Actio de tigno iuncto

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|16 maggio 2022| n. 15582.

Actio de tigno iuncto

La actio de tigno iuncto, di cui all’articolo 876 del codice civile, ha a oggetto l’obbligazione indennitaria per l’innesto di un capo di muro sul muro a confine. Ne consegue che essa, considerata la diversità della causa petendi, non può ritenersi compresa nell’azione risarcitoria per violazione delle distanze, ai sensi dell’articolo 873 del codice civile.

Sentenza|16 maggio 2022| n. 15582. Actio de tigno iuncto

Data udienza 7 aprile 2022

Integrale

Tag/parola chiave: EDILIZIA ED URBANISTICA – DISTANZE LEGALI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi G. – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 27752-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS);
COMUNE MANERBA DEL GARDA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrenti –
nonche’ contro
(OMISSIS) S.N.C.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 967/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 13/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/04/2022 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;
viste le conclusioni scritte depositate dal P.G., nella persona del Sostituto Dott.ssa DELL’ERBA ROSA MARIA, la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex articolo 700 c.p.c. (OMISSIS) evocava (OMISSIS) innanzi il Tribunale di Brescia, sezione distaccata di Salo’, invocandone la condanna a consentirgli l’accesso alla sua proprieta’, sita nel centro storico del comune di (OMISSIS), per ultimare i lavori di ristrutturazione dell’attigua proprieta’ del ricorrente. Si costituiva la (OMISSIS), resistendo alla domanda ed eccependo che le opere eseguite dall’ (OMISSIS), consistenti nella sopraelevazione di un edificio, non erano conformi al titolo autorizzativo dal medesimo ottenuto.
Il Tribunale concedeva il provvedimento di urgenza invocato, fissando termine per l’inizio della fase di merito, nel corso della quale la (OMISSIS) chiamava in causa il comune di Manerba del Garda e l’impresa appaltatrice dei lavori, ritenendoli responsabili in solido con l’ (OMISSIS), e spiegava domanda riconvenzionale per la demolizione della sopraelevazione dallo stesso realizzata ed il risarcimento del danno. All’esito del giudizio di prime cure, con sentenza n. 237/2008, il Tribunale accoglieva la domanda, dichiarando inammissibile la domanda riconvenzionale relativa all’accertamento della legittimita’ dell’opera edile di cui e’ causa, per difetto di giurisdizione.
Interponeva appello avverso detta decisione la (OMISSIS) e la Corte di Appello di Brescia, con la sentenza impugnata, n. 967/2016, resa nella resistenza dell’ (OMISSIS), del Comune di Manerba del Garda e della ditta appaltatrice, rigettava il gravame, ritenendo precluse le censure relative ai provvedimenti autorizzativi dell’intervento edilizio realizzato dall’ (OMISSIS), in difetto di loro tempestiva impugnazione innanzi il giudice amministrativo, e comunque ininfluente la questione, posto che la controversia aveva ad oggetto rapporti tra privati confinanti; in relazione a questi ultimi, il giudice di appello riteneva che le norme in tema di distanze non fossero state violate.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS), erede di (OMISSIS), affidandosi a sei motivi.
Resistono con separati controricorsi (OMISSIS) ed il Comune di Manerba del Garda. La ditta appaltatrice (OMISSIS) s.n.c., intimata, non ha svolto attivita’ difensiva nel presente giudizio di legittimita’.
In prossimita’ dell’udienza pubblica, la parte ricorrente ed il Comune di Manerba del Garda hanno depositato memoria.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

