Il mero rilascio di un permesso in variante all’originario permesso

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 5 luglio 2019, n. 4606.

La massima estrapolata:

Il mero rilascio di un permesso in variante all’originario permesso per costruire non fa decorrere un nuovo termine di avvio e di conclusione dei lavori, il quale va sempre determinato con riferimento al titolo edilizio originario.

Sentenza 5 luglio 2019, n. 4606

Data udienza 23 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1129 del 2008, proposto dalla società Sp. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fl. Ma. Bo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gu. Fr. Ro. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pa. St. Ri. con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);
nei confronti
Dirigente Uff. Edilizia Privata Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. del Trentino-Alto-Adige – sede di Trento, n. 399 del 2006, resa tra le parti, concernente la decadenza della concessione edilizia
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 maggio 2019 il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti l’avvocato Er. Ga., su delega dell’avvocato Fl. Ma. Bo., e l’avvocato Pa. St. Ri..

FATTO e DIRITTO

1. La controversia concerne un intervento edilizio relativo alla costruzione di due edifici (edifico n. 1/Nord e edificio 2/Sud) a destinazione artigianale/commerciale sito in Trento – località (omissis), in un’area separata da viabilità esistente, per il quale il Comune: – ha rilasciato una concessione edilizia (n. 25571 del 4 giugno 2004) al signor Br. Co.; – ha rilasciato una concessione edilizia in variante (n. 98987 del 24 maggio 2005) alla società Sp. Srl (avente causa del primo); – ha emesso, previa comunicazione preventiva, un provvedimento (n. 51071 del 19 agosto 2005) di decadenza, essendo decorso un anno dal rilascio del primo provvedimento concessorio, senza che i lavori fossero iniziati.
2.La società ha impugnato dinanzi al T.a.r. il provvedimento di decadenza.
Il ricorso è stato rigettato con la sentenza n. 399 del 2006.
3. Avverso la suddetta sentenza, la società ha proposto appello affidato a due motivi.
3.1. Si è costituito il Comune, instando per il rigetto.
3.2. Entrambe le parti hanno depositato memorie per illustrare le proprie ragioni; la società anche di replica.
3.3. All’udienza pubblica del 23 maggio 2019, la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.
4. La questione all’attenzione del Collegio è se, ai fini della legittimità o meno del provvedimento di decadenza, il termine annuale per l’inizio dei lavori decorra dalla originaria concessione, come sostiene il Comune, o dalla successiva concessione in variante, come sostiene la società .
5. Con il provvedimento impugnato, il Comune, nel rispondere alle osservazioni della società presentate in esito all’avvio del procedimento di decadenza, ha così, essenzialmente argomentato:
a) le modifiche autorizzate con la concessione in variante, considerate nel provvedimento semplici varianti dato il richiamo alla precedente concessione, non possono qualificarsi come essenziali sulla base dei criteri elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, in mancanza di numerosi e sostanziali elementi di novità in termini di superficie coperta, perimetro, volumetria, caratteristiche funzionali e strutturali (interne ed esterne dell’edificio), ed in presenza di indici urbanistici invariati;
b) l’eventuale qualificazione della variante come essenziale, soggetta a nuova concessione autonoma, avrebbe imposto all’amministrazione la sospensione della domanda – per contrasto con la previsione dell’art. 3 del nuovo PRG, adottato nell’ottobre 2004, in quanto la viabilità esclude la contiguità e l’omogeneità di più particelle ai fini del lotto minimo – profilandosi un diniego in caso di approvazione dello stesso.
6. Il primo giudice ha così essenzialmente argomentato il rigetto del ricorso, in riferimento ai due motivi proposti dalla società ricorrente.
6.1. Quanto alla censura dell’allora ricorrente, secondo la quale le modifiche richieste (nel dicembre del 2004) in variante, ed ottenute nel maggio 2005, rendevano non eseguibile l’intervento originariamente assentito, dal punto di vista tecnico-costruttivo per via dell’innovazione costituita da un esteso corpo di fabbrica interrato, pregiudiziale all’effettuazione degli interventi previsti nell’originario provvedimento abilitativo, il T.a.r. ha affermato:
a1) le varianti concernevano principalmente l’edificio 1/Nord e minimamente l’altra costruzione (edificio 2/Sud) per il quale le modifiche avrebbero potuto essere apportate nel corso dell’esecuzione, invece, i lavori non sono iniziati neanche per questo edificio; comunque, neanche per l’edificio Nord le modifiche in variante costituivano impedimento all’esecuzione dell’opera;
a2) il provvedimento di variante del 2005 qualifica tali modifiche costruttive come “varianti in senso proprio”, escludendo, pertanto, che esse potessero costituire delle “varianti essenziali” e cioè tali da alterare le linee originarie dell’intervento assentito;
a3) che non di variante essenziale si trattava, appare confermato dall’esame della cartografia allegata al progetto;
