Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 27 marzo 2018, n. 7558.

Affinche’ l’affidamento etero-familiare possa essere disposto, occorre che, a causa di circostanze di carattere transitorio, i genitori del minore non siano in grado di offrirgli le cure che gli necessitano (L. 4 maggio 1983, n. 184, articolo 2, comma 1). L’affidamento familiare e’ cioe’ anch’esso posto a tutela del minore, ma, a differenza dell’adozione, non mira al definitivo inserimento di questi nella nuova famiglia, ed e’ diretto a sopperire ad una temporanea situazione di carenza della famiglia di origine. La situazione prevista quale presupposto dell’affidamento, ai sensi dei relativi articoli della L. n. 184 del 1983, come sostituiti dalla L. n. 149 del 2001, si differenzia radicalmente da quella che legittima la pronuncia della dichiarazione di adottabilita’, in quanto la mancanza di un ambiente familiare idoneo, che costituisce il presupposto di entrambi i provvedimenti, deve risultare nel primo caso meramente temporanea e superabile con il predetto affidamento, mentre nel secondo caso deve apparire insuperabile e tale da non poter essere ovviata se non attraverso l’interruzione del rapporto tra il minore e la sua famiglia di origine. Come e’ stato detto, la condizione in cui il minore si trova e’, in quel momento, identificabile con uno stato di abbandono, ma, trattandosi di una situazione non irreversibile, occorre ovviare a detta situazione con strumenti adeguati, senza compromettere i rapporti tra genitori e figlio. La situazione materiale in cui viene a trovarsi il minore al fine di giustificare l’affidamento familiare e quella che conduce alla pronuncia di adottabilita’ si differenziano dunque per la prognosi, in quanto la mancanza di ambiente familiare idoneo e’ considerata, nel primo caso, temporanea e superabile con il detto affidamento, mentre, nel secondo caso, si ritiene che essa sia insuperabile e che non vi si possa ovviare se non per il tramite della dichiarazione di adottabilita’.
Nell’accertare lo stato di adottabilita’ di un minore, deve in primo luogo esprimere una prognosi sull’effettiva ed attuale possibilita’ di recupero, attraverso un percorso di crescita e sviluppo, delle capacita’ e competenze genitoriali, con riferimento, in primo luogo, alla elaborazione, da parte dei genitori, di un progetto, anche futuro, di assunzione diretta della responsabilita’ genitoriale, caratterizzata da cura, accudimento, coabitazione con il minore, ancorche’ con l’aiuto di parenti o di terzi, ed avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali.

Ordinanza 27 marzo 2018, n. 7558
Data udienza 21 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16468/2017 proposto da:

(OMISSIS), domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) curatore speciale della minore (OMISSIS), Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Firenze;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1113/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 17/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2018 dal cons. DI MARZIO MAURO.

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza del 17 maggio 2017 la Corte d’appello di Firenze, sezione minorenni, ha respinto gli appelli proposti da (OMISSIS) nonche’ da (OMISSIS) nei confronti del Curatore speciale della minore (OMISSIS) e del Pubblico Ministero contro la sentenza con cui il locale Tribunale per i minorenni aveva dichiarato lo stato di adottabilita’ della minore, confermando la sospensione della loro responsabilita’ genitoriale e vietando gli incontri tra la stessa minore ed essi genitori.

