Il pegno di cose fungibili come irregolare

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza 13 ottobre 2020, n. 22096.

La parte che nel primo grado del giudizio abbia qualificato il pegno di cose fungibili come irregolare, pertanto con facoltà per il creditore pignoratizio di disporre del bene oggetto della garanzia, in grado d’appello non può fondare la propria domanda sull’opposta qualificazione quale pegno regolare, attraverso la quale introdurrebbe in sede di gravame una nuova “causa petendi” o una nuova eccezione, entrambe precluse dall’art. 345 c.p.c.

Ordinanza 13 ottobre 2020, n. 22096

Data udienza 22 luglio 2020

Tag/parola chiave: FALLIMENTO E PROCEDURE CONCORSUALI – AZIONE REVOCATORIA – AZIONE REVOCATORIA (IN GENERE)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 9928/2016 proposto da:
(OMISSIS) S.p.a., nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso per cassazione, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in Amministrazione straordinaria,nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al controricorso, in via tra loro disgiunta, dagli Avv.ti (OMISSIS) e presso lo studio di quest’ultima in Roma elettivamente domiciliata.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di MILANO n. 502/2016, pubblicata in data 11 febbraio 2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/07/2020 dal consigliere Lunella Caradonna.

RILEVATO

CHE:
1) Il Tribunale di Lecco, in parziale accoglimento della domanda ex articolo 67, comma 2, L.F. proposta da (OMISSIS) in A.S. nei confronti di (OMISSIS) s.p.a., dichiaro’ l’inefficacia delle rimesse solutorie per complessivi Euro 164.807,19, affluite, nel c.d. periodo sospetto, sul conto corrente intrattenuto dalla societa’ in bonis presso l’istituto di credito convenuto, escludendo che fra le stesse potesse rientrare un accredito di Euro 681.136,38, in quanto rinveniente dalla vendita di titoli costituiti in pegno irregolare in favore della banca.
2) La decisione fu impugnata in via principale da (OMISSIS) in A.S. e in via incidentale da (OMISSIS) (in seguito (OMISSIS)), succeduta ad (OMISSIS) nella titolarita’ del rapporto controverso.
3) La Corte d’Appello di Milano, con sentenza dell’11.2.2016, ha accolto l’appello principale ed ha respinto quello incidentale.
4) La corte del merito ha qualificato il pegno come regolare, ha ritenuto sussistente la scientia decoctionis di (OMISSIS) ed ha escluso che, ai fini della determinazione delle rimesse revocabili, potesse tenersi conto del contratto di apertura di credito – privo di data certa e percio’ inopponibile alla procedura – prodotto dalla banca; ha pertanto dichiarato l’inefficacia ai sensi dell’articolo 67, comma 2, L.F. anche della rimessa derivata dall’escussione del pegno ed ha condannato (OMISSIS) a restituire all’A.S. la somma complessiva di Euro 845.943,57, maggiorata degli interessi legali dalla domanda.
5. (OMISSIS) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi, cui l’A.S. ha resistito con controricorso.
6. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

