Abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico

Consiglio di Stato, Sentenza|1 dicembre 2021| n. 8004.

Abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono previsto dall’art. 32 del D.L. n. 269 del 2003 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 326 del 2003) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del citato D.L. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Sentenza|1 dicembre 2021| n. 8004. Abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico

Data udienza 11 novembre 2021

Integrale

Tag- parola chiave: Interventi edilizi – Abusi – Aree sottoposte a vincolo paesaggistico – Condono ex art. 32 del D.L. n. 269 del 2003 – Applicazione – Ipotesi

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4388 del 2015, proposto da
Gi. Ri. e Ri. Tr. di Gi. Ri. & C. Snc, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati St. Bo., An. Gi. e Um. Pi., con domicilio eletto presso lo studio An. Gi. in Roma, via (…);
contro
Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Co., Ra. Iz., An. Ma. e Al. Mo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ra. Iz. in Roma, (…);
Città Metropolitana di Milano – Gestore del Pa. Ag. Su. Mi., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Fe., Pa. Tr., Na. Ma. Ga. e Al. Zi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato St. Vi. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano Sezione Quarta, n. 2743/2014.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 novembre 2021 il Cons. Giordano Lamberti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico

FATTO e DIRITTO

1 – Gli appellanti hanno presentato al Comune di Milano due domande di condono edilizio ex D.L. n. 269/2003, in riferimento alle opere realizzate in località (omissis) (foglio (omissis), mapp. (omissis) e foglio (omissis), mapp. (omissis), sub. (omissis)), dove si svolge l’attività commerciale di autotrasporto della Ri. Tr. s.n. c.
Nello specifico: con l’istanza presentata il 30 dicembre 2003, è stata chiesta la regolarizzazione del piazzale, della recinzione e delle tettoie; con l’istanza presentata il 16 gennaio 2004, è stato chiesto il condono dei due edifici (ufficio e guardiania) e dei magazzini.
2 – L’area in questione è ricompresa nel “Pa. Ag. Su. Mi.”, di cui alla L.R. n. 24/90, e sottoposta al vincolo di cui agli artt. 1 e 2 della L. n. 1497/1939.
Sotto il profilo urbanistico, nell’area è ammessa la sola realizzazione e la ristrutturazione di edifici necessari per lo svolgimento dell’attività agricola, o ad uso residenziale dell’imprenditore agricolo, in funzione della conduzione del fondo, ex art. 41 delle N.T.A. del P.R.G.
3 – In data 2 settembre 2008, il Direttore Programmazione e Controllo Pa. Ag. Su. di Mi. ha espresso parere negativo in merito alla compatibilità paesaggistica delle opere di cui gli appellanti hanno chiesto la sanatoria.
Avverso tale atto gli appellanti hanno proposto ricorso avanti il TAR per la Lombardia, sede di Milano.
4 – Il 10 marzo 2009, il Comune di Milano, in via definitiva, ha notificato agli appellanti i dinieghi di rilascio dei permessi di costruire in sanatoria.
Tali provvedimenti sono stati impugnati con motivi aggiunti.
5 – Con la sentenza n. 2743 del 2014, il TAR adito ha respinto i motivi aggiunti e dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso principale.
6 – Con il primo motivo, parte appellante critica il passaggio della sentenza in cui il TAR ha rilevato che: “nella fattispecie per cui è causa, i ricorrenti non dimostrano in alcun modo che l’esecuzione delle opere di che trattasi sia antecedente al 1993, data di istituzione del vincolo di che trattasi, considerato altresì che gli stessi hanno impugnato solo formalmente il predetto sopralluogo del Comune effettuato in data 14.2.1998, senza invece addurre alcun elemento onde inficiarne il contenuto sostanziale (v. doc. n. 17 Comune Milano)”.
Secondo gli appellanti, tale affermazione non tiene conto che il verbale del sopralluogo effettuato dal Comune in data 14 febbraio 1998 non può valere per escludere che una parte delle opere (recinzioni e piazzale) non fosse risalente al 1993 (momento nel quale l’attività della Ri. Tr. era già in esercizio ed insediata in loco); quindi, non sarebbe motivo sufficiente per destituire di fondamento il principio di prova derivante dal fatto che l’area era stata acquistata dal Ricci nel 1992 (circostanza pacifica) e subito adibita per l’attività in questione; ne consegue che il provvedimento di condono avrebbe dovuto essere rilasciato, quantomeno, per le opere di cui all’istanza del 30.12.2003.
6.1 – Con il secondo motivo, l’appellante prospetta che, anche volendo prescindere da quanto illustrato nel primo motivo, la realizzazione di un abuso in zona sottoposta a vincolo non può costituire di per sé un ostacolo alla sanatoria prevista dall’art. 32 del D.L. 269/03, ciò anche ove l’illecito si sia concretizzato in un abuso riconducibile alle categorie 1, 2 o 3 di cui alla tabella allegata al citato decreto (ossia ad uno dei c.d. “abusi maggiori”: interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione edilizia realizzati in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio).
A tal riguardo, l’appellante lamenta che il Giudice di primo grado non ha esaminato il primo motivo aggiunto, con il quale gli odierni appellanti avevano contestato l’illegittimità del diniego di condono, nella parte in cui si sostiene che le opere realizzate non sarebbero suscettibili di sanatoria ai sensi dell’art. 32, commi 26 e 27, della legge n. 326 del 2003.
7 – Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono infondate.
L’amministrazione, in riferimento alle pertinenti disposizioni del D.L. 269/03, ha correttamente rilevato che: “il comma 26 lettera a) prevede la possibilità di ottenere il condono solo per gli interventi edilizi di minore rilevanza relativi alle tipologie di illecito 4, 5 e 6, nell’ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all’art. 32 della legge n. 47/85, mentre il comma 27 lettera d) esclude la possibilità di sanatoria per gli immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela… dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
