Ai fini della concessione della liberazione anticipata ad un collaboratore di giustizia

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 2 luglio 2020, n. 19854.

Massima estrapolata:

Ai fini della concessione della liberazione anticipata ad un collaboratore di giustizia, il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, pur non assumendo valenza ostativa all’accoglimento dell’istanza, stante la deroga alle disposizioni ordinarie contenuta all’art. 16-novies della legge 15 gennaio 1991, n. 8, rileva, unitamente agli altri indici di valutazione – quali i rapporti con i familiari, il personale giudiziario e gli altri soggetti qualificati nonchè il proficuo svolgimento di attività di lavoro o di studio – ai fini del giudizio sul ravvedimento del condannato.

Sentenza 2 luglio 2020, n. 19854

Data udienza 22 giugno 2020

Tag – parola chiave: Sorveglianza – Collaboratore di giustizia – Libertà condizionale – Località protetta – Presupposti ex art. 16 nonies dl n. 8/91 – Rieducazione e recupero – Insussistenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente

Dott. SIANI Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 18/10/2019 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
lette le conclusioni del PG FODARONI Giuseppina che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 18 ottobre 2019, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto l’istanza proposta nell’interesse di (OMISSIS) – collaboratore di giustizia, attualmente in detenzione domiciliare in localita’ protetta, nota al Servizio Centrale di protezione, in espiazione pena a scadere il 12 marzo 2031 – tesa a conseguire la liberazione condizionale.
A ragione il Tribunale – a fronte dell’istanza, che aveva evidenziato che il condannato aveva prestato collaborazione con la giustizia da oltre dieci anni, che la sua posizione non contemplava collegamenti con la criminalita’ e che era avvenuto il suo positivo reinserimento sociale – ha rilevato in contrario che, a causa della persistenza di una residua pericolosita’ sociale e dell’assenza di adeguate iniziative risarcitorie e riparatorie, non puo’ ritenersi assodato che (OMISSIS) abbia gia’ dimostrato in modo affidante il completamento del percorso inerente al suo ravvedimento.
2. Avverso l’ordinanza e’ stato proposto ricorso dal difensore di (OMISSIS) che ne ha chiesto l’annullamento sulla scorta di un unico motivo con cui denuncia la violazione dell’articolo 176 c.p. e L. n. 82 del 1991, articolo 16-nonies e il vizio di motivazione nella valutazione delle risultanze documentali acquisite.
Secondo il ricorrente, il Tribunale di sorveglianza ha adottato argomentazioni non corrispondenti ai parametri valutativi da utilizzare per la retta decisione in tema di concessione della liberazione condizionale a soggetto collaboratore di giustizia, in tal senso il disposto di cui all’articolo 176 c.p. dovendo essere armonizzato con la specifica disposizione di cui all’articolo 16-nonies cit., essendo da quest’ultima norma espressamente prevista la possibilita’ di concedere la liberazione condizionale anche in deroga alle disposizioni relative ai limiti di pena stabiliti dall’articolo 176 cit..
Nel caso in esame – segnala la difesa – era risultato che (OMISSIS), dopo aver commesso reati rientranti nel novero di quelli compresi nel richiamato articolo 51 c.p.p., aveva prestato un’importante collaborazione, aveva percorso la strada del ravvedimento, non aveva mantenuto collegamenti con la criminalita’ organizzata e aveva espiato la frazione di pena necessaria per accedere alla liberazione condizionale, sicche’ avrebbe dovuto concludersi che, nel suo caso, sussistevano tutti i requisiti per la concessione della liberazione condizionale, ivi incluso il criterio della gradualita’, avendo egli gia’ conseguito i permessi premio e la detenzione domiciliare.
In questa situazione, secondo il ricorrente, l’affermazione del Tribunale in merito alla persistenza di un apprezzabile margine di pericolosita’ sociale del condannato e alla conseguente probabilita’ della reiterazione dei reati si rivela illogica, siccome appare formulata sulla base di fattori non specificati e addirittura assenti, a fronte del segno positivo di tutti gli indicatori citati, con la specificazione che, se e’ vero che la concessione della liberazione condizionale non e’ obbligatoria, e’ del pari vero che per il soggetto ammesso al programma di protezione occorre vieppiu’ una valutazione globale della sua condotta se la complessiva opera rieducativa svolta abbia prodotto il suo ravvedimento, ossia il suo riscatto morale, emergente dalla valutazione della sua personalita’.
