Ai fini della determinazione dell’indennità espropriativa e l’adozione del criterio previsto per le aree edificabili

Corte di Cassazione, civile,
Ordinanza|14 marzo 2023| n. 7328

Ai fini della determinazione dell’indennità espropriativa e l’adozione del criterio previsto per le aree edificabili

Ai fini della determinazione dell’indennità espropriativa, l’adozione del criterio previsto per le aree edificabili richiede, quale condizione necessaria e sufficiente, che l’immobile sia individuato come zona edificabile anche ad iniziativa privata nello strumento urbanistico generale, pur se a diversi fini dall’edilizia residenziale privata, e sebbene l’edificabilità risulti subordinata alla stipula di una convenzione con l’amministrazione comunale e sia comunque limitata ad una tipologia vincolata, non configurandosi, in tal caso, un vincolo conformativo della proprietà a fini pubblicistici.

Ordinanza|14 marzo 2023| n. 7328. Ai fini della determinazione dell’indennità espropriativa e l’adozione del criterio previsto per le aree edificabili

Data udienza 6 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’ O PUBBLICO INTERESSE – INDENNITA’

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 20276/2017 proposto da:
(OMISSIS) Soc.Coop. a.r.l., in liquidazione, in persona del legale rappresentante, pro tempore, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato Segarelli Umberto, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Regione Umbria, in persona del Presidente pro tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati Paola Manuali, e Natascia Marsala, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 44/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, pubblicata il 24/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/07/2022 dal cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Ai fini della determinazione dell’indennità espropriativa e l’adozione del criterio previsto per le aree edificabili

RITENUTO

CHE:
Con ricorso, depositato il 25/11/2013, la (OMISSIS) SCARL convenne in giudizio davanti alla Corte d’appello di Perugia la Regione Umbria, esponendo:
– che con decreto n. 6 del 29.8.2013 la Regione Umbria aveva espropriato alcuni terreni di cui era proprietaria per la quota di 1/2 con la (OMISSIS) SRL, titolare dell’altra quota di 1/2, siti nel territorio del Comune di (OMISSIS), esproprio finalizzato alla realizzazione di un’opera pubblica costituita dalla (OMISSIS), ricompresa nel programma di infrastrutture strategiche di cui alla L. n. 443 del 2001 (cd. Legge obiettivo);
– che la misura dell’indennita’ di espropriazione e di occupazione di urgenza stabilita in via definitiva dalla Commissione Regionale Espropri di cui alla Legge Regionale n. 7 del 2011, articolo 18 rispettivamente in Euro 39.300,00= e in Euro 1.480,30= era inadeguata per difetto, perche’ effettuata sull’erroneo presupposto che si trattasse di terreni non edificabili in applicazione della Delib. G.R. dell’Umbria 22 aprile 2013, n. 362.
La ricorrente propose opposizione avverso detta determinazione definitiva e chiese la determinazione delle giuste indennita’ con condanna della Regione Umbria al pagamento delle stesse, oltre interessi e risarcimento del danno da svalutazione.
La Regione Umbria si costitui’ chiedendo il rigetto delle domande attoree, contestando in particolare che i terreni espropriati potessero essere considerati edificabili ad iniziativa dei privati.
La Corte dispose consulenza tecnica d’ufficio per la stima dei terreni espropriati sul presupposto che si trattasse di terreni non edificabili.
Il Consulente d’ufficio appuro’ che, in base al PRG del Comune di (OMISSIS) nella variante approvata in data 24/3/2004, parte dell’area espropriata rientrava “all’interno dallo Schema Direttore 2 “Il RATO e le Aree industriali”, nella zona F destinata ad attrezzature ed impianti di interesse generale” (fol. 5 della sent. imp.).
La causa passo’ in decisione, previo mutamento del rito da sommario ad ordinario ex articolo 702 bis c.p.c..
La Corte territoriale ha in massima parte respinto le pretese attoree e determinato la stima del valore del bene espropriato e l’indennita’ di occupazione d’urgenza, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 50 rispettivamente in Euro 39.300,00= e in Euro 3.537,00=, oltre interessi. Ha condannato l’opponente alle spese processuali con una parziale compensazione in ragione di un quarto per l'”incertezza che puo’ esserci nelle stime di cui e’ stata causa” ed ha posto interamente a carico dell’opponente le spese di CTU.
La ricorrente (OMISSIS) SCARL ha proposto ricorso affidato a tre motivi, corroborati da memoria. La Regione Umbria ha replicato con controricorso e memoria.

