Corte di Cassazione, civile, Sentenza|8 gennaio 2024| n. 483.
Ai fini del mutamento della detenzione in possesso
Ai fini del mutamento della detenzione in possesso, non è necessaria l’opposizione del detentore nei confronti del possessore, richiesta dal secondo comma dell’art. 1141 c.c., qualora il mutamento del titolo scaturisca da un atto dello stesso possessore a beneficio del detentore.
Sentenza|8 gennaio 2024| n. 483. Ai fini del mutamento della detenzione in possesso
Data udienza 7 dicembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Possesso – Acquisto – Mutamento della detenzione in possesso – In genere mutamento del titolo per atto dello stesso possessore – Configurabilità – Conseguenze – Opposizione del detentore – Necessità – Esclusione.
Composta dagli III.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – Cons.Rel.
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
ha pronunclato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 8319/18 R.G. proposto da:
Mv. (C.F. omissis) e Sm. (C.F. omissis), rappresentati e difesi dall’avvocato Musu Maurizio (C.F. omissis), giusta procura in atti;
– ricorrenti
contro
Cf. (C.F. omissis), rappresentata e difesa dall’avvocato Balocco Duilio (C.F. omissis), giusta procura in atti;
– controricorrente
avverso la sentenza n. 749/2017 della Corte d’appello di Cagliari, depositata in data 02/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/12/2023 dal Consigliere Giuseppe Grasso;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dell’Erba Rosa Maria ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale; per la parte ricorrente l’avv. Musu Maurizio, riportandosi agli scritti difensivi già depositati, ha insistito per l’accoglimento del ricorso; per la parte resistente l’avv. Balocco Duilio, riportandosi agli scritti difensivi già depositati, ha insistito per l’accoglimento del ricorso incidentale e rigetto del ricorso principale.
Ai fini del mutamento della detenzione in possesso
FATTI DI CAUSA
1. CF. agì nei confronti di Mv. e Sm., chiedendo il rilascio di un immobile, del quale si era detta proprietaria testamentaria per successione in morte di Vs., detenuto senza titolo dai convenuti, i quali dedussero che la M., unitamente al di lei coniuge (defunto nel 2006) aveva posseduto con animo proprietario l’edificio sin dal 1990 e che il compossesso si era esteso a Sm. (figlio), fin dalla nascita di quest’ultimo (1995); proposero, di conseguenza, domanda riconvenzionale d’usucapione e, in subordine di condanna al rimborso delle spese sostenute per i lavori eseguiti sul bene.
2. Il Tribunale di Cagliari rigettò la domanda principale e accolse la riconvenzionale.
3. La Corte d’appello di Cagliari, ribaltando in parte la decisione di primo grado, rigettò la domanda riconvenzionale della M.
4. Il diverso opinamento del Giudice di secondo grado, consiglia, sia pure in sintesi, di riprendere il ragionamento decisorio della Corte locale, limitatamente a quel che ancora residua d’utile.
4.1. Accogliendo il secondo motivo dell’appellante Cf. la Corte territoriale sostiene che la M.. non aveva allegato che il rapporto con il bene era iniziato come possesso, bensì a titolo di detenzione e non aveva provato di aver compiuti atti idonei a mutare la seconda nel primo. La sentenza soggiunge che l’appellata aveva ammesso di avere ricevuto l’immobile per “donazione verbale” del proprietario Vs. e, pertanto, a cagione della palese nullità del contratto, dovevasi ritenere che avesse continuato a usufruire dell’immobile a titolo di mero comodato.
Per contro, aveva disatteso anche la domanda principale di rivendicazione addebitando alla M. di non aver assolto l’onere della prova sulla stessa incombente.
5. Mv. e Sm. proponevano ricorso avverso la sentenza d’appello sulla base di un solo motivo.
CF. resisteva con controricorso, in seno al quale avanzava ricorso incidentale fondato, anch’esso su un solo motivo.
6. II Consigliere relatore, formulava proposta ai sensi dell’allora vigente art. 380 bis cod. proc., di “improcedibilità per omesso deposito copia autentica della sentenza impugnata e relativa notifica”, rimettendo la causa alla trattazione in camera di consiglio non partecipata della Sezione Sesta.
