Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 3 luglio 2020, n. 13764.
La massima estrapolata:
Ai fini dell’applicazione dell’espulsione dello straniero come misura alternativa alla detenzione, il giudice di sorveglianza non deve limitarsi a verificare che non sussista alcuna delle condizioni ostative previste dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art.19, ma, acquisendo, ove occorra, informazioni, deve procedere, dandone conto in motivazione, ad un’attenta ponderazione della pericolosità concreta ed attuale dello straniero in rapporto alla sua complessiva situazione familiare, alla luce della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno in Italia e dell’esistenza di legami familiari, culturali e sociali con il paese di origine . A venire in rilievo pertanto come potenziale condizione ostativa alla espulsione non è esclusivamente la accertata “convivenza” con familiari di nazionalità italiana ma anche la necessità di apprezzamento e di contemperamento delle esigenze correlate, in senso più ampio, ai “vincoli familiari” dell’interessato (ai sensi del citato art. 13, comma 2 bis), in una ottica di protezione dei diritti alla integrità dello sviluppo psico-fisico del minore residente in Italia e privato – in ipotesi di espulsione – della continuità affettiva e relazionale con il proprio genitore.
Ordinanza 3 luglio 2020, n. 13764
Data udienza 28 novembre 2019
Tag/parola chiave: EMIGRAZIONE ED IMMIGRAZIONE – PROFUGHI E RIFUGIATI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere
Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16664/2018 proposto da:
(OMISSIS), alias (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), domiciliato in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2019 dal Dott. PIERPAOLO GORI.
RILEVATO
che:
– Con decreto n. 5632, depositato in data 4.5.2018 nella controversia iscritta al RGN 7983/2017, il Tribunale di Ancona rigettava il ricorso proposto da (OMISSIS), alias (OMISSIS), nato in (OMISSIS), in impugnazione del provvedimento di diniego della protezione emesso il 22.8.2017, notificatogli il 23.11.2017 dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona.
– Il ricorrente chiedeva il riconoscimento del suo diritto allo status di rifugiato o, in subordine, alla protezione sussidiaria ex Decreto Legislativo n. 251 del 2007 o ancora il riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
– Avverso la decisione il richiedente ha notificato in data 4.6.2018 ricorso, affidato a quattro motivi, che illustra con memoria, e il Ministero dell’Interno ha resistito depositando controricorso.
CONSIDERATO
che:
In via preliminare, il Ministero ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso, perche’ contenente la mera richiesta di rivalutazione degli elementi fattuali esposti nella motivazione del decreto.
L’eccezione non puo’ trovare ingresso, in quanto da una piana lettura del ricorso si evincono doglianze articolate, puntuali e attinenti alla stessa nullita’ della sentenza per omesso esame di fatti decisivi e contrari all’esito del decreto, che impongono uno scrutinio funditus.
– Con il primo motivo – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, – il richiedente denuncia la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 13, comma 7, e della specifica normativa di settore di cui al Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 1, comma 4, oltre che l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per non aver il tribunale esaminato la censura, avanti ad esso sollevata, di nullita’ e comunque illegittimita’ del provvedimento di diniego, tradotto nella lingua madre del ricorrente solo nel dispositivo, ma non nella parte motiva con conseguente pregiudizio del suo diritto di difesa.
– Il motivo, che si concreta nella deduzione di un vizio processuale di omessa pronuncia, muove da un esatto rilievo, atteso che il tribunale non ha statuito sull’eccezione di nullita’ del decreto della C.T., puntualmente svolta dal richiedente nel ricorso introduttivo del giudizio.
Va tuttavia ricordato che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, in caso di nullita’ della sentenza per omessa pronuncia, esigenze di economia processuale impongono di evitare la cassazione con rinvio quando, come nella specie, la questione sulla quale si riscontri mancare la pronuncia non richieda accertamenti in fatto e possa pertanto essere decisa (Cass. nn. 21257/014, 21968/015, 11838/017).
– Cio’ premesso, il motivo deve essere respinto.
– La nullita’ del provvedimento amministrativo emesso dalla Commissione territoriale per omessa traduzione in una lingua conosciuta dall’interessato o in una delle lingue veicolari, non esonera, infatti, il giudice adito dall’obbligo di esaminare il merito della domanda, poiche’ oggetto della controversia non e’ il provvedimento negativo ma il diritto soggettivo alla protezione internazionale invocata, sulla quale comunque il giudice deve statuire: la nullita’ del provvedimento non rileva dunque in se’, ma solo per le eventuali conseguenze che determina sul pieno dispiegarsi del diritto di difesa. (Cass. 22 marzo 2017, n. 7385).
– In particolare, il richiedente non puo’ genericamente lamentare la violazione dell’obbligo di traduzione, ma deve necessariamente indicare in modo specifico il vulnus determinato dall’atto non tradotto all’esercizio del suo diritto di difesa (cfr. Cass. 27 maggio 2014, n. 11871; Cass. 21 novembre 2011, n. 24543).
– Nel caso in esame, la mancata traduzione del decreto della Commissione Territoriale non ha impedito a (OMISSIS) di impugnarlo tempestivamente e di allegare compiutamente dinanzi al tribunale e ragioni di fatto e di diritto poste a sostegno delle domande, sulle quali il giudice ha pronunciato.