Anche per cio’ che concerne le iniziative riparatorie, la difesa fa carico al Tribunale di non aver tenuto nel dovuto conto la disciplina derogatoria operante per i collaboratori di giustizia, in relazione a cui la riparazione e il risarcimento dei danni non costituiscono presupposto necessario per l’applicazione dell’istituto.
3. Il Procuratore generale ha chiesto rigettarsi il ricorso, in quanto il Tribunale, anche in relazione alla disciplina di cui alla L. n. 82 del 1991, articolo 16-nonies ha considerato di non poter escludere la persistente pericolosita’ del condannato e la probabilita’ della commissione da parte sua di nuovi illeciti penali, pur tenendo conto della collaborazione prestata da (OMISSIS), ma non obliterando la gravita’ dei reati relativi alle pene in esecuzione, la lontananza del fine pena e l’assenza del benche’ minimo riscontro di iniziative riparatorie in favore delle vittime, in tal senso precisandosi che nel provvedimento impugnato il mancato adempimento delle obbligazioni civili nascenti dai reati non e’ valutato quale presupposto ostativo, bensi’ quale spia di un ravvedimento non ancora completo e certo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte ritiene che il ricorso non sia fondato e vada quindi rigettato.
2. Giova puntualizzare, cosi’ completando il riferimento operato in parte narrativa, il ragionamento esposto nell’ordinanza impugnata, ragionamento dipanatosi sul presupposto di fatto che (OMISSIS), in virtu’ del suo status di collaboratore di giustizia, era stato collocato in detenzione domiciliare ai sensi della L. n. 82 del 1991, articolo 16-nonies regime progressivamente esteso ai titoli esecutivi formatisi nei confronti del medesimo, come ricompresi nel provvedimento cumulo emesso da ultimo il 15 febbraio 2018.
Il Tribunale specializzato, peraltro, con riferimento al concreto modo del condannato di comportarsi in merito, fra l’altro, a iniziative riparatorie, socialmente utili o di volontariato, e all’attivita’ lavorativa, ha rilevato che emergeva poco dalla nota del Servizio Centrale di protezione del 9 ottobre 2019, avendo essa esposto che (OMISSIS) aveva serbato regolare condotta, senza dare adito a rilievi, nel rispetto del piano di protezione, ma lavorando soltanto “a chiamata” negli ultimi anni.
Il Tribunale ha anche tenuto conto del fatto che il Procuratore Nazionale Antimafia aveva espresso parere favorevole in ordine alla chiesta liberazione condizionale, in relazione alla collaborazione prestata da (OMISSIS) e alla rescissione dei collegamenti con la criminalita’.
Tuttavia, secondo i giudici di sorveglianza – sulla premessa che la collaborazione costituisce il punto di partenza per addivenire a tutti i benefici non solo penitenziari e che il ritenuto avvio del percorso di ravvedimento era stato gia’ valutato per la concessione della detenzione domiciliare – non sono, allo stato, sussistenti elementi qualificati, tali da far escludere ragionevolmente la persistenza di un apprezzabile margine di pericolosita’ sociale e la conseguente probabilita’ di reiterazione da parte di (OMISSIS) di comportamenti illeciti, nulla, del resto, emergendo in ordine alla concreta disponibilita’ del condannato a fornire alle vittime dei gravi reati commessi ogni possibile assistenza, con condotte anche lato sensu riparatorie, ovvero a prestare concreta e duratura attivita’ lavorativa, elementi invece considerati, nella situazione concreta, necessari per giungere all’accertamento del sicuro ravvedimento del condannato.
3. In relazione alla specifica posizione di (OMISSIS), si ricorda che, per quanto qui rileva, il Decreto Legge n. 8 del 1991, articolo 16-nonies, comma 1, stabilisce che nei confronti delle persone condannate per un delitto commesso per finalita’ di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all’articolo 51 c.p.p., comma 3-bis, che abbiano prestato, anche dopo la condanna, taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali, la liberazione condizionale, la concessione dei permessi premio e l’ammissione alla misura della detenzione domiciliare prevista dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, articolo 47-ter sono disposte su proposta ovvero sentiti i procuratori generali presso le Corti di appello interessati a norma dell’articolo 11 stesso Decreto Legge o il procuratore nazionale antimafia.
