Accordi di ristrutturazione dei debiti

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 3 luglio 2019, n. 17834.

La massima estrapolata:

Negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nei piani del consumatore è possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine di un anno dall’omologazione previsto dall’art. 8, comma 4, della legge n. 3 del 2012, ed al di là delle fattispecie di continuità aziendale, purché si attribuisca ai titolari di tali crediti il diritto di voto a fronte della perdita economica conseguente al ritardo con cui vengono corrisposte le somme ad essi spettanti o, con riferimento ai piani del consumatore, purché sia data ad essi la possibilità di esprimersi in merito alla proposta del debitore.

Sentenza 3 luglio 2019, n. 17834

Data udienza 4 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 1188/2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., (OMISSIS), (OMISSIS) Soc. Coop., (OMISSIS) S.p.a., (OMISSIS) S.p.a., (OMISSIS) S.p.a.;
– intimate –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CIVITAVECCHIA, del 26/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2019 dal cons. Dott. FRANCESCO TERRUSI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MATTEIS STANISLAO, che si riporta alle osservazioni scritte gia’ depositate, chiede di valutare una eventuale rimessione alle Sezioni Unite, o rigetto del primo motivo, inammissibilita’ o assorbimento del secondo e terzo;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) proponeva ai creditori un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, ai sensi alla L. n. 3 del 2012, articolo 8, comma 1.
Il giudice delegato del tribunale di Civitavecchia rigettava la domanda di omologazione, atteso che questa aveva previsto – per quanto in effetti rileva – il pagamento dilazionato di un credito ipotecario della (OMISSIS).
Il reclamo di (OMISSIS) e’ stato a sua volta rigettato dal tribunale di Civitavecchia, sulla base di tre considerazioni: (i) perche’, anche ammettendo l’ipotesi di una interpretazione analogica della moratoria per il pagamento dei creditori prelatizi prevista per il concordato preventivo, tale opzione non poteva che riguardare il caso, non ricorrente nella specie, della proposta di accordo con continuazione dell’attivita’ d’impresa, solo per questa ipotesi potendo ricorrere l’identita’ di ratio rispetto alla disciplina del concordato in continuita’ L. Fall., ex articolo 186-bis; (ii) perche’, alla luce della letterale formulazione della L. n. 3 del 2012, articolo 8, comma 4, il debitore puo’ proporre la dilazione solo nei termini sopra indicati, mentre il piano proposto dal ricorrente non contemplava alcuna continuita’; (iii) perche’ in ogni caso, nel silenzio della legge, la procedura non liquidatoria non poteva che riferirsi al parametro di ragionevole durata di cui alla cd. legge Pinto, e dunque a un massimo di durata di sei anni, essendo quella di sovraindebitamento una procedura concorsuale; e nella specie la dilazione di pagamento era stata prevista, quanto al credito della (OMISSIS), in sedici anni.
Per la cassazione del decreto (OMISSIS) ha proposto ricorso sorretto da tre motivi, illustrati da memoria.
Nessuno dei creditori intimati ha svolto difese.
Il procuratore generale ha presentato una requisitoria scritta.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I – Il collegio preliminarmente reputa di dover sottolineare che, in base al piu’ recente orientamento della Corte, e’ ammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto di rigetto del reclamo proposto nei confronti del provvedimento con cui il tribunale, in composizione monocratica, abbia respinto l’istanza di omologazione del piano proposto dal consumatore nell’ambito della procedura di sovraindebitamento disciplinata dalla L. n. 3 del 2012, come integrata dalla L. n. 221 del 2012, in quanto provvedimento dotato del requisito della definitivita’ – siccome non altrimenti impugnabile – e di quello della decisorieta’ – desunto da ipotesi di giudicato rebus sic stantibus (Cass. n. 4451-18) a fronte del carattere contenzioso del procedimento (v., seppure in relazione ad altro istituto, Cass. Sez. U n. 27073-16).
Tale orientamento e’ estensibile anche alle ipotesi di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, e a esso va data continuita’.