7. La ricorrente depositava memoria, datata 13/2/2019. Con la memoria evidenziava di non essere incorsa nell’improcedibilità ipotizzata, stante che la sentenza impugnata non le era stata notificata e, quindi, al fine della verifica del rispetto del termine per ricorrere occorreva fare esclusivo riferimento al cd. termine lungo.
8. La Sez. Sesta, con ordinanza depositata il 4/4/2019, “considerato che appare opportuno rimettere la trattazione alla pubblica udienza non emergendo evidenza decisoria”, disponeva di conseguenza.
9. Fissata per la trattazione l’odierna pubblica udienza, il P.G. ha depositato conclusioni scritte.
Ai fini del mutamento della detenzione in possesso
RAGIONI DELLA DECISIONE.
1. Per non mancare di evidenziare la piena consapevolezza del Collegio sul punto è utile premettere all’esame del merito che, come affermato da questa Corte, “nel giudizio di cassazione la proposta di trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. non riveste carattere decisorio e non deve essere motivata, essendo destinata a fungere da prima interlocuzione fra il relatore e il presidente del collegio, senza che risulti in alcun modo menomata la possibilità per quest’ultimo, all’esito del contraddittorio scritto con le parti e della discussione in camera di consiglio, di confermarla o di non condividerla, con conseguente rinvio alla pubblica udienza della sezione semplice, in base all’art. 391 bis, comma 4, c.p.c.; né il contenuto e la funzione di tale disposizione sono mutati all’esito del Protocollo di intesa tra la Corte di cassazione, il Consiglio Nazionale Forense e l’Avvocatura generale dello Stato sull’applicazione del “nuovo rito” ai giudizi civili di cassazione, intervenuto in data 15 dicembre 2016, che ha previsto “l’informazione circa le ragioni dell’avvio del ricorso alla trattazione in adunanza camerale”. Ne consegue che in un giudizio di revocazione la suddetta proposta non può valere come indebita anticipazione del giudizio ad opera del consigliere relatore, né tantomeno comportare un obbligo di astensione di cui all’art. 51, n. 4, c.p.c.” (cfr. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 2720 del 05/02/2020 Rv. 657246 Sez. 6-3, Ordinanza n. 27305 del 07/10/2021 Rv. 662443). Ed ancora: ” in tema di ricusazione nell’ambito del procedimento di cassazione ex ar. 380-bis c.p.c., non ricorre l’obbligo di astensione di cui all’art. 51, n. 4, c.p.c., in capo al giudice relatore autore della proposta di cui al primo comma della citata disposizione, in quanto detta proposta non riveste carattere decisorio, essendo destinata a fungere da prima interlocuzione fra il relatore e il presidente del collegio, senza che risulti in alcun modo menomata la possibilità per il collegio, all’esito del contraddittorio scritto con le parti e della discussione in camera di consiglio, di confermarla o modificarla” (cfr. Sez. 6-2, Ordinanza n. 7541 del 16/03/2019 Rv. 653507).
2. Deve preliminarmente affermarsi la procedibilità del ricorso.
2.1. Appare utile una, pur sommaria, ricostruzione dei principi oramai consolidatisi, elaborati da questa Corte di legittimità in materia d’improcedibilità ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ.
Va subito anticipato che il complesso delle decisioni sul punto è stato diretto al fine di eliminare qualunque ostacolo non indispensabile per ricorrere al giudizio di legittimità, nell’ottica di elidere quelle preclusioni non direttamente correlate alla necessità d’assicurare l’ordinata e celere accesso al giudizio nel merito delle doglianze, fermo il dovere di autoresponsabilità della parte processuale, che, adendo la Corte, è chiamata al tempestivo deposito degli atti di cui all’art. 369 cit., strumentali alla verifica del diritto processuale all’esame della domanda di giustizia in sede di legittimità.
Si è così giunti ad affermare, quanto al rispetto dell’onere del tempestivo deposito della copia autentica della sentenza impugnata, che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata -redatta in formato elettronico e sottoscritta digitalmente, e necessariamente inserita nel fascicolo informatico-, priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 16 bis, comma 9 bis, del D.L. n. 179 del 2012, convertito dalla L. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il contro ricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all’originale; nell’ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio (S.U. n. 8312 del 25/03/2019, Rv. 653597-02; conf., ex multis, Cass. n. 3727, 12/02/2021).