La stessa norma (dopo aver qualificato il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, non solo come documento che su richiesta dei giudici di sorveglianza deve essere allegato alla proposta o al parere formulati dal Procuratore nazione antimafia e antiterrorismo, ma soprattutto come elemento documentale la cui formazione e’ necessaria per l’ottenimento dei benefici penitenziari ivi considerati) stabilisce, al comma 4, che il tribunale di sorveglianza, se ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1, avuto riguardo all’importanza della collaborazione, sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita’ organizzata o eversiva, adotta il provvedimento indicato nel comma 1, anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’articolo 176 c.p. (provvedimento che e’ specificamente motivato nei casi in cui le autorita’ indicate nel comma 2 del presente articolo abbiano espresso parere sfavorevole).
3.1. In questa prospettiva, come si e’ ripetutamente precisato, i presupposti per la concessione della liberazione condizionale (oltre che dei benefici penitenziari) in deroga, alla luce del contenuto dell’articolo 16-nonies cit., sono: a) che una persona sia stata condannata per un delitto commesso per finalita’ di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all’articolo 51 c.p.p., comma 3-bis; b) che vengano acquisiti la proposta o il parere dei Procuratori generali presso le Corti di appello interessati a norma dell’articolo 11 della citata legge o del procuratore nazionale antimafia; c) che il condannato abbia prestato, anche dopo la condanna, una collaborazione importante; d) che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere l’esistenza di collegamenti con la criminalita’ organizzata o eversiva; e) che la persona condannata abbia redatto entro il termine prescritto dall’articolo 16-quater il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione; f) che sia stato espiato almeno un quarto della pena inflitta o, qualora vi sia stata condanna all’ergastolo, che siano stati espiati almeno dieci anni di pena (Sez. 1, n. 10677 del 10/02/2015, Del Monte, n. m.; Sez. 1, n. 43873 del 24/09/2013, Messina, n. m.; Sez. 1, n. 6922 del 24/11/2011, dep. 2012, Giuliano, n. m.).
A cio’ va aggiunto che, in ogni caso, la facolta’ di concedere la suddetta liberazione condizionale o ammettere alle misure alternative i soggetti sottoposti a programma di protezione a norma della L. n. 82 del 1991, con le previste deroghe alle disposizioni ordinarie, non si estende ai presupposti relativi all’emenda di tali soggetti e alla finalita’ di conseguire la loro stabile rieducazione, per cui tali benefici postulano – fermo restando l’indefettibile accertamento delle condizioni soggettive di ammissibilita’ – che comunque si tratti di persone per le quali si riscontrino le premesse meritorie e l’applicabilita’ in concreto del beneficio, in relazione alla loro personalita’, che consenta di escludere ragionevolmente la persistenza di un apprezzabile margine di pericolosita’ sociale e la conseguente probabilita’ di reiterazione di comportamenti penalmente illeciti, affinche’ risultino assicurate le condizioni relative all’emenda del soggetto e alle finalita’ di conseguirne la stabile rieducazione (per tutte, Sez. 1, n. 35915 del 11/11/2014, dep. 2015, Capoccia, n. m.; Sez. 1, n. 5110 del 22/11/2011, dep. 2012, Massaro, n. m.; Sez. 1, n. 5523 del 24/10/1996, Chiofalo, Rv. 206185).
3.2. Di conseguenza, e’ vero che – come non manca di sottolineare il ricorrente – l’articolo 16-nonies cit., nel prevedere che la liberazione condizionale possa essere riconosciuta al collaboratore anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’articolo 176 c.p., si riferisce, non solo ai limiti di pena, espressamente richiamati, ma anche alla generale previsione di cui all’articolo 176 c.p., comma 4, che subordina la concessione della liberazione condizionale (ordinaria) all’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato (Sez. 1, n. 42357 del 11/09/2019, Celona, Rv. 277141).