Actio de tigno iuncto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 1 c.p.c., della L. n. 248 del 1865, allegato E, articoli 4 e 5 del Decreto Legislativo n. 80 del 1998, articolo 34 e del Decreto Legislativo n. 104 del 2010, articolo 133, lettera F perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente declinato la propria giurisdizione sulla domanda proposta dalla (OMISSIS) la quale non aveva invocato l’annullamento dei titoli autorizzativi in base ai quali l’ (OMISSIS) aveva realizzato la sopraelevazione oggetto di causa, bensi’ dedotto la contrarieta’ di dette opere alla normativa urbanistico – edilizia, regionale e nazionale, ed a quella in materia di tutela del paesaggio, e lamentato il danno arrecato alla sua proprieta’ esclusiva. L’accertamento sulla legittimita’ dei provvedimenti amministrativi, dunque, avrebbe dovuto essere esaminata in via incidentale.
Con il terzo motivo, che per ragioni logiche va esaminato prima del secondo, la parte ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c., perche’ la Corte di Appello non si sarebbe pronunciata sulla domanda concernente l’accertamento della contrarieta’ di quanto realizzato dall’ (OMISSIS) rispetto alla normativa urbanistico – edilizia.
Con il quarto motivo, da scrutinare insieme al primo e al terzo, la ricorrente lamenta invece la violazione degli articoli 872, 2056 e 1226 c.c., perche’ la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare la circostanza che l’ (OMISSIS) aveva ottenuto un provvedimento di sanatoria in relazione alla sopraelevazione realizzata. Ad avviso della ricorrente, tale fatto dimostrerebbe che quanto costruito dal predetto (OMISSIS) non era conforme alle norme in materia urbanistico – edilizia, e la Corte distrettuale non avrebbe speso neanche una parola in argomento.

 

Actio de tigno iuncto

 

Le tre censure, suscettibili di esame congiunto, sono fondate.
In materia di distanze da osservare fra le costruzioni, l’articolo 873 c.c. e le disposizioni dei regolamenti locali ivi richiamati, pur essendo dirette ad assicurare la salvaguardia di interessi generali, disciplinano, nei rapporti interprivati, tipiche situazioni di diritto soggettivo, la cui tutela appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, sia che venga in rilievo la norma codificata, sia che si applichi, invece, quella regolamentare, con l’unica differenza che, nel primo caso, compete al privato la facolta’ di ottenere la rimozione dell’opera eseguita contra legem, mentre nella seconda ipotesi la tutela e’ limitata al risarcimento del danno (Cass. Sez. U, Sentenza n. 11260 del 15/10/1992, Rv. 478937).
Nell’ambito delle norme dei regolamenti locali edilizi, hanno carattere integrativo delle disposizioni dettate nelle materie disciplinate dagli articoli 873 c.c. e ss. quelle dirette a completare, rafforzare, armonizzare con il pubblico interesse di un ordinato assetto urbanistico, la disciplina dei rapporti intersoggettivi di vicinato. Non rivestono, invece, tale carattere le norme che hanno come scopo principale la tutela di interessi generali urbanistici, quali la limitazione del volume, dell’altezza e della densita’ degli edifici, le esigenze dell’igiene, della viabilita’, la conservazione dell’ambiente ed altro. In questa seconda ipotesi, la tutela accordata al privato, nel caso di violazione della norma, rimane limitata al risarcimento del danno eventualmente subito (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 5508 del 07/06/1994, Rv. 486916; in termini, cfr. anche. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10775 del 15/12/1994, Rv. 489237; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7154 del 23/06/1995, Rv. 493066; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7185 del 04/08/1997, Rv. 506404; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5719 del 10/06/1998, Rv. 516275; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16094 del 29/07/2005, Rv. 583411).

 

Actio de tigno iuncto

 

