Ai fini dell’adempimento dell’obbligo imposto dal Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 200.

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 24 settembre 2018, n. 22500.

La massima estrapolata:

Ai fini dell’adempimento dell’obbligo imposto dal Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 200, esso puo’ aver luogo anche oralmente, non essendo necessario, nell’immediatezza dei fatti, redigere e consegnare una copia del verbale al trasgressore.
L’omessa contestazione immediata, o l’omessa indicazione, nel relativo verbale, dei motivi che l’hanno resa impossibile, rende annullabile il provvedimento sanzionatorio, non si estende, difatti, all’ipotesi in cui, essendovi stata immediata contestazione orale, sia tuttavia mancata la contestuale redazione e consegna del verbale al trasgressore o la indicazione dei motivi della mancata consegna del verbale, attesa la distinzione giuridica tra l’accertamento, la verbalizzazione e la consegna della copia del verbale al trasgressore

Ordinanza 24 settembre 2018, n. 22500

Data udienza 15 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26284/2015 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
Prefetto di Oristano, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi n. 12.
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Oristano n. 215/2015, depositata in data 26.3.2015.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 15.3.2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) ha proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Oristano n. 215/2015, depositata in data 26.3.2015.
Con verbale di contestazione n. (OMISSIS), il ricorrente era stato sanzionato ai sensi del Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 218, comma 6, per aver circolato in data (OMISSIS) in agro del Comune di (OMISSIS) a bordo di un veicolo Landini R7500, tg. (OMISSIS), con patente di guida sospesa.
Il (OMISSIS) aveva proposto opposizione al Giudice di pace di Oristano, asserendo che il veicolo era fermo e con il motore spento all’interno dell’azienda agricola (OMISSIS); aveva eccepito la nullita’ del verbale per la mancata indicazione del luogo ove era stata commessa l’infrazione e per la mancata contestazione immediata.
Il Giudice di pace di Oristano ha accolto l’opposizione ed ha annullato il verbale impugnato, con sentenza integralmente riformata dal Tribunale di Oristano su appello del Prefetto.
Il Giudice di secondo grado ha accertato che il (OMISSIS) circolava su strada provinciale e non in area privata a bordo di una macchina agricola con patente di guida sospesa e ha ritenuto legittima la contestazione orale dell’infrazione, cui avevano fatto seguito la successiva redazione del verbale e la consegna al soggetto sanzionato. Ha percio’ accolto l’appello e rigettato l’opposizione.
Il ricorso si sviluppa in quattro motivi.
La Prefettura si e’ costituita con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura, letteralmente, la violazione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 36, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonche’ del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articoli 7 e 36, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per difetto di motivazione ed omesso esame di un’eccezione decisiva per il giudizio.
Il Tribunale avrebbe omesso di pronunciare sull’eccezione di carenza di legittimazione a proporre appello da parte del Prefetto di Oristano, posto che per effetto delle disposizioni anteriori all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, l’impugnazione poteva esser proposta solo dal Ministero.
1.1. Il motivo e’ infondato.
Va anzitutto considerato che la sentenza impugnata e’ stata pubblicata in data 26.3.2015 e pertanto, trovando applicazione l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo modificato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con L. n. 134 del 2012, non e’ sindacabile l’eventuale carenza o insufficienza della motivazione, tantomeno con riguardo, non a fatti materiali oggetto di discussione tra le parti ed aventi carattere decisivo, ma alla corretta individuazione delle norme applicabili.
Parimenti, l’omessa pronuncia su una questione sollevata nel giudizio di impugnazione e’ sindacabile ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e non in base alle disposizioni richiamate in ricorso.
