In tema di apertura di credito in conto corrente

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 6 dicembre 2019, n. 31921.

La massima estrapolata:

In tema di apertura di credito in conto corrente, il prolungato inadempimento del correntista all’obbligo di rientrare dall’esposizione debitoria, legittima la banca alla segnalazione alla Centrale Rischi del suo credito come “in sofferenza”, atteso che, ai fini di tale segnalazione, la nozione di insolvenza non si identifica con quella propria fallimentare, ma si concretizza in una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come “deficitaria” ovvero come di “grave difficoltà economica”, senza alcun riferimento al concetto di incapienza o irrecuperabilità.

Ordinanza 6 dicembre 2019, n. 31921

Data udienza 24 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – rel. Consigliere

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 23121/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) e rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) in forza di procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende in forza di procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 387/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 16/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/09/2019 dal Consigliere UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato l’8/7/2002 (OMISSIS) ha convenuto in giudizio la (OMISSIS) s.p.a., quale successore a titolo universale della Cassa di Risparmio Salernitana, dinanzi al Tribunale di Salerno – Sezione Distaccata di Eboli, chiedendo di dichiarare la responsabilita’ della Banca per l’illegittima segnalazione del suo nominativo alla Centrale Rischi della Banca d’Italia e conseguentemente condannarla al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.
L’attore ha sostenuto che con sentenza 17/84 il Tribunale di Salerno aveva dichiarato il fallimento della (OMISSIS) s.n.c. e il suo stesso fallimento, quale socio illimitatamente responsabile; che nel corso della procedura fallimentare il Curatore aveva esperito azione revocatoria, nei confronti della (OMISSIS), presso la quale la societa’ fallita aveva un conto corrente in relazione ad alcuni versamenti effettuati dal fideiussore; che la predetta azione era stata parzialmente accolta dal Tribunale; che il 19/7/1989 il fallimento era stato chiuso per riparto finale dell’attivo; che in seguito egli si era visto rifiutare da taluni istituti la richiesta di aperture di credito per l’esistenza di una segnalazione alla Centrale Rischi effettuata da (OMISSIS) per una sofferenza di Lire 15.000.000 di (OMISSIS) e del socio illimitatamente responsabile, del tutto illegittima perche’ il debito era stato interamente soddisfatto e la Banca non si era insinuata nella procedura fallimentare.
Si e’ costituita (OMISSIS) s.p.a., succeduta a (OMISSIS) s.p.a., a sua volta succeduta a (OMISSIS), chiedendo il rigetto della domanda.
Esperita istruttoria testimoniale, dopo l’incorporazione di (OMISSIS) in (OMISSIS), a sua volta ridenominata (OMISSIS) s.p.a., il Tribunale di Salerno, Sezione Distaccata di Eboli, con sentenza del 24/9/2010 ha accolto la domanda dell’attore, condannando la Banca convenuta al pagamento in suo favore della somma di Euro 50.000,00, oltre interessi e spese.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello la (OMISSIS) SanPaolo, a cui ha resistito l’appellato (OMISSIS).
Sospesa preliminarmente l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, la Corte di appello di Salernofcon sentenza del 16/6/2015, ha accolto il gravame, rigettando la domanda proposta da (OMISSIS), col favore delle spese del doppio grado di giudizio.
3. Avverso la predetta sentenza del 16/6/2015, notificata il 1/7/2015, con atto notificato il 25/9/2015 ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), svolgendo due motivi.
Con atto notificato il 4/11/2015 (OMISSIS) s.p.a. ha proposto controricorso, chiedendo la dichiarazione di inammissibilita’, o improponibilita’, o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, nonche’ violazione dell’articolo 1375 c.c..
1.1. Secondo il ricorrente, la Corte di appello aveva trascurato il fatto decisivo che il (OMISSIS) non era inadempiente verso la Banca poiche’ ignorava l’esistenza dell’obbligazione; non era contestato il fatto che prima della dichiarazione di fallimento l’esposizione debitoria della societa’ fallita (OMISSIS) s.n.c. era stata estinta ad opera del fideiussore (OMISSIS); il (OMISSIS) quindi sapeva che non esisteva alcun debito verso la Banca; tale credito era sorto solo per effetto della sentenza 1069/88 con la quale il Tribunale di Salerno aveva accolto l’azione revocatoria esperita dalla curatela e che aveva condannato la Banca a restituire parte delle somme ricevute in pagamento dal fideiussore. Tale giudizio si era svolto fra la curatela e l’istituto di credito e la Banca non aveva mai proposto istanza di ammissione al passivo.
Il (OMISSIS) non era mai stato avvisato del debito e nemmeno dell’intenzione della Banca di procedere alla segnalazione alla Centrale Rischi per il modesto credito (Euro 7.747,00), come sarebbe stato doveroso secondo i principi di correttezza e buona fede.
1.2. Il ricorrente denuncia l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”.
Il nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 2012, n. 134, in tema di ricorso per vizio motivazionale, deve essere interpretato, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, nel senso della riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione; secondo la nuova formula, e’ denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. un., 07/04/2014, n. 8053; Sez. un., 22/09/2014, n. 19881; Sez. un., 22/06/2017, n. 15486).
Inoltre, secondo le Sezioni Unite, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
1.3. Il fatto decisivo che la Corte salernitana avrebbe omesso di considerare era che il ricorrente (OMISSIS) non avrebbe potuto considerarsi inadempiente perche’ non era stato informato dell’esistenza del credito, risorto per effetto della sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria del pagamento effettuato dal fideiussore.
La Corte di appello di Salerno non ha affatto trascurato tale circostanza, ma l’ha ritenuta irrilevante, avendo ben presente che il credito della Banca era (ri)sorto per effetto della sentenza che aveva dichiarato inefficace il pagamento ricevuto dal fideiussore, restituito alla curatela fallimentare (sentenza impugnata, pag.4-5, con errore materiale evidente della parola “debitrice” per “creditrice”, a pagina 4, ultimo rigo).
Inoltre, alle pagine 8 e 9, la Corte di appello ha disatteso le tesi ora riproposte dal (OMISSIS) circa la mancata insinuazione del credito al passivo fallimentare e la mancata richiesta preventiva di pagamento alla societa’ fallita e al socio illimitatamente responsabile, egli pure dichiarato fallito, ritenendo espressamente che non fosse necessario un previo accertamento giudiziale del credito in sofferenza e sostenendo che automaticamente, per effetto della sentenza di accoglimento della revocatoria, la Banca era divenuta creditrice nei confronti della correntista e soprattutto che non era affatto necessaria una preventiva richiesta nei confronti del debitore, che peraltro al momento della pronuncia della revocatoria era soggetto fallito.
La Corte di Salerno, lungi dall’omettere l’esame del fatto de quo, ha osservato che la Banca aveva legittimamente operato la segnalazione, senza previamente chiedere l’ammissione al passivo e senza sollecitare il pagamento nei confronti di soggetti, che seppur tornati in bonis risultavano comunque in situazione deficitaria.
1.4. Con l’ultima parte del motivo, nel lamentare la violazione dell’articolo 1375 c.c. il ricorrente sostiene che i doveri di comportamento secondo correttezza e buona fede avrebbero imposto alla Banca di richiedergli il pagamento prima di procedere alla segnalazione alla Centrale Rischi.
Egli tuttavia non si confronta con la motivazione addotta dalla Corte territoriale che ha fondato la valutazione di correttezza, anche in relazione a tale profilo, del comportamento della Banca sull’oggettiva esistenza del credito e sulla situazione deficitaria dei debitori, soggetti dichiarati falliti, in considerazione del fatto che il fallimento era stato chiuso per avvenuto riparto dell’attivo, ma senza la soddisfazione dei creditori ed anzi con il pagamento dei creditori chirografari solo in percentuale irrisoria (0,413%).
La Corte di appello ha ritenuto quindi la segnalazione pienamente legittima perche’ effettuata relativamente a un credito “in sofferenza”, inteso come esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, ovvero in condizione di incapacita’ non transitoria di adempiere alle obbligazioni assunte, o in situazione sostanzialmente equiparabile.
Giova rammentare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di segnalazione alla Centrale Rischi di un credito in sofferenza, la nozione di insolvenza non si identifica con quella propria fallimentare, ma si concretizza in una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come deficitaria, ovvero come di grave difficolta’ economica, senza, quindi, alcun riferimento al concetto di incapienza o irrecuperabilita’ e senza che assuma rilievo la manifestazione di volonta’ di non adempiere, che sia giustificata da una seria contestazione sull’esistenza del credito. (Sez. 3, n. 26361 del 16/12/2014, Rv. 633869 – 01); la segnalazione di una posizione “in sofferenza” presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia, secondo le istruzioni del predetto istituto e le direttive del CICR, richiede una valutazione, da parte dell’intermediario, riferibile alla complessiva situazione finanziaria del cliente, e non puo’ quindi scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficolta’ economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d’insolvenza (Sez. 1, n. 15609 del 09/07/2014, Rv. 631843 – 01).
2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti nonche’ violazione degli articoli 1176 e 2729 c.c. e articolo 120 L. Fall..
2.1. Poiche’ la segnalazione era avvenuta solo il 30/9/1989, dopo la chiusura della procedura fallimentare avvenuta il 19/7/1989, nessuna rilevanza presuntiva poteva essere esercitata dal fallimento e dalla precedente situazione di insolvenza.
La Corte territoriale, sottraendosi alla doverosa valutazione approfondita della condizione economica del debitore, avrebbe ricavato in modo automatico la condizione di oggettiva difficolta’ economica del (OMISSIS) dalla precedente dichiarazione di fallimento, chiuso per insufficienza di attivo, ossia da elementi che non offrivano invece un quadro attuale delle condizioni finanziarie del debitore.
2.2. Anche in questo caso non esiste un fatto decisivo non esaminato dalla Corte di appello, che non ha affatto dedotto automaticamente la configurabilita’ in capo al (OMISSIS) della predetta situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficolta’ economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d’insolvenza, dal fatto che egli fosse in precedenza incorso nella dichiarazione di fallimento nel 1984 quale socio illimitatamente responsabile della pure fallita (OMISSIS) s.n.c..
La Corte di appello, per converso, ha attribuito rilievo alle modalita’ con cui il fallimento era stato chiuso il 19/7/1989 per riparto finale dell’attivo, lasciando insoddisfatto, se non in misura irrisoria, il ceto creditorio chirografario; la Corte territoriale ha quindi da tale circostanza elementi per opinare, con valutazione prettamente di merito, insindacabile in sede di legittimita’, la persistenza della grave difficolta’ economica della societa’ fallita e del (OMISSIS) e ha osservato che se egli fosse stato in grado di soddisfare il credito, la chiusura del fallimento avrebbe avuto un ben diverso esito, concludendo cosi’ per un motivato accertamento di una situazione patrimoniale globalmente negativa della societa’ e del (OMISSIS).
3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’ in favore della controricorrente, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate nella somma di Euro 6.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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