Le controversie tra proprietari di fabbricati vicini relative all’osservanza di norme che prescrivono distanze tra le costruzioni o rispetto ai confini appartengono dunque alla giurisdizione del giudice ordinario, senza che rilevi l’avvenuto rilascio del titolo abilitativo all’attivita’ costruttiva, la cui legittimita’ potra’ essere valutata incidenter tantum dal giudice ordinario attraverso l’esercizio del potere di disapplicazione del provvedimento amministrativo, a meno che la domanda risarcitoria non sia diretta anche nei confronti della P.A. per far valere l’illegittimita’ dell’attivita’ provvedimentale, sussistendo, in questo caso, la giurisdizione del giudice amministrativo (Cass., Sez. U Ordinanza n. 13673 del 16/06/2014, Rv. 631630).
In caso di violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni, e’ dunque concessa l’azione risarcitoria per il danno determinatosi prima della riduzione in pristino, senza la necessita’ di una specifica attivita’ probatoria, perche’ il danno che il proprietario subisce – da qualificare come danno conseguenza, e non danno evento – e’ l’effetto (certo) dell’abusiva imposizione di una servitu’ a carico del proprio fondo e quindi della limitazione del suo godimento, che si traduce in una diminuzione temporanea del valore della proprieta’ medesima. Nel caso in cui siano violate disposizioni non integrative delle norme sulle distanze, viceversa, mancando un asservimento di fatto del fondo contiguo, la prova del danno e’ richiesta ed il proprietario e’ tenuto a fornirne una dimostrazione precisa, sia in ordine alla sua potenziale esistenza che alla sua entita’ obiettiva, in termini di amenita’, comodita’, tranquillita’ ed altro (cfr., in proposito, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 7752 del 27/03/2013, Rv. 625902).
In tema di proprieta’ edilizia, la disposizione di cui all’articolo 869 c.c. -secondo la quale i proprietari d’immobili siti nel territorio dei Comuni dove sono formati piani regolatori devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti- va coordinata con quella di cui al successivo articolo 872 c.c., che attribuisce al privato la tutela risarcitoria del proprio diritto soggettivo a seguito della violazione delle norme urbanistiche integrative del codice civile, senza subordinarla all’annullamento di provvedimenti amministrativi eventualmente adottati dalla P.A. (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 742 del 20/01/2003, Rv. 559868).
In tema di danno per violazione delle norme di edilizia, dunque, e’ l’abusivita’ ed illegittimita’ della costruzione a fondare la pretesa risarcitoria, essendo sufficiente all’attore fornire elementi utili all’individuazione del pregiudizio, come effetto diretto ed immediato dell’illecito (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6045 del 11/03/2013, Rv. 625754).
In definitiva, da un lato, la realizzazione di opere in violazione di norme recepite dagli strumenti urbanistici locali, diverse da quelle in materia di distanze, non comporta immediato e contestuale danno per i vicini, il cui diritto al risarcimento presuppone l’accertamento di un nesso tra la violazione contestata e l’effettivo pregiudizio subito. La prova di tale pregiudizio, dunque, dev’essere fornita dagli interessati in modo preciso, con riferimento alla sussistenza del danno ed all’entita’ dello stesso (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24387 del 01/12/2010, Rv. 615001; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7909 del 12/06/2001, Rv. 547411). Dall’altro lato, il danno conseguente alla violazione delle norme del codice civile ed integrative di queste, relative alle distanze nelle costruzioni, si identifica nella violazione stessa, costituendo un asservimento de facto del fondo del vicino al quale, pertanto, compete il risarcimento del danno, senza la necessita’ di una specifica attivita’ probatoria, in relazione alla perdita di amenita’, comodita’, tranquillita’ ed altro: prova, questa, che invece e’ necessaria in caso di violazione di norme speciali di edilizia non integrative della disciplina del codice (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3199 del 11/02/2008, Rv. 601620).

 

Actio de tigno iuncto

 

