Ai fini dell’ammissibilità del ricorso avverso il silenzio

Consiglio di Stato, Sentenza|19 aprile 2021| n. 3153.

Ai fini dell’ammissibilità del ricorso avverso il silenzio, debbono cumulativamente sussistere: la presentazione dell’istanza a provvedere; l’obbligo giuridico di provvedere; la qualificazione dell’inerzia quale ‘mancato esercizio del potere amministrativo.

Sentenza|19 aprile 2021| n. 3153

Data udienza 4 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Contabilità pubblica – Enti locali – Fondo di solidarietà comunale – DPCM – Mancata emanazione – Ricorso avverso il silenzio – Condizioni di ammissibilità – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sull’appello n. 7333 del 2020, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fe. Sc. e Gi. Qu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fe. Sc. in Roma, via (…);
contro
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero dell’interno e la Conferenza Stato, Città ed Autonomie Locali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ex lege in Roma, alla via (…);
nei confronti
del Comune di (omissis) ed altri, in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma Sezione Prima, n. 5441/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni statali appellate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2021 il pres. Luigi Maruotti;
Visto l’art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020, convertito nella legge n. 176 del 2020;
Nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il Comuni di Cittadella ha proposto il ricorso di primo grado n. 16089 del 2019 dinanzi al T.a.r. del Lazio, Roma, per l’accertamento:
a) dell’illegittimità del silenzio inadempimento serbato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri o delle altre Amministrazioni intimate in ordine all’obbligo di emanare il d.P.C.M. relativo al Fondo di Solidarietà Comunale per l’anno 2019 di cui all’art. 1, comma 451, della legge n. 232 del 2016;
b) dell’obbligo di provvedere a emanare il d.P.C.M. in questione, con la conseguente condanna
della Presidenza del Consiglio dei Ministri o delle altre Amministrazioni intimate ad emanare lo stesso anche per il tramite o con l’ausilio di un Commissario ad acta, in sostituzione dell’Ente inadempiente, disponendone sin d’ora la nomina in caso di perdurante inerzia dell’Amministrazione.
2. A sostegno delle proprie pretese, il Comune ricorrente ha lamentato la violazione dell’articolo 97 Cost., dell’articolo 2 della legge n. 241/1990 e dell’articolo 1, comma 451, della legge n. 232/2016.
3. Il T.a.r. del Lazio, Sede di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe impugnata, ha respinto il ricorso, riscontrando la mancanza di “un’istanza di parte finalizzata ad ottenere proprio l’emanazione del citato d.P.C.M.” e, di conseguenza, “i presupposti per l’esperibilità del giudizio ex art. 117 c.p.a., non essendo configurabile un silenzio inadempimento”.
Infine, il T.a.r. ha compensato tra le parti le spese di giudizio.
4. Il Comune di (omissis) ha appellato la pronuncia, deducendo:
4.1. Ingiustizia manifesta. Eccesso di potere giurisdizionale. Carenza dei presupposti. Travisamento dei fatti. Violazione degli artt, 31 e 117 c.p.a. Violazione art. 97 Cost. Violazione dell’art. 2 l. n. 241/1990. Violazione dell’art. 1, comma 451, della legge n. 232 del 2016.
La sentenza di primo grado viene censurata nella parte in cui essa ha statuito che “risulta per tabulas che il procedimento in questione è stato regolarmente istruito ed è stato concluso con un accordo, trasfuso in una norma della legge di stabilità, i cui esiti sono stati comunicati ai comuni interessati dal Ministero dell’Interno; risulta, altresì, che il contenuto concordato è stato successivamente portato a compimento mediante il materiale trasferimento delle risorse assegnate” e “nel caso di specie, non è configurabile un diniego, neanche tacito, di procedere alla determinazione dei criteri per la ripartizione del fondo e alla quantificazione delle risorse assegnate a ciascun comune, essendo state tali determinazioni (che di norma sono contenute nel d.P.C.M. di cui all’art. 1, comma 451, L. 232/2016) assunte con provvedimento avente consistenza normativa”.
4.2. Violazione dell’art. 117 c.p.a.
La sentenza impugnata sarebbe erronea anche per avere affermato che il ricorso avverso il silenzio non sarebbe esperibile, in quanto il Comune appellante non avrebbe precedentemente inviato un’istanza volta a chiedere l’emanazione del citato d.P.C.M.
Tale assunto – ad avviso del Comune appellante – si porrebbe in contrasto con:
(i) il dettato normativo di cui all’art. 117 c.p.a., il quale prevede la possibilità di proporre azione avverso il silenzio anche senza previa diffida;
(ii) la medesima sentenza appellata laddove, al punto 3.1., essa chiarisce che il procedimento amministrativo in questione non è un procedimento a istanza di parte, bensì attivabile d’ufficio;
4.3. In subordine, ingiustizia manifesta. Eccesso di potere giurisdizionale. Omessa pronuncia e violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 112 c.p.c. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. Carenza dei presupposti. Travisamento dei fatti. Erronea applicazione dell’art. 23, secondo comma, della legge n. 87 del 1953; illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 921, della l. 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione per il 2019) per contrasto con gli artt. 3, 24, 97, 113, 119 della Costituzione.
In via subordinata e gradata e per l’ipotesi in cui si ritenga che il dovere di emanare il d.P.C.M. sia stato derogato dall’art. 1, comma 921, legge n. 145/2018, viene dedotta l’incostituzionalità di quest’ultima disposizione, per violazione degli artt. 3, 24, 97, 113, 119 Cost.
5. Si sono costituiti in resistenza le Amministrazioni appellate, le quali hanno chiesto che il gravame sia respinto.
6. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive, mediante il deposito di documenti, di memorie integrative e di replica.
7. All’udienza camerale del 4 marzo 2021, la causa è passata in decisione ai sensi dell’art. 25, d.l. n. 137/2020, convertito nella legge n. 176 del 2020.
8. Ritiene il Collegio che l’appello non sia fondato e vada, pertanto, respinto.
9. Più in particolare, va respinto il secondo motivo di appello, mentre il primo e il terzo possono non essere esaminati, difettando l’interesse alla decisione.
10. La Sezione premette che la controversia riguarda un tipico caso di ricorso avverso un prospettato mancato esercizio dell’obbligo di provvedere.
Nella specie, l’obbligo di provvedere viene imputato soggettivamente alla Presidenza del Consiglio o, comunque sia, alle altre Amministrazioni intimate nel primo grado del giudizio, e riguarda la mancata emanazione del d.P.C.M. relativo al Fondo di Solidarietà Comunale per l’anno 2019 secondo le modalità procedurali previste dall’art. 1, comma 451, della legge n. 232 del 2016.
Sulla base della prospettazione difensiva del Comune appellante, infatti, la Presidenza del Consiglio si sarebbe limitata ad emanare un atto di mero adeguamento del precedente d.P.C.M., senza – dunque – procedere a una nuova e completa istruttoria, e cioè concreterebbe una classica violazione della legge.
11. Il T.a.r., con la sentenza impugnata, ha dato soluzione alla controversia sulla base di due rationes decidendi, sostanzialmente affrontando la questione sotto due diverse angolazioni prospettiche.
Per un verso, il T.a.r. è sceso ‘nel meritò della contestata violazione di legge, escludendo che essa fosse stata commessa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dando conto delle specifiche ragioni per le quali il procedimento amministrativo dovesse ritenersi compiutamente istruito.
Per un altro verso, invece, il T.a.r. ha motivato che il ricorso avverso il silenzio sarebbe comunque inammissibile per difetto del necessario presupposto, e cioè per la mancata presentazione, da parte del Comune interessato, di una originaria istanza sulla quale si sarebbe dovuto provvedere con un provvedimento espresso.
12. Ad avviso della Sezione, malgrado il giudice di primo grado abbia affrontato entrambi i menzionati aspetti, decidendo la causa con un dispositivo di formale rigetto del ricorso nel merito, è preliminare da un punto di vista logico giuridico e secondo l’ordine tipico della tassonomia delle questioni, affrontare per prima quella di rito, concernente la stessa ammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio, già eccepita nel corso del primo grado del giudizio dalle parti costituite e comunque sia risulta rilevabile anche ex officio.
13. La Sezione ritiene che il ricorso introduttivo del primo grado del giudizio sia effettivamente inammissibile, per mancanza del necessario presupposto rappresentato dalla mancata presentazione dell’istanza in ordine alla quale si sarebbe potuto prospettare un obbligo di provvedere mediante un provvedimento espresso.
L’istanza va distinta sul piano giuridico, oltre che terminologico, dalla diffida a provvedere, non più necessaria per espressa previsione di legge al fine di attivare il ricorso avverso il’mancato esercizio del potere amministrativo’ (espressione contenuta nell’art. 7, comma 1, del codice del processo amministrativo e comunque preferibile rispetto al cd inadempimento, tradizionalmente adoperata negli ultimi decenni, ma che di per sé evoca impropriamente nozioni civilistiche).
In altre parole, rispetto al passato e ai rimedi di tutela proponibili avverso il silenzio dell’Amministrazione, individuati dapprima dalla Sezione Quarta sin dalla decisione 22 agosto 1902, n. 429, e poi dal legislatore, nell’attuale quadro normativo non è richiesta più la presentazione della diffida a provvedere sull’istanza presentata dalla parte interessata, essendo sufficiente ad integrare la condizione dell’azione la perdurante inerzia serbata dall’Amministrazione pubblica.
Ciò che, invece, risulta ancora all’attualità imprescindibile, per configurare un’mancato esercizio del potere amministrativo’ rilevante in sede giurisdizionale, è la mancata doverosa risposta dell’Amministrazione in ordine ad una specifica istanza rispetto alla quale essa sia tenuta a provvedere.
In questo senso, ai fini dell’ammissibilità del ricorso avverso il silenzio, debbono cumulativamente sussistere:
– la presentazione dell’istanza a provvedere;
– l’obbligo giuridico di provvedere;
– la qualificazione dell’inerzia quale mancato esercizio del potere amministrativo .
14. Il rigetto del secondo motivo di appello comporta la conferma, in parte qua, della sentenza impugnata (e in particolare della sua statuizione di cui al § 3.2.), e l’irrilevanza dell’esame delle ulteriori doglianze articolate, non potendo la parte appellante trarre dall’esame del primo e del terzo motivo ulteriori vantaggi.
Se, infatti, la sentenza del T.a.r. avesse esaminato unicamente la questione preliminare di ammissibilità della domanda, non vi sarebbe stato neppure modo per le parti di contraddire sulle questioni, ultronee, della completezza dell’istruttoria procedimentale e della compatibilità costituzionale di un sistema che consente di aggiornare il precedente d.P.C.M. senza provvedere alla nuova edizione dello stesso.
15. Resta inteso che l’Amministrazione ricorrente potrà valutare se proporre un ulteriore ricorso giurisdizionale, sussistendone tutti i requisiti.
16. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.
La complessità delle questioni trattate costituisce giustificato motivo per compensare le spese del secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta respinge l’appello n. 7333 del 2020 e compensa tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2021, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Michele Pizzi – Consigliere

 

 

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