CONSIDERATO

CHE:
Il ricorso e’ articolato nei seguenti motivi:
I) Violazione del combinato disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 54, del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articoli 3 e 29 e articolo 72 ter c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4; errore nel procedimento. La ricorrente censura la decisione della Corte di appello di disporre il passaggio dal rito sommario a quello ordinario, in violazione delle norme indicate.
II) Violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 32 e 37 in relazione alla Legge Regionale n. 7 del 2011, articolo 20 ed altresi’ in relazione (e combinato con) gli articoli della N. T.A. del P.R.G. del Comune di (OMISSIS) (Parte Operativa, articolo 5.3.1.6., articolo 2.3.1.2., articolo 2.2.2.1., e Parte Strutturale, articolo 1.5.3., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; errore di giudizio. La ricorrente denuncia l’errore di giudizio da parte della Corte di appello nella determinazione dell’indennita’ definitiva di esproprio per avere attribuito al terreno ablato natura non edificabile senza tenere conto della destinazione urbanistica impressa dal Piano Regolatore Generale del Comune di (OMISSIS) ed in violazione delle norme sia statali che regionali recanti i criteri per calcolare il valore dei beni espropriati e per stabilire la loro edificabilita’.
III) Violazione dell’articolo 111 Cost. e dell’articolo 134 c.p.c. in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 32 e 37 in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; errore di giudizio. La ricorrente deduce che la Corte di appello aveva escluso, in sede ordinanza di affidamento dei quesiti al CTU, la destinazione edificatoria dei suoli di cui si discute in difetto di motivazione ed in violazione delle norme disciplinanti il valore dei beni espropriati e la loro edificabilita’.
2.1. Il primo motivo e’ infondato.
Come gia’ chiarito da questa Corte (Cass. n. 15258 /2022), con principi che si intende confermare, nelle controversie concernenti l’opposizione alla stima dell’indennita’ di esproprio sono preclusi al Giudice di merito tanto l’apprezzamento circa la non sommarieta’ dell’istruzione quanto, conseguentemente, la fissazione con ordinanza non impugnabile dell’udienza di cui all’articolo 183 c.p.c.; il Giudice non ha quindi facolta’ di dar corso all’applicazione delle disposizioni del libro II del codice di rito, ovverosia della possibilita’ di disporre la conversione del rito da sommario in ordinario (articolo 702 ter c.p.c., comma 3).
Con la sentenza n. 10/2013 la Corte Costituzionale non si e’ limitata a stabilire che la questione coinvolge scelte discrezionali spettanti esclusivamente al legislatore, ma ha compiuto piuttosto un’indagine circa le ragioni che rendono costituzionalmente compatibili le norme impugnate, al fine di escluderne la manifesta irragionevolezza. A tal fine ha richiamato la Relazione Illustrativa al Decreto Legislativo n. 150 del 2011, nella quale si afferma che, in ossequio al criterio di delega di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 54, comma 4, lettera b), n. 2, “la scelta di ricondurre al rito sommario di cognizione anche i procedimenti in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilita’ e’ dovuta al fatto che essi sono caratterizzati, nell’esperienza pratica, da un’attivita’ istruttoria ridotta, a fronte di questioni giuridiche spesso non altrettanto semplici”.
In questo chiaro contesto occorre, pero’, chiedersi quale effetto produca sul giudizio l’avvenuta utilizzazione dell’articolo 702 ter c.p.c., comma 3, da parte del Giudice, pur non consentita nel caso in questione dalla legge. In tal direzione non e’ di aiuto la norma del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 3, comma 1, poiche’ essa non prevede alcuna sanzione di nullita’ per la sua inosservanza. Occorre, pertanto, ricorrere a un inquadramento sistematico che possa agevolare la soluzione interpretativa.
Da un lato, non puo’ essere pronunciata la nullita’ per inosservanza di forme di alcun atto del processo se la nullita’ non e’ comminata dalla legge (articolo 156 c.p.c., comma 1), salvo che l’atto manchi dei requisiti formali indispensabili al conseguimento del suo scopo (articolo 156, c.p.c., comma 2).
Nel caso di specie, come correttamente evidenzia la difesa della resistente Regione, l’aggravamento provocato dalla conversione da sommario in ordinario si e’ limitato alla concessione di termini per memorie in sede di precisazione delle conclusioni e quindi si e’ tradotto in un supplemento di garanzie difensive.
Non sussiste quindi alcuna nullita’.
3.1. Il secondo motivo e’ fondato e va accolto.
