Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 20 marzo 2020, n. 10421
Massima estrapolata:
Ai fini della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero per l’avvenuta commissione di reati in materia di stupefacenti è necessario non solo il previo accertamento della sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato (ex articolo 8 della Cedu), ma è obbligatorio anche l’esame comparativo della condizione familiare dell’imputato.
Sentenza 20 marzo 2020, n. 10421
Data udienza 25 febbraio 2020
Tag – parola chiave: Immigrati – Espulsione – Commissione di reati in materia di stupefacenti – Misura di sicurezza dell’espulsione – Previo accertamento della sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato – Esame comparativo della condizione familiare dell’imputato
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SARNO Giulio – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 07/10/2019 del Tribunale di Ascoli Piceno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Cardia Delia, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla pena accessoria prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 86.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 7 ottobre 2019, pronunciata a norma dell’articolo 444 c.p.p., il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ascoli Piceno ha applicato a (OMISSIS) la pena di anni due mesi dieci giorni venti di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1, con confisca e distruzione del compendio sequestrato, restituzione dei mezzi di pagamento in sequestro ed espulsione a pena espiata.
2. Avverso la sentenza e’ stato proposto ricorso per cassazione, con due motivi di censura.
2.1. Col primo motivo il ricorrente ha censurato violazione di legge e vizio motivazionale, dal momento che alcunche’ era stato detto dalla sentenza in relazione al cd. potere di proscioglimento di cui all’articolo 129 c.p.p., comma 2.
2.2. Col secondo motivo e’ stata invece lamentata l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza della pericolosita’ sociale dell’imputato, con particolare riferimento all’espulsione dal territorio dello Stato. In specie, tra l’altro, la motivazione era illogica, anche in relazione alla disposta espulsione e alla riconosciuta natura occasionale della condotta, mentre faceva difetto ogni bilanciamento tra la condizione familiare e lavorativa dell’imputato e la tutela dell’ordine pubblico.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso di chiedere l’annullamento con rinvio limitatamente alla pena accessoria prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 86.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso e’ fondato nei termini che seguono.
4.1. In relazione al primo profilo di censura, deve invero rammentarsi che, secondo quanto previsto dall’articolo 448 c.p.p., comma 2-bis, disposizione introdotta con la L. 23 giugno 2017, n. 103 -, il Pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volonta’ dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalita’ della pena o della misura di sicurezza.
Tale disposizione, ai sensi della citata L. n. 103 del 2017, articolo 1, comma 51, si applica ai procedimenti – come il presente, tra l’altro instaurato per fatti del 24 novembre 2018 – per i quali la richiesta di patteggiamento sia stata ovviamente avanzata successivamente al 3 agosto 2017.
4.1.1. In ragione di cio’, non e’ ammessa la deducibilita’ dell’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex articolo 129 c.p.p..
Il giudice invero, nel pronunciare sentenza di patteggiamento resta sempre tenuto ad accertare l’insussistenza delle cause di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., ma l’eventuale vizio di motivazione non e’ piu’ censurabile con il ricorso per cassazione, nel chiaro intento del legislatore della novella di evitare ogni scrutinio della motivazione sulla colpevolezza valorizzando, per converso, il consenso prestato dall’imputato, rispetto al quale si apprezza come superfluo e contraddittorio un motivo di impugnazione sullo svolgimento dei fatti (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014; cfr. altresi’ Sez. 2, n. 5875 del 19/12/2018, dep. 2019, Chtibi e altro, non mass.).
4.1.2. In ogni caso, peraltro, la sentenza impugnata reca adeguato richiamo, ancorche’ sintetico ma comunque neppure contestato, agli atti di indagine compiuti, quanto al dato ponderale della sostanza in sequestro ed al suo modo di confezionamento, elementi tali da ritenere l’esclusione dei presupposti di cui all’articolo 129 cit. e dai quali evincere quindi l’insussistenza di cause di non punibilita’.
Ne’ al riguardo il ricorrente ha inteso appunto aggiungere alcunche’ di segno contrario, limitandosi ad una generica, e infondata, contestazione.
4.2. In relazione invece al secondo motivo di censura, il Tribunale, nell’applicare le attenuanti generiche all’imputato assumendone lo stato di incensuratezza, l’occasionalita’ della condotta e la scelta del rito, nonche’ l’esistenza di un’attivita’ commerciale nello Stato e di una figlia in tenera eta’, ne ha ordinato l’espulsione a pena espiata affermando l’indefettibilita’ della pena accessoria e la sua verifica concreta da parte del Magistrato di sorveglianza.
4.2.1. Del tutto correttamente anche il Procuratore generale ha sottolineato da un lato la sostanziale omissione di motivazione al riguardo, nonche’ dall’altro la contraddittorieta’ delle valutazioni siccome rese, quanto alla ritenuta pericolosita’ ed all’estemporaneita’ della condotta.
In proposito, infatti, la mancata valutazione da parte del giudice, nella sentenza di patteggiamento, della pericolosita’ in concreto del condannato straniero ai fini dell’espulsione dal territorio dello Stato, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 86 traducendosi nella violazione dell’obbligo delineato da tale disposizione, deve essere ricondotta ai casi per i quali e’ ammesso il ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 448 c.p.p., comma 2-bis, e comporta l’annullamento con rinvio della sentenza limitatamente a tale punto, onde consentire al giudice di merito di operare detta valutazione, trattandosi di accertamento che deve essere condotto innanzitutto in sede di cognizione e solo successivamente in sede di esecuzione (Sez. 4, n. 13599 del 26/02/2019, Attash, Rv. 276255; Sez. F, n. 34978 del 13/08/2015, Totili e altro, Rv. 264576; Sez. 3, n. 19530 del 04/02/2015, Rahmoune, Rv. 263637).
In specie, invero, la sentenza impugnata ha disposto l’espulsione peraltro sottolineando, con evidente contraddizione, l’episodicita’ della condotta e il positivo inserimento dell’imputato, oltretutto devolvendo al Giudice di sorveglianza un accertamento che va senz’altro condotto invece in primo luogo in sede di cognizione.
Va da se’, inoltre, che ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero per l’avvenuta commissione di reati in materia di stupefacenti, e’ necessario non solo il previo accertamento della sussistenza in concreto della pericolosita’ sociale del condannato, in conformita’ all’articolo 8 CEDU in relazione all’articolo 117 Cost., ma anche l’esame comparativo della condizione familiare dell’imputato, ove ritualmente prospettata, con gli altri criteri di valutazione indicati dall’articolo 133 c.p., in una prospettiva di bilanciamento tra interesse generale alla sicurezza sociale ed interesse del singolo alla vita familiare (Sez. 4, n.. 52137 del 17/10/2017, Talbi, Rv. 271257).
Alla stregua di quanto precede, pertanto, ed al fine di consentire le dovute valutazioni, si impone l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 86 con rinvio sul punto al Tribunale di Ascoli Piceno.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 86 con rinvio al Tribunale di Ascoli Piceno e dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Motivazione semplificata.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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