Aggravante dei futili motivi

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 10 settembre 2018, n. 40257.

La massima estrapolata:

Il motivo e’ futile quando la spinta al reato manca di quel minimo di consistenza che la coscienza collettiva esige per operare un collegamento accettabile sul piano logico con l’azione commessa, in guisa da risultare assolutamente sproporzionata all’entita’ del fatto e rappresentare, quindi, piu’ che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto, un’occasione per l’agente di dare sfogo al suo impulso.
La futilita’, cosi’ intesa agli effetti della legge penale, appartiene, dunque, alla sfera morale, in quanto offensiva di una regola etica propria del comune sentire, che assegna un particolare disvalore ad un’azione criminosa psicologicamente indotta da una causale irrisoria: la macroscopica inadeguatezza del movente contrasta con elementari esigenze di giustizia avvertite dalla collettivita’ civile.
Tuttavia, il paradigma a cui si rapporta il giudizio non puo’ essere astrattamente riferito ad una medianita’ comportamentale, peraltro difficilmente definibile in una realta’ sociale per molti versi disomogenea, ma va ancorato agli elementi concreti della fattispecie, tenendo conto delle connotazioni culturali del soggetto giudicato, nonche’ del contesto sociale in cui si e’ verificato l’evento e dei fattori ambientali che possono avere condizionato la condotta criminosa.

Sentenza 10 settembre 2018, n. 40257

Data udienza 29 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. TARDIO Angela – Consigliere

