Consiglio di Stato, Sentenza|25 gennaio 2021| n. 749.
Ai fini della concessione dei benefici incentivanti gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi del Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 23 giugno 2016, recante «Incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico» come i generatori da fonte eolica, la nozione normativa di «impianto alimentato da fonti rinnovabili» è ampia e comprende tutti gli apparati che consentono la produzione dell’energia, l’immissione in rete e la relativa puntuale misurazione, derivandone che quando anche uno solo di questi apparati si trovi sulla medesima particella catastale in cui insiste altresì un apparato di un altro impianto, ai fini dell’ammissione agli incentivi, ci si trova per ciò stesso in presenza di un impianto unitario. Pertanto, costituisce artato frazionamento della potenza di un impianto unitario, finalizzato ad aggirare il limite di potenza di 60 KW per l’accesso diretto ai benefici incentivanti, l’installazione di diverse pale eoliche ubicate su differenti particelle catastali contigue, ma con condivisione del punto di connessione alla rete elettrica, laddove a fronte del principio euro-unitario di massima diffusione delle energie rinnovabili si contrappone l’altrettanto rilevante importanza rivestita dalla buona gestione delle risorse finanziarie pubbliche, che debbono andare ad incentivare le iniziative imprenditoriali configuranti autentiche ipotesi di cd «mini-eolico».
Sentenza|25 gennaio 2021| n. 749
Data udienza 22 dicembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Energia rinnovabile – Impianti – Meccanismi incentivanti – Accesso diretto – Diniego
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 292 del 2020, proposto dalla società Me. Wi. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Sa. e Be. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Gestore dei Servizi Energetici – GSE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ar. Ca., Fr. Va. ed An. Pu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza (…);
il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza-ter, n. 10691 del 3 settembre 2019, resa tra le parti, concernente il diniego all’accesso “diretto” ai benefici incentivanti stabiliti dal d.m. 23 giugno 2016.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici – GSE s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 dicembre 2020, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Be. Ci. e Fr. Va., che partecipano da remoto alla discussione orale ai sensi della medesima disposizione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente, sostenendo di essere titolare di due impianti eolici on-shore in bassa tensione della potenza nominale di 59 KW ciascuno (cd. “mini-eolico”) entrati in servizio nel corso del 2017, ha impugnato i provvedimenti del 2018 con cui il Gestore ha negato l’accesso “diretto” ai benefici incentivanti previsti dal d.m. 23 giugno 2016.
1.1. Il diniego è conseguito al riscontro, da parte del Gestore, di un “artato frazionamento”, in tesi finalizzato ad aggirare il limite di potenza (60 KW) oltre il quale non spetta più l’accesso “diretto”, ma è, viceversa, necessario o iscriversi al Registro informatico (nei limiti di potenza disponibili) o partecipare ad una procedura competitiva d’asta al ribasso.
1.2. Tale “artato frazionamento” conseguirebbe, in particolare, al fatto che i contatori dei due generatori eolici sarebbero posizionati sulla medesima particella catastale, sì che, almeno ai fini de quibus, si sarebbe in realtà in presenza di un unico impianto, con potenza complessiva superiore al limite massimo di potenza (60 KW) per l’accesso “diretto” ai benefici.
1.3. Del resto, tale conclusione sarebbe confermata da ulteriori “elementi indicativi di un artato frazionamento della potenza degli impianti”, che vieppiù dimostrerebbero la riconducibilità dei due generatori ad un’unica iniziativa imprenditoriale.
2. La società ha adito il T.a.r., lamentando l’illegittimità del diniego.
2.1. Costituitosi in resistenza il Gestore, il T.a.r. per il Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso con l’onere delle spese (liquidate in complessivi Euro 2.500,00).
2.2. Il T.a.r., in particolare, ha osservato che il posizionamento sulla medesima particella catastale dei “misuratori dell’energia elettrica funzionali alla quantificazione degli incentivi” (cd. misuratori di scambio, installati per misurare, proprio ai fini della quantificazione degli incentivi da riconoscere al produttore, l’energia netta immessa in rete, mentre i cd. misuratori di produzione, fisicamente prossimi all’impianto, misurano l’energia lorda generata dall’impianto) determini l’unitarietà dell’impianto, almeno ai fini de quibus: invero, secondo la vigente normativa (che si applicherebbe anche agli impianti in bassa tensione), da un lato tali misuratori di scambio farebbero parte integrante dell’impianto, dall’altro gli impianti comunque allocati sulla medesima particella catastale costituirebbero un impianto unitario.