A fondamento della decisione, la Corte territoriale, dopo aver esaminato e disatteso l’appello della (OMISSIS), ha attribuito all'(OMISSIS) una carenza attuale di competenze e di progettualita’, osservando che egli aveva chiesto il collocamento della figlia non gia’ presso di se’, ma presso la madre e/o la nonna materna, l’una inidonea, l’altra indisponibile, e che, quanto al riconoscimento della sua genitorialita’, non aveva allegato e tantomeno dimostrato di possedere alcuna risorsa da offrire alla minore, limitandosi a dolersi della condotta dei servizi sociali, che non avrebbero messo in atto misure idonee a sostenerlo nel suo progetto di vita familiare, progetto che d’altronde egli stesso aveva negato di condividere con la madre, fatta al contrario oggetto di atteggiamenti svalutativi e recriminatori, e che non poteva essere riconosciuto ad esso singolarmente, tenuto conto delle numerose segnalazioni di reati contro il patrimonio e la disciplina degli stupefacenti nonche’ della irregolarita’ della sua presenza sul territorio del italiano, con conseguente prognosi negativa circa la sua capacita’ di costruire un futuro insieme alla minore, tanto piu’ che il medesimo non aveva assicurato alcuna tutela alla nascitura, pernottando insieme alla (OMISSIS) durante la gestazione in una casa abbandonata fintanto che della donna non si erano fatti carico i servizi sociali.

2. – Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per quattro mezzi illustrati da memoria.

Gli intimati non hanno spiegato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene quattro motivi.

1.1. – Il primo motivo denuncia violazione dell’articolo 112 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere omesso di pronunciarsi sulla domanda di collocazione della minore in affidamento etero-familiare.

1.2. – Il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 184 del 1983, articoli 1 e 8 e articolo 15, n. 2, sotto il profilo della mancanza dei presupposti per la declaratoria dello stato di adottabilita’, ovvero della mancata verifica della transitorieta’ della condizione di mancanza di assistenza e della mancata verifica del presupposto del persistere della non disponibilita’ ad ovviare alla mancanza di assistenza materiale e morale, anche in combinato disposto con l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sul divieto di ingerenza nella vita familiare, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto la sussistenza dello stato di abbandono sulla base di circostanze risalenti, non piu’ attuali o comunque irrilevanti, se non inveritiere.

1.3. – Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 184 del 1983, articoli 1 e 8 e articolo 15, n. 2, in combinato disposto con l’articolo 8, comma 2, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, concernente il rispetto del diritto alla vita privata e familiare, censurando la sentenza impugnata per non avere il giudice del merito proposto misure alternative all’affidamento preadottivo, che non erano state minimamente prospettate, non essendo stati i genitori mai coinvolti in nessun tipo di intervento per tentare strade alternative all’adozione, neppure risultando dalla CTU che nell’arco temporale di durata dell’ipotetico affidamento etero-familiare il padre non avrebbe potuto ripristinare con successo il proprio progetto genitoriale.

1.4. – Il quarto motivo denuncia violazione dell’articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’articolo 1 del Protocollo sul divieto di discriminazione, censurando la sentenza impugnata sul rilievo che esso (OMISSIS) era stato ripetutamente oggetto di discriminazione, non solo laddove si era dato peso ad una CTU marcatamente discriminatoria, ma anche laddove il medesimo era stato quasi deriso per non avere una vita familiare da tutelare, ossia per non aver progettato di proseguire nella convivenza con la madre.

2. – Il ricorso va respinto.

2.1. – E’ infondato il primo motivo, concernente l’omessa pronuncia sull’affidamento etero-familiare.

Le ragioni dell’infondatezza discendono dalla coniugata considerazione di due principi.

Per un verso, sul piano processuale, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non basta ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma e’ necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: cio’ non si verifica, in particolare, quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (Cass. 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass. 20 settembre 2013, n. 21612; Cass. 11 settembre 2015, n. 17956).