II. – Col primo motivo il ricorrente, denunziando la violazione ed erronea interpretazione della L. n. 3 del 2012, articolo 8, L. Fall., articoli 186-bis e 177, censura la decisione del tribunale nella parte in cui ha affermato che la dilazione di pagamento oltre l’anno dall’omologazione dell’accordo e’ ammissibile solo in presenza di una proposta con continuita’ d’impresa, quando invece la dilazione andrebbe considerata ammissibile a prescindere dal menzionato presupposto, in applicazione analogica della L. Fall., articolo 177.
Col secondo motivo, denunziando la violazione ed erronea interpretazione della L. n. 3 del 2012, articolo 12-bis e L. Fall., articolo 181, il ricorrente censura la decisione nella parte in cui ha ritenuto ostativo il parametro della ragionevole durata del processo desunto dalla Legge Pinto, quando invece la detta legge poteva utilmente esser richiamata solo nei limiti della durata della procedura giudiziale fino all’omologazione, non anche in relazione alla fase successiva di esecuzione dell’accordo omologato.
Col terzo mezzo, infine, il ricorrente, deducendo violazione e falsa interpretazione degli articoli 12 preleggi, L. Fall., articoli 160, 186-bis e 177, censura la decisione nella parte in cui ha escluso la possibilita’ di un’interpretazione analogica delle norme della legge fallimentare relative alla liberta’ della forma e del contenuto della proposta e di dilazionamento dei pagamenti oltre l’anno, a fronte invece del comune dato costituito dalla natura concorsuale della procedura.
III. – Nei riferiti termini il ricorso prospetta una questione variamente affrontata in sede di merito ma sulla quale non si registrano precedenti nella giurisprudenza di questa Corte.
IV. – E’ innanzi tutto opportuno osservare come dal decreto si evinca che il ricorrente aveva previsto il pagamento del credito ipotecario per l’importo del saldo residuo di un mutuo “sino ad estinzione del debito secondo l’originario piano di ammortamento”. E gia’ su questo tema si e’ sviluppato un certo dibattito nella giurisprudenza di merito, visto che alcune decisioni hanno ritenuto in tal caso possibile il mantenimento delle originarie scadenze del piano. Questo perche’ – si e’ detto – in materia di soddisfacimento del creditore ipotecario nel procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento la fattispecie di cui alla L. n. 3 del 2012, articolo 8, comma 4, troverebbe applicazione solo nell’ipotesi in cui il contratto di mutuo ipotecario fosse risolto, non anche invece nel caso che il consumatore si proponesse di onorare il mutuo secondo le ordinarie scadenze. Donde in tal caso la citata disposizione non osterebbe all’omologa del piano.
Questo profilo non e’ affrontato dal ricorrente, ma, stante appunto la mancanza di precedenti sul tema in generale, il collegio reputa di esaminarlo egualmente, visto che – a condividere la tesi sopra detta – il medesimo profilo andrebbe rilevato d’ufficio, trattandosi di questione di diritto e non essendosi formato alcun giudicato interno ostativo.
La Corte osserva che la appena riferita ipotesi interpretativa va pero’ decisamente rifiutata, poiche’ il dato normativo non suffraga la possibilita’ di isolare dal resto l’ipotesi del mantenimento delle originarie scadenze di ammortamento del mutuo ipotecario secondo la fattispecie che concretamente traspare dalla motivazione del decreto qui impugnato.
Il punto riguarda sempre la L. n. 3 del 2012, articolo 8, comma 4, il quale prevede che i crediti privilegiati possono essere soddisfatti nel termine massimo di un anno, nel caso della procedura di accordo in continuita’ d’impresa.
Questa norma – se ritenuta come unica espressione della volonta’ legislativa – osterebbe in ogni caso a ravvisare la legittimita’ di un differimento della soddisfazione dei crediti ipotecari di piu’ lunga scadenza, finanche ove le scadenze restassero quelle del piano di ammortamento originario.
Da un lato, infatti, la L. n. 3 del 2012, articolo 9, comma 3-quater, prevede la sospensione di diritto, “ai soli fini del concorso”, del decorso degli interessi, tranne che per i crediti prelatizi, salvo quanto previsto dagli articoli 2749, 2788 e 2855 c.c. – ed e’ ovvio che la sospensione o limitazione degli interessi per un tempo assai prolungato si rivela di per se’ incompatibile con la regola della necessita’ di assicurare l’integrale soddisfazione dei creditori muniti di prelazione; dall’altro, e soprattutto, specifiche disposizioni si frappongono all’assunto per il quale l’accordo sarebbe pur sempre omologabile in caso di mantenimento dell’originario piano di ammortamento del mutuo.
