Al fine di mantenere una costruzione a distanza minore di quella prescritta dalla legge

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 febbraio 2021| n. 3684.

Al fine di mantenere una costruzione a distanza minore di quella prescritta dalla legge, non è sufficiente un'”autorizzazione” scritta unilaterale del proprietario del fondo vicino, che acconsenta alla corrispondente servitù, essendo, al contrario, necessario un contratto che, pur senza ricorrere a formule sacramentali, dia luogo alla costituzione di una servitù prediale, ex art. 1058 c.c., esplicitando, in una dichiarazione scritta, i termini precisi del rapporto reale tra vicini, nel senso che l’accordo, risolvendosi in una menomazione di carattere reale per l’immobile che alla distanza legale avrebbe diritto, a vantaggio del fondo contiguo che ne trae il corrispondente beneficio, faccia venir meno il limite legale per il proprietario del fondo dominante, che così acquista la facoltà di invadere la sfera esclusiva del fondo servente.

Ordinanza|12 febbraio 2021| n. 3684

Data udienza 16 dicembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Distanze legali – Violazione – Configurabilità della sopraelevazione come nuova costruzione e non come risanamento conservativo – Volontà costitutiva di una servitù in deroga alle distanze – Necessità della sussistenza di una dichiarazione scritta – Inammissibilità del ricorso