CHE:
1.Con il primo motivo (OMISSIS) lamenta la violazione dell’articolo 112 c.p.c. e la nullita’ della sentenza impugnata, per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilita’ del motivo d’appello, introduttivo di una nuova questione, con il quale l’A.S. aveva dedotto la natura regolare del pegno, dopo che, nel giudizio di primo grado, non aveva in alcun modo contrastato la difesa di (OMISSIS) secondo cui i titoli erano stati costituiti in suo favore in pegno irregolare, con facolta’ di disporne per soddisfarsi dei propri crediti senza dovere agire in sede esecutiva, con conseguente non assoggettabilita’ a revocatoria della somma derivante dal loro realizzo.
2. Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando violazione degli articoli 1851, 1362 e 1363 c.c. e articoli 67 e 56 L. Fall., sostiene che la corte del merito, nel qualificare il pegno come regolare, ha erroneamente interpretato l’atto di costituzione della garanzia.
3. Con il terzo motivo, che denuncia violazione degli articoli 2697, 2727 e 2729 c.c., articolo 115 c.p.c., comma 2, nonche’ dei principi generali in materia di presunzioni e di onere della prova, (OMISSIS) contesta che l’A.S. avesse dimostrato la ricorrenza del presupposto soggettivo dell’azione. Lamenta, in particolare, che la corte territoriale: abbia tratto il proprio convincimento sul punto da un’analisi approssimativa del bilancio al 31.12.2000 di (OMISSIS), limitandosi a evidenziare il mancato versamento dei contributi previdenziali del secondo semestre dell’esercizio ed ignorando che, in base ad una verifica complessiva dei dati finanziari ed economici esposti nel documento contabile, la struttura patrimoniale della societa’ appariva assolutamente normale; abbia, sostanzialmente, prestato adesione acritica alla valutazione del CTU nominato dal giudice di primo grado – secondo cui dall’esame di tale bilancio emergeva lo stato di “irreversibile dissesto” di (OMISSIS) – ed abbia negato che la conclusione fosse in contrasto con quella del CT di parte attrice, che aveva ritenuto che il bilancio denotasse soltanto uno stato di “irreversibile difficolta’” dell’impresa; che abbia, inoltre, ravvisato un elemento sintomatico della scientia decoctionis nell’avvenuto rilascio da parte di (OMISSIS) di una fideiussione estera (solo in parte controgarantita dal pegno contestualmente costituito) a favore di una cliente tedesca di (OMISSIS), a garanzia del richiesto ed eseguito pagamento anticipato delle forniture a questa ordinate, benche’ si trattasse di un’operazione indicativa della piena fiducia nutrita dalla banca nella solvibilita’ della propria correntista; che abbia, infine, tenuto conto di notizie di stampa generiche e, comunque, non allarmanti e, per contro, abbia ritenuto irrilevante che (OMISSIS) godesse presso (OMISSIS) di un affidamento per L. 400 milioni ed avesse continuato ad operare sul conto, senza limitazioni, fino al novembre del 2001.
4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ vizio di motivazione della sentenza impugnata. Sostiene che il contratto di apertura di credito stipulato fra (OMISSIS) e (OMISSIS) era munito di data certa e si duole che non si sia tenuto conto di tale affidamento al fine della determinazione delle rimesse solutorie.
5. Il primo motivo e’ fondato.
Come gia’ affermato da questa Corte (Cass. 9 maggio 2007, n. 10629), cio’ che distingue il pegno irregolare di cose fungibili da quello regolare e’ la circostanza che nel primo, a differenza che nel secondo, il debitore concede al creditore pignoratizio la facolta’ di disporre del bene oggetto della garanzia.
La deduzione della ricorrenza dell’una o dell’altra fattispecie di pegno, rendendo necessaria l’allegazione del diverso fatto costitutivo (non disponibilita’/disponibilita’ del bene) che le caratterizza e comportando (nel caso che la questione sia controversa) un apposito accertamento del giudice del merito sul punto (cfr. ancora Cass. 10629/07 cit.), non integra pertanto una mera difesa: ne consegue che la parte che nel primo grado del giudizio abbia qualificato il pegno come regolare o irregolare non puo’, in grado d’appello, fondare la propria domanda sull’opposta qualificazione, attraverso la quale introdurrebbe in sede di gravame (a seconda della sua posizione di attore o di convenuto) una nuova causa petendi o una nuova eccezione, entrambe precluse dall’articolo 345 c.p.c..
Nel caso in esame e’ stata la banca convenuta, e non la procedura attrice, a dedurre nella propria comparsa di risposta, in via di eccezione, che la rimessa rinveniente dalla vendita dei titoli costituiti in pegno era irrevocabile in ragione della natura irregolare della garanzia pignoratizia.
(OMISSIS) sostiene pero’ che l’A.S. avrebbe prestato adesione, quantomeno implicita, a detta eccezione, non avendola contrastata sotto alcun profilo di fatto ed essendosi limitata, nella memoria di replica, ad eccepire a sua volta l’inopponibilita’ o l’invalidita’ dell’atto costitutivo della garanzia.
La questione della novita’ della causa petendi dedotta dall’A.S. in appello (peraltro rilevabile anche d’ufficio) era stata espressamente sottoposta all’esame del giudice del gravame. Si legge infatti nella sentenza impugnata, a pagina 6, che (OMISSIS) “ha eccepito preliminarmente l’inammissibilita’ dell’affermazione, fatta dalla procedura per la prima volta in questo grado, della natura regolare del pegno oggetto della lite”.
La corte territoriale, incorrendo nel denunciato vizio procedurale, ha pero’ omesso di pronunciare su tale eccezione, che le imponeva di accertare, prima di scendere all’esame nel merito dell’appello principale, se nel corso del giudizio di primo grado l’A.S. avesse, esplicitamente od implicitamente, aderito alla tesi della banca convenuta, della natura irregolare del pegno costituito sui titoli, posto che in tale ipotesi l’impugnazione proposta dalla procedura sarebbe risultata inammissibile in quanto fondata su un nuovo fatto costitutivo.
Resta assorbito il secondo motivo del ricorso.
6.11 terzo motivo e’ inammissibile, perche’, lungi dall’allegare le ragioni per le quali la corte d’appello avrebbe violato le norme che regolano la formazione della prova presuntiva, si risolve nella richiesta di una rivalutazione dei fatti gia’ oggetto del sindacato del giudice di merito e nella sollecitazione ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie sulle quali la corte d’appello ha fondato l’accertamento della ricorrenza del presupposto soggettivo dell’azione, senza che sia indicato – secondo quanto richiesto dall’attuale testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 il fatto decisivo omesso che, ove valutato, avrebbe condotto ad una diversa pronuncia sul punto.
7. Analoghe considerazioni vanno svolte in relazione al quarto motivo, anch’esso volto ad ottenere, inammissibilmente, un accertamento difforme da quello operato dal giudice del merito in ordine alla mancanza di data certa, ed alla conseguente inopponibilita’ alla procedura, dei documenti prodotti dalla banca per provare l’esistenza degli affidamenti collegati al rapporto di conto corrente.
7.1E’ sufficiente al riguardo rammentare in proposito che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimita’ (Cass., 13 ottobre 2017, n. 24155).
7.2Non sussiste nemmeno il vizio di omesso esame di un fatto decisivo di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella nuova formulazione ratione temporis applicabile al caso di specie, avendo la Corte di appello, a pag. 13 (al punto B.II.1), valutato il contratto di concessione di fido e rilevato espressamente che non poteva ritenersi data certa “quella appostavi sulla prima pagina, in quanto non conforme a quanto prescritto dall’articolo 2704 c.c.”.
8. All’accoglimento del primo motivo di ricorso conseguono la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa, per un nuovo esame sulla sole questioni concernenti l’ammissibilita’ dell’appello principale e la qualificazione del pegno, alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, che liquidera’ anche le spese di questo giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo ricorso e dichiara assorbito il secondo; dichiara inammissibili il terzo e quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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