Va pertanto escluso che il vizio di nullita’ denunciato abbia arrecato un concreto pregiudizio al diritto di difesa dell’odierno ricorrente; pregiudizio che, peraltro, questi ha solo genericamente invocato.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 2, comma 1, lettera d) e dell’articolo 1 A della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, oltre che del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articoli 7 e 8 ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, avendo il tribunale respinto la relativa domanda senza tener conto delle dichiarazioni del ricorrente.
Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 2, lettera g), articoli 5 e 14 la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 8, comma 3 oltre che degli articoli 3 e 32 Cost. in materia di protezione sussidiaria, per avere il tribunale escluso, nonostante quanto dichiarato dal ricorrente, che in caso di rientro nel paese di provenienza questi correrebbe il rischio effettivo di subire un danno grave.
Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 5, comma 6 e articolo 19, comma 1 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 349 del 1999, articolo 11, lettera c)-ter e articolo 28, lettera d) oltre che dell’articolo 19, comma 2 CDFUE e degli articoli 3 e 32 Cost., stante l’ingiustificata affermazione del giudice dell’assenza, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, di profili di vulnerabilita’ generale e personale.
In tutti e tre i motivi, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, il ricorrente lamenta in buona sostanza, in via principale, che il tribunale, pur dando atto della credibilita’ delle sue dichiarazioni (avvalorate dalla produzione di documenti in lingua (OMISSIS), di cui non e’ stata disposta la traduzione) non le abbia poi tenute in alcun conto, e che abbia rigettato le domande con motivazione generica e priva di riferimento alla sua personale vicenda.
Col terzo motivo il ricorrente contesta, inoltre, l’accertamento del tribunale secondo cui non ricorrono i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria in relazione all’ipotesi di cui al Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 14, lettera c) in quanto il (OMISSIS) non versa in una situazione di violenza indiscriminata determinata da conflitto armato, e si duole che il suo transito in Libia sia stato ritenuto irrilevante ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.
Questi due ultimi profili di censura vanno dichiarati inammissibili, in quanto volti ad ottenere una diversa valutazione di circostanze di fatto che il giudice ha compiutamente esaminato.
Le principali ragioni di censura sono invece fondate.
Esse, benche’ dedotte sotto il profilo della violazione di legge, denunciano in realta’ la mancanza assoluta, nella motivazione del provvedimento, di qualsivoglia concreto esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente e dei documenti da lui prodotti, e vanno quindi riqualificate ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5.
L’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta, infatti, alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, ne’ determina l’inammissibilita’ del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4036 del 20/02/2014, Rv. 630239).
Tanto precisato, va rilevato che il tribunale ha respinto le domande di (OMISSIS) di riconoscimento dello status di rifugiato od, in subordine, della protezione sussidiaria relativamente alle ipotesi dell’articolo 14, sub lettera a) e b) Decreto Legislativo cit. o, in ulteriore subordine, della protezione umanitaria, limitandosi ad osservare che lo stesso non risulta riconducibile a quelle categorie di persone esposte a violenze, torture o altre forme di trattamento disumano, e che le dichiarazioni del ricorrente in merito alle motivazioni che lo avrebbero costretto a lasciare il proprio Paese, anche laddove credibili, restano confinate nei limiti di una vicenda di vita privata e di giustizia comune, atteso che gli aspetti evidenziati in ricorso integrano personali timori privi di concreti elementi di riscontro e, infine, che l’esistenza (nel paese di provenienza) di strumenti istituzionali, o, ancorche’ privati, aventi una forma aggregativa ed una funzione di protezione dei propri membri induce a ritenere insussistente una condizione di elevata vulnerabilita’.
– Sennonche’, poiche’ il decreto difetta della, quantomeno, concisa esposizione dei fatti allegati a fondamento del diritto preteso (non avendo il giudice minimamente accennato alla storia personale del ricorrente), dette motivazioni si risolvono in formule astratte e stereotipate, valevoli per un numero indefinito di casi, che non consentono di verificare la correttezza del ragionamento logico-giuridico posto a base della decisione.
– L’affermazione secondo cui (OMISSIS) avrebbe dovuto richiedere la protezione del suo Paese e attenderne l’esito risulta, di conseguenza, criptica.
– Si e’, in conclusione, in presenza di una tipica fattispecie di motivazione apparente, ovvero di motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – e, anzi, sovrabbondante, laddove il tribunale si dilunga nella descrizione della normativa che disciplina le varie forme di protezione internazionale o umanitaria – risulta tuttavia costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicita’ del ragionamento decisorio (cfr., per tutte, Cass. n. 9105/2017) e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6.
L’accoglimento dei motivi nei termini di cui si e’ detto comporta la cassazione del decreto impugnato, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, al Tribunale di Ancona in diversa composizione, che procedera’ ad un nuovo esame del merito della controversia valutando i fatti raccolti nel processo, alla luce della prova logica desunta dagli elementi che compongono le dichiarazioni del richiedente, ritenute credibili, nonche’ dalle prove documentali da questi offerte, inclusi i certificati in lingua (OMISSIS) che non risultano tradotti.
P.Q.M.
La Corte, accoglie i motivi secondo, terzo e quarto del ricorso nei sensi di cui in motivazione, rigettato il primo, cassa il provvedimento impugnato e rinvia al tribunale di Ancona, anche per le spese del giudizio di cassazione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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