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere

Dott. CASA Filippo – rel. Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/01/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CASA FILIPPO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. ORSI LUIGI;
Il P.G. conclude chiedendo l’inammissibilita’ dei motivi di ricorso.
udito il difensore:
L’avvocato (OMISSIS) del foro di NOLA in difesa di (OMISSIS) conclude riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa in data 23.2.2016, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli dichiarava (OMISSIS) colpevole del reato di tentato omicidio aggravato dai futili motivi, commesso in danno di (OMISSIS) in (OMISSIS), e lo condannava, previo giudizio di equivalenza dell’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6), alla contestata aggravante, e con la riduzione di un terzo per il rito abbreviato, alla pena di nove anni di reclusione, oltre alle pene accessorie di legge.
In fatto, il (OMISSIS) era accusato di avere, dapprima schiaffeggiato e, poi, ripetutamente colpito con un coltello da cucina all’addome il (OMISSIS), il quale riportava lesioni al fianco sinistro che ne causavano il ricovero d’urgenza e la successiva asportazione della milza.
La circostanza aggravante dei futili motivi veniva fatta ricondurre a dissidi su questioni economiche, insorti nell’immediatezza del fatto, quando l’imputato, recatosi presso l’abitazione del (OMISSIS), era stato informato da costui della ribadita intenzione di cedere a (OMISSIS), genero del (OMISSIS), solo il 33% delle quote della societa’ ” (OMISSIS)” (anziche’ il 50%), proprietaria del ristorante denominato “(OMISSIS)”, con sede in (OMISSIS).
2. Con sentenza emessa in data 23.1.2017, la Corte di Appello di Napoli, ritenuta non operativa, su opposizione della difesa, la preliminare contestazione della recidiva semplice formulata dal Procuratore generale in udienza, preso atto della rinuncia al primo motivo di gravame concernente la richiesta riqualificazione giuridica del fatto come lesioni personali volontarie, in parziale riforma della prima decisione, riduceva la pena inflitta all’imputato nella misura di otto anni di reclusione, confermando, nel resto, la decisione appellata.
Ribadite, alla luce della confessione resa dall’imputato, nonche’ del contenuto delle sommarie informazioni testimoniali rese dalla persona offesa, da (OMISSIS) e da (OMISSIS), la sussistenza degli elementi costitutivi del tentato omicidio e l’ascrivibilita’ del fatto all’appellante, la Corte territoriale confermava la ravvisabilita’, nel caso di specie, della circostanza aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 1).
Evidenziavano, sul punto, i Giudici partenopei l’esistenza di forti dissapori fra la persona offesa e il genero dell’imputato (OMISSIS), riconducibili a un contenzioso riguardante la societa’ spagnola ” (OMISSIS)”.
Secondo la versione dei fatti resa dal (OMISSIS), il (OMISSIS) avrebbe raggirato il (OMISSIS) attraverso il riconoscimento del 33% delle quote societarie della predetta ” (OMISSIS)” anziche’ del 50%.
La persona offesa riferiva, dal canto suo, che gia’ nel mese di luglio aveva subito minacce dal (OMISSIS) se non avesse acconsentito ad intestare al genero la quota del 50% della societa’ spagnola.
In base a tale contesto, la Corte di appello osservava che, nel caso in esame, il rifiuto opposto dalla persona offesa di addivenire a detta cessione dovesse reputarsi uno stimolo esterno “tale da far apparire sproporzionata la gravita’ del reato, venendo a costituire mero pretesto per sfogo di un impulso criminale e indice della particolare pericolosita’ dell’imputato”, che legittimava l’applicazione di un piu’ severo trattamento punitivo.
Sul punto, il G.I.P. aveva stigmatizzato che l’imputato, nell’intento di salvaguardare gli interessi del genero, si fosse intromesso in un rapporto commerciale non suo e in una vicenda societaria gia’ portata al vaglio dell’Autorita’ giudiziaria spagnola, dal momento che (OMISSIS) aveva sporto querela in Spagna contro (OMISSIS) e i figli (OMISSIS) ed (OMISSIS).
Quanto al trattamento sanzionatorio, i Giudici del gravame condividevano il diniego di concessione al (OMISSIS) delle circostanze attenuanti generiche, formulato dal primo Giudice, in considerazione delle modalita’ esecutive dell’azione delittuosa, espressive di un’allarmante e spiccata propensione al crimine, nonche’ di una significativa intensita’ del dolo; la negativa personalita’ dell’imputato era dimostrata, fra l’altro, dalla precedente condanna subita per il reato di cui all’articolo 416-bis cod. pen.. Osservava, ancora, la Corte di merito, sul punto che, pur essendosi il (OMISSIS) presentato spontaneamente all’Autorita’ giudiziaria, ammettendo l’addebito, egli non aveva, tuttavia, dimostrato pieno ravvedimento per il delitto commesso, rendendo una versione dei fatti poi smentita dalle risultanze processuali.
Altrettanto condivisibile era la concessione della circostanza attenuante del risarcimento del danno con carattere di equivalenza alla contestata aggravante, non ritenendosi, ad avviso della Corte distrettuale, di poter addivenire ad un giudizio di prevalenza, come richiesto dall’appellante, alla luce della gravita’ dei fatti come emersi nel processo.
Si riteneva, in ogni caso, che, avuto riguardo a tutti i parametri di cui agli articoli 132 e 133 cod. pen., la pena finale potesse essere ridotta a otto anni di reclusione.
3. Ha proposto ricorso (OMISSIS), per il tramite dei difensori, articolando i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 61 c.p., n. 1).
La Corte territoriale aveva ritenuto che i motivi a delinquere, pur afferendo a un contrasto relativo ad affari di significativa rilevanza patrimoniale, verificatosi tra la famiglia della persona offesa e quella dell’imputato, dovessero essere inquadrati nell’ambito della circostanza aggravante contestata.
Con tale decisione, la Corte si era posta in netto contrasto con gli stessi principi di diritto da essa enunciati prima dell’analisi della fattispecie concreta, in base ai quali detta aggravante puo’ ravvisarsi solo quando la spinta alla realizzazione della condotta delittuosa sia di tale inconsistenza e banalita’ da assurgere a mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento gia’ ben definito nella sfera psichica del soggetto agente.
In particolare, i Giudici dell’appello avevano trascurato di valutare tutta la documentazione prodotta dalla difesa, dalla quale si ricavava come il genero del (OMISSIS) fosse stato oggetto di un vero e proprio raggiro attuato dal (OMISSIS) e dalla sua famiglia.
Sotto diverso profilo, la sentenza, in ogni caso, si manifestava illegittima, perche’, anche a voler prescindere dalla verifica in concreto del raggiro che l’imputato riteneva fosse stato attuato ai danni del genero, la Corte di merito non aveva spiegato le ragioni per le quali un litigio scaturito certamente da questione di enorme valore economico-patrimoniale costituisse, in base al comune sentire, un impulso cosi’ banale da integrare l’aggravante in parola.