Per altro verso, affinche’ l’affidamento etero-familiare possa essere disposto, occorre che, a causa di circostanze di carattere transitorio, i genitori del minore non siano in grado di offrirgli le cure che gli necessitano (L. 4 maggio 1983, n. 184, articolo 2, comma 1). L’affidamento familiare e’ cioe’ anch’esso posto a tutela del minore, ma, a differenza dell’adozione, non mira al definitivo inserimento di questi nella nuova famiglia, ed e’ diretto a sopperire ad una temporanea situazione di carenza della famiglia di origine. Questa Corte ha in proposito appunto chiarito che la situazione prevista quale presupposto dell’affidamento, ai sensi dei relativi articoli della L. n. 184 del 1983, come sostituiti dalla L. n. 149 del 2001, si differenzia radicalmente da quella che legittima la pronuncia della dichiarazione di adottabilita’, in quanto la mancanza di un ambiente familiare idoneo, che costituisce il presupposto di entrambi i provvedimenti, deve risultare nel primo caso meramente temporanea e superabile con il predetto affidamento, mentre nel secondo caso deve apparire insuperabile e tale da non poter essere ovviata se non attraverso l’interruzione del rapporto tra il minore e la sua famiglia di origine (Cass. n. 21206/2014; Cass. n. 10706/2010). Come e’ stato detto, la condizione in cui il minore si trova e’, in quel momento, identificabile con uno stato di abbandono, ma, trattandosi di una situazione non irreversibile, occorre ovviare a detta situazione con strumenti adeguati, senza compromettere i rapporti tra genitori e figlio. La situazione materiale in cui viene a trovarsi il minore al fine di giustificare l’affidamento familiare e quella che conduce alla pronuncia di adottabilita’ si differenziano dunque per la prognosi, in quanto la mancanza di ambiente familiare idoneo e’ considerata, nel primo caso, temporanea e superabile con il detto affidamento, mentre, nel secondo caso, si ritiene che essa sia insuperabile e che non vi si possa ovviare se non per il tramite della dichiarazione di adottabilita’ (Cass. n. 938/1992).

Nel caso in esame, (OMISSIS) aveva effettivamente chiesto di “collocare la minore in affidamento etero-familiare”, mentre la sentenza non contiene un’espressa disamina della fattibilita’ di una simile prospettiva. E, tuttavia, e’ cio’ nondimeno evidente che la Corte territoriale ha ritenuto di escludere anche nei suoi confronti una prognosi positiva in ordine al superamento dello stato di abbandono in cui la minore si trovava, esclusione invece espressamente formulata nei riguardi della (OMISSIS), alla quale sono state attribuite “carenze e difficolta’ stratificate, risalenti, non temporanee, delle quali, percio’, non si puo’ ragionevolmente supporre il superamento in tempi compatibili con le esigenze di assistenza e di cura della minore nel suo percorso di crescita”.

Difatti, nell’osservare che “ad analoga decisione di rigetto deve pervenirsi con riferimento al gravame interposto dall'(OMISSIS)” (pagina 10 della sentenza impugnata), la Corte d’appello ha evidenziato plurimi aspetti tutti convergenti a dimostrare l’insussistenza di ogni spazio per una prognosi positiva di superamento dello stato di abbandono della minore.

Ed invero la Corte d’appello:

-) ha riferito che l'(OMISSIS), come la (OMISSIS), non aveva contestato le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che aveva escluso, in relazione ad entrambi i genitori, oltre che alla nonna materna, le competenze genitoriali necessarie alla crescita ed allo sviluppo affettivo ed educativo della minore;

-) ha posto in evidenza la contraddittorieta’ della domanda dell’uomo, il quale, nel proporsi quale affidatario, aveva sollecitato da un lato il collocamento della minore anche presso la nonna ovvero la madre, ma, dall’altro lato, aveva mostrato nei confronti di quest’ultima un atteggiamento critico, svalutativo e recriminatorio;

-) ha sottolineato che l'(OMISSIS), nel lamentare di non essere stato preso in considerazione quale genitore singolo, non aveva pero’ neppure allegato di possedere risorse da dedicare alla figlia, ma si era limitato a lamentare che i servizi sociali non avessero adottato misure idonee a garantire il rispetto della sua “vita familiare”;