2.3. Di converso, ha proseguito il T.a.r., non avrebbe in radice rilievo l’effettiva ubicazione di tali misuratori, posto che, ai sensi del d.m. 23 giugno 2016, la necessità dell’ubicazione a monte del punto di connessione alla rete elettrica sarebbe stabilita per i soli “trasformatori”, non anche per i “misuratori”.
2.4. Del resto, la conformazione dell’impianto e, quindi, le soluzioni tecniche per la connessione alla rete sarebbero rimesse (o, comunque, conseguirebbero) alle libere determinazioni dell’interessato.
2.5. Inoltre, ha aggiunto il T.a.r, il Gestore avrebbe riscontrabili ulteriori “elementi integrativi” a sostegno dell’assunta unitarietà sostanziale degli impianti, quali l’identità delle date di richiesta del titolo autorizzativo (6 agosto 2015), la coincidenza delle date di entrata in esercizio dei due impianti (29 giugno 2017), l’unicità del preventivo di connessione alla rete elettrica nazionale, identificato con un unico codice di rintracciabilità, nonché la prossimità fisica dei due impianti, benché ubicati in particelle catastali distinte.
2.6. Infine, non si riscontrerebbe né la lesione dell’affidamento, posto che già il previgente d.m. 6 luglio 2012 avrebbe qualificato i misuratori di scambio come parte integrante dell’impianto, né la violazione del principio di proporzionalità, giacché “l’eventuale presentazione di un progetto dei due impianti eolici emendato dalla coesistenza, sulla medesima particella catastale, dei contatori dell’energia rientrava – qualora tecnicamente fattibile – nella disponibilità della stessa società richiedente” e non poteva, viceversa, essere richiesto al Gestore.
3. La società ha interposto appello, riproponendo criticamente le censure avanzate in prime cure e, in particolare, osservando che:
– i due generatori sarebbero distinti strutturalmente e funzionalmente, sarebbero ubicati su particelle catastali diverse e non avrebbero un unico punto di connessione, “in quanto i loro POD (point of delivery e, cioè, il punto in cui la Buonvento consegna l’energia prodotta alla E-distribuzione) sono identificati da codici differenti”;
– i relativi lavori di costruzione sarebbero iniziati nel vigore del precedente d.m. 6 luglio 2012, “facendo affidamento sulla possibilità di accedere direttamente agli incentivi ai sensi dell’art. 4 del citato decreto ministeriale”;
– i misuratori di scambio, lungi dal costituire parte integrante dell’impianto, farebbero viceversa “parte della sola porzione di connessione che collega l’impianto con la rete nazionale, come del resto confermato dal fatto che tali apparati rientrano nella sola ed esclusiva proprietà e disponibilità del distributore e non del proprietario” ed avrebbero l’esclusiva funzione di “calcolare l’entità delle dispersioni che si verifichino tra il punto di produzione e il punto di connessione alla rete”: quali “apparati operanti in via residuale ed in casi patologici”, dunque, “non potrebbero essere ritenuti parte essenziale di un impianto”;
– l’art. 29 del d.m. 23 giugno 2016 limiterebbe la nozione di “artato frazionamento” ai soli impianti operanti in alta-media tensione, con conseguente esclusione di quelli in bassa tensione; oltretutto, tale nozione sarebbe stata sconosciuta nel vigore del d.m. 6 luglio 2012, unica disciplina cui sarebbe soggetto l’impianto de quo;
– l’ubicazione del punto di consegna alla rete sarebbe scelta dal soggetto gestore della rete stessa, non dal titolare dell’impianto;
– i “plurimi elementi indicativi di un artato frazionamento della potenza” ravvisati dal Gestore (ossia “(i) la coincidenza delle date di richiesta del titolo autorizzativo; (ii) la coincidenza delle date di entrata in esercizio degli impianti; (iii) l’unicità del preventivo di connessione alla rete”) sarebbero circostanze “manifestamente prive di qualunque autonoma rilevanza ai fini dell’accertamento dell’elusione della disciplina sugli incentivi”, in quanto legate “a banali esigenze gestionali della Società ricorrente”;
– il Gestore avrebbe comunque dovuto porre in essere una forma di soccorso istruttorio, indicando alla società le “rettifiche” necessarie per evitare la perdita del beneficio dell’accesso “diretto” agli incentivi.
3.1. Si è costituito in resistenza il Gestore dei Servizi Energetici – GSE, contestando le prospettazioni defensionali svolte ex adverso (talune delle quali sarebbero, prima ancora, inammissibili) ed osservando che “in entrambi i moduli partecipativi, l’Impresa dichiarava espressamente che “l’impianto non presenta interconnessioni funzionali con altri impianti di produzione di energia elettrica””, ciò che sarebbe stato, all’evidenza, non rispondente alla situazione di fatto.
