Nel caso di ritardo nell’adempimento di obbligazioni pecuniarie nell’ambito di transazioni commerciali

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 31 maggio 2019, n. 14911.

La massima estrapolata:

Nel caso di ritardo nell’adempimento di obbligazioni pecuniarie nell’ambito di transazioni commerciali, il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231 del 2002 con decorrenza automatica dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento, senza che vi sia bisogno di alcuna formale costituzione in mora e senza che nella domanda giudiziale il creditore debba specificare la natura e la misura degli interessi richiesti.

Sentenza 31 maggio 2019, n. 14911

Data udienza 12 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5571/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS)
(OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.u.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio del primo in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova, n. 62/2016, pubblicata il 22 gennaio 2016;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 aprile 2019 dal Consigliere Emilio Iannello;
udito l’Avvocato (OMISSIS), per delega;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pepe Alessandro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 1526/2008 il Tribunale di Genova ingiungeva alla (OMISSIS) S.r.l. di pagare in favore di (OMISSIS) S.u.r.l. l’importo di Euro 15.086,36, oltre interessi e spese, quale corrispettivo per prestazioni di trasporto.
L’ingiunta proponeva opposizione deducendo di nulla dovere a causa di reiterati inadempimenti consistenti in anomalie, ritardi e disfunzioni nella consegna dei prodotti, in relazione ai quali chiedeva pronunciarsi la risoluzione del contratto per grave inadempimento di controparte e la condanna della stessa al risarcimento dei danni quantificati in Euro 50.000.
Con sentenza n. 3328/2011 il Tribunale rigettava l’opposizione e confermava il decreto opposto.
2. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Genova ha rigettato il gravame interposto dalla opponente sulla base delle seguenti considerazioni:
– l’appellante non ha contestato in modo specifico, in violazione dell’articolo 342 c.p.c., la valutazione di non gravita’ degli inadempimenti dedotti e della conseguente loro inidoneita’ a giustificare la risoluzione del contratto, dovendosi conseguentemente ritenere formato sul punto giudicato interno;
– parimenti l’appellante non ha contestato in modo specifico la sentenza del tribunale nella parte in cui ha rigettato la pretesa risarcitoria riferita a consegne diverse da quelle poste a fondamento del decreto ingiuntivo, per mancanza di prova;
– ne’ comunque l’appellante ha di tali danni fornito prova adeguata;
– correttamente il primo giudice ha riconosciuto all’opposta gli interessi Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, ex articolo 5 pur in assenza di riferimento esplicito a tale norma da parte della creditrice, essendo questo il tasso da applicare per legge nella fattispecie in esame.
3. Avverso tale decisione (OMISSIS) S.r.l. propone ricorso per cassazione con due mezzi, cui resiste l’intimata, depositando controricorso.
All’esito dell’adunanza camerale del 14/12/2018 il Collegio, con ordinanza in pari data, ne ha disposto il rinvio a nuovo ruolo perche’ fosse trattata in pubblica udienza.
La controricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso (OMISSIS) S.r.l. deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e articolo 112 c.p.c..
Afferma che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto non contestata la motivazione della sentenza del tribunale circa la mancata prova dei danni dedotti con riferimento alle prestazioni anteriori al 2007.
Sostiene che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, controparte non aveva contestato i fatti dedotti a fondamento della domanda risarcitoria; in particolare, a fronte della “valanga” di documenti prodotti con le memorie ex articolo 183 c.p.c., (OMISSIS) S.u.r.l. aveva obiettato “solo su alcune questioni, adducendo giustificazioni apparenti ma non provate, con cio’ quindi confermando la bonta’ dei fatti dedotti”.
Contestazioni specifiche erano state dedotte solo con riferimento alla fattura n. 470 del 15/11/2007, mentre in relazione agli specifici inadempimenti contestati controparte si era limitata ad imputarne la responsabilita’ al vettore.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia inoltre, ancora ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., articolo 1284 c.c., Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articoli 2 e 5 in relazione alla riconosciuta spettanza degli interessi secondo il tasso previsto da tale ultima disposizione.
Rileva che nel ricorso per decreto ingiuntivo (OMISSIS) aveva fatto richiesta di “interessi e rivalutazione monetaria” con cio’ evidenziando che gli interessi non potevano che essere quelli indicati nell’articolo 1284 c.c., dal momento che: non erano qualificati come “moratori”;
l’ulteriore risarcimento richiesto era rappresentato dalla “rivalutazione monetaria”; la motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ritiene applicabile il tasso commerciale ex articolo 2 Decreto Legislativo cit., e’ smentita dall’articolo 1284 c.c., comma 4, (aggiunto dal Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132, articolo 17, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, non applicabile ratione temporis al giudizio in corso), a mente del quale “se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui e’ proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali e’ pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.
3. Il primo motivo e’ inammissibile.
Esso pone questioni di merito, dedotte peraltro in termini del tutto generici ed assertivi, che non possono trovare ingresso in questa sede, tanto meno in relazione al dedotto vizio di violazione di legge; richiama peraltro il contenuto di documenti che non viene trascritto e neppure in alcun modo sintetizzato, in palese violazione dell’onere di specifica indicazione degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, imposto dall’articolo 366 c.p.c., n. 6.