-) ha aggiunto che lo stesso (OMISSIS) non aveva neppur chiarito a quale progetto di vita familiare intendesse riferirsi, giacche’, escluso che tale progetto coinvolgesse la madre, restava da considerare che egli, presente in Italia dal 2009, aveva subito numerose segnalazioni per reati contro il patrimonio e la disciplina degli stupefacenti e, dopo aver scontato una condanna a pena detentiva, permaneva irregolarmente sul territorio nazionale;

-) ha posto l’accento sulla circostanza che l’uomo aveva fatto dimorare la (OMISSIS), nella fase di gestazione, in una casa abbandonata, ponendo cosi’ in essere una condotta tale da palesare il suo disinteresse per la tutela della nascitura;

-) ha infine ritenuto che la prognosi in ordine alla capacita’ dell'(OMISSIS) di realizzare un futuro insieme alla minore non potesse che essere negativa e che, dunque, sussistessero le condizioni dello stato di abbandono, evidentemente non transeunti, gia’ ritenute dal Tribunale. Ne discende, alla luce dei principi che si sono in precedenza richiamati, che la Corte d’appello, nel rigettare l’impugnazione complessivamente proposta dall'(OMISSIS), ha inequivocabilmente inteso escludere la transitorieta’ della neppure contestata situazione di abbandono e, dunque, la sussistenza dei presupposti per l’affidamento etero-familiare.

2.2. – E’ infondato il secondo motivo.

In generale questa Corte ha anche di recente ribadito che il giudice di merito, nell’accertare lo stato di adottabilita’ di un minore, deve in primo luogo esprimere una prognosi sull’effettiva ed attuale possibilita’ di recupero, attraverso un percorso di crescita e sviluppo, delle capacita’ e competenze genitoriali, con riferimento, in primo luogo, alla elaborazione, da parte dei genitori, di un progetto, anche futuro, di assunzione diretta della responsabilita’ genitoriale, caratterizzata da cura, accudimento, coabitazione con il minore, ancorche’ con l’aiuto di parenti o di terzi, ed avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali (Cass. n. 14436/2017).

Nel caso in esame, in realta’, non v’e’ dubbio, anzitutto, che lo stesso (OMISSIS), come evidenziato dalla Corte d’appello, abbia riconosciuto di essere privo all’attualita’ di capacita’ e competenze genitoriali, giacche’ non ha neppur chiesto che la minore gli venisse affidata, ma, dolendosi dell’omessa considerazione delle possibilita’ di costruzione nel tempo di una sua attitudine genitoriale come singolo, ha concluso per la restituzione della responsabilita’ genitoriale e per “collocare la minore in affidamento etero familiare o presso la madre e la nonna materna, ove la Corte ritenga ve ne siano le condizioni” (conclusioni cosi’ trascritte a pagina 3 della sentenza d’appello la quale ha evidenziato a pagina 10 che l'(OMISSIS) non aveva “chiesto il collocamento della figlia presso di se'”).

Dopodiche’, a fronte della valutazione compiuta dalla Corte d’appello, la quale, secondo quanto si e’ in precedenza visto, ha ritenuto di escludere, sotto l’aspetto prognostico, l’eventualita’ di un superamento dello stato di abbandono, il ricorrente si e’ limitato a generiche doglianze le quali si riassumono in cio’, che il giudice di merito, fondandosi su dati di fatto passati e non risolutivi, non avrebbe scrutinato a fondo le prospettive di acquisizione, da parte sua, di capacita’ e competenze genitoriali.

Cio’ detto, non puo’ viceversa ritenersi, come sostiene il ricorrente, che la situazione di abbandono sia stata valutata sulla base di fatti risalenti, non piu’ attuali o comunque irrilevanti, se non inveritieri, giacche’ la Corte territoriale, oltre a valorizzare elementi pregressi, ma certamente significativi per i fini della valutazione della non transitorieta’ dello stato di abbandono, attesa la loro manifesta gravita’, ha tratto argomento dalla consulenza tecnica d’ufficio, che aveva escluso l’idoneita’ dell’uomo e che, secondo quanto affermato nella sentenza impugnata, non era stata fatta neppure oggetto di contestazione.

