Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 4 aprile 2019, n. 14936.
La massima estrapolata:
Ai fini dell’ammissibilità della domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione, il termine di due anni previsto dall’art. 315, comma 1, cod. proc. pen. decorre dalla data di irrevocabilità della sentenza di proscioglimento che, in caso di sentenza di annullamento senza rinvio della Corte di cassazione, deve identificarsi con la data dell’udienza.
Sentenza 4 aprile 2019, n. 14936
Data udienza 21 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIAMPI Francesco M – Presidente
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. NARDIN Maura – Consigliere
Dott. BRUNO Mariarosari – Consigliere
Dott. PAVICH Giusep – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 14/09/2018 della CORTE APPELLO di MILANO;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. GIUSEPPE PAVICH.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Milano, con ordinanza resa il 14 settembre 2018, ha dichiarato inammissibile la domanda di riparazione per ingiusta detenzione avanzata nell’interesse di (OMISSIS) in relazione al periodo di restrizione carceraria da lui subito (circa 8 mesi), a seguito di ordinanza cautelare emessa a suo carico dal G.i.p. del Tribunale di Varese, in relazione ai reati di detenzione di arma clandestina e di ricettazione, in concorso con altri soggetti. L’ (OMISSIS) veniva condannato sia in primo che in secondo grado; ma la Corte di Cassazione, in data 24 settembre 2014, annullava senza rinvio la sentenza d’appello impugnata con riguardo alla posizione dello stesso (OMISSIS), con la formula “per non aver commesso il fatto”.
La Corte ambrosiana, nel dichiarare inammissibile l’istanza riparatoria, ha osservato nel merito che il comportamento dell’ (OMISSIS) doveva ritenersi gravemente colposo, per avere egli frequentato soggetti pregiudicati (come lo stesso (OMISSIS), del resto) e trovandosi percio’ coinvolto nella codetenzione dell’arma con matricola abrasa assieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), che assieme a lui si erano recati nella zona di (OMISSIS), ove all’interno di un appartamento in (OMISSIS) veniva rinvenuta l’arma. In rito, la Corte di merito ha rilevato la tardivita’ dell’istanza, presentata oltre il termine di due anni dall’irrevocabilita’ della pronunzia assolutoria emessa dalla Cassazione (articolo 315 c.p.p.), a nulla valendo che la stessa fosse stata depositata diversi mesi dopo.
2. Avverso la prefata ordinanza ricorre l’ (OMISSIS), affidando le sue doglianze a due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo, egli lamenta violazione di legge processuale, in relazione al fatto che il decorso del termine di decadenza di due anni, ai fini della presentazione dell’istanza riparatoria, non puo’ collocarsi al momento in cui la decisione e’ esternata mediante il dispositivo, essendo necessariamente anche alla motivazione (e, quindi, al deposito della stessa) che occorre avere riguardo per potersi parlare di sentenza irrevocabile; ed e’, peraltro, in base alla motivazione che vengono resi noti elementi la cui conoscenza e’ potenzialmente necessaria per la presentazione dell’istanza.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle ragioni di merito in base alle quali il suo comportamento e’ stato ritenuto comunque gravemente colposo: non risulta infatti provata la consapevolezza, da parte dell’ (OMISSIS), della codetenzione dell’arma, cosi’ come non gli era noto il coinvolgimento del (OMISSIS) e del (OMISSIS) in traffici illeciti: la sua presenza in loro compagnia e’ infatti risultata del tutto occasionale.
3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. Con memoria depositata il 1 marzo 2019, l’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o, in subordine, rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile, atteso che l’istanza riparatoria presentata dall’ (OMISSIS) alla Corte d’appello di Milano era tardiva.
E’, infatti, corretta l’osservazione svolta sul punto dalla Corte distrettuale, atteso che il termine biennale di cui all’articolo 315 c.p.p., comma 1, decorre dalla data di irrevocabilita’ della sentenza di proscioglimento, e che tale data – trattandosi di sentenza della Cassazione – si identifica con quella del giorno dell’udienza, in cui la decisione della Corte di legittimita’ venne pronunziata e pubblicata mediante lettura del dispositivo.
Al riguardo soccorrono plurimi argomenti.
In primo luogo, nella sistematica del codice di rito, l’irrevocabilita’ delle sentenze e dei decreti penali e’ disciplinata dall’articolo 648 c.p.p.; mentre le decisioni suscettibili di impugnazione divengono irrevocabili allorche’ e’ inutilmente decorso il termine per impugnarle, le decisioni della Cassazione sono ivi prese in considerazione solo se dichiarative dell’inammissibilita’ o del rigetto del ricorso (per evidenti ragioni connesse alla formazione del giudicato di condanna) e l’irrevocabilita’ delle stesse viene collocata temporalmente nel giorno in cui viene pronunziata la sentenza o l’ordinanza (articolo 648, comma 2); non vi e’ peraltro motivo di opinare diversamente con riguardo alle sentenze di legittimita’ che, annullando senza rinvio una precedente condanna, rendono ipso facto irrevocabile il proscioglimento dell’imputato.
In secondo luogo, la giurisprudenza di legittimita’ fornisce ulteriore sostegno all’individuazione della data di decorrenza del termine biennale per presentare l’istanza riparatoria, precisando ad esempio che detto termine decorre dalla data della sentenza contenente le statuizioni sui reati contestati, per i quali e’ stata applicata la misura cautelare detentiva (Sez. 4, n. 47057 del 29/09/2004, Soggia, Rv. 230603).
Che, del resto, le vicende successive alla data della pronunzia restino irrilevanti ai fini della decorrenza del termine lo si ricava anche dall’indirizzo giurisprudenziale relativo al caso della sentenza assolutoria del proponente rimasto contumace nel giudizio di cognizione (in epoca antecedente l’entrata in vigore della disciplina di cui alla L. n. 67 del 2014): si e’ infatti affermato, in relazione a tale ipotesi, che, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il termine biennale per la presentazione della relativa domanda decorre da momento in cui la sentenza di assoluzione del proponente rimasto contumace nel giudizio di cognizione e’ divenuta irrevocabile e non dalla data della successiva notifica al medesimo del provvedimento che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione del pubblico ministero (Sez. 4, n. 23898 del 09/04/2008, D’Arrigo, Rv. 240298).
Da quanto precede e’ agevole ricavare la conclusione che, come correttamente affermato dalla Corte ambrosiana, non puo’ attendersi il deposito della motivazione della sentenza assolutoria di legittimita’ per far decorrere il termine biennale di cui all’articolo 315 c.p.p., termine che quindi decorre – nel caso in esame, ossia quello della sentenza di annullamento senza rinvio (di precedente condanna) pronunziata dalla Cassazione – dal giorno della lettura del dispositivo in udienza, essendo questo il momento in cui tale decisione diviene irrevocabile.
Ne consegue che l’intera sequenza procedimentale successiva viene travolta dalla tardivita’ dell’istanza presentata dall’ (OMISSIS), con conseguente inammissibilita’ del ricorso ed assorbimento delle ulteriori questioni dallo stesso prospettate nel secondo motivo di lagnanza.
2. Alla declaratoria d’inammissibilita’ consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Leave a Reply