Ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 625-bis cod. pen.

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|9 aprile 2021| n. 13386.

Ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 625-bis cod. pen., il colpevole deve fornire un contributo collaborativo significativo per l’individuazione dei complici del furto o dei responsabili della ricettazione della cosa sottratta, la cui utilità e concretezza è rimessa al discrezionale apprezzamento del giudice. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l’attenuante della collaborazione in relazione alla chiamata in correità di un soggetto che aveva già reso piena ed immediata confessione).

Sentenza|9 aprile 2021| n. 13386

Data udienza 17 dicembre 2020

Integrale
Tag – parola chiave: REATI CONTRO IL PATRIMONIO – FURTO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CATENA Rossella – Presidente

Dott. GUARDIANO Alfredo – rel. Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta M. – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/01/2020 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GUARDIANO ALFREDO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore EPIDENDIO TOMASO che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Firenze confermava la sentenza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Grosseto, in data 23.9.2016, decidendo in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex articolo 81 c.p., cpv., articolo 624 bis c.p., articolo 625 c.p., n. 2) e articolo 61 c.p., n. 5), in rubrica ascrittogli.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo, 1) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 625 bis c.p.; 2) violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante della minorata difesa, di cui all’articolo 61 c.p., n. 5).
2.1. Con requisitoria scritta del 28.11.2020, depositata sulla base della previsione del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalita’ di celebrazione e’ stata specificamente richiesta da una delle parti, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
2.2. Con conclusioni scritte del 10.12.2020 l’avv. (OMISSIS), difensore di fiducia del (OMISSIS), insiste per l’accoglimento del ricorso.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.
4. Per una migliore comprensione delle questioni poste dal ricorrente occorre brevemente soffermarsi sui fatti per i quali e’ processo.
Come si evince dalla lettura della sentenza oggetto di ricorso, che, per quanto riguarda la ricostruzione dei fatti storici, non ha formato oggetto di contestazione da parte dell’imputato, nel corso di un controllo su strada, effettuato il 6.5.2013 da una pattuglia dei Carabinieri, si accertava che nel bagagliaio di un’autovettura condotta da (OMISSIS), con a bordo il passeggero (OMISSIS), erano stati stipati “numerosi pezzi di grondaie e discendenti in rame (venti pezzi per un totale di 66 kg), che i due avevano subito ammesso di avere sottratto, poco prima, in due abitazioni site a circa 2 km di distanza”.
In sede di appello l’imputato formulava richiesta di riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 625 bis c.p., che la corte territoriale rigettava, rilevando come si trattasse di “circostanza del tutto estranea al caso di specie in quanto gli imputati si sono limitati a confessare il reato indicando il luogo del furto senza individuare ulteriori complici o ricettatori”.
5. Orbene, come e’ noto, l’articolo 625 bis c.p., inserito nel corpo codicistico dal L. 26 marzo 2001, n. 128, articolo 2, comma 4, prevede una circostanza attenuante ad effetto speciale, che puo’ essere concessa, nei casi contemplati dagli articoli 624, 624 bis e 625 c.p., “qualora il colpevole, prima del giudizio, abbia consentito l’individuazione dei correi o di coloro che hanno acquistato, ricevuto od occultato la cosa sottratta o si sono comunque intromessi per farla acquistare, ricevere od occultare”.
Si e’ osservato al riguardo, in dottrina, in maniera condivisibile, che con l’espressione “consentire l’individuazione” si vuole indicare il contributo significativo, secondo i criteri di prova propri del settore processuale penale, dato dal colpevole al fine dell’accertamento dei soggetti concorrenti o dei responsabili della ricettazione della cosa sottratta.