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 1782-2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
nonche’
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti incidentali –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 723/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 16/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 723/2015 della Corte d’appello di Brescia, pubblicata il 16 giugno 2015.
Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), i quali propongono altresi’ ricorso incidentale in unico motivo.
I ricorrenti principali hanno notificato controricorso per resistere al ricorso incidentale.
2.La Corte d’appello di Brescia ha respinto i contrapposti gravami avanzati contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Brescia, sezione distaccata di Breno, in data 6 settembre 2012, con cui vennero parzialmente accolte le domande degli attori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e le riconvenzionali dei convenuti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ordinando, in particolare, la riduzione in pristino del muro di tamponamento edificato sul mappale (OMISSIS), la chiusura dei fori di scarico dell’acqua piovana e la demolizione della porzione di tetto sopraelevata in violazione delle distanze di cui all’articolo 21 norme tecniche di attuazione del Regolamento edilizio di Capo di Ponte.
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con citazione del 1 marzo 2001, avevano convenuto in giudizio: 1) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), perche’ venissero dichiarati responsabili dei danni causati dalla demolizione parziale del tetto di proprieta’ degli attori; 2) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), perche’ venissero condannati a rimuovere una tubatura d’acqua collocata a distanza inferiore a quella di legge, un sopralzo del piano di calpestio che aveva creato una nuova veduta o luce irregolare, i fori di scarico per l’acqua piovana, la copertura di cemento apposta sulla loro proprieta’ e il portico posto a distanza irregolare. Il primo gruppo di convenuti domando’ in riconvenzionale, tra l’altro, la condanna degli attori alla demolizione della sopraelevazione del tetto di copertura della loro proprieta’.
La trattazione dei ricorsi e’ stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’articolo 375 c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1 c.p.c.
I ricorrenti principali hanno depositato memoria.
Essendo state piu’ parti convenute in un unico processo, ai sensi dell’articolo 103 c.p.c., le cause connesse sono scindibili ed il litisconsorzio che si e’ instaurato tra di esse e’ facoltativo. Ne consegue che nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non deve essere ordinata l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’articolo 331 c.p.c., ne’ deve essere notificato il ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 332 c.p.c., in quanto l’impugnazione e’ preclusa dalla scadenza del termine.
3. Il primo motivo del ricorso principale di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) lamenta la violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5 per omessa decisione e omesso esame, nonche’ la “totale mancanza di motivazione su rilevanti deduzioni e correlative censure specificamente formulate dagli attuali ricorrenti, non contestate ed, anzi, espressamente recepite dalle controparti”. Il motivo si sostanzia nella trascrizione dell’atto di appello ed accusa la sentenza impugnata di aver pretermesso la “unicita’ del corpo di fabbrica” di proprieta’ delle parti in lite, e dunque la perfetta e totale aderenza delle rispettive porzioni, nonche’ la “specifica previsione del sopralzo…sottoscritta da entrambe le parti sull’originario progetto autorizzato dal Comune” ed ancora la richiesta di richiamo del CTU.
Il secondo motivo del ricorso principale deduce la violazione o falsa applicazione dell’articolo 873 c.c., anche in riferimento all’articolo 21 N.T.A., dettate con Regolamento del Comune di Capo di Ponte, con annesso Programma di Fabbricazione 25/02/1973 dello stesso Comune, approvato con Delib. Giunta Regionale 14 aprile 1975, n. 14410. Il giudice di secondo grado si sarebbe limitato a qualificare la sopraelevazione come “costruzione nuova” ma non avrebbe esaminato il dato che i fabbricati sono inseriti in un unico complesso edilizio e sono percio’ del tutto aderenti.
Il terzo motivo del ricorso principale lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 Cost., articoli 873, 1175, 1366 e 1375 c.c. in riferimento al rilievo derogatorio del consenso scritto di tutte le parti alla realizzazione del sopralzo. Tale consenso scritto avrebbe escluso ogni illegittimita’ delle opere eseguite. Si denuncia altresi’ l’omesso esame e la mancanza assoluta di motivazione sulle conclusioni subordinate dagli appellanti principali, relative ad un’eventuale demolizione di piu’ ridotte proporzioni e agli accertamenti specifici da effettuare tramite il CTU.
3.1. I tre motivi del ricorso principale di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) possono essere esaminati congiuntamente perche’ connessi e accomunati da identici profili di inammissibilita’.
3.2. Innanzitutto, opera la previsione d’inammissibilita’ del ricorso per cassazione, di cui all’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che, come nella specie, risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme), essendo stato il giudizio di appello introdotto con citazione del 18 giugno 2013.
3.3. E’ priva di riferibilita’ alla sentenza impugnata la censura di nullita’ per violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, in quanto la stessa contiene la motivazione riferibile ad argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.
3.4. E’ inammissibile il riferimento al vizio di omessa pronuncia per violazione dell’articolo 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’articolo 360, comma 1, n. 4, configurandosi tale vizio esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito, e non anche in relazione ad istanze istruttorie, per le quali l’omissione e’ denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. indicativamente Cass. Sez. 6 – 1, 05/07/2016, n. 13716). In particolare, a fronte di una richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, pur in difetto di un espresso rigetto di tale istanza, non puo’ mai dirsi integrato un vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., ma, eventualmente, un vizio di motivazione in ordine alle ragioni addotte per rigettare le censure tecniche alla sentenza impugnata (Cass. Sez. 6 – 2, 18/03/2015, n. 5339).
Spetta, del resto, al giudice di merito esaminare e valutare le nozioni tecniche o scientifiche introdotte nel processo mediante la CTU, e dare conto dei motivi di consenso, come di quelli di eventuale dissenso, in ordine alla congruita’ dei risultati della consulenza e delle ragioni che li sorreggono. Tale valutazione e’ compiutamente esplicitata nella sentenza della Corte d’appello e non puo’ essere sindacata in sede di legittimita’ invocando dalla Corte di cassazione, come auspicano i ricorrenti principali, un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, in maniera da pervenire ad una nuova validazione e legittimazione inferenziale dell’adesione prestata dal giudice di merito ai risultati dell’espletata consulenza tecnica d’ufficio.
3.5. Il provvedimento impugnato ha peraltro deciso la questione di diritto attinente alla violazione delle distanze legali in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di cassazione e l’esame dei motivi di ricorso non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, con conseguente inammissibilita’ ex articolo 360 bis c.p.c., n. 1.
