Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 3 settembre 2019, n. 21963.
La massima estrapolata:
Se l’intestatario di un conto corrente bancario (o di un dossier titoli) ne dispone la cointestazione ad altri soggetti, costoro sono legittimati a effettuare operazioni da imputare a quel conto o a quel dossier, ma non divengono proprietari del denaro contabilizzato nel conto corrente (o, meglio, non divengono contitolari del credito spettante al correntista verso la banca) né divengono proprietari degli strumenti finanziari che sono contabilizzati nel dossier.
Ordinanza 3 settembre 2019, n. 21963
Data udienza 24 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. CIGNA Mario – Consigliere
Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere
Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9725-2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
(OMISSIS) SPA, in persona dei Procuratori Speciali e legali rappresentanti Dott.ssa (OMISSIS) e Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 96/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 13/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2019 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI.
RILEVATO IN FATTO
1.La Corte d’Appello di Venezia con sentenza n. 96/2017, rigettando l’impugnazione principale e quella incidentale, ha integralmente confermato la sentenza n. 3822/2015, con la quale il Tribunale di Venezia – nel procedimento, promosso dai fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ di Brignola Silvia – aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta dai primi nei confronti dei convenuti.
2.Per come si evince dalla impugnata sentenza, (OMISSIS) e (OMISSIS), quali figli superstiti, assieme alla sorella Claudia (rimasta contumace in entrambi i gradi del giudizio di merito), della madre (OMISSIS), deceduta il (OMISSIS), avevano convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Venezia (OMISSIS) e (OMISSIS) (marito e figlia di (OMISSIS)), nonche’ di (OMISSIS), nipoti di (OMISSIS), sostenendo che i convenuti si erano appropriati della somma di Euro 3.100,00, costituente il saldo attivo dei conto corrente n. 23229 intestato alla defunta, oltre all’importo di Euro 132.685,61, contenuto in un dossier titoli. Su detto presupposto avevano dunque chiesto la condanna dei convenuti al pagamento della quota di 2/3 delle predette somme, corrispondenti alla quota ereditaria di loro spettanza, oltre al risarcimento del danno.
I convenuti, nel costituirsi, si erano opposti all’accoglimento della domanda, sostenendo che le somme erano cointestate alle signore (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) a far data dal 6.3.2003, giusta disposizione della stessa signora (OMISSIS), ed erano pertanto da considerarsi in comunione pro indiviso; per il caso di soccombenza rispetto alla domanda risarcitoria avevano chiesto, previa chiamata in causa di (OMISSIS) s.p.a., di essere tenuti manlevati per quanto eventualmente dovuto pagare agli attori, avendo la defunta svolto l’operazione di cointestazione su suggerimento del promotore finanziario.
Il giudice di primo grado aveva riconosciuto l’indebita appropriazione da parte dei convenuti della quota di 1/3 delle somme di cui al dossier tutoli e, limitatamente agli eredi di (OMISSIS), di parte del saldo attivo sul conto corrente, e, per l’effetto, aveva condannato i convenuti in solido alla restituzione della somma di Euro 14.742,84 in favore di ciascuno degli attori (costituente la terza parte della quota di 1/3 di spettanza della de cuius), nonche’ i soli (OMISSIS) ad (OMISSIS), della somma di Euro 250.04, costituente la terza parte di quanto prelevato dal conto corrente ad opera di (OMISSIS) senza giustificazione, oltre al pagamento delle spese processuali, in favore degli attori e della terza chiamata. Cio’ sul presupposto che gli importi di un conto bancario con annesso dossier titoli intestato originariamente ad una unica persona e successivamente (prima della morte della stessa) cointestato ad altre due persone dovessero ritenersi di proprieta’ pro quota indivisa di tutti e tre.
Avverso la sentenza di primo grado avevano proposto appello (OMISSIS) e (OMISSIS), figli superstiti dell’originaria intestataria, formulando 5 motivi di gravame, rilevando: con il primo motivo, che l’intestazione della sentenza recava il nome di ” (OMISSIS)” (OMISSIS), in luogo di ” (OMISSIS)” e, pertanto, avevano chiesto la correzione dell’errore materiale; cor il secondo, avevano sostenuto che, con la cointestazione dei titoli in origine di sua esclusiva proprieta’ (OMISSIS) a veva soltanto inteso far acquisire a (OMISSIS) e (OMISSIS) la possibilita’ di operare a firma disgiunta, ma non aveva affatto inteso anche trasferire la proprieta’ dei valori mobiliari, che sarebbe dunque rimasta in capo all’unica proprietaria; con il terzo motivo avevano lamentato il travisamento della domanda da parte del giudice di primo grado, posto che gli attori avevano chiesto la restituzione (non solo della quota di 1/3, ma) di tutte le somme oggetto di causa; con il quarto motivo avevano dedotto la violazione dell’articolo 112 c.p.c., sul presupposto che gli attori, in primo grado, avevano richiesto di ricevere la terza parte non solo del dossier titoli, ma anche della somma di Euro 3.100,00, depositata sul conto corrente della de cuius; con il quinto ed ultimo motivo avevano censurato la regolamentazione delle spese processuali, perche’ liquidate in misura inferiore a quella dovuta in relazione al valore della causa.
