 1126 c.c. non avrebbe alcuna pratica applicazione. Anche, ad esempio, per le scale o per gli impianti destinati a servire “una parte dell’intero fabbricato”, l’articolo 1123 c.c., comma 3, prevede che le spese restino a carico del solo gruppo dei condomini (e, cioe’, dei proprietari degli appartamenti siti nell’edificio) che ne trae utilita’: altrimenti, poiche’ le scale o gli impianti di una parte soltanto del fabbricato sono pure mezzi che danno utilita’ a parti comuni a tutti i condomini (come il tetto, il cortile unico, la facciata, ecc.), identicamente tutti i condomini dovrebbero sostenere le spese nelle ipotesi di cosiddetto “condominio parziale”.
Va pertanto enunciato il seguente principio:
Allorche’ l’alloggio del portiere non sia piu’ destinato ad uso condominiale, si applica ad esso la disciplina della comunione in generale (cfr. Cass. Sez. 3, 29/06/1979, n. 3690) e i partecipanti alla comunione devono percio’ contribuire alle spese necessarie per la conservazione ed il godimento del bene, ivi comprese quelle, come nella fattispecie per cui e’ causa, occorrenti per la riparazione del lastrico solare che ad esso funge da copertura, ai sensi dell’articolo 1126 c.c., in proporzione al solo valore millesimale dell’unita’ sita nella colonna sottostante al lastrico.
VI.2. Il secondo motivo del ricorso RG 18638/2019, contenente censure plurime, allega la violazione dell’articolo 1120 c.c., comma 1 e dell’articolo 1136 c.c., comma 5; la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c.; l’omesso esame di un fatto decisivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5; la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1121 c.c. Con riferimento a quanto statuito dalla sentenza di appello in ordine alla legittimita’ della deliberazione assembleare con cui si era deciso di rivestire con pannelli in legno le porte degli ascensori, sulla scorta del fatto che tale opera non costituisse un’innovazione, i ricorrenti sostengono, invece, che tale rivestimento ligneo, comportando una diversa composizione materiale delle cose comuni e non presentando il carattere di necessarieta’ tipico delle innovazioni, deve considerarsi pienamente rientrante nel concetto di innovazione ex articolo 1120 c.c., di talche’ si rende necessaria la maggioranza di cui all’articolo 1136 c.c., comma 5. La censura lamenta inoltre che la pronuncia impugnata avrebbe preso in considerazione, escludendolo, solo il carattere voluttuario dell’opera e non anche, come l’articolo 1121 c.c. avrebbe imposto, il profilo della gravosita’ della spesa in relazione alle condizioni e all’importanza dell’edificio.
Il secondo motivo presenta diffusi profili di inammissibilita’ e non supera lo scrutinio ex articolo 360-bis c.p.c., n. 1. La Corte d’appello di Milano ha negato carattere di innovazione all’opera di rivestimento ligneo delle porte degli ascensori non trattandosi di “opera nuova di modifica della cosa comune che ne alteri l’entita’ o la destinazione originaria” (pag.7). In tal senso, non sono configurabili ne’ il vizio di omessa pronuncia ne’ quello di omesso esame di fatto decisivo, supponendo il primo un difetto di attivita’ da parte del giudice in ordine ad una domanda od un’eccezione introdotta in causa, ed il secondo il difetto di attivita’ su una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione. Costituisce, inoltre, orientamento consolidato di questa Corte quello secondo il quale deve considerarsi “innovazione”, agli effetti dell’articolo 1120 c.c., non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entita’ sostanziale o ne muti la destinazione originaria (senza peraltro che ricorra la speciale previsione di cui all’articolo 1117 ter c.c., introdotta dalla L. n. 220 del 2012). Pare evidente che la sostituzione del rivestimento delle porte degli ascensori condominiali costituisce intervento che mira semmai a rendere piu’ comodo il godimento della cosa comune, ma ne lascia immutate la consistenza e la destinazione, sicche’ non puo’ definirsi innovazione nel senso suddetto. In ogni caso, lo stabilire se un’opera integri o meno gli estremi dell’innovazione prevista dall’articolo 1120 c.c. costituisce un’indagine di fatto, insindacabile in se di legittimita’ se sostenuta, come nella specie, da corretta e congrua motivazione (Cass. Sez. 2, 20/08/1986, n. 5101; Cass. Sez. 2, 05/11/2002, n. 15460).
Una volta escluso che l’intervento sia un’innovazione ex articolo 1120 c.c., tanto meno viene in gioco l’articolo 1121 c.c., che riguarda la sottospecie delle innovazioni voluttuarie o gravose, per le quali e’ eccezionalmente consentito al singolo condomino, ai sensi dell’articolo 1121 c.c., di sottrarsi alla relativa spesa (essendo voluttuarie quelle innovazioni, intese ontologicamente nella nozione di cui all’articolo 1120 c.c., che sono peraltro prive di oggettiva utilita’, ed essendo invece gravose le innovazioni caratterizzate da una notevole onerosita’: Cass. Sez. 2, 20/04/2021, n. 10371).
VII. Deve, pertanto, dichiararsi inammissibile il ricorso RG 29204/2019, accogliersi il primo motivo e dichiararsi inammissibile il secondo motivo del ricorso RG 18638/2019, con conseguenti cassazione della sentenza n. 2004/2017 del 10 maggio 2017, nei limiti della censura accolta, e rinvio alla Corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, sottoporra’ la causa a nuovo esame e si uniformera’ all’enunciato principio, provvedendo altresi’ a liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione RG 29204/2019 dichiarata inammissibile.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso iscritto al RG 29204/2019, accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara inammissibile il secondo motivo del ricorso iscritto al RG 18638/2019, cassa la sentenza impugnata n. 2004/2017 nei limiti della censura accolta, e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso iscritto al RG 29204/2019, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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