Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 10 ottobre 2019, n. 41601.

Massima estrapolata:

Ai fini del reato ex art. 659 cod. pen., non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo a un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio. (Correttamente è stata ravvisata la fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 659 cod. pen. nella condotta dell’imputato che nel cortile del complesso condominiale non impediva il canto di tre galli di sua proprietà, che venivano lasciati liberi in orario diurno e notturno, impedendo ai condomini di dormire regolarmente e di compiere durante il giorno le ordinarie attività domestiche senza fastidi).

Sentenza 10 ottobre 2019, n. 41601

Data udienza 6 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04-05-2018 della Corte di appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Fabio Zunica;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CANEVELLI Paolo, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 4 maggio 2018, la Corte di appello di Bologna confermava la sentenza del 26 gennaio 2017, con cui il Tribunale di Forli’, per quanto in questa sede rileva, aveva condannato (OMISSIS) alla pena di giorni 20 di arresto, perche’ ritenuto colpevole del reato di cui agli articoli 81 e 659 c.p., a lui contestato (capo A) perche’, non impedendo il canto di tre galli di sua proprieta’, che venivano lasciati liberi in orario notturno e senza le opportune cautele volte al contenimento delle emissioni sonore, nonostante le segnalazioni ricevute, disturbava il riposo di una quantita’ indeterminata di persone; fatto commesso in (OMISSIS).
2. Avverso la sentenza della Corte di appello emiliana, (OMISSIS), tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando quattro motivi.
Con il primo, la difesa lamenta la violazione dell’articolo 131 bis c.p. e la totale omissione di motivazione sul punto, evidenziando che il giudizio di tenuita’ dell’offesa puo’ essere compiuto anche d’ufficio dalla Corte di cassazione.
Con il secondo motivo, e’ stata eccepita la violazione dell’articolo 659 c.p. e articolo 530 c.p.p., comma 2, nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, rimarcandosi come, nel caso di specie, non fosse stato compiuto alcun adeguato accertamento volto a stabilire, in concreto, il superamento della soglia di normale tollerabilita’ delle emissioni sonore e dunque la messa in pericolo del bene giuridico protetto, ovvero l’idoneita’ della condotta del soggetto agente a disturbare un numero indeterminato di persone. Dunque, alla luce del fatto che le verifiche svolte, oltre a essere state eseguite senza idonea strumentazione tecnica, avevano riguardato un arco temporale molto ristretto, non poteva ritenersi comprovato l’elemento oggettivo del reato contestato, e cio’ anche in ragione del fatto che i condomini effettivamente “disturbati” dalle emissioni sonore dei galli di proprieta’ di (OMISSIS) era solo tre e nessuno, al di fuori del condominio, ha mai avanzato delle lamentele.
Con il terzo motivo, la difesa deduce la violazione degli articoli 42 e 659 c.p. per la mancanza della “suitas” della condotta da parte di (OMISSIS), oltre che dell’elemento soggettivo, osservando che, nel periodo oggetto di contestazione, (OMISSIS) non ha mai avuto coscienza e volonta’ che la propria condotta omissiva potesse elidere la tranquillita’ pubblica, ritenendo egli, con assoluta certezza, che le emissioni provenissero dai galli di proprieta’ dell’altro vicino di casa, coimputato nel medesimo procedimento; ne’ comunque poteva ritenersi integrata la colpa generica ascritta a (OMISSIS), non essendosi tenuto conto della sua buona fede, senz’altro idonea a incidere sulla valutazione dell’elemento soggettivo.
Con il quarto motivo, infine, viene censurato il vizio di motivazione della sentenza rispetto al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, non essendo affatto comprovato che le emissioni sonore si siano protratte per un lungo periodo, in quanto le rilevazioni del tecnico dell’Arpa sono state effettuate solo due volte e in uno strettissimo lasso di tempo, non avendo inoltre la Corte di appello considerato la circostanza che (OMISSIS), anche tenuto conto della sua eta’, aveva comunque adottato ogni accorgimento per impedire qualunque emissione sonora, tenendo inoltre un comportamento processuale sempre collaborativo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ inammissibile perche’ manifestamente infondato.
1. Iniziando dal primo motivo, occorre evidenziare, in primo luogo, che, con l’atto di appello, non fu avanzata alcuna richiesta volta a ottenere l’applicazione dell’istituto di cui all’articolo 131 bis c.p., per cui sul punto alcun difetto motivazionale appare ravvisabile, fermo restando che, nel merito, l’estensione temporale della condotta contestata, protrattasi dal gennaio 2013 al giugno 2014, non consente di qualificare come occasionale il fatto per cui si procede.
Di qui l’inammissibilita’ della doglianza difensiva.
2. Passando alla disamina del secondo e del terzo motivo, suscettibili di essere trattati in maniera unitaria perche’ concernenti il giudizio di colpevolezza dell’imputato, deve rilevarsi che sul punto non sono ravvisabili vizi di legittimita’. Ed invero le due conformi sentenze di merito, le cui motivazioni sono destinate a integrarsi un corpus argomentativo unitario, hanno innanzitutto operato una adeguata disamina della vicenda, richiamando le deposizioni dei testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno riferito che i galli e le galline, tenuti da (OMISSIS) nel cortile del complesso condominiale dove abitavano, erano soliti cantare di giorno e di notte, alla vista della luce naturale, dei lampioni e dei fari delle automobili.