Una sopraelevazione, quale quella accertata dai giudici di merito (sopralzo di 55-65 cm del colmo del tetto al confine fra le proprieta’: pagine 18 e 19 della sentenza impugnata) deve essere considerata come nuova costruzione e puo’ essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul fondo confinante. Una sopraelevazione, comportando sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro, non puo’ qualificarsi come risanamento conservativo o ricostruzione dei volumi edificabili preesistenti, i quali hanno solo lo scopo di conservarne i precedenti valori (tra le piu’ recenti, Cass. Sez. 2, 05/03/2018, n. 5049).
E’ del tutto carente di specificita’, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, il riferimento che i ricorrenti principali fanno al dato della unicita’ del corpo di fabbrica, per desumere che le norma di diritto asseritamente violate, ed in particolare l’articolo 21 norme tecniche di attuazione del programma di fabbricazione del Comune di Capo di Ponte, comunque consentirebbero le costruzioni in aderenza o in accomunamento, mancando precise argomentazioni intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con l’invocata prescrizione del programma di fabbricazione che disciplina le distanze nelle costruzioni.
3.6. E’ inammissibile altresi’ la censura relativa al “consenso scritto” derogatorio, tale da escludere “ogni illegittimita’ delle opere eseguite”. I ricorrenti principali intendono denunciare errori o vizi nell’interpretazione del contenuto dell’accordo invocato, ma di tale atto non viene specificato in ricorso il contenuto, come impone l’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Peraltro, per mantenere una costruzione a distanza minore di quella prescritta dalla legge, non e’ sufficiente una “auto (OMISSIS)zione” unilaterale del proprietario del fondo vicino che acconsenta alla corrispondente servitu’, ma e’ necessario un contratto – essendo inidoneo, per i diritti reali, un atto ricognitivo – che dia luogo, appunto, alla costituzione di una servitu’ prediale, ex articolo 1058 c.c., risolvendosi in una menomazione di carattere reale per l’immobile che alla distanza legale avrebbe diritto, a vantaggio del fondo contiguo che ne trae il corrispondente beneficio (arg. da Cass. Sez. 2, 29/04/1998, n. 4353). Ed allora, per l’esistenza di una valida volonta’ costitutiva di servitu’ in deroga alle distanze delle costruzioni o vedute, pur non occorrendo alcuna formula sacramentale, e’ comunque indispensabile che detta volonta’ sia deducibile da una dichiarazione scritta da cui risultino i termini precisi del rapporto reale tra vicini, nel senso che l’accordo faccia venir meno il limite legale per il proprietario del fondo dominante, che cosi’ acquista la facolta’ di invadere la sfera esclusiva del fondo servente (cfr. Cass. Sez. 3, 29/01/1982, n. 577; Cass. Sez. 2, 14/06/1976, n. 2207; Cass. Sez. 2, 19/06/1984, n. 3630).
Per altro verso, i ricorrenti principali non considerano che, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, mentre le deroghe pattizie sono consentite relativamente alle norme sulle distanze di cui all’articolo 873 c.c., dettate a tutela dei reciproci diritti soggettivi dei singoli, non altrettanto puo’ dirsi in relazione alle disposizioni regolamentari in materia di distanze, poiche’ in tal caso la concessa azione di riduzione in pristino e’ volta a mantenere in vita un potere privato, concorrente con quello amministrativo, idoneo ad assicurare, attraverso la rimozione dell’opera illegittima, lo stesso risultato pratico perseguibile con i propri mezzi dalla P. A. e la completa attuazione dell’interesse generale alla realizzazione del modello urbanistico prefigurato: cio’ a maggior ragione quando la norma regolamentare imponga di calcolare la distanza dal confine tra i fondi. Ne consegue che, ove pure il “consenso all’esecuzione del sopralzo” fosse inteso come esplicitante la volonta’ delle parti di derogare alle norme in tema di distanze dal confine contenute nel programma di fabbricazione del Comune di Capo di Ponte, si tratterebbe comunque di convenzione senz’altro invalida, trattandosi di norme inderogabili perche’ non si limitano a disciplinare i rapporti intersoggettivi di vicinato, ma mirano a tutelare anche interessi generali (cfr. Cass. Sez. 2, 04/05/2018, n. 10734; Cass. Sez. 2, 28/09/2004, n. 19449; Cass. Sez. 2, 04/02/2004, n. 2117; Cass. Sez. 2, 23/11/1999, n. 12984; Cass. Sez. 2, 29/04/1998, n. 4353; Cass. Sez. 2, 16/11/1985, n. 5626).
4.L’unico motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. e dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonche’ totale mancanza di motivazione sulle censure formulate dai medesimi ricorrenti incidentali quanto alla condanna subita a demolire il muro di tamponamento edificato in sopralzo del muro preesistente, a confine con l’immobile di proprieta’ degli attori, e ad arretrarlo fino al rispetto della distanza legale. Si richiamano parti della CTU sulla mancata alterazione del volume del tetto, nonche’ considerazioni svolte nei pregressi gradi sulla natura di mera opera di ristrutturazione e sulla concessione edilizia che legittimava la costruzione.
4.1. Anche il motivo di ricorso incidentale e’ inammissibile.
4.2. E’ priva di riferibilita’ alla sentenza impugnata la censura di nullita’ per violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, in quanto la stessa contiene la motivazione riferibile ad argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.
La Corte di Brescia, a pagina 25 della sentenza, ha ritenuto accertata una costruzione della nuova muratura in sopralzo rispetto a quella preesistente, nozione estranea all’articolo 877 c.c., il quale consente di costruire in aderenza sino all’altezza della costruzione esistente sul confine e a distanza legale da questo per la parte sopraelevata, purche’ sia rispettato il principio della prevenzione.
Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, la regolarita’ urbanistica del fabbricato non rileva ai fini della legittimita’ della costruzione per il rispetto delle distanze. D’altro canto, le prescrizioni in tema di distanze legali contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi comunali, essendo dettate, contrariamente a quelle del codice civile, a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non tollerano deroghe convenzionali da parte dei privati; tali deroghe, se concordate, sono invalide, ne’ tale invalidita’ puo’ venire meno per l’avvenuto rilascio di concessione edilizia, poiche’ il singolo atto non puo’ consentire la violazione dei principi generali dettati, una volta per tutte, con gli indicati strumenti urbanistici (tra le tante, Cass. Sez. 2, 18/10/2018, n. 26270).
4.3. Opera la previsione d’inammissibilita’ del ricorso per cassazione, di cui all’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che, come nella specie, risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme), essendo stato il giudizio di appello introdotto con ricorso depositato o con citazione del 18 giugno 2013.
5. Vanno in definitiva dichiarati inammissibili sia il ricorso principale che il ricorso incidentale, compensandosi tra le parti le spese del giudizio di cassazione in ragione della reciproca soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – da parte dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per le rispettive impugnazioni, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale ed il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese sostenute nel giudizio di cassazione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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