Per il resto, il ricorrente, lungi dall’evidenziare l’elaborazione da parte sua di un progetto, anche futuro, di assunzione diretta della responsabilita’ genitoriale, caratterizzata da cura, accudimento, coabitazione con la minore, si e’ limitato a sostenere che l’istruttoria in proposito svolta non sarebbe stata sufficientemente approfondita, e che, d’altro canto, nessun concreto sostegno gli sarebbe stato offerto nella prospettiva di recupero della genitorialita’: ma non si comprende a quali specifici interventi concretamente abbia inteso riferirsi e che cosa il “sistema pubblico” cui egli si appella avrebbe dovuto fare per far germogliare in lui quelle capacita’ e competenze genitoriali per sua stessa ammissione al momento insussistenti.

Quanto all’approfondimento istruttorio, in questa sede il ricorrente, oltre a sollecitare una diversa valutazione di circostanze gia’ considerate dalla Corte d’appello (la condanna penale, la condizione di irregolare presenza sul territorio dello Stato, l’assenza di un progetto di vita familiare), il che esula evidentemente dalla cognizione della Corte di cassazione, tanto piu’ nel quadro di un motivo di violazione di legge, ha lamentato che i servizi sociali non avessero compiuto un’istruttoria sulla sua dichiarazione di essere residente a (OMISSIS), ma non risulta neppure che la questione fosse stata sollevata nel giudizio di merito, e nel ricorso non e’ neppur detto se, a tale indirizzo, esso (OMISSIS) abbia stabilito la propria abitazione, e con quali condizioni e caratteristiche.

2.3. – E’ infondato il terzo motivo.

Quest’ultimo ripropone sotto diverso angolo visuale alle censure di cui si e’ gia’ dato conto ed alle quali si gia’ risposto.

Ne’ ha senso dire che i giudici di merito avessero “il dovere di proporre misure alternative che non sono state minimamente prospettate” (cosi’ a pagina 18 del ricorso), giacche’ essi hanno ritenuto che lo stato di abbandono della minore non fosse reversibile e che, conseguentemente, non potesse darsi corso all’affidamento etero-familiare richiesto.

Il che e’ conforme al principio secondo cui, per un verso, compito del servizio sociale non e’ solo quello di rilevare le insufficienze in atto del nucleo familiare, ma, soprattutto, di concorrere, con interventi di sostegno, a rimuoverle, ove possibile, e che, per altro verso, ricorre la “situazione di abbandono” sia in caso di rifiuto ostinato a collaborare con i servizi predetti, sia qualora, a prescindere dagli intendimenti dei genitori – questa la valutazione nel caso di specie compiuta dal giudice di merito -, la vita da loro offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psico-fisico, cosicche’ la rescissione del legame familiare sia l’unico strumento che possa evitargli un piu’ grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilita’ affettiva (Cass. n. 7115/2011).

Per il resto, da pagina 18 a pagina 21, il ricorso si misura non gia’ con la sentenza d’appello, ma con quella del Tribunale, il che e’ evidentemente inammissibile.

2.4. – E’ infondato il quarto motivo.

Non ha difatti fondamento l’affermazione secondo cui il ricorrente sarebbe stato discriminato in quanto genitore singolo, giacche’ la Corte territoriale, come si e’ del resto gia’ visto, lungi dall’addebitargli l’assenza di un progetto di vita familiare con la madre, ha semplicemente affermato che l'(OMISSIS) non risultava avere alcun progetto in tal senso ne’ unitamente alla (OMISSIS), ne’ come singolo.

3. – Nulla per le spese. Trattandosi di procedimento e’ esente dal contributo unificato non si applica il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

4. – Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalita’ di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalita’ e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalita’ di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalita’ e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

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