In particolare va sottolineato che, sebbene la L. n. 3 del 2012 non contenga un esplicito richiamo alla L. Fall., articolo 55, comma 2, resta che la regola per cui tutti i crediti anteriori si considerano scaduti alla data dell’apertura della procedura deve trovare applicazione anche rispetto all’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (ovvero al piano del consumatore), attesa la comune natura di procedura caratterizzata dal crisma della concorsualita’, per quanto rivolta (l’accordo) agli imprenditori non fallibili e (il piano del consumatore) ai soggetti in condizione di insolvenza cd. civile.
Questo comporta che anche il debito derivante da un mutuo ipotecario deve considerarsi infine scaduto nel momento dell’apertura del procedimento, cosi’ da dover essere soddisfatto per intero senza rilevanza dell’ammortamento originario. E ben vero giova dire che tale conclusione resisterebbe anche se si ipotizzasse l’inestensibilita’ all’accordo di composizione della L. Fall., articolo 55, comma 2, in base all’omesso richiamo di tale norma nella legge speciale. Rileverebbe pur sempre l’articolo 1186 c.c., secondo cui, anche se il termine di pagamento e’ stabilito nell’interesse del debitore, esso si considera scaduto ove il debitore sia divenuto insolvente.
Il presupposto oggettivo della procedura che qui rileva e’ costituito dallo stato di sovraindebitamento. Ma la nozione coincide con quella d’insolvenza richiesta dalla citata norma.
Ai sensi della L. n. 3 del 2012, articolo 6 la situazione di sovraindebitamento e’ data infatti dal “perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficolta’ di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacita’ di adempierle regolarmente”. E dunque ben va associata alla nozione di insolvenza che interessa ai fini dell’articolo 1186 c.c., visto che, per consolidata giurisprudenza, lo stato di insolvenza, cui fa riferimento l’articolo 1186 c.c. ai fini della decadenza del debitore dal beneficio del termine, e’ costituito da una situazione di dissesto economico, sia pure temporaneo, in cui il debitore venga a trovarsi, la quale renda verosimile l’impossibilita’ da parte di quest’ultimo di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Da sempre si afferma che tale stato di insolvenza non deve rivestire i caratteri di gravita’ e irreversibilita’, potendo conseguire anche a una situazione di difficolta’ economica e patrimoniale reversibile, purche’ idonea ad alterare, in senso peggiorativo, le garanzie patrimoniali offerte dal debitore (cfr. ex aliis Cass. n. 24330-11).
Ne consegue che l’essere stato nel caso di specie mantenuto l’originario piano di ammortamento del mutuo non e’ circostanza dirimente per risolvere la questione della dilazionabilita’ del credito ipotecario.
V. – Cio’ fermo stante, si impone di esaminare innanzi tutto il primo e il terzo motivo di ricorso, tra loro chiaramente connessi.
Ed e’ opportuno previamente, a tal riguardo, specificare il quadro normativo di riferimento.
In base alla L. n. 3 del 2012, articolo 7, comma 1, il debitore in stato di sovraindebitamento puo’ proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi, un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell’articolo 545 c.p.c. e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, preveda scadenze e modalita’ di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, indichi le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti e le modalita’ per l’eventuale liquidazione dei beni.
La norma consente di prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, ma solo allorche’ ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione come attestato dagli organismi di composizione della crisi.
La disciplina dei presupposti, desunta dalla citata disposizione (nella parte, ovviamente, che qui rileva), e’ completata dalle previsioni di cui all’articolo 8, commi 1 e 4, secondo le quali, rispettivamente: (a) la proposta di accordo o di piano del consumatore puo’ prevedere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti “attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri”; (b) la proposta di accordo con continuazione dell’attivita’ d’impresa e il piano del consumatore possono prevedere “una moratoria fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”.