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) si erano costituiti e, oltre a chiedere il rigetto dei motivi dell’appello principale, avevano proposto appello incidentale lamentando: l’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale nel ritenere che (OMISSIS) avesse posto in essere una condotta di appropriazione indebita in relazione alla terza parte del dossier titoli, posto che la stessa era pienamente legittimata al prelievo, potendo operare “a firma disgiunta”; nonche’ l’ulteriore errore in cui sarebbe incorso il Tribunale nel regolamentare le spese processuali, che avrebbero dovuto essere poste a carico degli appellanti, o quanto meno compensate. Avevano altresi’ proposto appello incidentale condizionato, chiedendo l’accoglimento della domanda di manleva formulata nei confronti della terza chiamata.
Anche (OMISSIS) s.p.a. si era costituita eccependo l’inammissibilita’ dell’appello e chiedendo, nel merito, tanto il rigetto dell’appello principale, quanto quello dell’appello incidentale.
(OMISSIS), ritualmente citata, era rimasta contumace anche nel giudizio di appello.
La Corte territoriale, come sopra rilevato, ha integralmente confermato la sentenza di primo grado.
3. (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono avverso la sentenza della Corte territoriale.
Resistono con distinti controricorsi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ la societa’ (OMISSIS) s.p.a..
In vista dell’odierna adunanza i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) depositano memoria.
RITENUTO IN DIRITTO
1.Il ricorso e’ affidato a tre motivi.
1.1. (OMISSIS) e (OMISSIS), con il primo motivo, articolato in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, denunciano la nullita’ della sentenza per motivazione meramente apparente e la violazione dell’articolo 112 c.p.c..
Deducono che con il secondo motivo di appello non avevano affatto esposto un problema di volonta’ di (OMISSIS), ma avevano posto il problema se la cessione di uno o piu’ crediti bancari da un precedente titolare a successivi contitolari possa avvenire con solo atto unilaterale ovvero debba avvenire con contratto.
Sostengono che l’atto di cointestazione del conto e’ negozio unilaterale con cui si abilita terzi ad emettere atti dispositivi dei diritti, oggetto del conto, ma non e’ un contratto traslativo di diritti; e che un diritto di credito puo’ essere trasferito soltanto con contratto.
1.2. Con il secondo motivo, articolato in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione degli articoli 1260, 1321 e 1376 c.c. nella parte in cui la Corte ha ipotizzato che il titolare di un conto bancario, nel disporne la cointestazione, compia un atto idoneo a trasferire la titolarita’ del credito (e non piuttosto la semplice legittimazione a disporne).
Sostengono che nella specie l’atto posto in essere dalla signora (OMISSIS), che aveva per l’appunto autorizzato le sue congiunte ad operare sul conto mediante cointestazione del conto medesimo, non era un contratto e pertanto non era atto traslativo del credito.
1.3. Con il terzo ed ultimo motivo, articolato in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, denunciano violazione dell’articolo 1325 c.c., in quanto sulla base di quanto ricostruito dalla sentenza di appello la c.d. cointestazione di conti bancari non ha causa contrattuale determinabile.
Sostengono che l’atto di cointestazione dei titoli, posto in essere dalla signora (OMISSIS), non indicando il corrispettivo e neppure la gratuita’ della cessione, non aveva una causa contrattuale che consentisse di identificarlo in un contratto di cessione, ma era un mero atto con il quale la predetta aveva esteso la facolta’ di disporre del credito a favore dapprima della sola (OMISSIS) e poi anche di (OMISSIS).
Osservano che non era risultato provato che la signora (OMISSIS) fosse a conoscenza delle operazioni che le due cointestatarie andavano via via autonomamente ponendo in essere.
Rilevano la contraddittorieta’ della sentenza impugnata che, confermando la sentenza di primo grado, da un Iato, ha ritenuto, da un lato, che le due cointestatarie avevano illecitamente disposto dei titoli di proprieta’ della de cuius e dall’altro che le stesse cointestatarie avevano legittimamente disposto della quota di due terzi ipoteticamente loro intestata.