In ogni caso, riguardo alla legittimazione passiva nel giudizio Decreto Legislativo n. 285 del 1992, ex articolo 204-bis e, di conseguenza, alla legittimazione a proporre l’appello, e’ sufficiente osservare che, sebbene il giudizio di opposizione dinanzi al giudice di pace sia stato proposto con ricorso depositato in data 28.7.2011 e quindi in epoca anteriore all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 7, comma 5, detta previsione, nel punto in cui dispone che l’opposizione va proposta nei confronti del Prefetto se le violazioni sono state accertate da funzionari, ufficiali e agenti dello Stato, non e’ innovativa ma confermativa della analoga disposizione gia’ contenuta nel Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 204 bis, comma 4 bis, introdotto dalla L. 29 luglio 2010, n. 120m, articolo 39, comma 1, lettera b).
Di conseguenza, il Prefetto, essendo legittimato passivo nel giudizio di opposizione, poteva anche proporre l’impugnazione avverso la sentenza del Giudice di pace.
Non rileva che il Tribunale non si sia espressamente pronunciato sul punto, poiche’ tale omissione non potrebbe condurre ad una diversa soluzione della questione e ad un esito diverso del giudizio.
2. Il secondo motivo censura, letteralmente, la violazione del Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 218, comma 6, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonche’ il difetto di motivazione in ordine alla corretta applicazione della norma e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che il tribunale abbia erroneamente stabilito che il ricorrente era alla guida del veicolo al momento del fatto e che era necessaria la patente di guida, non avendo comunque tenuto conto delle dichiarazioni testimoniali da cui risultava che il veicolo era fermo in area privata.
2.1. Il motivo e’ infondato.
La sentenza non e’, anzitutto, incorsa nella denunciata violazione di legge, non avendo affatto ritenuto indispensabile il possesso di una valida patente di guida ancorche’ il veicolo fosse fermo in area privata, avendo per contro accertato, con valutazione in fatto, che esso circolava su strada pubblica e che il ricorrente, che ne era alla guida, era risultato in possesso di una patente di guida sospesa.
Ha inoltre ritenuto provato che solo dopo esser stato affiancato dalla volante dei Carabinieri, il conducente aveva svoltato all’interno di un’area privata ed aveva spento il motore, ed ha correttamente giudicato tale circostanza irrilevante, essendosi gia’ perfezionata la condotta sanzionata.
Per altro verso non sono scrutinabili, sotto i profili dedotti, la valutazione delle risultanze processuali e la formazione del convincimento quanto all’effettiva sussistenza dei presupposti in fatto della violazione, poiche’ l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e invade la tipica valutazione del giudice di merito.
Neppure e’ invocabile l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per contestare la motivazione della sentenza impugnata, poiche’ la disposizione, nel testo attualmente in vigore, contempla un autonomo vizio della decisione, derivante dall’omesso esame di un fatto materiale, principale o secondario, avente carattere decisivo, con esclusione del sindacato sulla motivazione, che, oltre a dover esser sollecitato ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e’ ammissibile solo in ipotesi tassative, qui non ricorrenti (inesistenza della motivazione come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, motivazione apparente, contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile: cfr. Cass. s.u. 7.4.2014, n. 8053). Per altro verso, deve considerarsi che il fatto che il veicolo circolasse su strada pubblica e non fosse fermo in area privata e’ stato e’ stato esaminato e valutato dal giudice di secondo grado, il che di per se’ esclude la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
3. Il terzo motivo censura la violazione dell’articolo 2700 c.c., Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 200 e articolo 201, comma 1 bis, nonche’ degli articoli 383, 384 e 385 del regolamento di attuazione del codice della strada, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il tribunale conferito pubblica fede non solo al verbale di constatazione dell’infrazione ma anche alle dichiarazioni rese dai verbalizzanti negli scritti difensivi e nelle controdeduzioni, e per aver ritenuto valida la contestazione orale, non considerando che detta contestazione doveva esser contenuta obbligatoriamente nel verbale, da redigersi contestualmente all’accertamento.