Resta, tuttavia, del pari assodato che, anche quando si tratta di concessione della liberazione condizionale nei confronti dei collaboratori di giustizia, il giudizio prognostico di ravvedimento deve essere formulato sulla base dell’accertamento del completato percorso trattamentale di rieducazione e recupero idoneo a sostenere – in termini di ragionevole certezza – la previsione di una conformazione al quadro ordinamentale e sociale a suo tempo violato, in quanto la facolta’ di ammettere al beneficio i soggetti indicati, anche in deroga alle disposizioni vigenti, riguarda solo le condizioni di ammissibilita’, ma non si estende al requisito dell’emenda degli stessi e alle finalita’ di conseguire la loro stabile rieducazione (Sez. 1, n. 3312 del 14/01/2020, Chiavetta, Rv. 277886; v., per riflessioni analoghe, Sez. 1, n. 41196 del 12/04/2018, Cesarano, n. m., nell’alveo di coordinate ermeneutiche consolidate: Sez. 1, n. 10421 del 19/02/2009, Antonuccio, Rv. 242900).
4. Cosi’ tratteggiate le linee essenziali della disciplina applicabile al caso di spetie, l’impugnazione non si profila aver formulato censure idonee a destituire di fondamento il ragionamento sviluppato dal Tribunale di sorveglianza.
4.1. Invero, la valutazione compiuta dal Tribunale, anche se esposta con una motivazione essenziale, risulta avere congruamente considerato, in riferimento alla gravita’ dei reati commessi dal condannato e al conseguentemente ancora lontano – termine dalla pena detentiva espianda, che la liberazione condizionale si profila ancora prematura, per non avere (OMISSIS), pur in un quadro di proficua collaborazione e regolarita’ di condotta detentiva inframuraria e, poi, extramuraria, dimostrato di aver completato in modo affidante l’iter di revisione critica.
Invero, resta assodato che egli – pur avendo intrapreso con buoni risultati la progressione trattamentale – non ha dato segnali tangibili in ordine all’effettuazione di qualsivoglia tipo di attivita’ di natura quanto meno riparatoria nei riguardi delle persone offese dai reati, non e’ pervenuto ancora al conseguimento di una stabile attivita’ lavorativa e, in definitiva, non ha mostrato un profilo personologico tale da autorizzare i giudici specializzati a formulare, allo stato, una solida prognosi inerente all’esclusione di ogni sua residua pericolosita’ sociale, con il correlativo, concreto rischio di recidiva, in tal senso non essendo emersa la prova del suo pieno ravvedimento, prova invece da acquisirsi necessariamente all’esito del percorso rieducativo che possa dirsi contrassegnato da una rassicurante emenda.
4.2. Ne’ contraddice la conclusione adeguatamente estrinsecata nell’ordinanza impugnata la sottolineatura operata dal ricorrente circa il fatto che lo statuto normativo della liberazione condizionale riservata ai collaboratori di giustizia contempla, come si e’ visto, la deroga al disposto dell’articolo 176 c.p., comma 4, relativo all’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato.
Che la carenza di tale adempimento non costituisca un requisito pregiudizialmente ostativo a questo forma di liberazione condizionale non implica anche l’effetto meccanicistico dell’assoluta irrilevanza della considerazione circa l’effettuazione o meno di una qualche forma di attivita’ risarcitoria o riparatoria da parte del condannato, al fine della sinottica ed equilibrata valutazione demandata al Tribunale di sorveglianza – in ordine al conseguimento del ravvedimento e del compiuto percorso di risocializzazione ex articolo 2 Cost..
Cio’, perche’, in coerenza con la premessa svolta, tale valutazione e’ da operarsi in riferimento alla complessiva condotta del collaboratore di giustizia ed essa, pur non esaurendosi nella verifica del grado di interesse e di concreta disponibilita’ del condannato a fornire alla vittima del reato ogni possibile assistenza, legittimamente annovera questo elemento fra quelli da prendersi in esame, al pari degli altri, quali i rapporti con i familiari, il personale giudiziario e gli altri soggetti qualificati con cui il condannato si sia posto in relazione nonche’ lo svolgimento da parte sua di attivita’ lavorativa o di studio, al conclusivo scopo di accertare se sia stata compiuta dal reo la revisione critica della sua vita anteatta e sia giunta a maturazione la sua reale ispirazione al riscatto personale (Sez. 1, 9887 del.01/02/2007, Pepe, Rv. 235796).
Ai principi via via enucleati, dunque, il provvedimento impugnato si e’ sostanzialmente attenuto.
5. Il ricorso e’, pertanto, da rigettarsi: statuizione a cui segue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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