Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 6 novembre 2018, n. 50009
La massima estrapolata:
La contestazione in sede amministrativa della violazione formale, consistente nella mancata tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti da parte dell’imputato, nella sua qualità di titolare di un’attività di autodemolizione è cosa diversa dalla condanna in sede penale che riguarda, invece, una violazione sostanziale, ovvero l’abbandono incontrollato di rifiuti speciali su fondo proprio (è “incontrollato” un deposito temporaneo realizzato dal produttore nel luogo in cui i rifiuti siano prodotti, che ecceda i limiti quantitativi o temporali previsti).
Sentenza 6 novembre 2018, n. 50009
Data udienza 25 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/02/2018 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SANTE SPINACI che ha concluso chiedendo;
Il P.G. conclude: inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore:
L’avvocato (OMISSIS) si riporta ai motivi del ricorso e ne chiede l’accoglimento. L’avvocato chiede l’attestato di presenza, avvalendosi del decreto del Gratuito Patrocinio.
RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 14 febbraio 2018 la Corte di Appello di Palermo ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Palermo del 30 novembre 2016, con la quale l’imputato era stato condannato, riconosciuta la continuazione, per reati di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, lettera a). La Corte distrettuale ha riqualificato i fatti ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, riducendo la pena.
2. – Contro la sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, formulando quattro motivi di doglianza.
2.1. – In primo luogo, si deducono l’erronea applicazione della disposizione incriminatrice e vizi della motivazione, sul rilievo che la condotta lesiva dell’imputato sarebbe gia’ stata sanzionata in via amministrativa in data 2 settembre 2016 dalla Direzione riserve naturali, difesa del suolo e controllo ambientale del Comune di Palermo, ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 258, comma 3, per violazione dell’obbligo di tenuta dei registri di cui all’articolo 190 dello stesso decreto. Secondo la difesa, in forza del principio di specialita’, l’applicazione di sanzioni amministrative escluderebbe l’applicazione di sanzioni penali.
2.2. – Con il secondo motivo di ricorso, la difesa eccepisce l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione dello stesso.
2.3. – Tramite il terzo motivo, si lamenta la violazione dell’articolo 131 bis c.p., perche’ la sentenza impugnata non avrebbe tenuto adeguato conto dell’occasionalita’ della condotta posta in essere dall’imputato, ne’ del suo modesto disvalore penale.
2.4. – In quarto luogo, si deduce l’erronea applicazione dell’articolo 62 bis c.p., per avere la Corte d’appello denegato la concessione delle circostanze attenuanti generiche previste dalla legge, senza fornire adeguate motivazioni in merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso e’ inammissibile.
3.1. – Il primo motivo di doglianza e’ manifestamente infondato.
E’ sufficiente osservare che, dalla stessa prospettazione di parte ricorrente, emerge la diversita’ dei fatti oggetto di sanzione amministrativa rispetto a quelli oggetto di sanzione penale. La contestazione in sede amministrativa riguarda, infatti, una violazione formale, consistente nella mancata tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti da parte dell’imputato, nella sua qualita’ di titolare di un’attivita’ di autodemolizione; la condanna in sede penale riguarda, invece, una violazione sostanziale, ovvero l’abbandono incontrollato di rifiuti speciali su fondo proprio. Nella specie, come emerso dagli atti di causa, il ricorrente ha raggruppato all’interno del piazzale antistante la sua officina diversi materiali, tra cui parti di ricambio per auto, batterie esauste ed altri rifiuti, oltre a diversi ciclomotori e motocicli, in assenza di qualsiasi registro di carico e scarico dei rifiuti, nonche’ di autorizzazioni prescritte dalla legge, ed in condizioni igienico-sanitarie precarie, anche a ragione delle diverse chiazze d’olio rinvenute dalle forze dell’ordine lungo il piazzale stesso. E deve ritenersi “incontrollato” un deposito temporaneo realizzato dal produttore nel luogo in cui i rifiuti siano prodotti (e non presso terzi), che ecceda – come nel caso di specie – i limiti quantitativi o temporali previsti.
3.2. – Anche il secondo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato. Dalla data di commissione dei fatti (20 marzo 2013) deve essere computato il termine complessivo di cinque anni, applicabile alle contravvenzioni, prolungato dalla sospensione intervenuta tra il 2 dicembre 2015 ed il 24 febbraio 2016, dovuta all’adesione del difensore all’astensione dalle udienze, proclamata da organismi rappresentativi di categoria, giungendosi cosi’ al 12 giugno 2018.
3.3. – Il terzo motivo di ricorso e’ formulato in modo non specifico. La difesa asserisce che i comportamenti per cui vi e’ stata condanna sarebbero di scarsa rilevanza, ma non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, la quale correttamente esclude la tenuita’ dell’offesa al bene giuridico, in considerazione sia della quantita’ dei rifiuti rinvenuti nei luoghi, sia dell’abitualita’ rispetto a tale tipologia di condotte illecite, comprovata dal precedente penale specifico a carico dell’imputato.
3.4. – Del tutto generico e’ anche l’ultimo motivo di doglianza, riferito al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La difesa non richiama, neanche a fini di critica, la motivazione della sentenza impugnata, la quale giustifica l’esclusione di tali circostanze in considerazione dei plurimi precedenti penali, che connotano negativamente la personalita’ dell’imputato, e della mancanza di elementi positivi di giudizio; elementi non dedotti dalla difesa neanche con il ricorso per cassazione.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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