Ai fini della determinazione del trattamento economico del personale della dirigenza statale

Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Ordinanza 15 luglio 2020, n. 15110.

La massima estrapolata:

Ai fini della determinazione del trattamento economico del personale della dirigenza statale, va esclusa la comparazione tra le diverse aree della predetta dirigenza, poiché, da un lato, l’art. 24 del d.lgs. n. 165 del 2001 ha rimesso alla contrattazione collettiva detta determinazione, senza alcuna previsione imperativa di parità di trattamento quantitativo, e, dall’altro, come previsto dagli artt. 43 e 45 del d.lgs. n. 165 del 2001, l’esercizio della discrezionalità collettiva impedisce ogni sindacato finalizzato a comparazioni tra le distinte aree e comparti sulla cui base si svolgono e si concludono i negoziati, influenzati da scelte relative agli stanziamenti che, secondo la discrezionalità politica del legislatore, ben possono essere diversamente allocati; stante la eterogeneità delle attività in concreto svolte, va del resto esclusa una comparazione, a fini di adeguatezza e proporzionalità ex art. 36 Cost., tra dirigenti appartenenti a comparti (e dunque ad aree) distinti, nonché una qualsiasi violazione dell’art. 45 citato. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la nullità della clausola del c.c.n.l. di riferimento con cui la retribuzione di posizione dei dirigenti scolastici era stata stabilita, nella parte fissa, in misura pari a circa un quinto di quanto spettante allo stesso titolo ai dirigenti di seconda fascia delle altre aree statali).

Ordinanza 15 luglio 2020, n. 15110

Data udienza 15 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Pubblico impiego – Dirigente scolastico – Retribuzione di posizione – Articolo 24 dlgs 165/2001 – Contrattazione collettiva – Regolazione causale delle reciproche prestazioni – Arricchimento senza Causa – Non sussiste

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente

Dott. TRIA Lucia – Consigliere

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 2348/2014 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (STUDIO LEGALE (OMISSIS)), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 1832/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 20/06/2013 R.G.N. 2663/2012.

RILEVATO

che:
la Corte d’Appello di Lecce ha rigettato il gravame proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS), dirigenti scolastici, avverso la sentenza del Tribunale della stessa citta’ che aveva respinto la domanda dei predetti volta a far accertare la nullita’ della clausola del CCNL di riferimento con cui la retribuzione di posizione del dirigenti scolastici era stata stabilita, nella parte fissa, in misura pari a circa un quinto di quanto a tale titolo spettante ai dirigenti di seconda fascia delle altre aree statali;
cio’ veniva sostenuto sul presupposto – addotto da ricorrenti – della nullita’ della predetta previsione collettiva, per contrasto con i principi di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 24, con inserzione automatica delle diverse clausole dei contratti proprie delle altre aree o in subordine, in forza di tale nullita’, con riconoscimento del dovuto a titolo di arricchimento senza causa;
la Corte d’Appello riteneva che l’articolo 24 cit., non fosse norma imperativa e che comunque essa non fosse stata violata perche’ la determinazione del compenso era avvenuta in ragione delle caratteristiche della funzione, tenuto anche conto che le responsabilita’ erano inferiori a quelle degli altri dirigenti generali;
la Corte territoriale riteneva altresi’ infondata la pretesa subordinata di indennizzo per arricchimento senza causa, essendovi coerenza tra remunerazione e responsabilita’ e non essendo comunque riscontrabile, ne’ dimostrabile, un depauperamento del pubblico dipendente;
la (OMISSIS) ed il (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, poi illustrati da memoria, mentre il Ministero dell’Istruzione, Universita’ e Ricerca si e’ soltanto costituito per partecipare all’eventuale discussione della causa, poi non avutasi, stante l’avvio a trattazione camerale.

CONSIDERATO

che:
con il primo motivo i ricorrenti adducono, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 24, comma 1, in relazione agli articoli 15, 23, 25 e 45 dello stesso D.Lgs., ripercorrendo la disciplina della retribuzione della dirigenza e sostenendo che essa non consentirebbe di differenziare il trattamento economico per le diverse aree;
il secondo motivo e’ invece dedotto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo, da individuarsi nella mancata comparazione tra i diversi trattamenti praticati dalla contrattazione collettiva per le diverse aree della dirigenza;
con il terzo motivo e’ affermata la violazione (articolo 360 c.p.c., n. 3) dei principi di ragionevolezza e di proporzionalita’ del trattamento retributivo rispetto alla quantita’ e qualita’ del lavoro svolto, di cui agli articoli 3 e 36 Cost., nonche’ di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 24;
il quarto motivo e’ dedicato invece al tema dell’arricchimento senza causa, sostenendosi ex articolo 360 c.p.c., n. 3, che ricorressero tutti i presupposti della corrispondente figura giuridica, anche in applicazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalita’ del trattamento retributivo, tra cui l’interdipendenza tra risparmio di spesa della P.A. e diminuzione patrimoniale dei ricorrenti, la mancanza di giustificazione giuridica dell’indebito ed il riconoscimento da parte della P.A. dell’utilita’ della prestazione resa dai ricorrenti;
i motivi, tra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente e vanno disattesi;
il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 24, non contiene alcuna previsione imperativa di pari trattamento quantitativo delle diverse aree della dirigenza statale;
la norma rimette alla contrattazione Collettiva la determinazione della retribuzione del personale con qualifica di dirigente’, fissando criteri per il trattamento accessorio – (di posizione, parte variabile e di risultato), non coinvolto tuttavia dal presente contenzioso;
l’esercizio della discrezionalita’ collettiva impedisce ogni sindacato finalizzato a comparazioni tra le distinte aree e comparti sulla cui base i negoziati si svolgono e si concludono, come previsto dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articoli 43 e 45; d’altra parte, tali negoziati sono evidentemente a loro volta influenzati da scelte relative agli stanziamenti che, in esercizio della (diversa ma parimenti sussistente) discrezionalita’ politica del legislatore, ben possono essere diversamente allocati;
cosi’ come e’ improponibile una comparazione, a fini di adeguatezza e proporzionalita’ ex articolo 36 Cost., tra dirigenti appartenenti a comparti e dunque ad aree distinti, stante la evidente eterogeneita’ delle attivita’ in concreto svolte, tale da escludere altresi’ qualsiasi possibilita’ di ragionare in termini di parita’ di trattamento ai sensi dell’articolo 45 cit.;
tali considerazioni sono assorbenti rispetto ad ogni altro argomento sviluppato con i primi tre motivi ed esimono dunque da ogni ulteriore approfondimento; quanto al quarto motivo e’ evidente che, a fronte di diritti regolati, secondo legge, in sede collettiva, la misura della retribuzione discende esclusivamente da quanto ivi stabilito per quelle funzioni ed incarichi come remunerativo del corrispondente lavoro svolto, il che, comportando una piena regolazione “causale” delle reciproche prestazioni, non consente di riconoscere alcun margine a prospettazioni in termini di arricchimento senza causa, istituto pertanto del tutto impropriamente richiamato dal punto di vista giuridico; il ricorso va quindi integralmente rigettato, ma, poiche’ il Ministero si e’ limitato alla costituzione in giudizio, senza svolgere attivita’ difensiva, al rigetto non segue alcuna statuizione sulle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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