3.2. In vista della trattazione del ricorso le parti hanno depositato memorie scritte.
3.3. La società ricorrente, in particolare, ha precisato che la richiesta di riesame frattanto avanzata al Gestore in data 28 giugno 2018 era stata medio tempore respinta con provvedimento del 30 giugno 2020, impugnato di fronte al T.a.r. per il Lazio: l’istanza cautelare avanzata nel corpo del ricorso era stata respinta con ordinanza n. 6663 del 26 ottobre 2020, prontamente appellata avanti questo Consiglio, presso cui tuttora pende.
4. Il ricorso è stato introitato in decisione alla pubblica udienza del giorno 22 dicembre 2020, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020.
5. Il ricorso in appello non è fondato: può, dunque, prescindersi dallo scrutinio delle eccezioni di inammissibilità svolte dal Gestore.
6. Il Collegio prende le mosse dalla descrizione morfologica dell’impianto, come operata dalla stessa società appellante (cfr. ricorso in appello, pagine 9 e 10): “gli impianti per cui è causa rientrano nella tipologia del c.d. mini-eolico. Sono costituiti da due aerogeneratori che trasformano l’energia cinetica del vento in energia elettrica tramite pale e rotore/dinamo, della potenza nominale di picco pari a 59 Kw/h ciascuno. L’energia, prodotta in bassa tensione (380V), viene immediatamente contabilizzata da due misuratori di produzione (distinti per ciascun impianto) collocati immediatamente a ridosso della piattaforma di platea di ciascuno dei due aerogeneratori e che sono nella disponibilità del Produttore, che vi ha accesso diretto, su terreni propri. Da tali misuratori, funzionali alla quantificazione degli incentivi, si dipartono due cavidotti (uno per impianto) di alcune centinaia di metri, che portano, sempre in regime di bassa tensione, l’elettricità prodotta dall’aerogeneratore (quantificata nel misuratore di produzione) fino al punto di connessione alla rete elettrica nazionale. Questi due cavidotti confluiscono in un’unica cabina, presso la quale l’energia è nuovamente contabilizzata (sempre in bassa tensione) da due misuratori di scambio (uno per ogni impianto). Per mezzo di tale quantificazione viene misurata l’energia effettivamente immessa in rete, al netto delle perdite di linea che si verificano tra il misuratore di produzione e la cabina di scambio. Nel percorso che segue, l’energia elettrica passa per i trasformatori, che elevano il voltaggio da 380V (bassa tensione) a 20.000V (media tensione) ed entra poi nella rete nazionale di distribuzione per essere veicolata fino ai consumatori finali. I trasformatori sono collocati a valle del punto di connessione… La presenza di due misuratori dell’energia per ognuno dei due impianti, uno situato a valle dell’impianto (che misura l’energia prodotta) e uno a valle del cavidotto e subito prima dell’immissione nella rete nazionale (che misura l’energia immessa in rete) si spiega perché la quantità di energia in quei due punti è generalmente diversa. Ciò in quanto esiste una certa dispersione di energia lungo i cavidotti in bassa tensione, a causa della quale la quantità di energia elettrica immessa in rete e incentivata è generalmente inferiore rispetto alla quantità di energia prodotta”.
6.1. La società, nel ricorso in appello, ha altresì osservato che, “ai fini dell’incentivazione, il GSE riconosce l’energia misurata alla produzione, abbattuta di un coefficiente di circa l’uno per cento, che costituisce convenzionalmente l’entità della perdita di energia presunta per dispersione lungo il cavidotto”; tuttavia, “il misuratore di scambio serve a fissare un tetto: se la dispersione risulta maggiore dell’1%, il GSE remunera in ogni caso solo l’energia scambiata e non quella prodotta [tecnicamente, è incentivato il minore valore tra: (i) l’energia prodotta abbattuta del coefficiente dell’1%; e (ii) l’energia scambiata]”: ne conseguirebbe che “ad eccezione di ipotesi di elevata dispersione di energia lungo il tratto anteriore all’allacciamento alla rete (certamente non conveniente all’impianto, che quindi cercherà di evitarla fin dalla fase progettuale), il misuratore di scambio non rileva ai fini del regime di incentivazione” (cfr. ricorso in appello, pag. 11).
6.2. Peraltro, ha concluso la società, “i misuratori di scambio non sono né di proprietà, né nella disponibilità del Produttore, ma esclusivamente del Distributore (Enel Distribuzione), che decide anche dove localizzarli secondo criteri che nulla hanno a che fare con la convenienza dell’impianto ovvero con le ripercussioni sul regime degli incentivi”.