3.2. Va ricordato che il Consulente tecnico d’ufficio ha appurato che, in base al P.R.G. del Comune di (OMISSIS) nella variante approvata in data 24 marzo 2004, parte dell’area espropriata rientrava “all’interno dallo Schema Direttore 2 “Il RATO e le Aree industriali”, nella zona F destinata ad attrezzature ed impianti di interesse generale”.
3.3. Sulle vicende riguardanti gli espropri compiuti dal Comune di (OMISSIS) per la realizzazione all’interno del territorio dell’opera di carattere strategico previsto dalla L. n. 443 del 2001, articolo 1, e approvato con Delib. C.I.P.E. 21 dicembre 2001, questa Corte si e’ ripetutamente pronunziata per altri terreni espropriati con la medesima formalita’ e con la medesima qualificazione non edificatoria effettuata nella procedura.
In questi precedenti (Cass. n. 36331/2021; Cass. n. 34205/2021; Cass. n. 25829/2021; Cass. n. 15258/2022), condivisi dal Collegio e che meritano di vedersi assicurata continuita’, e’ stato osservato che il Comune di (OMISSIS) si e’ posto in linea di continuita’ con la normativa nazionale volta alla realizzazione del programma di infrastrutture strategiche, prevedendo espressamente che gli interventi di realizzazione di servizi ed attrezzature pubbliche o di uso pubblico, qual e’ quello concernente la piastra logistica, potessero avvenire anche su iniziativa privata, subordinatamente alla stipula di una convenzione con l’amministrazione comunale che ne garantisse l’uso pubblico.
3.4. Anche nel presente caso, la Corte di merito ha accertato, in coerenza con gli assunti della opponente, che i terreni espropriati, stando al P.R.G. del Comune di (OMISSIS) nella variante approvata in data 24 marzo 2004, avevano destinazione urbanistica funzionale alla realizzazione della piastra logistica (“hub interportuale”) di (OMISSIS), opera che a dire della stessa amministrazione controricorrente era ricompresa nel programma di infrastrutture strategiche pubbliche e private e degli insediamenti produttivi previsto dalla L. n. 443 del 2001, articolo 1 e approvato con Delib. C.I.P.E. 21 dicembre 2001.
3.4. La piastra logistica, nella previsione della L. n. 443 del 2001, costituisce un’infrastruttura strategica di carattere evolutivo rispetto all’interporto (organismo che gia’ la L. n. 240 del 1990, articolo 1, definiva come complesso di strutture e servizi integrati e finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalita’ di trasporto, comunque comprendente uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilita’ di grande comunicazione).
3.5. Orbene, come gia’ puntualizzato da questa Corte (Cass. n. 36331/2021), il Decreto Legislativo n. 190 del 2002, di attuazione della L. n. 443 del 2001, non riserva all’iniziativa pubblica la realizzazione del programma delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici di preminente interesse nazionale stabilito dalla legge delega, prevedendo invece – dell’articolo 1, comma 7, lettera g) – che soggetti aggiudicatori competenti alla realizzazione delle infrastrutture possano essere tanto le amministrazioni aggiudicatrici ai sensi dell’articolo 1, lettera b), della Direttiva 93/37/CEE, quanto i soggetti aggiudicatori di cui al Decreto Legislativo n. 158 del 1995, articolo 2 (norma che comprende anche soggetti privati), oltre che i diversi soggetti pubblici o privati assegnatari dei fondi.
3.6. Il P.R.G. del Comune di (OMISSIS), nel recepire la realizzazione all’interno del territorio dell’opera di carattere strategico prevista dalla Delib. C.I.P.E., si e’ poi posto in linea continuita’ con la normativa nazionale volta alla realizzazione del programma di infrastrutture strategiche, prevedendo espressamente – come registra la decisione impugnata – che gli interventi di realizzazione di servizi ed attrezzature pubbliche o di uso pubblico, quale quello concernente la piastra logistica, potessero avvenire anche su iniziativa privata, subordinatamente alla stipula di una convenzione con l’amministrazione comunale che ne garantisse l’uso pubblico.
3.7. La destinazione dei terreni espropriati alla realizzazione di una piastra logistica di interesse pubblico strategico ne fa emergere il carattere edificabile.
3.8. Una simile destinazione trova conferma nell’attuabilita’ dell’intervento anche a iniziativa dei privati.
Invero, ove la previsione urbanistica introduca una destinazione realizzabile anche ad iniziativa privata, non puo’ parlarsi di vincolo e, dunque, non puo’ escludersi la vocazione edificatoria del suolo (Cass. n. 11729/2003); rimangono percio’ inclusi nella categoria dei terreni a vocazione edificatoria legale quelli in cui l’edificazione, sia pure a tipologia vincolata, sia consentita all’iniziativa privata, in base alla concreta disciplina e destinazione urbanistica attribuita all’area (Cass. n. 404/2010).