Nel caso di specie, la sentenza impugnata da atto che la (OMISSIS) aveva spiegato “… domanda riconvenzionale di demolizione delle opere realizzate dall’attore in violazione dei suoi diritti e di risarcimento dei danni a suo dire imputabili all’attore in solido con i terzi chiamati conseguenti alla realizzazione degli interventi eseguiti in violazione delle norme di legge” (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata). La Corte di Appello ha ritenuto che l’appellante avesse, in tal modo, confuso “… i due piani, civilistico e amministrativo” ed ha ravvisato la carenza di giurisdizione sulla predetta domanda riconvenzionale, dal momento che in forza del Decreto Legislativo n. 80 del 1998, articolo 34, comma 1 e’ stata devoluta al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle Amministrazioni Pubbliche in materia urbanistica ed edilizia (Corte Cost. n. 204/04)” (cfr. pag. 7 della sentenza).
In realta’, tale affermazione contrasta con il consolidato insegnamento di questa Corte, secondo cui, se da una parte la tutela demolitoria e’ riservata alla violazione delle sole norme in tema di distanze, integrative delle disposizioni di cui agli articolo 873 c.c. e ss., d’altra parte e’ sempre consentita la tutela risarcitoria, anche a fronte della violazione di norme regolamentari locali non direttamente integrative della disciplina codicistica poc’anzi richiamata. Tutela, quest’ultima, da esercitare dinanzi il giudice ordinario, il quale, a fronte di una domanda di risarcimento del danno per violazione delle norme di edilizia fondata, oltreche’ sul mancato rispetto delle distanze dai confine, anche sulla difformita’ della costruzione dalle prescrizioni comunali, deve valutare l’esistenza di eventuali danni connessi al carattere amministrativamente illecito dell’opera, in quanto detta richiesta e’ implicita nella domanda risarcitoria di cui sopra. Con l’ulteriore conseguenza che non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice ordinario che, investito di tale domanda risarcitoria, riconosca danni consistenti in diminuzione di visuale, amenita’ e soleggiamento del fondo dell’attore in conseguenza dell’opera edilizia illegittimamente realizzata dal confinante (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11163 del 24/12/1994, Rv. 489419).
Ne’ poteva la Corte distrettuale esimersi dall’esaminare la domanda riconvenzionale proposta dalla dante causa dell’odierna ricorrente, sulla base del rilievo che “… il sopralzo non risulta fronteggiare l’immobile della sig.ra (OMISSIS)” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata), poiche’ se nel caso di violazione delle distanze legali, legittimato a proporre la domanda gli riduzione in pristino e’ soltanto il proprietario di una preesistente e fronteggiante fabbrica, rispetto alla quale la nuova costruzione venga a trovarsi a distanza inferiore a quella legale, e non anche quello di altre fabbriche non frontistanti, quantunque comprese nello stesso edificio o nella stessa zona, rimane salvo il diritto del secondo al risarcimento del danno, ov’egli dimostri di aver subito un concreto pregiudizio economico per la diminuzione di aria, luce, panoramicita’ o soleggiamento dell’edificio (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6581 del 10/06/1991, Rv. 472609; in termini, cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1659 del 16/02/1988, Rv. 457683, secondo la quale la violazione delle norme di edilizia concernenti l’altezza delle costruzioni integra un illecito di carattere permanente, sostanziandosi il danno nella privazione dei vantaggi della veduta e dell’aereazione derivanti alle costruzioni sui fondi finitimi dal reciproco rispetto dei limiti massimi di altezza stabiliti, con la conseguenza che il corso della prescrizione del diritto al risarcimento del danno ha inizio soltanto a decorrere dalla riduzione dell’edificio).

 

Actio de tigno iuncto

 