7. Orbene, in primo luogo il Collegio osserva che il misuratore di scambio, quale elemento tecnico finalizzato a misurare l’energia effettivamente immessa in rete allo scopo precipuo di computare il quantum degli incentivi, logicamente rientra nella composizione strutturale dell’impianto, almeno ai fini della concessione degli incentivi stessi.
7.1. Argomentare diversamente, invero, condurrebbe all’aporia logica secondo cui l’impianto alimentato con fonti rinnovabili, oggetto di benefici incentivanti stabiliti dalla legge, consisterebbe solo dell’opus destinato a produrre l’energia (nella specie, la pala eolica ed il relativo pilastro di sostegno) e non anche degli strumenti atti a misurare l’energia effettivamente immessa in rete (al netto, dunque, dell’energia effettivamente dispersa nel transito lungo i cavidotti di collegamento con il punto di consegna).
7.2. Del tutto coerentemente, l’art. 2 del d.m. 23 giugno 2016, disposizione di rango regolamentare, stabilisce che “l’impianto alimentato da fonti rinnovabili è l’insieme delle opere e delle apparecchiature, funzionalmente interconnesse, destinate alla conversione dell’energia rinnovabile in energia elettrica” e comprende, tra l’altro, “i gruppi di generazione dell’energia elettrica, i servizi ausiliari di impianto, i trasformatori posti a monte del o dei punti di connessione alla rete elettrica, nonché i misuratori dell’energia elettrica funzionali alla quantificazione degli incentivi”.
7.3. In proposito, il sintagma “nonché ” mira, con ogni evidenza logico-lessicale, ad ascrivere alla struttura dell’impianto “i misuratori dell’energia elettrica”, al pari dei “gruppi di generazione dell’energia elettrica”, dei “servizi ausiliari di impianto” e dei “trasformatori”, questi ultimi purché “posti a monte del o dei punti di connessione alla rete elettrica”.
7.4. Una qualsiasi diversa interpretazione della lettera della disposizione cozza, prima ancora che con evidenti ragioni logiche, con la linearità espressiva intrinseca alla lingua italiana.
7.5. Ne consegue che i “misuratori” fanno comunque parte dell’impianto, a prescindere dalla relativa ubicazione, mentre i “trasformatori” fanno parte dell’impianto solo se posti a monte del punto di connessione alla rete elettrica.
7.6. Per vero, aggiunge ad abundantiam il Collegio, è la stessa società ricorrente, allorché descrive l’impianto, a precisare che:
– i due cavidotti che si dipartono da ciascun generatore “confluiscono in un’unica cabina, presso la quale l’energia è nuovamente contabilizzata (sempre in bassa tensione) da due misuratori di scambio (uno per ogni impianto)”;
– tali “misuratori dell’energia” sono dunque collocati “a valle del cavidotto e subito prima dell’immissione nella rete nazionale”.
7.7. Ne consegue che, come rilevato dalla stessa ricorrente, tali “misuratori” risultano comunque collocati a monte del punto di immissione dell’energia nella rete.
8. Il successivo art. 5 del d.m. 23 giugno 2016 dispone che “più impianti alimentati dalla stessa fonte, nella disponibilità del medesimo produttore o riconducibili, a livello societario, a un unico produttore e localizzati nella medesima particella catastale o su particelle catastali contigue si intendono come unico impianto, di potenza cumulativa pari alla somma dei singoli impianti”.
8.1. Dal combinato disposto dei due articoli, si desume che la nozione normativa di “impianto alimentato da fonti rinnovabili” (l’unica che rileva nel caso di specie) è ampia e comprende tutti gli apparati che consentono la produzione dell’energia, l’immissione in rete e la relativa puntuale misurazione: allorché anche uno solo di questi apparati si trovi sulla medesima particella catastale in cui insiste altresì un apparato di un altro impianto, ai fini dell’ammissione agli incentivi si è eo ipso in presenza di un impianto unitario.
8.2. Del resto, il d.m. in parola, allorché intende riferirsi alle sole opere realizzate per la produzione di energia in senso stretto, utilizza la diversa locuzione “gruppi generatori” (cfr. art. 2, comma 1, lett. i).
8.3. Definizioni assolutamente analoghe, peraltro, erano presenti nel precedente d.m. 6 luglio 2012 (articoli 2 e 5).
8.4. Ai fini della concessione dei benefici incentivanti, dunque, nella specie si è indubitabilmente in presenza di un impianto unitario, a nulla rilevando il fatto che i due “gruppi generatori” siano ubicati su particelle catastali distinte.