2. Il ricorso e’ fondato.
2.1. Nella specie risulta accertato in fatto che in data (OMISSIS) la signora (OMISSIS), sottoscrivendo due distinti moduli (entrambi diretti alla banca), ha disposto che il dossier titoli, appoggiato al suo conto corrente, fosse cointestato a due sue nipoti (precisamente, per effetto della sottoscrizione del primo modulo, a (OMISSIS) e, per effetto della sottoscrizione dell’altro modulo, a (OMISSIS)). Risulta altresi’ accertato che, successivamente alla sottoscrizione di detti due moduli, (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno compiuto piu’ atti esecutivi di operazioni bancarie fino a prelevare dalla banca l’intero saldo; mentre non risulta accertato che la signora (OMISSIS) fosse a conoscenza delle operazioni che le due cointestatarie stavano ponendo in essere.
Orbene, a fronte delle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado, gli odierni ricorrenti, figli superstiti dell’originaria intestataria del conto corrente (con annesso dossier titoli) per cui e’ processo, in sede di atto di appello hanno sostenuto in primo luogo che i diritti di credito verso la banca possono essere trasferiti (non per atto unilaterale, ma) soltanto per contratto e che la cointestazione, per cu, era processo, era un semplice atto unilaterale ricettizio da parte del titolare nei confronti della banca, che, in quanto tale, era non idoneo a trasferire alcun diritto di credito verso la banca.
Hanno altresi’ sostenuto che, quand’anche si volesse ravvisare nella specie un rapporto contrattuale, si sarebbe trattato di un contratto privo di causa (e, quindi, nullo), non essendo stato chiarito a quale titolo fosse avvenuto il trasferimento delle quote indivise del conto e dei titoli dall’originario intestatario (dapprima, ad un secondo, e, poi, ad un terzo cointestatario).
La Corte territoriale – esaminando il conto corrente e l’annesso dossier titoli bancari, l’originaria intestazione ad un solo soggetto (di cui gli odierni ricorrenti sono eredi) e le successive cointestazioni (ad altri due soggetti estranei alla successione mortis causa dell’originaria unica titolare) – ha affermato la validita’ di detta cointestazione sulla base della corrispondenza alla volonta’ della de cuius.
2.2. Cio’ posto, fondato e’ il primo motivo, in quanto la Corte, incorrendo nel vizio denunciato di nullita’ della sentenza per motivazione apparente, ha dato contezza della sua statuizione con argomentazione (id est, l’intenzione e scopo pratico perseguito dall’originaria intestataria nel disporre la cointestazione) non corrispondente a quanto era stato alla stessa devoluto e cioe’ l’idoneita’ dell’atto unilaterale di cointestazione, diretto alla banca, a trasferire la titolarita’ del credito.
E fondati sono anche il secondo ed il terzo motivo, in quanto la Corte territoriale, incorrendo nella violazione delle denunciate norme di legge, in difetto di diversa volonta’ delle parti, ha attribuito alla mera cointestazione di conti bancari il contenuto di un contratto di cessione del relativo credito, mentre la cointestazione e’ di per se’ una mera dichiarazione rivolta alla banca (nella quale, peraltro, nella specie, non risulta enunciata ne’ la volonta’ di trasferire il credito e neppure la causa di tale cessione di credito, con conseguente nullita’ dell’ipotizzato contratto).
Sviluppando principi gia’ affermati da questa Corte (cfr., ad es. Sez. 2, Sentenza n. 13614 del 30/05/2013, Rv. 626283 – 01) occorre qui precisare che la cointestazione di un conto corrente, salvo prova di diversa volonta’ delle parti (ad es dell’esistenza di un contratto di cui la cointestazione fosse atto esecutivo ovvero del fatto che la cointestazione costituisca una proposta contrattuale, accettata per comportamento concludente), e’ di per se’ atto unilaterale idoneo a trasferire la legittimazione ad operare sul contro (e, quindi, rappresenta una forma di procura), ma non anche la titolarita’ del credito, in quanto il trasferimento della proprieta’ del contenuto di un conto corrente (ovvero dell’intestazione del deposito titoli che la banca detiene per conto del cliente) e’ una forma di cessione del credito (che il correntista ha verso la banca) e, quindi, presuppone un contratto tra cedente e cessionario.
3. Ne consegue che – in accoglimento di tutti i motivi di ricorso – la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, affinche’ la stessa, in diversa composizione, riesami l’appello alla luce di quanto qui affermato.
Alla Corte territoriale viene anche demandata la regolamentazione delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie i motivi di ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Venezia, affinche’ la stessa, in diversa composizione, proceda a nuovo esame dell’appello alla luce di quanto sopra affermato.
Demanda alla Corte di rinvio la regolamentazione delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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