Infine l’articolo 11, dopo aver previsto che per l’omologazione di cui all’articolo 12 e’ necessario che l’accordo sia raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, contiene la regola analoga a quella della L. Fall., articolo 177, comma 2, per cui i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione.
Eguale regola non e’ invece riprodotta per il piano del consumatore negli articoli 12-bis e seg.
VI. – La tesi sostenuta dal ricorrente e’ che, in ragione del principio di liberta’ delle forme (articolo 8), e considerata l’analogia con l’istituto concordatario (L. cit., articolo 11 e L. Fall., 177), sarebbe sempre ammissibile prospettare l’accordo di composizione nel senso della previsione di una dilazione di pagamento dei crediti ipotecari, a prescindere dalla ipotesi della continuita’ d’impresa.
La tesi va condivisa in base alla seguente serie di considerazioni.
VII. – Le speciali procedure da sovraindebitamento (L. n. 3 del 2012, articolo 7 e seg. come modificata) hanno avuto la funzione di colmare almeno in parte una lacuna dell’ordinamento: in tal guisa, come da piu’ parti e’ stato osservato, esse hanno esteso il principio della concorsualita’ oltre il limite tradizionalmente segnato dall’insolvenza dei soli debitori commerciali di dimensioni non piccole (cfr. articolo 6, comma 1).
L’ampliamento e’ stato realizzato attraverso l’introduzione di una disciplina peculiare e differenziata, che pero’ trova fondamento nella condivisione della natura concorsuale e concordataria dell’accordo di cui si tratta.
Invero e’ netta nella disciplina normativa la similitudine con l’istituto del concordato preventivo. La composizione della crisi difatti e’ una procedura che mira all’omologazione giudiziale di una proposta di accordo, che il debitore in stato di sovraindebitamento, non suscettibile di essere dichiarato fallito (L. Fall., articolo 1), formula ai propri creditori.
Si tratta cioe’ di un accordo dal contenuto non predeterminato dalla legge che, in caso di esito positivo del procedimento, vincola “tutti i creditori”.
Operando la sua efficacia anche nei confronti dei creditori dissenzienti, non puo’ parlarsi di un vero accordo (di diritto privato), dal momento che questo presupporrebbe sempre il consenso. Come e’ stato rilevato anche in dottrina, si tratta di una sorta di deliberazione maggioritaria, che coinvolge tutti in esatta coerenza col canone di universalita’ soggettiva.
VIII. – Tale ambito consente di ritenere non seriamente contestabile l’accostamento all’istituto concordatario, e postula che si debbano estendere all’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento i principi che la giurisprudenza di questa Corte ha enucleato in relazione al possibile contenuto della proposta concordataria, col solo limite, naturalmente, della compatibilita’.
In materia di concordato preventivo e’ stato gia’ affermato il principio per cui regola generale e’ quella del pagamento non dilazionato dei creditori privilegiati (o prelatizi), mentre l’adempimento con una tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura (e della liquidazione, in caso di concordato cosiddetto liquidatorio) equivale a soddisfazione non integrale degli stessi, in ragione della perdita economica conseguente al ritardo, rispetto ai tempi “normali”, con il quale i creditori ottengono la disponibilita’ delle somme a essi spettanti.
In questi casi si e’ precisato che la determinazione in concreto di tale perdita e’ peraltro rilevante ai fini del computo del voto L. Fall., ex articolo 177, comma 3, e costituisce un accertamento in fatto che il giudice di merito deve compiere alla luce della relazione giurata L. Fall., ex articolo 160, comma 2, tenendo conto degli eventuali interessi offerti ai creditori e dei tempi tecnici di realizzo dei beni gravati in ipotesi di soluzione alternativa al concordato, oltre che del contenuto concreto della proposta nonche’ della disciplina degli interessi di cui alla L. Fall., articoli 54 e 55 (richiamata dalla L. Fall., articolo 169) (v. Cass. n. 10112-14, Cass. 2038814).
In sostanza, nel concordato preventivo e’ possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti privilegiati o con prelazione, ma equiparando i creditori ai chirografari ai fini del voto, per la parte del credito che si possa in tal senso ritenere non interamente soddisfatto.