3.1. Il motivo e’ infondato.
La sentenza non ha affatto attribuito alle controdeduzioni difensive della Prefettura valenza probatoria privilegiata, superabile solo con querela di falso, ma le ha giudicate meramente confermative e chiarificatrici di quanto gia’ attestato dal verbale.
Ha inoltre stabilito, con valutazione in fatto, che le dichiarazioni del teste (OMISSIS), secondo cui, al momento dell’arrivo dei Carabinieri, il trattore era fermo all’interno dell’azienda agricola con il motore spento, non fossero in contrasto con il contenuto del verbale e con la dinamica del fatto come constatato dai verbalizzanti, avendo ritenuto accertato che, solo dopo esser stato affiancato dalla volante dei Carabinieri, il (OMISSIS) avesse svoltato in area privata, spegnendo il motore.
Riguardo alle modalita’ della contestazione, questa Corte ha piu’ volte stabilito che ai fini dell’adempimento dell’obbligo imposto dal Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 200, essa puo’ aver luogo anche oralmente, non essendo necessario, nell’immediatezza dei fatti, redigere e consegnare una copia del verbale al trasgressore (Cass. 26.11.2009, n. 24944).
La regola secondo cui l’omessa contestazione immediata, o l’omessa indicazione, nel relativo verbale, dei motivi che l’hanno resa impossibile, rende annullabile il provvedimento sanzionatorio, non si estende, difatti, all’ipotesi in cui, essendovi stata immediata contestazione orale, sia tuttavia mancata la contestuale redazione e consegna del verbale al trasgressore o la indicazione dei motivi della mancata consegna del verbale, attesa la distinzione giuridica tra l’accertamento, la verbalizzazione e la consegna della copia del verbale al trasgressore (Cass. 3.6.2008, n. 14668).
4. Il quarto motivo censura la violazione del Regio Decreto n. 773 del 1991, articolo 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonche’ per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la sentenza ritenuto incontestata la circostanza che i verbalizzanti avessero proceduto alla contestazione immediata ed inoltre per aver omesso di considerare le ragioni per le quali era mancata l’immediata repressione dell’illecito e se i verbalizzanti avessero correttamente esercitato i poteri sanzionatori.
4.1. Il motivo e’ inammissibile.
Riguardo al fatto che il ricorrente avesse posto in dubbio l’effettuazione della contestazione immediata da parte dei verbalizzanti, la deduzione del suddetto vizio processuale richiedeva – per il necessario requisito di autosufficienza del ricorso – che la censura fosse formulata con indicazione degli atti da cui risultava detta contestazione e con la trascrizione del contenuto essenziale di detta difese, non potendo rimettersi a questa Corte, anche quando essa sia giudice del fatto processuale, l’inammissibile compito di individuare all’interno delle difese formulate dalle parti, quelle idonee a dar conto delle ragioni di censura (Cass. 13.10.2016, n. 20637; Cass. 11.1.2007, n. 324).
In ogni caso, la sentenza ha stabilito che l’obbligo di contestazione immediata era stato assolto, sia pure in forma orale, e che era stata differita solo la stesura del verbale e tale questione attiene al fatto ed e’ strettamente connessa all’interpretazione delle risultanze di causa, non potendo dedursi a motivo di ricorso sotto i profili contestati.
La censura secondo cui il giudice di merito avrebbe omesso di verificare perche’ i Carabinieri non avevano immediatamente represso l’illecito, sequestrando il veicolo ed impedendone l’ulteriore circolazione e’, a sua volta, inammissibile poiche’ la censura non indica – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e, soprattutto, quale decisivita’ potesse assumere al fine di escludere la violazione contestata al ricorrente (Cass. s.u. 7.4.2014, n. 8053).
5. Il ricorso e’ respinto, con aggravio di spese processuali con liquidazione in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente e’ tenuto a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 800,00 per compenso, oltre ad Iva, cnap e rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%.
Si da’ atto che il ricorrente e’ tenuto a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.

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