Ove poi possa evincersi dalla illustrazione del motivo la prospettazione di un error in procedendo, per aver la Corte di merito ritenuto bisognevole di prova un fatto in realta’ non contestato (la veridicita’ dei fatti denunciati), non potrebbe non rilevarsi – al di la’ dell’ininfluente erroneo riferimento alla previsione di cui al n. 3, anziche’ al n. 4 dell’articolo 360 c.p.c., comma 1 (v. Cass. Sez. U. 24/07/2013, n. 17931) – l’inammissibilita’ anche di una siffatta censura.
Occorre al riguardo rammentare che, come questa Corte ha gia’ avuto modo di precisare, il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericita’ o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto (Cass. 22/05/2017, n. 12840).
Nel caso di specie tale onere non e’ stato assolto in alcuna misura dalla societa’ ricorrente, la quale invero, nella illustrazione del motivo, omette di trascrivere o comunque fornire adeguata sintesi degli atti difensivi di controparte dai quali dovrebbe, in tesi, evincersi la non contestazione della verita’ dei fatti denunciati.
4. Il secondo motivo e’ infondato.
L’applicabilita’ degli interessi moratori nella misura prevista dal Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, articolo 5 discende ex lege dall’essere la prestazione pecuniaria cui esse accedono dovuta a titolo di corrispettivo di una transazione commerciale, indipendentemente da una specifica richiesta del creditore.
Cio’ si ricava univocamente dal testuale dato positivo, oltre che dalla sua ratio.
A norma del Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 3 infatti, “il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori, ai sensi degli articoli 4 e 5, salvo che il debitore dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo e’ stato determinato dall’impossibilita’ della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Prevede poi l’articolo 4, comma 1, nel testo applicabile ratione temporis, che “gli interessi decorrono, automaticamente, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento” (enfasi aggiunta), poi disponendo, al comma 2, con riguardo alle ipotesi di mancata fissazione di un termine negoziale, la decorrenza degli interessi dopo un lasso di tempo volta a volta determinato ma sempre “senza che sia necessaria la costituzione in mora”.
Si coglie dunque agevolmente la portata innovativa di tale disciplina rispetto a quella ordinaria quale desumibile dagli articoli 1219 e 1224 c.c..
Quest’ultimo, giova rammentare, dispone, al comma 1: “nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali…”.
L’articolo 1219 c.c. a sua volta dispone al comma 1 che “il debitore e’ costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto”.
Fino all’emanazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2002, quindi, gli interessi di mora sulle ordinarie transazioni commerciali non decorrevano automaticamente, bensi’ era necessaria una formale presa di posizione, sotto forma di intimazione o richiesta scritta, da parte del creditore.
Proprio argomentando da tale disciplina, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che gli interessi di mora, avendo un fondamento autonomo rispetto all’obbligazione pecuniaria principale cui accedono, possono essere attribuiti soltanto su espressa domanda della parte creditrice, che ne indichi la fonte e la natura (v. ex multis Cass. 15/10/2015, n. 20868; 23/01/2008, n. 1377; 18/01/2007, n. 1087; 04/02/1999, n. 977; 28/06/1989, n. 3154).
Con il Decreto Legislativo n. 231 del 2002, il legislatore, mirando – in attuazione della direttiva 2000/35/CE – ad eliminare gli eccessivi ritardi nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie nelle transazioni commerciali, ha ribaltato, con riferimento a tale specifico settore, il sistema cosi’ descritto, prevedendo la decorrenza automatica degli interessi di mora, senza necessita’ di costituzione in mora del debitore, a decorrere dal giorno successivo alla scadenza prevista per il pagamento.
Ne discende che nessuna domanda, ne’ tanto meno alcuna specificazione della natura degli interessi richiesti, e’ necessaria affinche’ questi siano riconosciuti, sorgendo il relativo debito, ex lege, dallo stesso fatto originatore del credito cui essi accedono e alla scadenza dei termini previsti per il suo pagamento.
5. Inconferente e’ poi, in argomento, il riferimento alla previsione di cui all’articolo 1284 c.c., novellato comma 4 (aggiunto dal Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132, articolo 17, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, non applicabile ratione temporis al giudizio in corso), a mente del quale “se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui e’ proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali e’ pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.
Dal fatto che tale disposizione e’ applicabile ai giudizi instaurati successivamente alla sua entrata in vigore (e dunque non al presente), diversamente da quanto intende argomentare la ricorrente, non puo’ certamente desumersi, a contrario, conferma della inapplicabilita’ degli interessi in questione in mancanza di espressa domanda.
La norma evocata infatti concerne fattispecie nelle quali non sia direttamente applicabile la disciplina speciale di cui alla L. n. 231 del 2002, articolo e ha proprio lo scopo di estendere anche ad ambiti diversi da quelli gia’ considerati da tale disciplina l’applicabilita’ del tasso ivi previsto, ove non diversamente pattuito tra le parti.
6. Il ricorso va pertanto rigettato.
Avuto tuttavia riguardo alla novita’ delle questioni trattate, si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione delle spese.
Ricorrono le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis,.

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