a4) l’Amministrazione ha potuto emettere il provvedimento concessorio del 24 maggio 2005 proprio perché si trattava di varianti in senso proprio; altrimenti, avrebbe dovuto respingere la domanda, come misura di salvaguardia, ai sensi dell’art. 64 della l. P. n. 22 del 1991, in quanto contrastante con la nuova definizione di “lotto minimo” prevista all’art. 3 della normativa di attuazione in itinere (adottata in prima adozione con delibera del Consiglio comunale in data 14 ottobre 2004, n. 111); questa, nel fornire la definizione di “lotto minimo”, costituito da più particelle catastali aventi la medesima destinazione urbanistica, prevede che siano confinanti e che “la viabilità interrompe in ogni caso la contiguità e l’omogeneità di destinazione d’uso richieste per la verifica del lotto minimo”; situazione esistente nella specie.
6.2. Quanto alla censura dell’allora ricorrente, secondo cui il preteso rispetto delle previsioni della variante al PRG in itinere sarebbe in contrasto con il disposto dell’art. 56-bis, ult. co., delle norme di attuazione del PRG comunale del 1995 – il quale prevede che il requisito della dimensione minima del lotto non si applica nei casi di “sopravvenuta riduzione del lotto a seguito di nuova previsione urbanistica ovvero a seguito di procedura espropriativa per opere pubbliche”, il primo giudice ha affermato:
a1): nel caso di specie, la riduzione del lotto mediante una strada che divide le due aree, è stata determinata da una procedura espropriativa per opere pubbliche verificatasi in data (nel 1992), antecedente all’entrata in vigore della variante in parola, con la conseguenza che la suddetta norma non può trovare applicazione, stante il divieto di retroattività .
7. Con il primo motivo di appello, la società deduce il travisamento delle risultanze degli atti processuali, in ordine alle caratteristiche delle opere assentite dalla nuova concessione edilizia e carenza di motivazione. Qualificando le modifiche assentite, come aventi “carattere essenziale”, sostiene che si tratterebbe di un nuovo titolo abilitativo, dal quale non poteva non decorrere un nuovo termine decadenziale per l’inizio dei lavori e che il primo giudice aveva omesso di verificare la mancanza della voluntas inaedificandi, inesistente poiché la società era in attesa della concessione in variante.
7.1.Con il secondo motivo, si censura l’interpretazione sostenuta dal primo giudice dell’art. 3 del piano regolatore adottato nell’ottobre del 2004 in riferimento all’art. 56-bis, ultimo comma, del P.R.G. del 1995.
Si sostiene che le norme di salvaguardia del lotto minimo, introdotte nell’ottobre del 2004, non avrebbero impedito il rilascio della concessione in variante essenziale, perché, al contrario di quanto ritenuto dal primo giudice, l’art. 56-bis esplica i propri effetti per i c.d. “lotti irregolari”, aventi una conformazione analoga a quello dell’area di proprietà dell’odierna appellante e scaturenti da precedenti procedimenti ablatori, indipendentemente dal fatto che l’espropriazione sia avvenuta anteriormente o successivamente all’anno 1995. In definitiva, a rendere non applicabile tale disposizione, secondo l’appellante, sarebbe la classificazione di un determinato lotto come “irregolare”, sulla scorta della preventiva ablazione di una parte dello stesso, indipendentemente dalla data dell’ablazione.
8. Le censure vanno scrutinate unitariamente per la loro stretta connessione.
8.1. La società appellante, mettendo in risalto le caratteristiche delle opere richieste, unitamente agli aspetti tecnico-costruttivi delle stesse ed il profilo soggettivo della inesistenza della voluntas inaedificandi, per via dell’attesa della variante richiesta, persegue l’obiettivo di ottenere dal giudice una nuova qualificazione delle opere assentite con il secondo provvedimento abilitativo, al fine di superare il termine di decadenza per il mancato inizio dei lavori del primo provvedimento.
8.2. Questa prospettazione non può essere condivisa sulla base della ratio a fondamento dei principi che governano la disciplina della decadenza del titolo abilitativo e presidiano l’effettività della potestà di regolamentazione urbanistica del territorio da parte del Comune.
8.3. In questa ottica viene in rilievo, innanzitutto, la disciplina del termine di inizio e ultimazione dei lavori assentiti (art. 87 l.P. cit.), la quale è dettata per assicurare la regolarità urbanistica dell’attività di trasformazione del territorio, in modo da evitare che una edificazione autorizzata nel vigore di un determinato regime urbanistico venga realizzata quando il mutato regime non la consente più . La giurisprudenza consolidata è molto restrittiva nell’individuazione dell'”inizio dei lavori”, proprio per evitare che il termine di decadenza possa essere eluso con il ricorso ad interventi fittizi e simbolici. Lo stesso rigore, per il perseguimento delle stesse ragioni, è imposto all’interprete se l’inesistenza della voluntas inaedificandi viene invocata per aver avanzato istanza di un nuovo provvedimento abilitativo che, in tesi, per implicare la decorrenza di un nuovo termine per l’inizio, avrebbe dovuto integrare un provvedimento abilitativo autonomo, come tale sottoposto alla nuova regolamentazione e alle norme di salvaguardia poste a tutela della effettiva applicabilità della stessa.