Peraltro, la partecipazione dei proprietari, attraverso iniziative private o promiscue pubblico-private nell’attuazione della pianificazione, e’ ritenuta ammissibile dalla Corte costituzionale ove la destinazione non comporti necessariamente l’espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica, che quindi siano attuabili dal soggetto privato e senza necessita’ di previa ablazione del bene; cio’ puo’ essere il risultato di una scelta di politica programmatoria tutte le volte in cui gli obiettivi di interesse generale, di dotare il territorio di attrezzature e servizi, siano ritenuti realizzabili (e come tali specificatamente compresi nelle previsioni pianificatorie) anche attraverso l’iniziativa economica privata, pur se accompagnati da strumenti di convenzionamento (v. Corte Cost. 20 maggio 1999, n. 179; tra gli stessi esempi richiamati dalla Consulta compaiono utilizzazioni come zone artigianali o industriali o residenziali, mercati e complessi per la distribuzione commerciale).
3.9. La Corte d’appello, al pari di quanto gia’ aveva fatto la commissione regionale espropri, ha applicato alla fattispecie in esame il disposto della Legge Regionale n. 7 del 2011, articolo 20 (secondo cui “ai soli fini del requisito di edificabilita’ legale dei terreni da espropriare non si considerano edificabili le aree dello strumento urbanistico generale, i cui interventi previsti sono riservati agli enti pubblici o concessionari di pubblici servizi, qualora derivino direttamente da una precedente destinazione agricola”) interpretandolo alla luce della Direttiva della Giunta Regionale n. 362 del 2011, a mente della quale non si considerano edificabili le aree derivanti da precedente destinazione agricola in cui gli interventi relativi a servizi e attrezzature pubbliche o di uso pubblico sono promossi anche da soggetti privati, subordinatamente alla stipula di una convenzione.
In questa prospettiva interpretativa i giudici distrettuali hanno constatato il ricorrere di entrambi i requisiti per escludere il carattere di edificabilita’, dato che i terreni nel previgente P.R.G. erano censiti con destinazione agricola e l’edificazione poteva si’ avvenire anche ad opera dei privati, ma non per dare libero spazio alla loro iniziativa economica, ma per la sola realizzazione di opere di interesse pubblico.
3.10. Un simile rilievo, tuttavia, e l’atto amministrativo che lo ispira contrastano con il principio in precedenza affermato secondo cui, ove la previsione urbanistica introduca una destinazione realizzabile anche ad iniziativa privata, non puo’ parlarsi di vincolo e, dunque, non puo’ escludersi la vocazione edificatoria del suolo.
In applicazione di questo principio la giurisprudenza di questa Corte, pronunciandosi proprio in tema di indennita’ di espropriazione di terreni destinati alla realizzazione di un interporto, ha precisato che ai fini della determinazione dell’indennita’ espropriativa l’adozione del criterio previsto per le aree edificabili richiede, quale condizione necessaria e sufficiente, che l’immobile sia individuato, nello strumento urbanistico generale, come zona edificabile, pur se a fini diversi dall’edilizia residenziale privata ed a tipologia vincolata, purche’ la destinazione impressa al fondo sia realizzabile anche ad iniziativa privata, non configurandosi, in tal caso, un vincolo conformativo della proprieta’ a fini pubblicistici (Cass. 18239/2015). Cio’ in quanto la destinazione industriale, sia pur mediata dalla programmazione pubblicistica, e’ idonea a consentire l’esplicazione dello ius aedificandi da parte dei privati, con ricadute virtuose sulla determinazione dell’indennita’ in caso di esproprio (Cass. n. 20228/2016).
3.11. Nel caso di specie, la decisione impugnata deve essere cassata e la Corte di appello dovra’ applicare – come nei precedenti richiamati – il principio secondo il quale “Ai fini della determinazione dell’indennita’ espropriativa, l’adozione del criterio previsto per le aree edificabili richiede, quale condizione necessaria e sufficiente, che l’immobile sia individuato come zona edificabile anche ad iniziativa privata nello strumento urbanistico generale, pur se a fini diversi dall’edilizia residenziale privata, e sebbene l’edificabilita’ risulti subordinata alla stipula di una convenzione con l’amministrazione comunale e sia comunque limitata ad una tipologia vincolata, non configurandosi, in tal caso, un vincolo conformativo della proprieta’ a fini pubblicistici.” (Cass. n. 36331/2021).
4. Il terzo motivo e’ assorbito, in conseguenza dell’accoglimento del secondo motivo.
5. In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo ed infondato il primo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione per il riesame alla luce dei principi espressi, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente grado.

P.Q.M.

– Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo ed infondato il primo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione, anche per le spese.

 

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