Questa conclusione – e’ bene rammentare – e’ stata tratta dalla riforma della L. Fall., articolo 160 (conseguente al Decreto Legislativo n. 169 del 2007), nella espressa previsione per cui la proposta di concordato “puo’ prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purche’ il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, comma 3, lettera d)”. Donde la possibilita’ di far riferimento proprio e anche all’articolo 177, comma 3, secondo il quale, ai fini della legittimazione al voto, “i creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell’articolo 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito”.
IX. – I menzionati principi possono esser traslati nel contesto degli accordi di composizione, avuto riguardo alla esattamente conforme disciplina contenuta nella L. n. 3 del 2012, articolo 7, comma 1 e articolo 11, comma 2.
Contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale di Civitavecchia, non rileva in senso ostativo la previsione dell’articolo 8, comma 4, poiche’ questa riproduce esattamente – per la parte che interessa gli accordi – la L. Fall., articolo 186-bis, comma 2, lettera c),. Ed e’ risolutivo che l’articolo 186-bis citato pur convive, nell’omologo caso del concordato preventivo, con la possibilita’ di dilazione pluriannuale del pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ferma naturalmente la condizione (suddetta) della necessita’ di assicurare il voto.
E’ dunque errato affermare che, nella procedura di accordo ex lege n. 3 del 2012, sia precluso al debitore proporre una dilazione di pagamento del creditore ipotecario al di la’ della fattispecie di continuita’ d’impresa e al di la’ del termine previsto dalla disposizione sopra citata.
Ne’ la diversa conclusione puo’ trovare ostacolo nel fatto che il piano del consumatore invece non prevede la possibilita’ del voto, atteso che l’asimmetria puo’ essere colmata, alfine, in via interpretativa, nell’ambito delle regole che attengono a quel piano; regole che, per come formulate, non escludono la possibile rilevanza di libere e appropriate forme di manifestazione di volonta’ cui associare la tutela del creditore.
X. – E’ fondato pure il terzo motivo di ricorso.
Il tribunale ha mostrato di ritenere la prospettata dilazione illegittima in quanto, per le procedure non liquidatorie come quella in esame, il parametro di ragionevole durata andrebbe ravvisato facendo riferimento al periodo di sei anni previsto dalla legge Pinto per le procedure concorsuali.
Tuttavia la sottolineatura del termine di ragionevole durata non serve a sostenere la tesi, non tanto perche’ – come affermato nel ricorso – la procedura giudiziale di accordo si chiude con l’omologazione (a tal riguardo potrebbe obiettarsi che anche la fase esecutiva L. n. 3 del 2012, ex articolo 13 postula sub-procedimenti fino allo svincolo delle somme e alla cancellazione della trascrizione dei pignoramenti), quanto perche’ e’ eccentrico ipotizzare un divieto (sostanziale) di dilazione del debito in nome della durata ragionevole del processo, finanche esecutivo.
Non e’ dubbio che prevedere un tempo di adempimento molto lungo (nella specie sedici anni) potrebbe incidere sulla procedura di liquidazione del patrimonio, cui i creditori perverrebbero a tale distanza di tempo; e finanche sullo scopo ultimo della procedura da sovraindebitamento, che e’ l’esdebitazione.
Ma per quanto cio’ sia, le possibili perplessita’ dinanzi a piani di pagamento con orizzonte temporale rilevante non impongono la conseguenza di una illegittimita’ tout court di previsioni di pagamenti rateali ultrannuali. Esse non sono cioe’ decisive, perche’ il punto resta per intero suscettibile di esser compreso nella valutazione di convenienza, notoriamente riservata ai creditori che hanno diritto di voto. Sono difatti i creditori a dover valutare se, in casi simili, una proposta di accordo del tipo di quella indicata, implicante pagamenti dilazionati, sia o meno conveniente a fronte delle possibili alternative di soddisfacimento.
Quel che e’ certo e’ che il tribunale non puo’ affermare, se non violando i principi informatori della materia, che un accordo del genere di quello indicato di per se’ non sia omologabile.
XI. – In conclusione, il decreto del tribunale di Civitavecchia va cassato e il procedimento rinviato al medesimo tribunale, in diversa composizione, per nuovo esame.
Il tribunale si uniformera’ agli indicati principi di diritto e provvedera’ anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al tribunale di Civitavecchia.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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