8.5. Non è condivisibile il richiamo di parte appellante al principio euro-unitario di massima diffusione delle energie rinnovabili, posta l’altrettanto rilevante importanza rivestita dalla buona gestione delle risorse finanziarie pubbliche, che debbono andare ad incentivare le iniziative imprenditoriali configuranti autentiche ipotesi di cd. “mini-eolico”.
8.6. Il Collegio, incidentalmente, osserva che con l’ordinanza n. 6663 del 26 ottobre 2020 citata da parte ricorrente il T.a.r. per il Lazio aveva evidenziato, tra l’altro, che “la condivisione del punto di connessione da parte di distinti aerogeneratori identifica un unico impianto eolico ed è da ritenere elemento costituente essenziale dell’impianto, quantomeno ai fini della disciplina degli incentivi”.
8.7. Tale conclusione è, peraltro, vieppiù avvalorata dai molteplici ed univoci “elementi integrativi” indicati dal Gestore (cfr. supra, sub § 2.5), parimenti posti a fondamento dell’impugnato diniego e non specificamente contestati, nella loro materialità, ex adverso.
9. Sotto altro profilo, il carattere generale dell’esposta definizione di “impianto alimentato da fonti rinnovabili” non consente di operare, ai fini de quibus, differenziazioni arbitrarie fra impianti a bassa tensione (come quello di specie) ed impianti a media-alta tensione.
9.1. Invero, l’art. 29 del d.m. 23 giugno 2016 si limita ad indicare alcuni profili utili a ravvisare la sussistenza di un eventuale “artato frazionamento” nei casi di impianto a media-alta tensione, ma non ha alcuna refluenza sulla portata della generale disposizione definitoria recata dall’art. 2, che prescinde dalla tensione in cui operano gli impianti.
9.2. Del resto, il divieto dell’abuso degli istituti giuridici – cui è funzionale la nozione di “artato frazionamento” – è un valore ordinamentale diffuso e di portata generale, che non richiede specifiche e puntuali disposizioni settoriali, posto che consegue all’intrinseca necessità di rispettare la ratio dell’istituto volta per volta in considerazione.
10. Non ha, poi, rilievo il fatto che la collocazione dei misuratori di scambio non sarebbe stata scelta dalla società .
10.1. In disparte le pur dirimenti considerazioni svolte supra, si deve osservare che:
– la conformazione dell’impianto (inteso in senso lato) compete all’interessato, come indirettamente confermato dal fatto che, nella proposta progettuale di modifica da ultimo avanzata da parte ricorrente, i misuratori di scambio sono previsti in una collocazione diversa;
– il soggetto gestore della rete effettua le proprie scelte in ordine alle modalità di connessione alla rete stessa in funzione delle caratteristiche morfologiche del singolo impianto: il progetto prescelto dal titolare dell’impianto, dunque, è un prius che, come tale, incide direttamente su tali scelte.
11. Sotto altro profilo, l’evidenza e la chiarezza del dato normativo recato sia dal d.m. 6 luglio 2012, sia dal d.m. 23 giugno 2016 escludono in radice la sussistenza di alcun legittimo affidamento, tanto più in capo ad un operatore professionale del settore.
12. Né si può ravvisare una violazione del principio di proporzionalità, atteso che il Gestore, allorché ravvisi la carenza dei requisiti per l’accesso “diretto” ai benefici a causa della conformazione strutturale dell’impianto prescelta dall’interessato, non può essere gravato dell’onere di suggerire le modifiche progettuali necessarie, che, in tali casi, implicano la radicale riformulazione dell’assetto strutturale dell’opus e, pertanto, non possono che ricadere in capo al soggetto proponente.
12.1. In proposito, si deve inoltre osservare che una diversa collocazione dei misuratori di scambio, proprio in quanto attinente ad una componente strutturale dell’impianto, integra una modifica sostanziale, come tale non ammissibile successivamente all’entrata in esercizio dell’impianto (conforme, sul punto, la cennata ordinanza del T.a.r. per il Lazio n. 6663 del 2020).
13. Per le ragioni che precedono, dunque, il ricorso in appello va respinto.
14. L’integrale infondatezza del gravame determina la condanna di parte ricorrente alle spese di lite, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 292 del 2020, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la società ricorrente a rifondere al Gestore dei Servizi Energetici – GSE s.p.a. le spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.000,00 (euro cinquemila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nelle camere di consiglio dei giorni 22 dicembre 2020 e 29 dicembre 2020, svoltesi da remoto in video-conferenza ex art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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