La diversa prospettazione giuridica dell’appellante – secondo cui il legislatore avrebbe inteso individuare tutti gli abusi aventi rilevanza penale ed ammetterli alla possibilità di sanatoria, su tutto il territorio nazionale, con l’unica esclusione di quelli commessi su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente rilevante ai sensi degli articoli 6 e 7 del D. Lgs. 490/99 – non trova riscontro nelle norme rilevanti di cui al D.L. 269/2003, così come interpretate costantemente dalla giurisprudenza.
7.1 – Ai sensi dell’art. 32, comma 26, lettera a), del D.L. 269/2003: “Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all’allegato 1: a) numeri da 1 a 3, nell’ambito dell’intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell’ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all’articolo 32 della legge 28 febbraio 1985 n. 47”.
L’art. 32, comma 27, del medesimo decreto legge prevede che: “Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora (…) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
In base alle disposizioni citate, non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell’allegato 1 alla citata legge (cd. abusi maggiori), realizzate su immobili soggetti a vincoli (per quanto qui rileva) idrogeologici e paesaggistici, a prescindere dal fatto che il vincolo non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area. Sono invece sanabili, se conformi agli strumenti urbanistici, solo gli interventi cd. minori di cui ai numeri 4, 5 e 6, dell’allegato 1 al d. l. n. 326 cit. (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.
7.2 – Come anticipato, la giurisprudenza (cfr. Cons. St. n. 1664 del 02 maggio 2016; Cons. St. n. 735 del 23 febbraio 2016, Cons. St. n. 2518 del 18 maggio 2015) ha costantemente affermato che, ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), del decreto legge n. 269 del 30 settembre 2003, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni – e cioè che le opere siano realizzate prima della imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo – siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo paesaggistico non può essere sanato.
L’applicabilità della sanatoria, nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico, alle sole opere di restauro o risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti, se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici è stata poi confermata anche dalla costante giurisprudenza penale secondo cui: “in tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono previsto dall’art. 32 del D.L. n. 269 del 2003 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 326 del 2003) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del citato D.L. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici” (Corte Cass. n. 40676 del 2016).
La definizione del corretto ambito applicativo delle disposizioni sul condono, in base alle quali sono state formulate le istanze da parte dell’appellante, avuto riguardo alle opere di cui si chiede la sanatoria, è di per sé sufficiente ad escludere la bontà delle censure svolte nel presente giudizio.
8 – Oltre alle considerazioni che precedono, per quanto concerne le opere di cui all’istanza presentata il 30 dicembre 2003 (piazzale, recinzione e tettoie), deve in primo luogo rilevarsi che le stesse non pare possano costituire una costruzione autonoma rispetto alle altre strutture, in quanto funzionalmente adibite all’esercizio della medesima attività commerciale. Al riguardo, deve osservarsi che in base alla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato n. 3330 del 2012) la verifica dell’incidenza urbanistico-edilizia dell’intervento abusivamente realizzato deve essere condotta avuto riguardo alla globalità delle opere, che non possono essere considerate in modo atomistico. Di eguale tenore la giurisprudenza penale, secondo cui: “non è ammessa la possibilità di frazionare i singoli interventi edilizi difformi al fine di dedurre la loro autonoma rilevanza, ma occorre verificare l’ammissibilità e la legalità alla luce della normativa vigente, dell’intervento complessivo realizzato” (Corte Cass. n. 8885 del 2017).
Deve inoltre confermarsi quanto rilevato dal giudice di primo grado, il quale ha fatto corretta applicazione del pacifico orientamento della giurisprudenza in base al quale la sanatoria di cui all’art. 32, c. 26 e 27, del D.L. n. 269/03 non opera qualora il vincolo sia stato istituito prima dell’esecuzione delle stesse opere abusive (cfr. Cons. St., Sez. IV, 19.5.2010 n. 3174), ricadendo sul privato l’onere della prova in ordine all’ultimazione delle opere in data utile per fruire del condono (cfr. Cons. St., Sez. V, 15.7.2013 n. 3834; Sez. IV, 23.1.2013 n. 414).
8.1 – Tanto precisato, l’area in questione è stata assoggetta a vincolo ex art. 1 e 2 della L. 1497/1939 dalla Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali in data 9.6.1993.
Senza in alcun modo invertire l’onere della prova, l’edificazione successiva a tale data delle opere di cui si chiede la sanatoria appare ragionevolmente comprovata dai rilievi del servizio di vigilanza ecologica del 14 febbraio 1998 in cui si dà atto che in tale data erano state realizzate solo delle recinzioni e che erano in corso i lavori di livellamento del terreno.
Alla data di tale sopralluogo, dunque, le opere di nuova costruzione di cui alla domanda di sanatoria del 16 gennaio 2004 non erano ancora state realizzate, mentre erano in corso di realizzazione (e quindi non ultimate) anche la gran parte delle opere di cui alla domanda di condono del 30 dicembre 2003.
9 – La conferma della sentenza impugnata per le ragioni innanzi esposte assorbe le ulteriori questioni dedotte con gli ulteriori motivi di appello. Per altro, la dichiarazione di improcedibilità del ricorso originario, a seguito del rigetto dei motivi aggiunti, non è stata neppure oggetto di specifica censura, dovendosi pertanto confermare anche tale capo della decisione impugnata.
9.1 – Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta respinge l’appello e condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite in favore delle amministrazioni appellate che si liquidano, per ciascuna di esse, in Euro2.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Carmine Volpe – Presidente
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore
Stefano Toschei – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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