3.2. Vizio di motivazione in relazione all’articolo 62-bis cod. pen..
La sentenza impugnata tendeva alla sistematica svalutazione dei dati evidenziati dalla difesa, senza, pero’, sviluppare alcun serio argomento idoneo a scardinarli.
Nello specifico, a sostegno dell’affermata intensita’ del dolo, la decisione aveva addotto argomenti del tutto illogici, trascurando di considerare che l’imputato aveva inferto un unico fendente, circostanza sintomatica di un animus necandi di scarsa intensita’ e di una estemporaneita’ dell’azione.
Di contro, era stata illogicamente svalutata la portata significante della confessione, ad avviso della Corte di Appello non espressiva di resipiscenza, quando il (OMISSIS), a brevissima distanza dal fatto e senza che nei suoi confronti fosse stata ancora elevata alcuna contestazione, era andato a presentarsi davanti al P.M. procedente assumendosi la responsabilita’ del ferimento del cognato (OMISSIS).
Ne’ era stata in alcun modo valutata in favore dell’imputato, sempre sotto il profilo del suo positivo comportamento processuale, la rinuncia al primo motivo di appello, incentrato sulla mancata riqualificazione del fatto come lesioni personali volontarie.
Tali circostanze rendevano assolutamente contraddittoria e illogica la decisione assunta in punto di bilanciamento delle circostanze e di diniego delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E’ fondato il primo motivo di ricorso, attinente alla circostanza aggravante dei futili motivi.
E’ principio consolidato, nell’interpretazione dell’articolo 61 c.p., n. 1), fornita dalla giurisprudenza di legittimita’, che il motivo e’ futile quando la spinta al reato manca di quel minimo di consistenza che la coscienza collettiva esige per operare un collegamento accettabile sul piano logico con l’azione commessa, in guisa da risultare assolutamente sproporzionata all’entita’ del fatto e rappresentare, quindi, piu’ che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto, un’occasione per l’agente di dare sfogo al suo impulso criminale (Sez. 1, n. 4819 del 17/12/1998, dep. 16/4/1999, Casile, Rv. 213378; Sez. 1, n. 4453 dell’11/2/2000, Dolce, Rv. 215806; Sez. 1, n. 29377 dell’8/5/2009, Albanese e altri, Rv. 244645; Sez. 1, n. 39261 del 13/10/2010, Mele, Rv. 248832).
La futilita’, cosi’ intesa agli effetti della legge penale, appartiene, dunque, alla sfera morale, in quanto offensiva di una regola etica propria del comune sentire, che assegna un particolare disvalore ad un’azione criminosa psicologicamente indotta da una causale irrisoria: la macroscopica inadeguatezza del movente contrasta con elementari esigenze di giustizia avvertite dalla collettivita’ civile.
Tuttavia, il paradigma a cui si rapporta il giudizio non puo’ essere astrattamente riferito ad una medianita’ comportamentale, peraltro difficilmente definibile in una realta’ sociale per molti versi disomogenea, ma va ancorato agli elementi concreti della fattispecie, tenendo conto delle connotazioni culturali del soggetto giudicato, nonche’ del contesto sociale in cui si e’ verificato l’evento e dei fattori ambientali che possono avere condizionato la condotta criminosa.
Questa Corte ha, altresi’, precisato che non puo’ definirsi “futile” il movente economico sotteso al fatto delittuoso, quando, in concreto, assuma, per l’imputato una significativa rilevanza e gravita’ (si veda, ad esempio, sul tema, Sez. 1, n. 26017 del 24/4/2013, Pannacci, n.m., citata dal ricorrente, in cui e’ stato affermato: “…il motivo che ha determinato l’imputato a compiere il gesto di estrema gravita’ in danno della moglie non e’ costituito dall’uso smodato del telefono da parte della vittima (fatto obiettivamente banale rispetto al delitto compiuto), ma dalla circostanza che il ricorso ai servizi telefonici di chiromanzia comportava costi tali da dimezzare il reddito dell’imputato, con le gravi ripercussioni sul bilancio familiare rilevate dal giudice di primo grado e non escluse nella sentenza impugnata. Ne consegue che il movente descritto dal giudice di merito non integra gli elementi costitutivi dell’aggravante dei futili motivi prevista dall’articolo 61 c.p., n. 1…”).
2. Cio’ detto sul piano dei principi, il Collegio ritiene che la Corte di Appello di Napoli abbia reso, a proposito della contestata aggravante, una motivazione lacunosa.
Occorre, in primo luogo, rilevare come gia’ nella rubrica incolpativa detta aggravante sconti una modalita’ di formulazione del tutto apodittica – “con l’aggravante di aver commesso per futili motivi (discussione sorta a seguito di questioni economiche)” -, lasciando, con siffatta prospettazione, addirittura, intendere che le “questioni economiche”, in ogni caso, debbano integrare “futili motivi”.
Il primo Giudice, poi, da’ un’interpretazione diversa alla futilita’ cosi’ come genericamente contestata, facendola coincidere, in concreto, con il fatto di essersi l’imputato “intromesso in un rapporto commerciale non suo e in una vicenda societaria gia’ portata al vaglio dell’autorita’ giudiziaria spagnola”.
La Corte di secondo grado, infine, svolge, al riguardo, una motivazione piuttosto tautologica, ritenendo che “il rifiuto da parte della persona offesa di addivenire a detta cessione (di quote della societa’ spagnola ” (OMISSIS)” nella misura del 33% anziche’ del 50%, n.d.e.) sia stimolo esterno tale da far apparire sproporzionata la gravita’ del reato…..
Si discosta, quindi, in toto dalla motivazione del primo Giudice – che non puo’, sul punto, neppure integrare la motivazione dei Giudici dell’appello, non avendo nessuna connessione logica con essa – e non valuta l’elemento cruciale, per stabilire la futilita’ o meno del movente, della concreta rilevanza dell’operazione economica coinvolgente il genero del ricorrente, sicche’, come correttamente dedotto in ricorso, la “banalita’ dello stimolo esterno” non appare compiutamente e logicamente valutata.
3. L’annullamento della sentenza relativamente alla circostanza aggravante dei futili motivi si estende, logicamente, alla determinazione del trattamento sanzionatorio, che, in caso di esclusione della citata aggravante in esito al giudizio di rinvio davanti ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli, andrebbe nuovamente valutato.
La censura sul diniego delle attenuanti generiche va, quindi, ritenuta assorbita.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla aggravante dei futili motivi e alla determinazione del trattamento sanzionatorio, rinviando, per nuovo giudizio su tali punti, ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli.

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