La giurisprudenza di legittimita’, dal suo canto, si e’ concentrata in particolare sul contenuto dell’accertamento richiesto al giudice per riconoscere in favore del reo la suddetta circostanza attenuante.
Si e’ cosi’ affermato che ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’articolo 625-bis c.p., il giudice deve apprezzare l’utilita’ e la concretezza del contributo collaborativo fornito dal colpevole per individuare i complici del reato di furto, venendo rimessa al discrezionale apprezzamento del giudice, censurabile in sede di legittimita’ nei limiti consentiti dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la valutazione relativa ad utilita’ e concretezza del contributo collaborativo fornito dal colpevole per individuare i complici del reato (cfr. Cass., Sez. 5, n. 32937 del 19/05/2014, Rv. 261659; Cass., Sez. 4, n. 11490 del 24/01/2013, Rv. 254855).
L’indagine che si richiede al giudice di compiere, pertanto, deve essere orientata a verificare se il contributo fornito dal colpevole prima del giudizio, abbia avuto in concreto un’incidenza, se non esclusiva, quanto meno causalmente rilevante ai fini della individuazione dei correi o del ricettatore, che, in considerazione della inequivocabile formulazione della menzionata disposizione normativa, deve costituire un obiettivo non astrattamente ipotizzabile, ma effettivamente raggiunto grazie al contributo del reo e che non si sarebbe potuto conseguire in assenza di siffatto contributo.
Solo in presenza di queste condizioni si giustifica una riduzione di pena invero notevole (“da un terzo alla meta’”), che trova la sua ratio nella volonta’ di favorire la dissociazione e la collaborazione operosa, secondo una filosofia “premiale”, che permea altre disposizioni analoghe, come, ad esempio, L. 12 luglio 1991, n. 203, articolo 8, o L. 6 febbraio 1980, n. 15, articolo 4.
In quanto manifestazione di un potere discrezionale, la valutazione effettuata al riguardo dal giudice non e’ sottratta a controllo, ma e’ sindacabile, e, per verificare l’esattezza della decisione sul punto, occorrera’ vagliare il percorso argomentativo seguito dal giudice di merito, che potra’ essere censurato, come chiarito dall’orientamento giurisprudenziale in precedenza richiamato, in termini di manifesta illogicita’, contraddittorieta’ o incompletezza della motivazione.
Tornando al caso in esame, il ricorrente censura il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui si discute, rilevando come la corte territoriale abbia errato nel non riconoscere alla confessione resa nell’immediatezza dei fatti dal (OMISSIS) la natura di contributo rilevante ai fini della individuazione del correo (e coimputato) (OMISSIS), in quanto con la sua ammissione di avere commesso il furto insieme con quest’ultimo, il ricorrente avrebbe consentito agli organi investigativi di identificare uno degli autori dell’azione predatoria.
Senza tale confessione, rileva il ricorrente, non sarebbe stato possibile accertare la stessa consumazione del reato di furto e la responsabilita’ del correo (OMISSIS), in quanto “la sola presenza a bordo dell’auto del soggetto non ne determinava affatto e automaticamente la responsabilita’, ma occorrevano ben altri elementi, del tutto assenti, per attribuire ad entrambi i soggetti la responsabilita’, al momento del fermo, di un reato non ancora accertato e solo ipotetico”.
“Il (OMISSIS)”, evidenzia il difensore, “non si limito’ ad ammettere il furto, addossandoselo ma indico’ immediatamente il correo consentendone con certezza l’individuazione ed escludendo, cosi’, immediatamente ogni possibile difesa dell’altro soggetto”.
Tanto premesso, non puo’ non rilevarsi la manifesta infondatezza della tesi difensiva, proprio sulla base dei principi di diritto innanzi richiamati, alla luce dei quali va interpretata la fattispecie portata all’esame del Collegio.
Ed invero, dovendosi valutare in concreto e non in astratto la rilevanza del contributo fornito dal reo, puo’ ben dirsi che nessuna utilita’ concreta ha fornito la chiamata di correo nei confronti del (OMISSIS), contenuta nella confessione del (OMISSIS), sotto il profilo della individuazione del concorrente nel delitto di furto in contestazione, una volta intervenuta l’ammissione di responsabilita’ del ricorrente.