L’accoglimento, nei termini indicati, delle censure appena scrutinate implica l’assorbimento del secondo motivo, con il quale la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 24 e 111 Cost., della L. n. 34 del 1971, articolo 30, del Decreto Legislativo n. 80 del 1998, articolo 34, della L. n. 69 del 2009, articolo 59 nonche’ dei principi affermati dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 77 del 2007, e dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 4109 del 2007. Secondo la ricorrente, la Corte di Appello, una volta declinata la giurisdizione sulla domanda proposta dalla (OMISSIS), avrebbe dovuto esimersi dalla pronuncia nel merito, limitandosi ad assegnare termine di legge per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice dotato di giurisdizione.
Con il quinto motivo, la parte ricorrente denuncia la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 31, 32 e 33 della Legge Regionale Lombardia n. 19 del 1992, articoli 1 e 3 e del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 167 perche’ la Corte di Appello avrebbe dovuto comunque ordinare la demolizione dell’opera contestata, nella parte in cui essa integrava una variazione essenziale del progetto originariamente Autorizzato.
La censura e’ infondata.
In base alla giurisprudenza richiamata in relazione al primo, terzo e quarto motivo di ricorso, non e’ consentita la tutela demolitoria in relazione all’opera che sia stata realizzata in difformita’ alle prescrizioni regolamentari locali, ed alla normativa urbanistica ed edilizia, poiche’ tale forma di protezione e’ riservata alle sole ipotesi di violazione delle norme locali aventi carattere integrativo della disciplina di cui agli articolo 873 c.c. e ss.. Il profilo dell’essenzialita’ della variazione, rispetto al progetto approvato, puo’ dunque rilevare ai fini dell’entita’ del risarcimento da accordare alla parte lesa, ma non autorizza certamente il riconoscimento della tutela reale a contenuto demolitorio, in assenza di profili di violazione delle norme a contenuto integrativo della richiamata disciplina codicistica.
Con il sesto ed ultimo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione degli articoli 183 e 101 c.p.c., perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente configurato la legittimita’ dell’opera realizzata dall’ (OMISSIS) in base alla previsione di cui all’articolo 876 c.c., senza considerare che il predetto soggetto non aveva mai formulato alcuna deduzione in tal senso. Ad avviso della ricorrente, si configurerebbe una pronuncia su una questione rilevabile d’ufficio, in relazione alla quale il giudice di merito avrebbe dovuto assegnare alle parti un termine per dedurre.
La doglianza e’ infondata.
La causa aveva ad oggetto, sin dal principio, la legittimita’ della sopraelevazione realizzata dall’ (OMISSIS) e la domanda di demolizione e risarcimento del danno proposta dalla (OMISSIS). La corte di appello si e’ limitata ad osservare che, in assenza di disposizione del regolamento locale che imponga il rispetto di un distacco minimo dal confine o tra i fabbricati, si applica la regola codicistica che autorizza la costruzione in appoggio al muro posto sul confine (articolo 876 c.c.). La Corte di merito non ha affatto rilevato, d’ufficio, una questione nuova non compresa nelle domande e nelle difese proposte dalle parti, onde non era tenuta a concedere alcun termine a queste ultime.
Peraltro, la decisione e’, sul punto, coerente con l’insegnamento di questa Corte, che ha avuto modo di affermare:
a) da un lato, che “In tema di distanze tra edifici, il principio della prevenzione e’ escluso solo in presenza di una norma del regolamento edilizio comunale che prescriva una distanza tra fabbricati con riguardo al confine, con lo scopo di ripartire equamente tra i proprietari confinanti l’obbligo di salvaguardare una zona di distacco tra le costruzioni. Ne consegue che, in assenza di una siffatta previsione, deve trovare applicazione il principio della prevenzione, potendo il prevenuto costruire in aderenza alla fabbrica realizzata per prima, se questa sia stata posta sul confine o a distanza inferiore alla meta’ del prescritto distacco tra fabbricati” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 5146 del 21/02/2019, Rv. 652701);
b) e, dall’altro lato, che “In tema di distanze legali, il principio della prevenzione di cui all’articolo 875 c.c. non e’ derogato nel caso in cui il regolamento edilizio si limiti a fissare la distanza minima tra le costruzioni, mentre lo e’ qualora la norma regolamentare stabilisca anche (o soltanto) la distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che in quest’ultimo caso l’obbligo di arretrare la costruzione e’ assoluto, come il corrispondente divieto di costruire sul confine, a meno che una specifica disposizione del regolamento edilizio non consenta espressamente di costruire in aderenza” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 25191 del 17/09/2021, Rv. 662253).
Ne’ era possibile ipotizzare che la domanda risarcitoria proposta dalla (OMISSIS) comprendesse anche quella di riconoscimento della specifica indennita’ prevista dall’articolo 876 c.c., posto il principio – che pure merita di essere ribadito – secondo cui “La actio de tigno iuncto, di cui all’articolo 876 c.c., ha ad oggetto l’obbligazione indennitaria per l’innesto di un capo di muro sul muro a confine. Ne consegue che essa, considerata la diversita’ della causa petendi, non puo’ ritenersi compresa nell’azione risarcitoria per violazione delle distanze, ai sensi dell’articolo 873 c.c.” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11735 del 15/05/2013, Rv. 626325).
In definitiva, vanno accolti il primo, terzo e quarto motivo, va dichiarato assorbito il secondo e vanno rigettati il quinto ed il sesto motivo. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione alle censure accolte, e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di Brescia, in differente composizione.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo, terzo e quarto motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo e rigetta il quinto ed il sesto motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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