Inoltre, solo se il ricorrente ha affermato essere stato avviato il termine breve per ricorrere, decorrente ai sensi dell’art. 326 cod. proc. civ., col fatto stesso di aver dichiarato che la sentenza impugnata gli era stata notificata dalla controparte, è suo preciso onere processuale (art. 369, co. 2, n. 2 cod. proc. civ.) dimostrare la non consumazione del dies ad quem, depositando la relata di notifica della sentenza in questione.
È evidente che, quanto al primo profilo, non si registra contestazione alcuna della controparte e, quanto al secondo, la parte ricorrente ebbe il dichiarare in ricorso che la sentenza impugnata non le era stata notificata, di talché era assoggettata solo al rispetto del cd. termine lungo e, nella specie, l’onere risulta assolto (la sentenza venne pubblicata il 2/8/2017 e il ricorso avviato alla notifica il 27/2/2018.
3. Con il ricorso principale viene denunciata violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 1141, co. 2, cod. civ.
Il nucleo fondamentale della doglianza investe la qualità del rapporto intercorso tra la res e la ricorrente. La circostanza che nel 1990 il proprietario dell’immobile aveva donato lo stesso alla esponente, che allo stesso titolo lo aveva accettato, mediante negozio nullo, perché privo della forma prescritta ad substantiam, non era di ostacolo alla volontà dell’originario proprietario di voler cedere la signoria di fatto sulla cosa e che quale posseditrice la M.. aveva goduto del fabbricato.
4. Con il ricorso incidentale viene denunciata “violazione, erronea e falsa applicazione” degli artt. 948, 2697, 2700 e 2727 cod. civ., per essere stata rigettata la domanda di rivendicazione della deducente, nonostante la produzione di pubblico testamento del 17/10/2012, can il quale Vs. aveva nominato la CF. (sua convivente) erede universale, della denuncia di successione e dell’estratto catastale. La Corte di merito aveva violato il principio dell’attenuazione elaborato in sede di legittimità, laddove il convenuto non contesti l’originarla appartenenza del bene rivendicato al comune autore o a uno dei danti causa dell’attore.
5. Il ricorso principale è fondato e, di conseguenza, quello incidentale resta assorbito.
5.1. La sentenza non si è attenuta e neppure ha preso in esame il principio di diritto affermato da questa Corte, secondo il quale ai fini del mutamento della detenzione in possesso, l’opposizione del detentore nei confronti del possessore, richiesta dal secondo comma dell’art. 1141 cod. civ., non è necessaria qualora il mutamento del titolo scaturisca da un atto dello stesso possessore a beneficio del detentore (nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto che il mutamento della detenzione in possesso si era verificato per avere il proprietario, sia pure con atto nullo per difetto di forma, donato il bene al conduttore e questi accettato, considerando tale momento utile ai fini del decorso del termine per l’usucapione) – Sez. 2, 16/04/2007, Rv. 596954 -.
Principio questo ribadito a riguardo di ogni altra fattispecie negoziale nulla dalla quale scaturisca, comunque, l’investitura possessoria in capo all’accipiens.
Così si è chiarito che ai fini del mutamento della detenzione in possesso, non è necessaria l’opposizione del detentore nei confronti del possessore, richiesta dal secondo comma dell’art. 1141 cod. civ., qualora il mutamento del titolo scaturisca da un atto dello stesso possessore a beneficio del detentore (nel caso di specie, la S.C. ha, perciò, confermato la sentenza impugnata, che aveva dichiarato l’acquisto di un fondo per usucapione, sul presupposto che il mutamento della detenzione in possesso si era verificato per avere l’ente proprietario, sia pure con atto nullo per difetto di forma, venduto l’immobile al conduttore accettandone la somma versatagli e senza che l’ente succeduto avesse preteso successivi versamenti o pigioni, considerando tale momento, verificatosi oltre venti anni prima dell’introduzione della domanda, utile ai fini del decorso del termine per l’usucapione)- Sez. 2, n. 13008, 27/05/2010, Rv. 613027-.
6. Accolto, pertanto il ricorso principale e dichiarato assorbito quello incidentale, la sentenza deve essere cassata con rinvio.
Il Giudice del rinvio deciderà la causa attenendosi al principio di diritto sopra richiamato e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
Ai fini del mutamento della detenzione in possesso
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio di 7 giorno dicembre 2023.
Depositato in Cancelleria l’8 gennaio 2024.
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