Cio’ non tanto e non solo perche’ la presenza di un notevole quantitativo di pezzi di grondaie e discendenti in rame nel bagagliaio dell’autovettura dove viaggiavano gli imputati, senza alcuna giustificazione apparentemente plausibile, rappresentava, sotto il profilo processuale, un elemento dotato di notevole valenza indiziaria a carico di entrambi come autori di un delitto contro il patrimonio avente ad oggetto i pezzi ed i discendenti in questione, ma soprattutto perche’ la confessione con cui il (OMISSIS) ha ammesso la propria responsabilita’ in ordine al furto ha reso priva di ogni utilita’ concreta, nella prospettiva richiesta dall’articolo 625 bis c.p., la chiamata di correo operata dal (OMISSIS), senza la quale gli agenti operanti sarebbero comunque giunti alla individuazione del coautore del furto nel (OMISSIS), grazie proprio alla piena ed immediata ammissione di responsabilita’ di quest’ultimo, che il ricorrente non nega, anzi valorizza.
Dunque la valutazione effettuata sul punto dalla corte territoriale appare del tutto corretta, in quanto fondata sul presupposto implicito, ma assolutamente chiaro, che la chiamata di correo da parte del (OMISSIS), in presenza della confessione del (OMISSIS), non ha fornito alcun utile e concreto contributo alla individuazione del concorrente nel reato di furto.
6. Inammissibile appare anche il secondo motivo di ricorso, trattandosi di questione del tutto nuova che non ha formato oggetto di doglianza in sede di appello, come si evince anche dalla incontestata sintesi dei motivi di impugnazione operata dalla corte territoriale e dalle osservazioni svolte dal difensore nelle richiamate conclusioni scritte, in cui si osserva come il giudice di appello avrebbe potuto d’ufficio, in considerazione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, escludere la circostanza aggravante, di cui all’articolo 61 c.p., n. 5).
Al riguardo appare sufficiente osservare che tra le cause di inammissibilita’ specificamente previste per il ricorso per cassazione dall’articolo 606 c.p.p., comma 3, e’ prevista la rappresentazione di “violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello”, al di fuori dei casi previsti dall’articolo 569 c.p.p. e articolo 609 c.p.p., comma 2, ossia di impugnazione diretta alla Corte di cassazione, contro sentenze inappellabili e per motivi che non si era potuto rappresentare nel grado d’appello.
Pertanto, come e’ stato correttamente osservato, non e’ consentito sollevare per la prima volta col ricorso questioni di diritto, sostanziali e processuali, non dedotte in appello per mancanza di diligenza o di avvedutezza della parte, che non ha impugnato la sentenza di primo grado o ha incentrato l’appello su capi e punti diversi da quelli oggetto di censure tardive, oppure, pur avendo ritualmente contestato tali capi e punti, ha prospettato ragioni differenti, non proponibili nel giudizio di legittimita’ nemmeno quali profili rilevabili d’ufficio (cfr., in questo senso, Cass., Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, Rv. 270627; Cass., Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013, Rv. 259066).
La questione proposta, per altro verso, non puo’ essere affrontata in questa sede nemmeno ex officio, in quanto, se e’ pur vero che, in coerenza con la funzione della Corte di Cassazione quale organo regolatore del diritto, il suo intervento decisorio in via ufficiosa si estende anche alle questioni riguardanti la qualificazione giuridica del fatto, e’ altrettanto vero che tale potere non puo’ essere esercitato quando sia necessario procedere ad accertamenti probatori implicanti una valutazione di merito (cfr. Cass., Sez. 2, n. 39841/09; Cass., Sez. 2, n. 45583/05; Cass., Sez. 6, n. 41972/04), come nel caso in esame in cui la soluzione della questione prospettata dal ricorrente implica uno specifico accertamento di fatto sulle condizioni di tempo e di luogo in cui si consumo’ l’azione predatoria.
7. Alla dichiarazione di inammissibilita’, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000,00 a favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilita’ dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilita’ (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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