8.3.1. In definitiva, la ratio complessiva della disciplina è nell’obiettivo di mantenere il controllo sull’attività di edificazione, per sua natura non istantanea, non solo al momento del rilascio del titolo abilitativo ma, anche, successivamente al momento della realizzazione, garantendo solo entro limiti temporali ragionevoli il compimento dell’opera iniziata. Altrimenti, verrebbero messi in discussione la indefettibilità delle sopravvenute previsioni urbanistiche (volte per definizione ad un più razionale assetto del territorio per la soddisfazione degli interessi pubblici e privati coinvolti), ed il correlato principio della esclusione della ultrattività delle normative precedenti e dei provvedimenti con esse compatibili.
Da ciò, la stretta regolamentazione della possibilità di proroga (art. 87 l.P. e 15 t.un. edil) e la natura eccezionale della deroga della salvezza dei lavori iniziati in caso di sopravvenienza di norme, posta a tutela dell’affidamento dei privati già titolari di abilitazione, oltre che funzionale ad evitare la distruzione di ricchezza che deriverebbe dall’abbandono di progetti in avanzato stato di attuazione (art. 15 t.un. edil.).
8.4. La fattispecie in esame è caratterizzata: – da un titolo abilitativo (del giugno 2004) per la realizzazione di in intervento edilizio, seguito pochi mesi dopo (nel dicembre dello stesso anno) dalla richiesta di una variante, senza ulteriori specificazioni, proprio dopo che era stata adottata una nuova normativa (nell’ottobre dello stesso anno), che introduceva una nuova definizione del “lotto minimo” sfavorevole ai richiedenti per via della preclusiva previsione della viabilità ; – dall’assenza di ogni richiesta di proroga del termine iniziale; – dal non contestato mancato inizio dei lavori nel termine annuale decorrente dall’originario titolo abilitativo; – dalla non contestazione giudiziale del nuovo titolo abilitativo, che richiamava il precedente e non individuava un nuovo termine.
8.5. Dal punto di vista dell’assetto della disciplina rilevante nella fattispecie, non può che condividersi l’interpretazione delle disposizioni fatta propria dal primo giudice. Questi, ha correttamente sostenuto che l’art. 3 cit. delle norme di attuazione adottate nell’ottobre del 2004, certamente sfavorevole per gli interessati rispetto alla nuova individuazione del lotto minimo, avrebbe comportato l’applicazione (art. 64 l.p.) delle norme di salvaguardia rispetto al rilascio di un nuovo titolo abilitativo. Che un nuovo titolo sia necessario per i casi di opere in “variante essenziale”, non vi è dubbio, secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio (ex multis, Cons Stato, sez. VI, n. 891 del 2019); del resto, questa interpretazione non è neanche messa in discussione dagli originari ricorrenti e attuali appellanti.
8.6. Pure condivisibile è la tesi del primo giudice quando, sulla base del principio del generale divieto di retroattività, disattende la tesi dei ricorrenti, i quali, facendo leva sull’art. 56-bis delle norme di attuazione del PRG del 1995, vorrebbero applicare retroattivamente una disposizione speciale che disciplina per il futuro il c.d. lotto irregolare derivante da procedure ablative, così sottraendolo alla disciplina ordinaria del lotto minimo. E, invece, ritiene applicabile la disciplina generale sopravvenuta del lotto minimo perché non è contestato che nella fattispecie la procedura espropriativa risaliva al 1992.
8.7. Dall’applicazione dei principi suddetti alla fattispecie deve trarsi la conseguenza che nessuna valutazione degli allegati al progetto di variante può essere chiesta a questo giudice, facendo valere un travisamento dei fatti da parte del primo giudice, per ottenere una qualificazione di essenzialità della variante rispetto ad un provvedimento, non impugnato, che è stato emanato sul presupposto della “mera variante”. Infatti, le ipotizzate varianti essenziali avrebbero richiesto un nuovo titolo assoggettato alle disposizioni di salvaguardia delle nuove regole, senza possibilità di applicare retroattivamente la disposizione speciale del lotto minimo.
Con la conseguenza, che il provvedimento di decadenza è legittimo per l’inutile decorso del termine per l’inizio dei lavori del primo provvedimento abilitativo, in applicazione del principio consolidato (Cons. Stato, sez. IV, n. 4704 del 2017), secondo il quale il mero rilascio di un permesso in variante all’originario permesso per costruire non fa decorrere un nuovo termine di avvio e di conclusione dei lavori, il quale va sempre determinato con riferimento al titolo edilizio originario.
9. Sulla base delle argomentazioni che precedono, l’appello è infondato e va rigettato.
10. Le spese processuali del grado seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, così provvede:
a) respinge l’appello e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza;
b) condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune appellato, delle spese ed onorari, che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre accessori come per legge (I.V.A., C.P.A.e rimborso spese generali al 15%).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2019, con l’intervento dei magistrati:
Oberdan Forlenza – Presidente FF
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere, Estensore

Per aprire la mia pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *