Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 febbraio 2022| n. 5131.
Nell’adempimento dell’incarico professionale conferitogli, l’obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1176, comma 2, e 2236 cod. civ. impone all’avvocato di assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest’ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; di sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole. A tal fine, incombe su di lui l’onere di fornire la prova della condotta mantenuta, insufficiente al riguardo, dovendo ritenersi il rilascio da parte del cliente delle procure necessarie all’esercizio dello “jus postulandi”, attesa la relativa inidoneità ad obiettivamente ed univocamente deporre per la compiuta informazione in ordine a tutte le circostanze indispensabili per l’assunzione da parte del cliente di una decisione pienamente consapevole sull’opportunità o meno d’iniziare un processo o intervenire in giudizio (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile il decreto impugnato con il quale il tribunale adito aveva respinto l’opposizione allo stato passivo presentata dal ricorrente per ottenere il riconoscimento del proprio credito quale compenso per le prestazioni di opera intellettuale svolte in adempimento di un contratto di consulenza professionale stipulato con una società azionaria poi fallita, avente ad oggetto l’assistenza tecnico-professionale per la prosecuzione della riorganizzazione del gruppo industriale; in particolare, secondo il giudice del merito, il professionista ricorrente, incaricato dell’assistenza di un soggetto ormai prossimo alla decozione, consapevole del difetto dei presupposti per il salvataggio dell’impresa coi mezzi proposti, avrebbe dovuto astenersi dall’attività di consulenza, senza aggravare le perdite, essendo per altro l’oggetto del contratto e della prestazione impossibile e contrario ai principi del sistema fallimentare che vietano atti di aggravamento del dissesto o infruttuosi per la massa)
Ordinanza|16 febbraio 2022| n. 5131
Data udienza 2 dicembre 2021. Adempimento dell’incarico professionale
Integrale
Tag/parola chiave: FALLIMENTO E PROCEDURE CONCORSUALI – OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere
Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 28448/2015 proposto da
(OMISSIS), (CF (OMISSIS)), rapp.to e difeso per procura in calce al ricorso dagli avv. (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati presso quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a., in liquidazione, in persona del curatore;
– intimato –
avverso il decreto n. 4540 del 7 ottobre 2015, del Tribunale di Salerno;
letta la requisitoria del P.G. A. M. Soldi che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2021 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola.
Adempimento dell’incarico professionale
RILEVATO
che:
Con decreto del 7 ottobre 2015, il Tribunale di Salerno respingeva l’opposizione al passivo presentata da (OMISSIS) volta ad ottenere il riconoscimento del credito di Euro 43.160, oltre Iva ed interessi, quale compenso per le prestazioni di opera intellettuale svolte in adempimento di un contratto di consulenza professionale stipulato in data (OMISSIS) con la societa’ (OMISSIS) s.p.a., poi fallita, avente ad oggetto l’assistenza tecnico-professionale per la prosecuzione della riorganizzazione del (OMISSIS) e la creazione di una societa’ holding e di societa’ controllate necessarie per le esigenze di razionalizzazione del gruppo in diversi settori.
Osservava il tribunale che dalla documentazione acquisita si evinceva che, nell’analisi aziendale operata in occasione di un precedente mandato professionale del (OMISSIS), il ricorrente aveva evidenziato l’improcrastinabile necessita’ di incidere sui costi di produzione, e che nemmeno una mera riduzione di essi si sarebbe rivelata funzionale al riordino aziendale; nella relazione del 26 aprile 2007 si rappresentava, poi, che il sistema informativo dell’azienda non era in grado di determinare i costi di produzione per il singolo prodotto e che il risanamento postulava un piano di intervento supportato da numeri credibili e verificati, ribadendosi che si produceva ad un costo piu’ alto del prezzo di mercato e che era a rischio la sopravvivenza aziendale.
Secondo il tribunale, a fronte di tale quadro, a parte l’esiguita’ della documentazione prodotta a fondamento della domanda, doveva richiamarsi il principio, enunciato dalla giurisprudenza di merito, secondo il quale il professionista adito per la assistenza di un soggetto ormai prossimo alla decozione, ove consapevole del difetto dei presupposti per il salvataggio dell’impresa coi mezzi proposti, deve astenersi dall’attivita’ di consulenza, senza aggravare le perdite, essendo per altro l’oggetto del contratto e della prestazione impossibile e contrario ai principi del sistema fallimentare che vietano atti di aggravamento del dissesto o infruttuosi per la massa.
Avverso tale decreto (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La curatela e’ rimasta intimata. Il ricorrente ha depositato memoria. Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
Adempimento dell’incarico professionale
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione ovvero la violazione o falsa applicazione di norme di diritto o l’omesso esame circa un fatto decisivo (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5). In particolare il ricorrente evidenzia di aver impugnato il provvedimento del giudice delegato anche in ragione del richiamo operato al procedimento penale, pendente innanzi al Tribunale di Salerno, che lo vedeva imputato per concorso in bancarotta. Il giudice delegato aveva escluso il credito dal passivo fallimentare “anche perche’ la prestazione e’ considerata penalmente illecita nel decreto che dispone il giudizio avverso il professionista ove il fallimento e’ considerato parte offesa per Euro 52.241,60”. Poiche’, dunque, la curatela si era costituita come persona offesa nel procedimento penale, il giudice delegato, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto, in applicazione dell’articolo 75 c.p.p., ammettere il credito con riserva, ai sensi della L.Fall., articolo 96, in attesa della definizione del processo penale, tanto piu’ che nel procedimento penale la curatela aveva prospettato l’esistenza di un controcredito risarcitorio pari ad Euro 52.241,60.
2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione ovvero la violazione o falsa applicazione di norme di diritto o l’omesso esame circa un fatto decisivo (ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5), evidenziando che il richiamo fatto dal giudice delegato all’illiceita’ della prestazione, attesa la pendenza del procedimento penale, contrasta con la presunzione di innocenza, laddove nessuna rilevanza poteva assegnarsi al decreto che dispone il giudizio che, del resto, formulava un’ipotesi accusatoria del tutto infondata. Tali rilievi, benche’ formulati nel ricorso in opposizione, sarebbero stati del tutto trascurati dal tribunale in sede di opposizione.
2.1. I primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione, sono inammissibili.
Adempimento dell’incarico professionale
2.2. Essi, infatti, affrontano un profilo che non e’ stato proprio trattato dal tribunale che ha incentrato le ragioni del rigetto su ben altri profili: il tribunale, infatti, ha considerato dirimente, “a parte l’esiguita’ della documentazione posta a fondamento della domanda”, la violazione del dovere di astensione riguardo ad un’attivita’ di consulenza consapevolmente prestata a favore di un soggetto prossimo allo stato di decozione (e cio’, dunque, del tutto indipendentemente dalla pendenza del procedimento penale).
2.3. Il ricorrente, quindi, sottopone a censura un aspetto che, pur se trattato dal giudice delegato, non ha costituito in alcun modo il fondamento negativo della decisione impugnata, che affonda le proprie radici in altro fatto, del tutto preliminare, considerato dal tribunale da solo sufficiente a giustificare il rigetto, senza che cio’ possa integrare il vizio di omesso esame di un fatto decisivo non avendo il ricorrente nemmeno allegato (e nemmeno potendolo fare, sussistendo altro profilo da solo idoneo a fondare l’esclusione del credito) la decisivita’ dei fatti trascurati.
3. Il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L.Fall., articolo 33, articolo 2697 c.c., articolo 112 c.p.c.), nonche’ l’omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione, evidenziando la scorrettezza dell’assunto secondo il quale il professionista, adito da un soggetto prossimo alla decozione, ove consapevole del difetto dei presupposti per il salvataggio dell’impresa con i mezzi proposti, dovrebbe astenersi dall’attivita’ di consulenza al fine di evitare l’aggravamento delle perdite. Del resto il tribunale avrebbe del tutto errato nel ritenere che il professionista fosse a conoscenza del dissesto societario, in quanto l’insolvenza non era ancora attuale e le stesse banche, che avevano erogato prestiti di significativa entita’, non si erano avvedute di nulla.
4. Il quarto motivo lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articoli 2229 e 2233 c.c., articolo 112 c.p.c.), nonche’ l’omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione, avendo il tribunale operato una valutazione ex post, ingiustificatamente escludendo l’utilita’ anche solo potenziale dell’attivita’ svolta dal ricorrente, laddove le obbligazioni assunte dal professionista sono di mezzi e non di risultato e, nel caso in esame, fondate su un contratto avente data certa anteriore alla procedura concorsuale.
4.1. I due motivi, che in quanto strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Adempimento dell’incarico professionale
4.2. Premesso che il tribunale ha preliminarmente rilevato l’esiguita’ della documentazione posta dalla parte a fondamento della domanda, la principale ragione del rigetto e’ stata correttamente fondata sulla violazione dei doveri di diligenza assunti dal professionista mediante il contratto di opera professionale.
4.3. Come giustamente osservato dal P.G., “non vi sono, peraltro, ragioni per escludere che la violazione del dovere di diligenza possa consistere nell’aver omesso di informare il cliente inducendolo a conferire un incarico del tutto inutile ed anzi dannoso per le risorse dell’impresa che potrebbe vedersi costretta ad esborsi inappropriati perche’ finalizzati ad un obiettivo ipoteticamente favorevole” ma nei fatti irraggiungibile.
4.4. Tale assunto trova conferma nella giurisprudenza di legittimita’: Cass. 19/07/2019, n. 19520, in relazione ai doveri informativi a carico dell’avvocato, ha affermato un principio chiaramente suscettibile di regolare le asimmetrie informative in ogni contratto d’opera professionale (compreso il presente caso), laddove afferma che “Nell’adempimento dell’incarico professionale conferitogli, l’obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto di cui all’articolo 1176 c.c., comma 2, e articolo 2236 c.c. impone all’avvocato di assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest’ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; di sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole. A tal fine incombe su di lui l’onere di fornire la prova della condotta mantenuta, insufficiente al riguardo, dovendo ritenersi il rilascio da parte del cliente delle procure necessarie all’esercizio dello “jus postulandi”, attesa la relativa inidoneita’ ad obiettivamente ed univocamente deporre per la compiuta informazione in ordine a tutte le circostanze indispensabili per l’assunzione da parte del cliente di una decisione pienamente consapevole sull’opportunita’ o meno d’iniziare un processo o intervenire in giudizio”.
5. Di tali principi il decreto impugnato ha fatto buon governo, sicche’ il ricorso va rigettato, mentre nessuna statuizione va adottata riguardo alle spese del presente giudizio di legittimita’ essendo rimasta intimata la parte vittoriosa.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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