Tale situazione, prolungatasi almeno dal gennaio 2013 al giugno 2014, nonostante le proteste degli interessati e i richiami formali dell’amministratore di condominio, provocava non pochi disagi ai condomini, impedendo loro di dormire regolarmente e di compiere durante il giorno le ordinarie attivita’ domestiche senza fastidi, al punto che la (OMISSIS) decideva per questo di cambiare casa.
Le dichiarazioni delle persone offese, tra loro convergenti, hanno peraltro trovato riscontro nell’accertamento compiuto dal tecnico dell’Arpa (OMISSIS), che, in occasione di due sopralluoghi eseguiti l’8 e 1111 aprile 2014, verificava che i galli di proprieta’ di (OMISSIS), rinchiusi in una baracca, cantavano per 5-6 minuti a intervalli di 20-30 minuti, venendo calcolati in 18 minuti 106 eventi sonori, percepibili anche dalla strada, con una frequenza di 10 secondi uno dall’altro.
Peraltro, i galli di proprieta’ di (OMISSIS) rispondevano ai richiami dei galli di proprieta’ del coimputato (OMISSIS), presenti nelle vicinanze, il che, soprattutto in orario notturno, amplificava i suoni esterni percepiti dai condomini.
Alla stregua di tale ricostruzione fattuale, scaturita da un’attenta disamina delle risultanze probatorie, che invero non ha trovato alcuna smentita ex adverso, correttamente e’ stata ritenuta sussistente la fattispecie contravvenzionale prevista dall’articolo 659 c.p., per la cui configurabilita’, come piu’ volte precisato da questa Corte (cfr. in termini Sez. 3, n. 18521 dell’11/01/2018, Rv. 273216), non sono necessarie ne’ la vastita’ dell’area interessata dalle emissioni sonore, ne’ il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo a un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio.
In applicazione di tale premessa interpretativa, l’elemento oggettivo del reato nel caso di specie risulta ampiamente comprovato, dovendosi ritenere superata la normale tollerabilita’ delle emissioni sonore, soprattutto nella fascia notturna, e cio’ alla luce della prolungata estensione temporale dei fatti (che certo non possono essere circoscritti alle sole date dei rilievi dell’Arpa), che hanno provocato, a piu’ di un condomino, disturbi del sonno debitamente documentati. Allo stesso modo, correttamente e’ stato ritenuto ravvisabile anche l’elemento soggettivo della fattispecie, peraltro integrato dalla sola colpa, avendo in tal senso i giudici di merito ragionevolmente rimarcato che la prova delle lamentele dei condomini risale gia’ al 2011 e da allora la condotta illecita si e’ protratta per almeno tre anni, senza che (OMISSIS) abbia assunto alcuna cautela per contenere l’impatto esterno delle emissioni sonore prodotte dai galli di sua proprieta’, pur essendo stato destinatario di una serie di richiami e di segnalazioni non solo da parte dell’amministratore del condominio, ma anche dalle persone ivi residenti. Le obiezioni difensive sull’assenza della “suitas” della condotta e dell’elemento soggettivo non risultano dunque pertinenti, potendosi anzi affermare che la condotta di (OMISSIS), rimasto indifferente alle sollecitazioni ricevute negli anni, appare inquadrabile piu’ nell’alveo del dolo eventuale che in quello della colpa.
Deve pertanto ribadirsi che il giudizio di colpevolezza dell’imputato in ordine alla fattispecie a lui ascritta non presta il fianco alle censure difensive, che invero risultano formulate in termini assertivi e non adeguatamente specifici.
3. Venendo infine al motivo riguardante il diniego delle attenuanti generiche in favore dell’imputato, deve ugualmente escludersi che sul punto il percorso motivazionale delle sentenze di merito presti il fianco alle censure difensive.
In proposito occorre premettere che, secondo il costante orientamento di questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269), in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e’ insindacabile in sede di legittimita’, purche’ sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione.
E’ stato inoltre precisato (cfr. ex multis Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899) che, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non e’ necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione.
Orbene, in applicazione di tali coordinate interpretative, devono ritenersi non configurabili il difetto o l’illogicita’ della motivazione evocati dalla difesa, avendo i giudici di merito sottolineato, in senso ostativo al riconoscimento delle attenuanti generiche, la circostanza che l’imputato, peraltro gravato da precedenti penali anche specifici, ha manifestato una totale noncuranza nei confronti dei propri vicini, dimostrandosi sordo alle loro rimostranze per un prolungato temporale.
Orbene, a fronte di tale rilievo, privo di elementi di illogicita’, la difesa ha opposto considerazioni generiche e non dirimenti circa il comportamento processuale ed extraprocessuale dell’imputato e la sua eta’, peraltro neanche tanto avanzata, senza tuttavia fornire concreti elementi meritevoli di positivo apprezzamento, o comunque in grado di rivelare l’incoerenza del giudizio della Corte di appello.
3. In conclusione, stante la manifesta infondatezza delle doglianze sollevate, il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) deve essere quindi dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto infine della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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